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Commentarii di Cesare: Le opere storiche di Cesare - De bello gallico e De bello civile, Notas de aula de Literatura latina

Informazioni sui commentarii di cesare, compresi i suoi lavori storici de bello gallico e de bello civile. Sulla struttura, il genere e il valore artistico di queste opere, oltre a fornire alcuni dettagli sui temi trattati e la natura della lingua latina utilizzata. Cesare è descritto come un atticista e un sostenitore dell'analogia, ossia del purismo grammaticale.

O que você vai aprender

  • Perché Cesare è considerato un atticista?
  • Come Cesare si schierò nel dibattito sulla lingua latina?
  • Che opere storiche di Cesare sono descritte nel testo?

Tipologia: Notas de aula

2020

Compartilhado em 03/06/2020

S.ESPOSITO09
S.ESPOSITO09 🇦🇴

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Cesare.
Delle opere di Cesare sono giunti completi i Commentarii de bello gallico (La guerra gallica), i
Commentarii de bello civili (La guerra civile), un acuto epigramma in 6 versi sul commediografo
Terenzio: una parte, dunque, della vasta attività di scrittore.
Delle numerose Epistulae di Cesare, riunite e pubblicate dopo la sua morte, rimangono solo sette
lettere contenute nell'epistolario di Cicerone.
Restano scarsissimi frammenti e alcuni titoli delle sue orazioni, ammiratissime dai contemporanei,
come Cicerone, e dai posteri, come Quintiliano e Tacito; probabilmente fu un atticista, ma da ciò
che è rimasto è difficile poterlo dire con sicurezza.
Rari sono anche i frammenti del trattato grammaticale sui problemi di lingua e di stile il De
analogia (Sulla analogia), in due libri scritti durante la campagna di Gallia (54) e dedicato a
Cicerone. Nel dibattito sulla lingua latina tra i sostenitori dell'analogia, cioè del purismo con la
regolarità degli schemi grammaticali, e quelli dell'anomalia, cioè della libertà di espressione, si
schierò dalla parte dei primi.
I commentarii come genere storiografico.
Il termine commentarii significava propriamente "appunti, promemoria" e indicava un genere
minore di narrazione, intesa come nuda registrazione di notizie personali, di dati destinati a essere
rielaborati da altri nella forma più completa e artistica, propria del genere storiografico.
Cesare era ben consapevole del grande valore artistico delle sue due opere di storia e forse le aveva
così chiamate per falsa modestia. D'altra parte con il titolo di commentarii voleva sottolineare il suo
atteggiamento di storico che raccontava e interpretava cioè solo le vicende a cui aveva partecipato,
senza sovrabbondanze ed espedienti retorici per renderle più attraenti.
I Comentarii de bello gallico (51-50) della guerra gallica registrano la cronaca fedele dei sette anni
passati da Cesare come preconsole delle Gallie e delle guerre intraprese per estendere e consolidare
il dominio romano. L’opera ha la stessa struttura degli Annali, in quanto ogni libro corrisponde ad
un anno. Nonostante la provincia Narbonense fosse già sotto il dominio dei romani, essi
continuavano a vedere nei Galli/Celti dei nemici + essendo un territorio difficile da controllare,
Cesare decise di attraversarlo con il suo esercito. → Il De bello Gallico narra quindi quegli anni,
traendo materia dal materiale dei diari di campo che Cesare dettava ai suoi sottosegretari: esso,
infatti, non può considerarsi un’opera estemporanea. Lo stile descrittivo e semplice e l’utilizzo della
stessa persona costituiscono un artificio retorico, che serve ad accrescere il senso di veridicità della
narrazione e l’autorità di Cesare.
Notevole è l’atteggiamento mostrato verso i popoli stranieri, che rivela una forte curiosità: da un
lato, infatti, essi sono rappresentati secondi i canoni della storiografia tradizionale; dall’altro,
invece, Cesare ne descrive i tratti peculiari e originali delle singole tribù. → Così, i Comentarii
passano dal livello puramente descrittivo ad essere un’opera di etnografia molto particolare + anche
il quadro geografico viene trattato con una profondità particolare.
I sette libri narrano appunto tutte le vicende che vanno dal 58 al 52 a.C., soffermandosi sui singoli
eventi e spostamenti.
Anche il De bello civili è un commentario: si propone, dunque, come fedele registrazione degli
eventi di cui Cesare fu protagonista negli anni della guerra civile (49-48) e comprende le campagne
militari contro Pompeo e i suoi seguaci (in Italia, Spagna, Africa e Oriente), per concludersi con la
battaglia di Farsalo, che segnò la fine della causa pompeiana (anche se, al termine dell’opera, l’esito
dello scontro appare ancora incerto).
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Cesare.

Delle opere di Cesare sono giunti completi i Commentarii de bello gallico (La guerra gallica), i Commentarii de bello civili (La guerra civile) , un acuto epigramma in 6 versi sul commediografo Terenzio: una parte, dunque, della vasta attività di scrittore. Delle numerose Epistulae di Cesare, riunite e pubblicate dopo la sua morte, rimangono solo sette lettere contenute nell'epistolario di Cicerone. Restano scarsissimi frammenti e alcuni titoli delle sue orazioni, ammiratissime dai contemporanei, come Cicerone, e dai posteri, come Quintiliano e Tacito; probabilmente fu un atticista, ma da ciò che è rimasto è difficile poterlo dire con sicurezza. Rari sono anche i frammenti del trattato grammaticale sui problemi di lingua e di stile il De analogia (Sulla analogia), in due libri scritti durante la campagna di Gallia (54) e dedicato a Cicerone. Nel dibattito sulla lingua latina tra i sostenitori dell' analogi a, cioè del purismo con la regolarità degli schemi grammaticali, e quelli dell' anomalia , cioè della libertà di espressione, si schierò dalla parte dei primi. I commentarii c ome genere storiografico. Il termine commentarii significava propriamente "appunti, promemoria" e indicava un genere minore di narrazione, intesa come nuda registrazione di notizie personali, di dati destinati a essere rielaborati da altri nella forma più completa e artistica, propria del genere storiografico. Cesare era ben consapevole del grande valore artistico delle sue due opere di storia e forse le aveva così chiamate per falsa modestia. D'altra parte con il titolo di commentarii voleva sottolineare il suo atteggiamento di storico che raccontava e interpretava cioè solo le vicende a cui aveva partecipato, senza sovrabbondanze ed espedienti retorici per renderle più attraenti. I Comentarii de bello gallico (51-50) della guerra gallica registrano la cronaca fedele dei sette anni passati da Cesare come preconsole delle Gallie e delle guerre intraprese per estendere e consolidare il dominio romano. L’opera ha la stessa struttura degli Annali, in quanto ogni libro corrisponde ad un anno. Nonostante la provincia Narbonense fosse già sotto il dominio dei romani, essi continuavano a vedere nei Galli/Celti dei nemici + essendo un territorio difficile da controllare, Cesare decise di attraversarlo con il suo esercito. → Il De bello Gallico narra quindi quegli anni, traendo materia dal materiale dei diari di campo che Cesare dettava ai suoi sottosegretari: esso, infatti, non può considerarsi un’opera estemporanea. Lo stile descrittivo e semplice e l’utilizzo della stessa persona costituiscono un artificio retorico, che serve ad accrescere il senso di veridicità della narrazione e l’autorità di Cesare. Notevole è l’atteggiamento mostrato verso i popoli stranieri, che rivela una forte curiosità: da un lato, infatti, essi sono rappresentati secondi i canoni della storiografia tradizionale; dall’altro, invece, Cesare ne descrive i tratti peculiari e originali delle singole tribù. → Così, i Comentarii passano dal livello puramente descrittivo ad essere un’opera di etnografia molto particolare + anche il quadro geografico viene trattato con una profondità particolare. I sette libri narrano appunto tutte le vicende che vanno dal 58 al 52 a.C., soffermandosi sui singoli eventi e spostamenti. Anche il De bello civili è un commentario: si propone, dunque, come fedele registrazione degli eventi di cui Cesare fu protagonista negli anni della guerra civile (49-48) e comprende le campagne militari contro Pompeo e i suoi seguaci (in Italia, Spagna, Africa e Oriente), per concludersi con la battaglia di Farsalo, che segnò la fine della causa pompeiana (anche se, al termine dell’opera, l’esito dello scontro appare ancora incerto).

Esso è diviso in tre libri: i primi due si riferiscono agli eventi del 49, il terzo a quelli del 48 + guerra in Egitto. Il commentario fu probabilmente scritto in una fase successiva agli eventi narrati, forse nel 45 a.C ., e venne pubblicato postumo. Nonostante ciò, esso ricalca sempre i diari di guerra dello stesso Cesare, ma in maniera diversa rispetto al precedente: i fatti non sono narrati anno per anno, e l’architettura narrativa è più complessa. → non esiste qui il grande generale che combatte e vince i nemici stranieri, e non esiste neppure un vero e proprio nemico, ma tutti si muovono secondo i propri torti e le proprie ragioni. La sostanziale diversità di trattamento dei nemici rispetto al De bello Gallico è da imputare alla natura stessa del nemico: trattandosi di una guerra civile, la fazione opposta è lo stesso romano, persone simili a Cesare; mentre il nemico ‘esotico’ è destinato a soccombere sotto il potere romano. Per questo motivo, il generale avverte la necessità di giustificare il proprio operato di fronte alla cittadinanza, mostrandosi restio ad ergersi come unico capo di Roma, perché non calpesterebbe mai le leggi e il mos maiorum = l’immagine con cui si mostra è quella del bonus civis, impegnato in una guerra che non vorrebbe → CONS: centrale è la pratica della clementia verso i nemici (questo aspetto della sua indole è presente anche in alcune biografie), al punto da offrirgli cariche, onori, etc. Inoltre, egli non permise che la figura di Pompeo fosse sottoposta alla damnatio memoriae. Lo stile di Cesare è molto semplice e si realizza attraverso una morfologia della frase piuttosto usuale: il verbo è posto al termine della preposizione, vi sono frequenti enumerazioni, complementi e verbi sono spesso giustapposti senza coordinazione. → L’effetto è quello di descrivere luoghi, consuetudini ed eventi con rapidità e distacco (questi aspetti avvicinano i Commentarii ai testi giuridici). Sotto il profilo sintattico, periodi brevi a carattere paratattico si alternano a periodi più lunghi: in questo ultimo caso, prevalgono preposizioni infinitive, finali, completive, causali, etc. Molto frequente è anche il nesso relativo, che contribuisce a dare al testo una struttura solida e razionale, suggerendo la naturale concatenazione dei fatti senza soggettività. Infatti, un impianto del periodo prevalentemente narrativo serve proprio ad accrescere il senso di oggettività dei fatti e delle valutazioni, nonostante esse siano frutto delle riflessioni di Cesare. Molto utilizzata è la oratio obliqua, cioè il discorso indiretto, che evita effetti di patetismo o emotività. → Cesare non si preoccupa nemmeno delle ripetizioni, anzi, esse servono a rendere il testo più incisivo + non cerca termini aulici, raffinati, come arcaismi o grecismi. Nello stile, fra le poche figure, risultano l’antitesi e l’anafora.