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Sulla garanzia costituzionale della libertà di iniziativa economica in italia, che include una riserva di legge per l'intervento amministrativo a fini sociali e utilità sociale. Vengono inoltre trattati gli articoli costituzionali riguardanti l'espropriazione, la disciplina degli affidatari di funzioni pubbliche, i principi base della legge amministrativa e l'autonomia degli enti territoriali e non territoriali. Il testo include una discussione sui principi di legalità, imparzialità, buon andamento, pubblicità e trasparenza.
O que você vai aprender
Tipologia: Esquemas
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>I c.d. diritti sociali sono cristallizzati all’interno degli art. 31 e ss. della nostra carta costituzionale ed altro non sono che le attività prestazionali (servizi pubblici) e che l’amministrazione fornisce direttamente oppure indirettamente mediante soggetti privati a ciò autorizzati. Una recente pronuncia del consiglio di stato si è affermato che i presidi del servizio sanitario nazionale, siano essi pubblici o privati, dovrebbero considerarsi tutti su di un piano di parità consentendo al cittadino la libera scelta tra strutture pubbliche o private accreditate. Oltre che per mezzo dei servizi, i diritti sociali si manifestano sul piano amministrativo soprattutto come misure economiche, compiti in capo alla PA. Volendo fare ulteriori esempi si pensi alla formazione della famiglia ed alla tutela della maternità, o ancora si pensi al diritto ad un ambiente salubre. O ancora prendiamo in causo l’art. 34 il quale sancisce: “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Potremmo continuare con altri esempi ma la cosa più importante è evidenziare come il perseguimento dei diritti appena indicati sono espressione del più generico principio di solidarietà, in quanto il raggiungimento di detti obiettivi costituzionali consente il pieno sviluppo della persona umana. >Libertà di iniziativa economica viene garantita all’interno dell’art. 41 della nostra carta costituzionale che se tuttavia da un lato garantisce detta libertà, dall’altro lato sancisce una riserva di legge che per questa via coinvolge l’amministrazione in ordina la possibilità di programmare, controllare e indirizzare l’attività economica ai fini sociali e all’utilità sociale. Una previsione contrastante possiamo dire. Secondo una diffusa opinione all’origine di detto compromesso che sta alla base dell’art. 41 vi sarebbe l’antitesi storica fra le principali componenti dell’assemblea costituente, ossia liberale, socialista e cristiano sociale. Vi sono stati recenti tentativi volti ad inclinare il contenuto di detto art. verso una maggiore liberalizzazione. In questo contesto è opportuno fare accenno agli art. 42 e 43 cost in tema di espropriazione la quale risulta essere un tipico procedimento amministrativo, che interviene su di una proprietà privata per motivi di interesse generale, ovviamente occorre tuttavia che l’amministrazione riconosca al soggetto inciso dall’espropriazione un ristoro che non deve coincidere necessariamente al valore di mercato ma neppure deve essere simbolico o addirittura irrisorio. >Disciplina e onere per gli affidatari di pubbliche funzioni. L’art. 54 cost. stabilisce che: “i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onere”. Quanto indicato si colloca subito dopo l’affermazione di portata ancora più ampia, secondo cui “tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla repubblica e di osservare la costituzione e le leggi. L’art. 54 trae la specificazione di un dovere dal contenuto più ampio di quello riguardante la totalità dei cittadini, un quid pluris in termini di onere e disciplina riservato ai soli funzionari pubblici. Infatti una delle pronunce in tema si parla di fedeltà qualificata. Prendendo in considerazione la legge anticorruzione del 2012, nota anche come legge Severino che prende il nome della ministra proponente, vi è da dire che molte disposizioni della normativa risulterebbero addirittura illegittime se non ci fossero “onere” e “disciplina” quali quid pluris previsti per i soli funzionari amministrativi. >L’art. 98 della nostra carta cost. afferma il principio di esclusività dei dipendenti pubblici, nel senso che questi ultimi sono al servizio esclusivo della nazione. Si parla in questi casi più propriamente di esclusività dell’impiego. La sua ratio risiede nel preservare le energie lavorative del dipendente in quanto funzionali all’espletamento della funzione pubblica di cui è al servizio, in modo da evitare che si possano creare turbative alla regolarità del servizio, casi di conflitto d’interesse e via dicendo. >L’art. 97 cost. contiene al suo interno 3 principi basilari, che è opportuno trattare tenendo conto anche della legge n. 241 del 1990 meglio conosciuta come legge sul procedimento amministrativo, perché quest’ultima rappresenta una specificazione di detti principi, ovviamente oltre a trattare dei principi dell’art. 97 detta legge si occuperà anche dei principi di derivazione comunitaria. Ritorniamo ora ai 3 principi basilari di cui tratta l’art. 97 che sono:
l’amministrazione una casa di vetro rendendo effettivo il principio di imparzialità. A proposito di trasparenza ne è dimostrazione il diritto d’accesso di chiunque ai documenti amministrativi, senza dover dare alcuna motivazione o dimostrare un interesse specifico, ovviamente il tutto nei limiti della protezione dei dati personali.
di ordinamento originario riconosciuta già da tempo allo stato. L’autonomia di Regioni ed enti locali trova ora garanzia costituzionale non più sottoposta ad una legge statale. La funzione amministrativa è sempre + frantumata tra soggetti differenti per questo le norme recenti prevedono forme di cooperazione come la conferenza stato-regione. La funzione amministrativa tra stato ed autonomie locali. La funzione amministrativa, ai sensi dell’art. 118 cost. spetta ai comuni, scelta che trova fondamento anche nel trattato di Maastricht. Lo stesso art. 118 infatti precisa che tali funzioni possono essere conferite con legge, in via ascendente, a province, città metropolitane, regioni e stato “per assicurare l’esercizio unitario.. sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”. Si riconosce a livello costituzionale il principio di sussidiarietà verticale, con attribuzione dal basso della competenza amministrativa, con possibili modifiche per un migliore esercizio: principio che come ben ricordiamo secondo la dottrina prevalente è bidirezionale, cioè passibile di operare anche in senso inverso. Inoltre va detto che anche grazie ai principi di adeguatezza e differenziazione, il costituente prende atto dell’eterogeneità degli enti territoriali, infatti bisogna tener conto della popolazione e dell’estensione territoriale più che del nome dell’ente, non a caso in Italia vi sono comuni più grandi o con una maggiore popolazione di una provincia, così come esistono comuni piccolissimi sia per il numero d’abitanti che per l’estensione territoriale, pertanto l’attribuzione delle medesime funzioni a tutti i comuni non avrebbe senso. Ad ogni modo se la sussidiarietà verticale è un modo di ripartizione delle funzioni tra diversi livelli di governo, il principio di sussidiarietà orizzontale è un principio regolatore dei rapporti tra privati e pubbliche amministrazioni. L’art. 118 c.4 prevede che gli enti pubblici territoriali favoriscano l’iniziativa autonoma dei cittadini singoli o associati per l’esercizio di attività di interesse generale: l’azione delle pubbliche amministrazioni viene limitata ai casi in cui non sia possibile realizzare le medesime cose da parte dei soggetti privati. La funzione amministrativa degli enti locali. Approfondiamo ora la ripetizione della funzione amministrativa tra i diversi livelli di governo, descrivendola sinteticamente dal basso verso l’altro. Comuni: Al comune spettano in via prioritaria tutte le funzioni amministrative (art. 118 cost) salvo quelle che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale. Le funzioni amministrative dei comuni possono essere proprie, oppure conferite con legge statale o regionale, oppure fondamentali, attribuite cioè con legge statale. L’elencazione delle funzioni fondamentali si rinviene oggi all’interno della legge 135 del 2012, alcune di queste funzioni sono: pianificazione urbanistica, smaltimento rifiuti, edilizia scolastica, polizia municipale ecc. i comuni hanno questa funzione solo se raggiungono determinate soglie territoriali o di popolazione (Inoltre i comuni fino a mille abitanti possono esercitare in forma associata tutte le funzioni e i servizi loro spettanti attraverso un’unione di comuni di almeno 5mila abitanti). Provincia: costituisce un ente intermedio tra comune e regione, con funzioni in parte di gestione amministrativa ed in parte di programmazione del territorio con il coinvolgimento dei comuni. Da lungo tempo si discuteva circa l’utilità di mantenere un ente intermedio tra comune e regione ed in verità più volte il legislatore aveva tentato di ridurne le funzioni, non potendo del tutto sopprimerle con legge ordinaria, in quanto costituzionalmente previste. L’abolizione delle province viene ora giustificata con la riduzione della spesa pubblica, in tempi di crescente crisi economica. Una siffatta argomentazione risulta ipocrita, perché tutta la spending review è avvenuta con enormi tagli di risorse agli enti locali, ma nulla si è fatto per gli sprechi degli apparati statali. Ad ogni modo l’art. 15 del d.l. del 13 agosto 2011 n.138 prevedeva la soppressione delle province con popolazione inferiore a 300mila abitanti o con superficie inferiore a 3mila chilometri quadrati. Poi il successivo d.l. 201/2011 svuotava di funzioni le province, attribuendo ad esse solo la funzione di indirizzo e coordinamento dell’attività dei comuni e sostituiva gli organi elettivi con consiglieri comunali provinciali. Nel 2014 avremo la c.d. riforma DELRIO
la quale modifica radicalmente il sistema degli enti locali. Si tratta di una riforma complessiva che in vista della futura soppressione delle Province (poi non avvenuta) prevista nel disegno di legge di modifica costituzionale, ne riduce le funzioni e la legittimazione popolare, istituendo contemporaneamente le città metropolitane. Infatti con la riforma Delrio -le province delle regioni ordinarie sono state trasformate in enti amministrativi di 2° livello (per i quali non sono cioè più previste elezioni dirette) con elezione dei propri organi a suffragio ristretto. -E’ stata abolita la giunta provinciale redistribuendo le deleghe di governo all’interno del consiglio provinciale, consiglio che a sua volta viene largamente ridimensionato nel numero dei suoi membri. -Viene istituito un nuovo organo, ossia l’assemblea dei sindaci che delibera circa il bilancio e circa eventuali modifiche statutarie. Quanto alle funzioni, rimane alla provincia: la pianificazione territoriale e dei servizi di trasporto, programmazione dell’edilizia scolastica e via dicendo. E poi vengono istituite 10 città metropolitane. Città metropolitane: le città metropolitane in quanto ente erano state già introdotte per la prima volta con la legge 142/1990 e poi previste dalla riforma costituzionale del 2001, ma tuttavia non erano mai state costituite per l’ostruzionismo di comuni e province. Solo la riforma Delrio ha dato finalmente attuazione alle città metropolitane istituendone 10 nelle regioni a statuto ordinario, che sostituiscono le relative province (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria). Le nuove città metropolitane sostituiscono territorialmente le province, ma hanno funzioni ben più ampie, soprattutto in materia di assetto del territorio, di regolamentazione urbanistica ed infrastrutturale nonché di organizzazione dei servizi a rete. Sono organi della città metropolitana:
disegnano una distribuzione di competenze. In linea teorica un’ottima distribuzione delle competenze tra i differenti livelli di governo riuscirebbe a fare in mode che si evitassero accavallamenti di funzioni, infatti il sovrapporsi di competenze su singole aree di intervento è all’ordine del giorno. Ogni ente a fini generali, dunque, da un lato concorre a costituire la Repubblica e dall’altro è espressione organizzativa di una data comunità di riferimento. Infatti a conferma di quanto appena detto occorre ricordare come in ciascun soggetto a fini generali sono infatti presenti due matrici: la prima è di carattere politico, relativa all’individuazione degli interessi generali e alla definizione delle strategie per il loro ottimale perseguimento; la seconda è di impronta tecnico-operativa, preposta all’attuazione di quelle strategie. Quando si parla di P.A. ci si dovrebbe riferire esclusivamente alle strutture che operano stabilmente o occasionalmente nell’ambito della seconda matrice. Ma purtroppo nel lessico comune le “Pubbliche Amministrazioni” vengono intese impropriamente come sinonimo di soggetti impegnati in attività di rilievo pubblicistico a qualsiasi titolo. Per secoli, la distinzione tra organi politici e organi tecnici è rimasta sotto traccia nel paludoso terreno della confusione tra politica ed amministrazione, ad es. il Presidente della Repubblica è organo politico mentre il segretario della presidenza della repubblica è certamente a pieno titolo organo amministrativo. A partire dagli anni 90 del secolo scorso, il legislatore ha dato così avvio ad un ampio processo di chiarificazione finalizzato a far emergere i due ruoli distinti e complementari. Orbene, il diritto amministrativo è quella parte del diritto pubblico che disciplina l’organizzazione e le modalità d’azione delle PA. Personalità e soggettività. Strutturalmente le Persone giuridiche Pubbliche si distinguono in base alla semplicità/complessità della loro compagine interna. Sulla base di tale criterio si deve partire dall’ente pubblico, dalle società e dalle fondazioni che hanno un’unica personalità giuridica , quindi sono un unico soggetto di diritto ( monosoggettive ). Il grado intermedio sono invece gli Enti locali: ad es. in ciascuna Provincia, sotto il manto di un’unica personalità giuridica, operano più soggetti di diritto, ognuno dei quali è centro d’imputazione passiva di atti ed effetti. Ma il maggior livello di discrasia tra unicità della personalità giuridica e molteplicità di figure soggettive autonome lo si raggiunge con riferimento allo Stato (sotto una sola personalità giuridica operano molteplici soggetti di diritto: Ministeri, Agenzie, Autorità Amministrative indipendenti). Nello Stato il ruolo unificatore viene però assicurato da elementi ministeriali e da strutture di rilievo costituzionale o meno (Corte dei Conti, Consiglio di Stato, Avvocatura dello Stato). Gli Uffici Pubblici. Dal punto di vista squisitamente organizzativo, la particella elementare, l’elemento base di ogni soggetto pubblico di diritto è l’Ufficio. Nel concetto rientrano: persone fisiche che in esso operano (addetti e titolare dell’Ufficio). Tali soggetti sono dipendenti dell’ufficio, ognuno di essi è parte allo stesso tempo di 2 rapporti giuridici:
- rapporto di servizio (che attiene all’impiego del dipendente) - rapporto d’ufficio (che attiene alla sua attività professionale); La titolarità di un ufficio può essere Unipersonale (monocratica) o Pluripersonale (in questi casi si parla di uffici collegiali). Negli uffici collegiali la titolarità è riconosciuta ad un gruppo di soggetti che non viene ad essere considerato alla stregua di un soggetto unico. Gli uffici collegiali possono essere: di composizione: istituiti per portare ad unità interessi di matrice differenziata di ponderazione: istituiti per competenze tecniche eterogenee a seconda che la ragione della plurisoggettività risieda, rispettivamente, nell’intento di ovvero nella necessità di. Inoltre possono essere: -perfetti (o reali) o imperfetti (o virtuali) a seconda che per il loro funzionamento debbano o meno essere presenti tutti i loro componenti. Si distinguono in:
-straordinari: vengono istituiti in situazioni eccezionali per rispondere a straordinarie esigenze e rimangono in vita fin tanto che persistono dette esigenze. A seconda, poi, della tipologia e della natura delle attività alle quali sono preposti, gli uffici si suddividono in: uffici di amministrazione attiva, consultivi e di controllo.
che la possibilità per un cittadino danneggiato da un atto posto in essere dal rappresentante di una figura soggettiva pubblica di ottenere un risarcimento per il predetto danno era circoscritta nei limiti della consistenza del patrimonio di quest’ultimo. La soluzione ideata per superare l’inconveniente è il principio dell’ Immedesimazione Organica: nel momento in cui esercitano le loro competenze, i titolari di quegli uffici devono essere considerati alla stregua di organi operanti nell’ambito di un organismo. Quando il titolare di un ufficio, che ha la competenza per porre in essere attività giuridicamente rilevante, opera nell’esercizio di tale competenza, agisce l’intera figura soggettiva ed è titolare degli atti e degli effetti. La qualifica di organo si assume automaticamente nel momento in cui si viene preposti (mediante nomina, cooptazione o elezione) alla titolarità di un ufficio competente a porre in essere attività di rilievo giuridico. Proprio in relazione a quest’ultimo aspetto possono verificarsi 3 vicende patologiche: