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Garanzie costituzionali per l'attività economica e amministrativa: libertà di iniziativa, , Esquemas de História

Sulla garanzia costituzionale della libertà di iniziativa economica in italia, che include una riserva di legge per l'intervento amministrativo a fini sociali e utilità sociale. Vengono inoltre trattati gli articoli costituzionali riguardanti l'espropriazione, la disciplina degli affidatari di funzioni pubbliche, i principi base della legge amministrativa e l'autonomia degli enti territoriali e non territoriali. Il testo include una discussione sui principi di legalità, imparzialità, buon andamento, pubblicità e trasparenza.

O que você vai aprender

  • Come viene trattata l'espropriazione privata in relazione alla Costituzione italiana?
  • Quali sono i principi base della legge amministrativa in Italia?
  • Quali sono le garanzie costituzionali per la libertà di iniziativa economica in Italia?

Tipologia: Esquemas

2021

Compartilhado em 21/07/2021

S.ESPOSITO09
S.ESPOSITO09 🇦🇴

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>I c.d. diritti sociali sono cristallizzati all’interno degli art. 31 e ss. della nostra carta costituzionale ed altro non sono che le
attività prestazionali (servizi pubblici) e che l’amministrazione fornisce direttamente oppure indirettamente mediante soggetti
privati a ciò autorizzati. Una recente pronuncia del consiglio di stato si è affermato che i presidi del servizio sanitario nazionale,
siano essi pubblici o privati, dovrebbero considerarsi tutti su di un piano di parità consentendo al cittadino la libera scelta tra
strutture pubbliche o private accreditate. Oltre che per mezzo dei servizi, i diritti sociali si manifestano sul piano
amministrativo soprattutto come misure economiche, compiti in capo alla PA. Volendo fare ulteriori esempi si pensi alla
formazione della famiglia ed alla tutela della maternità, o ancora si pensi al diritto ad un ambiente salubre. O ancora
prendiamo in causo l’art. 34 il quale sancisce: “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi
più alti degli studi”. Potremmo continuare con altri esempi ma la cosa più importante è evidenziare come il perseguimento dei
diritti appena indicati sono espressione del più generico principio di solidarietà, in quanto il raggiungimento di detti obiettivi
costituzionali consente il pieno sviluppo della persona umana.
>Libertà di iniziativa economica viene garantita all’interno dell’art. 41 della nostra carta costituzionale che se tuttavia da un
lato garantisce detta libertà, dall’altro lato sancisce una riserva di legge che per questa via coinvolge l’amministrazione in
ordina la possibilità di programmare, controllare e indirizzare l’attività economica ai fini sociali e all’utilità sociale. Una
previsione contrastante possiamo dire. Secondo una diffusa opinione all’origine di detto compromesso che sta alla base
dell’art. 41 vi sarebbe l’antitesi storica fra le principali componenti dell’assemblea costituente, ossia liberale, socialista e
cristiano sociale. Vi sono stati recenti tentativi volti ad inclinare il contenuto di detto art. verso una maggiore liberalizzazione.
In questo contesto è opportuno fare accenno agli art. 42 e 43 cost in tema di espropriazione la quale risulta essere un tipico
procedimento amministrativo, che interviene su di una proprietà privata per motivi di interesse generale, ovviamente occorre
tuttavia che l’amministrazione riconosca al soggetto inciso dall’espropriazione un ristoro che non deve coincidere
necessariamente al valore di mercato ma neppure deve essere simbolico o addirittura irrisorio.
>Disciplina e onere per gli affidatari di pubbliche funzioni. L’art. 54 cost. stabilisce che: “i cittadini a cui sono affidate funzioni
pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onere”. Quanto indicato si colloca subito dopo l’affermazione di
portata ancora più ampia, secondo cui “tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla repubblica e di osservare la
costituzione e le leggi. L’art. 54 trae la specificazione di un dovere dal contenuto più ampio di quello riguardante la totalità dei
cittadini, un quid pluris in termini di onere e disciplina riservato ai soli funzionari pubblici. Infatti una delle pronunce in tema si
parla di fedeltà qualificata. Prendendo in considerazione la legge anticorruzione del 2012, nota anche come legge Severino che
prende il nome della ministra proponente, vi è da dire che molte disposizioni della normativa risulterebbero addirittura
illegittime se non ci fossero “onere” e “disciplina” quali quid pluris previsti per i soli funzionari amministrativi.
>L’art. 98 della nostra carta cost. afferma il principio di esclusività dei dipendenti pubblici, nel senso che questi ultimi sono al
servizio esclusivo della nazione. Si parla in questi casi più propriamente di esclusività dell’impiego. La sua ratio risiede nel
preservare le energie lavorative del dipendente in quanto funzionali all’espletamento della funzione pubblica di cui è al
servizio, in modo da evitare che si possano creare turbative alla regolarità del servizio, casi di conflitto d’interesse e via
dicendo.
>L’art. 97 cost. contiene al suo interno 3 principi basilari, che è opportuno trattare tenendo conto anche della legge n. 241 del
1990 meglio conosciuta come legge sul procedimento amministrativo, perché quest’ultima rappresenta una specificazione di
detti principi, ovviamente oltre a trattare dei principi dell’art. 97 detta legge si occuperà anche dei principi di derivazione
comunitaria. Ritorniamo ora ai 3 principi basilari di cui tratta l’art. 97 che sono:
1) il principio di legalità nella parte in cui stabilisce che “i pubblici ufficiali sono organizzati secondo disposizioni di legge”.
Dunque la legalità va intesa come soggezione dell’amministrazione alla legge, nel senso che la legge è fondamento e
misura del relativo potere amministrativo. Sul piano meramente letterale dalla disposizione dell’art. 97 il principio di
legalità sembrerebbe riferirsi solo all’organizzazione amministrativa. Tuttavia l’orientamento pressoché unanime
riconosce un’efficacia di tale principio estesa anche all’attività amministrativa. Un caso recente aiuterà a comprendere
meglio la portata del principio in esame, ebbene in materia edilizia è possibile la regolarizzazione postuma di opere
originariamente abusive, significa, precisa il giudice amministrativo tradire il principio di legalità poiché si svuoterebbe
della sua portata precettiva, certa e vincolante la disciplina vigente al momento della commissione degli abusi edilizi a
discapito di tutti coloro che abbiano correttamente eseguito attività edificatorie. Ovviamente le fonti normative in grado
di vincolare la PA sono tante , inoltre in base al principio di legalità sostanziale non è sufficiente che il fine perseguito
dall’amministrazione sia legittimo in quanto indicato dalla legge ma occorre anche che lo siano gli strumenti (talvolta
indicati dalla legge stessa) da essa impiegati per perseguirlo, dunque il principio di legalità uniforma l’azione
amministrativa anche ad una serie di altri principi come quello di proporzionalità ad es.
2) principio di imparzialità, è previsto tanto nell’art. 97, tanto nell’art.1 della legge 241/1990. Detto principio altro non è
che una specificazione del più generico principio di uguaglianza. In ambedue i casi trattiamo di un principio che pone dei
limiti alla PA, l’amministrazione infatti in base a detti principi non può porre in essere discriminazioni, neppure
avvantaggiando taluni in modo arbitrario, l’imparzialità viene pertanto declinata come divieto di favoritismi.
Congiuntamente all’imparzialità l’art. 1 legge 241/1990 prevede i principi di pubblicità e trasparenza che rendono
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>I c.d. diritti sociali sono cristallizzati all’interno degli art. 31 e ss. della nostra carta costituzionale ed altro non sono che le attività prestazionali (servizi pubblici) e che l’amministrazione fornisce direttamente oppure indirettamente mediante soggetti privati a ciò autorizzati. Una recente pronuncia del consiglio di stato si è affermato che i presidi del servizio sanitario nazionale, siano essi pubblici o privati, dovrebbero considerarsi tutti su di un piano di parità consentendo al cittadino la libera scelta tra strutture pubbliche o private accreditate. Oltre che per mezzo dei servizi, i diritti sociali si manifestano sul piano amministrativo soprattutto come misure economiche, compiti in capo alla PA. Volendo fare ulteriori esempi si pensi alla formazione della famiglia ed alla tutela della maternità, o ancora si pensi al diritto ad un ambiente salubre. O ancora prendiamo in causo l’art. 34 il quale sancisce: “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Potremmo continuare con altri esempi ma la cosa più importante è evidenziare come il perseguimento dei diritti appena indicati sono espressione del più generico principio di solidarietà, in quanto il raggiungimento di detti obiettivi costituzionali consente il pieno sviluppo della persona umana. >Libertà di iniziativa economica viene garantita all’interno dell’art. 41 della nostra carta costituzionale che se tuttavia da un lato garantisce detta libertà, dall’altro lato sancisce una riserva di legge che per questa via coinvolge l’amministrazione in ordina la possibilità di programmare, controllare e indirizzare l’attività economica ai fini sociali e all’utilità sociale. Una previsione contrastante possiamo dire. Secondo una diffusa opinione all’origine di detto compromesso che sta alla base dell’art. 41 vi sarebbe l’antitesi storica fra le principali componenti dell’assemblea costituente, ossia liberale, socialista e cristiano sociale. Vi sono stati recenti tentativi volti ad inclinare il contenuto di detto art. verso una maggiore liberalizzazione. In questo contesto è opportuno fare accenno agli art. 42 e 43 cost in tema di espropriazione la quale risulta essere un tipico procedimento amministrativo, che interviene su di una proprietà privata per motivi di interesse generale, ovviamente occorre tuttavia che l’amministrazione riconosca al soggetto inciso dall’espropriazione un ristoro che non deve coincidere necessariamente al valore di mercato ma neppure deve essere simbolico o addirittura irrisorio. >Disciplina e onere per gli affidatari di pubbliche funzioni. L’art. 54 cost. stabilisce che: “i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onere”. Quanto indicato si colloca subito dopo l’affermazione di portata ancora più ampia, secondo cui “tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla repubblica e di osservare la costituzione e le leggi. L’art. 54 trae la specificazione di un dovere dal contenuto più ampio di quello riguardante la totalità dei cittadini, un quid pluris in termini di onere e disciplina riservato ai soli funzionari pubblici. Infatti una delle pronunce in tema si parla di fedeltà qualificata. Prendendo in considerazione la legge anticorruzione del 2012, nota anche come legge Severino che prende il nome della ministra proponente, vi è da dire che molte disposizioni della normativa risulterebbero addirittura illegittime se non ci fossero “onere” e “disciplina” quali quid pluris previsti per i soli funzionari amministrativi. >L’art. 98 della nostra carta cost. afferma il principio di esclusività dei dipendenti pubblici, nel senso che questi ultimi sono al servizio esclusivo della nazione. Si parla in questi casi più propriamente di esclusività dell’impiego. La sua ratio risiede nel preservare le energie lavorative del dipendente in quanto funzionali all’espletamento della funzione pubblica di cui è al servizio, in modo da evitare che si possano creare turbative alla regolarità del servizio, casi di conflitto d’interesse e via dicendo. >L’art. 97 cost. contiene al suo interno 3 principi basilari, che è opportuno trattare tenendo conto anche della legge n. 241 del 1990 meglio conosciuta come legge sul procedimento amministrativo, perché quest’ultima rappresenta una specificazione di detti principi, ovviamente oltre a trattare dei principi dell’art. 97 detta legge si occuperà anche dei principi di derivazione comunitaria. Ritorniamo ora ai 3 principi basilari di cui tratta l’art. 97 che sono:

  1. il principio di legalità nella parte in cui stabilisce che “i pubblici ufficiali sono organizzati secondo disposizioni di legge”. Dunque la legalità va intesa come soggezione dell’amministrazione alla legge, nel senso che la legge è fondamento e misura del relativo potere amministrativo. Sul piano meramente letterale dalla disposizione dell’art. 97 il principio di legalità sembrerebbe riferirsi solo all’organizzazione amministrativa. Tuttavia l’orientamento pressoché unanime riconosce un’efficacia di tale principio estesa anche all’attività amministrativa. Un caso recente aiuterà a comprendere meglio la portata del principio in esame, ebbene in materia edilizia è possibile la regolarizzazione postuma di opere originariamente abusive, significa, precisa il giudice amministrativo tradire il principio di legalità poiché si svuoterebbe della sua portata precettiva, certa e vincolante la disciplina vigente al momento della commissione degli abusi edilizi a discapito di tutti coloro che abbiano correttamente eseguito attività edificatorie. Ovviamente le fonti normative in grado di vincolare la PA sono tante , inoltre in base al principio di legalità sostanziale non è sufficiente che il fine perseguito dall’amministrazione sia legittimo in quanto indicato dalla legge ma occorre anche che lo siano gli strumenti (talvolta indicati dalla legge stessa) da essa impiegati per perseguirlo, dunque il principio di legalità uniforma l’azione amministrativa anche ad una serie di altri principi come quello di proporzionalità ad es.
  2. principio di imparzialità, è previsto tanto nell’art. 97, tanto nell’art.1 della legge 241/1990. Detto principio altro non è che una specificazione del più generico principio di uguaglianza. In ambedue i casi trattiamo di un principio che pone dei limiti alla PA, l’amministrazione infatti in base a detti principi non può porre in essere discriminazioni, neppure avvantaggiando taluni in modo arbitrario, l’imparzialità viene pertanto declinata come divieto di favoritismi. Congiuntamente all’imparzialità l’art. 1 legge 241/1990 prevede i principi di pubblicità e trasparenza che rendono

l’amministrazione una casa di vetro rendendo effettivo il principio di imparzialità. A proposito di trasparenza ne è dimostrazione il diritto d’accesso di chiunque ai documenti amministrativi, senza dover dare alcuna motivazione o dimostrare un interesse specifico, ovviamente il tutto nei limiti della protezione dei dati personali.

  1. Il principio del buon andamento, si lega ai principi di efficacia ed economicità previsti sempre all’art. 1 della legge del procedimento amministrativo. Il buon andamento oggi viene inteso sotto forma di ragionevole rapporto fra costi sostenuti e obiettivi conseguiti. Occorre poi ricordare che la legge costituzionale n. 1/2012 è stata aggiunta una parte al già menzionato art. 97 cost. introducendosi il principio di equilibrio di bilancio e di sostenibilità del debito si tratta di una previsione che rafforza il principio di buon andamento. Anche la corte costituzionale ha di recente specificato che l’introduzione del principio di equilibrio di bilancio e di sostenibilità del debito si risolve nel criterio di economicità secondo cui l’azione della PA deve perseguire i proprio obiettivi garantendo il buon andamento con il minimo dispendio di risorse, una precisazione importante quest’ultima che dà maggiore forza al nuovo principio altrimenti facilmente aggirabile a livello politico-amministrativo. >Principi comunitari , come abbiamo già accennato precedentemente la legge 241/1990 richiama anche i principi comunitari. -principio di precauzione , va applicato ogniqualvolta sia ragionevolmente ipotizzabile l’esistenza di un rischio non tollerabile per l’integrità tanto delle persone tanto delle cose. Detto principio viene spesso richiamato in campo ambientale e sanitario ed impone la massima tutela mediante l’adozione delle migliori tecnologie disponibili. Nella prassi la preoccupazione comporta i rischi per gli interessi sensibili minacciati. Ovviamente detto principio in esame va rapportato anche alla tollerabilità nonché alla probabilità del danno temuto. Di recente si arriva ad invocare detto principio anche in relazione al DASPO ossia al divieto di accesso alle manifestazioni sportive, il giudice amministrativo ha precisato che il DASPO integra una misura di prevenzione e precauzione di polizia, possiamo dire che il DASPO è una di quelle misure che ai fini di evitare che un soggetto possa compiere determinati fatti di reato o comunque lesivo di interessi, ne stronca i presupposti in un certo qual senso. -principio di proporzionalità ha origine comunitaria ed impone all’amministrazione l’adozione delle misure più miti, specie per i provvedimenti svantaggiosi, prendendo sempre in considerazione i vari interessi antagonisti, ossia considerando sia l’interesse della PA che del privato. Non deve trascurarsi tuttavia il perseguimento ottimale del pubblico interesse, in caso contrario il pubblico interesse sarebbe impropriamente sacrificato a favore di interessi antagonisti e si ricordi che gli interessi pubblici sono comunque degli interessi primari. il principio di proporzionalità si articola in 3 distinti profili o anche detti test di controllo: il primo è la c.d. idoneità cioè l’esercizio del potere è legittimo solo se riesce a garantire il perseguimento dell’obiettivo che si vuole raggiungere il secondo test è della c.d. necessarietà, vale a dire l’assenza di qualsiasi altro mezzo idoneo che comporti il minor sacrificio il terzo profilo è della c.d. adeguatezza, cioè la tollerabilità della restrizione. Nonostante detti test/profili di controllo vi è sempre il rischio di lasciare all’organo giurisdizionale un margine di libertà eccezionalmente ampio, tuttavia se ben usato il principio di proporzionalità risulta essere uno dei migliori strumenti mediante cui è possibile controllare il potere discrezionale. -principio di legittimo affidamento ha trovato applicazione all’interno del nostro ordinamento specie grazie alla giurisprudenza che riprendendo la dottrina civilistica lo ha ricondotta agli art. 1337 e 1338 c.c. In sostanza per i giudici il legittimo affidamento sarebbe la trasposizione nel diritto amministrativo delle regole di lealtà e correttezza tipiche del diritto privato (la c.d. buona fede nelle trattative contrattuali). In poche partole la PA deve mantenere un comportamento corretto lungo tutto l’arco del rapporto giuridico col privato, altrimenti si parlerà di responsabilità precontrattuale in capo l’amministrazione è un conseguente obbligo risarcitorio, obbligo tuttavia legato ad una serie di condizioni, ossia a patto che il privato dimostri di aver tenuto un comportamento diligente, in caso contrario verserà in una situazione di affidamento colposo, che gli precluderà il relativo risarcimento. -infine occorre considerare la “buona amministrazione” introdotta di recente nello scenario europeo. Essa è stata dapprima prevista nella c.d. carta di Nizza del 2000 ed è poi stato inserito nel TFUE. In particolare l’art. 41 della carta di Nizza ricomprende in detta nozione l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni. Più che un valore si tratta di una sintesi o meglio di un contenitore di tutte le prerogative riconosciute al privato nel momento in cui lo stesso dialoga con l’amministrazione. Il principio autonomistico. Il principio di autonomia caratterizza il nostro ordinamento istituzionale. Per autonomia istituzionale si intende la capacità di individuare gli interessi che si intende tutelare, emanando norme proprie, avendo tra l’altro una propria organizzazione e proprie risorse. Tra enti autonomi non può evidentemente esistere gerarchia ma solo parità, anche se l’0ordinamento può prevedere forme di sostituzione dell’ente autonomo che non compia le sue funzioni. Hanno autonomia istituzionale sia gli enti territoriali che gli enti per cui il territorio non è elemento costitutivo.

di ordinamento originario riconosciuta già da tempo allo stato. L’autonomia di Regioni ed enti locali trova ora garanzia costituzionale non più sottoposta ad una legge statale. La funzione amministrativa è sempre + frantumata tra soggetti differenti per questo le norme recenti prevedono forme di cooperazione come la conferenza stato-regione. La funzione amministrativa tra stato ed autonomie locali. La funzione amministrativa, ai sensi dell’art. 118 cost. spetta ai comuni, scelta che trova fondamento anche nel trattato di Maastricht. Lo stesso art. 118 infatti precisa che tali funzioni possono essere conferite con legge, in via ascendente, a province, città metropolitane, regioni e stato “per assicurare l’esercizio unitario.. sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”. Si riconosce a livello costituzionale il principio di sussidiarietà verticale, con attribuzione dal basso della competenza amministrativa, con possibili modifiche per un migliore esercizio: principio che come ben ricordiamo secondo la dottrina prevalente è bidirezionale, cioè passibile di operare anche in senso inverso. Inoltre va detto che anche grazie ai principi di adeguatezza e differenziazione, il costituente prende atto dell’eterogeneità degli enti territoriali, infatti bisogna tener conto della popolazione e dell’estensione territoriale più che del nome dell’ente, non a caso in Italia vi sono comuni più grandi o con una maggiore popolazione di una provincia, così come esistono comuni piccolissimi sia per il numero d’abitanti che per l’estensione territoriale, pertanto l’attribuzione delle medesime funzioni a tutti i comuni non avrebbe senso. Ad ogni modo se la sussidiarietà verticale è un modo di ripartizione delle funzioni tra diversi livelli di governo, il principio di sussidiarietà orizzontale è un principio regolatore dei rapporti tra privati e pubbliche amministrazioni. L’art. 118 c.4 prevede che gli enti pubblici territoriali favoriscano l’iniziativa autonoma dei cittadini singoli o associati per l’esercizio di attività di interesse generale: l’azione delle pubbliche amministrazioni viene limitata ai casi in cui non sia possibile realizzare le medesime cose da parte dei soggetti privati. La funzione amministrativa degli enti locali. Approfondiamo ora la ripetizione della funzione amministrativa tra i diversi livelli di governo, descrivendola sinteticamente dal basso verso l’altro. Comuni: Al comune spettano in via prioritaria tutte le funzioni amministrative (art. 118 cost) salvo quelle che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale. Le funzioni amministrative dei comuni possono essere proprie, oppure conferite con legge statale o regionale, oppure fondamentali, attribuite cioè con legge statale. L’elencazione delle funzioni fondamentali si rinviene oggi all’interno della legge 135 del 2012, alcune di queste funzioni sono: pianificazione urbanistica, smaltimento rifiuti, edilizia scolastica, polizia municipale ecc. i comuni hanno questa funzione solo se raggiungono determinate soglie territoriali o di popolazione (Inoltre i comuni fino a mille abitanti possono esercitare in forma associata tutte le funzioni e i servizi loro spettanti attraverso un’unione di comuni di almeno 5mila abitanti). Provincia: costituisce un ente intermedio tra comune e regione, con funzioni in parte di gestione amministrativa ed in parte di programmazione del territorio con il coinvolgimento dei comuni. Da lungo tempo si discuteva circa l’utilità di mantenere un ente intermedio tra comune e regione ed in verità più volte il legislatore aveva tentato di ridurne le funzioni, non potendo del tutto sopprimerle con legge ordinaria, in quanto costituzionalmente previste. L’abolizione delle province viene ora giustificata con la riduzione della spesa pubblica, in tempi di crescente crisi economica. Una siffatta argomentazione risulta ipocrita, perché tutta la spending review è avvenuta con enormi tagli di risorse agli enti locali, ma nulla si è fatto per gli sprechi degli apparati statali. Ad ogni modo l’art. 15 del d.l. del 13 agosto 2011 n.138 prevedeva la soppressione delle province con popolazione inferiore a 300mila abitanti o con superficie inferiore a 3mila chilometri quadrati. Poi il successivo d.l. 201/2011 svuotava di funzioni le province, attribuendo ad esse solo la funzione di indirizzo e coordinamento dell’attività dei comuni e sostituiva gli organi elettivi con consiglieri comunali provinciali. Nel 2014 avremo la c.d. riforma DELRIO

la quale modifica radicalmente il sistema degli enti locali. Si tratta di una riforma complessiva che in vista della futura soppressione delle Province (poi non avvenuta) prevista nel disegno di legge di modifica costituzionale, ne riduce le funzioni e la legittimazione popolare, istituendo contemporaneamente le città metropolitane. Infatti con la riforma Delrio -le province delle regioni ordinarie sono state trasformate in enti amministrativi di 2° livello (per i quali non sono cioè più previste elezioni dirette) con elezione dei propri organi a suffragio ristretto. -E’ stata abolita la giunta provinciale redistribuendo le deleghe di governo all’interno del consiglio provinciale, consiglio che a sua volta viene largamente ridimensionato nel numero dei suoi membri. -Viene istituito un nuovo organo, ossia l’assemblea dei sindaci che delibera circa il bilancio e circa eventuali modifiche statutarie. Quanto alle funzioni, rimane alla provincia: la pianificazione territoriale e dei servizi di trasporto, programmazione dell’edilizia scolastica e via dicendo. E poi vengono istituite 10 città metropolitane. Città metropolitane: le città metropolitane in quanto ente erano state già introdotte per la prima volta con la legge 142/1990 e poi previste dalla riforma costituzionale del 2001, ma tuttavia non erano mai state costituite per l’ostruzionismo di comuni e province. Solo la riforma Delrio ha dato finalmente attuazione alle città metropolitane istituendone 10 nelle regioni a statuto ordinario, che sostituiscono le relative province (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria). Le nuove città metropolitane sostituiscono territorialmente le province, ma hanno funzioni ben più ampie, soprattutto in materia di assetto del territorio, di regolamentazione urbanistica ed infrastrutturale nonché di organizzazione dei servizi a rete. Sono organi della città metropolitana:

  1. il sindaco metropolitano: di diritto è il sindaco del comune capoluogo, tuttavia gli statuti possono prevedere che venga eletto a suffragio universale (come accade a Roma Milano e Napoli).
  2. il consiglio metropolitano, eletto a suffragio ristretto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della città metropolitana.
  3. la conferenza metropolitana, composta dal sindaco metropolitano e da tutti i sindaci dei comuni. Le regioni: sono enti autonomi di governo del territorio, con proprie competenze legislative ed amministrative, hanno autonomia statutaria e propri organi. Alcune Regioni (Valle D’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna) hanno uno statuto speciale approvato con legge costituzionale ed esercitano poteri più ampi rispetto ad altre regioni. Autonomie e controlli. La riforma del titolo 5° ha abrogato le norme che prevedevano controlli da parte dello stato sugli atti amministrativi delle regioni (art. 125 c.1 cost.) e da parte delle regioni su quelli degli enti locali (art. 130 cost). Tuttavia l’art. 120 Cost. prevede un particolare meccanismo di controllo sostitutivo con cui lo Stato può sostituirsi agli enti territoriali “nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiede la tutela dei livelli essenziali concernenti diritti civili e sociali”. La Corte costituzionale ha precisato che: a) il potere sostitutivo deve essere normativamente previsto b) l’attività da svolgere deve essere priva di discrezionalità c) devono sussistere adeguate garanzie procedimentali per l’ente oggetto di intervento sostitutivo. Nonostante le modifiche costituzionali, rimane in vigore, invece, il controllo statale sugli quelli che sono gli organi di Regioni ed enti locali. Il consiglio regionale può essere sciolto e il presidente della regione rimosso per atti contrari alla costituzione o per gravi violazioni di legge, o ancora per ragioni di sicurezza nazionale (art. 126 cost). Analogamente il consiglio comunale o provinciale può essere sciolto e e il Sindaco o Presidente della Provincia dichiarato decaduto per atti contrari alla Costituzione, gravi motivi di ordine pubblico, infiltrazioni della criminalità organizzata, impossibilità di funzionamento, mancata approvazione di bilancio. In entrambi i casi, seppure con modalità e procedimenti diversi, il provvedimento viene adottato con D.P.R ma sostanzialmente per iniziativa del Ministro dell’Interno. Il

disegnano una distribuzione di competenze. In linea teorica un’ottima distribuzione delle competenze tra i differenti livelli di governo riuscirebbe a fare in mode che si evitassero accavallamenti di funzioni, infatti il sovrapporsi di competenze su singole aree di intervento è all’ordine del giorno. Ogni ente a fini generali, dunque, da un lato concorre a costituire la Repubblica e dall’altro è espressione organizzativa di una data comunità di riferimento. Infatti a conferma di quanto appena detto occorre ricordare come in ciascun soggetto a fini generali sono infatti presenti due matrici: la prima è di carattere politico, relativa all’individuazione degli interessi generali e alla definizione delle strategie per il loro ottimale perseguimento; la seconda è di impronta tecnico-operativa, preposta all’attuazione di quelle strategie. Quando si parla di P.A. ci si dovrebbe riferire esclusivamente alle strutture che operano stabilmente o occasionalmente nell’ambito della seconda matrice. Ma purtroppo nel lessico comune le “Pubbliche Amministrazioni” vengono intese impropriamente come sinonimo di soggetti impegnati in attività di rilievo pubblicistico a qualsiasi titolo. Per secoli, la distinzione tra organi politici e organi tecnici è rimasta sotto traccia nel paludoso terreno della confusione tra politica ed amministrazione, ad es. il Presidente della Repubblica è organo politico mentre il segretario della presidenza della repubblica è certamente a pieno titolo organo amministrativo. A partire dagli anni 90 del secolo scorso, il legislatore ha dato così avvio ad un ampio processo di chiarificazione finalizzato a far emergere i due ruoli distinti e complementari. Orbene, il diritto amministrativo è quella parte del diritto pubblico che disciplina l’organizzazione e le modalità d’azione delle PA. Personalità e soggettività. Strutturalmente le Persone giuridiche Pubbliche si distinguono in base alla semplicità/complessità della loro compagine interna. Sulla base di tale criterio si deve partire dall’ente pubblico, dalle società e dalle fondazioni che hanno un’unica personalità giuridica , quindi sono un unico soggetto di diritto ( monosoggettive ). Il grado intermedio sono invece gli Enti locali: ad es. in ciascuna Provincia, sotto il manto di un’unica personalità giuridica, operano più soggetti di diritto, ognuno dei quali è centro d’imputazione passiva di atti ed effetti. Ma il maggior livello di discrasia tra unicità della personalità giuridica e molteplicità di figure soggettive autonome lo si raggiunge con riferimento allo Stato (sotto una sola personalità giuridica operano molteplici soggetti di diritto: Ministeri, Agenzie, Autorità Amministrative indipendenti). Nello Stato il ruolo unificatore viene però assicurato da elementi ministeriali e da strutture di rilievo costituzionale o meno (Corte dei Conti, Consiglio di Stato, Avvocatura dello Stato). Gli Uffici Pubblici. Dal punto di vista squisitamente organizzativo, la particella elementare, l’elemento base di ogni soggetto pubblico di diritto è l’Ufficio. Nel concetto rientrano: persone fisiche che in esso operano (addetti e titolare dell’Ufficio). Tali soggetti sono dipendenti dell’ufficio, ognuno di essi è parte allo stesso tempo di 2 rapporti giuridici:

- rapporto di servizio (che attiene all’impiego del dipendente) - rapporto d’ufficio (che attiene alla sua attività professionale); La titolarità di un ufficio può essere Unipersonale (monocratica) o Pluripersonale (in questi casi si parla di uffici collegiali). Negli uffici collegiali la titolarità è riconosciuta ad un gruppo di soggetti che non viene ad essere considerato alla stregua di un soggetto unico. Gli uffici collegiali possono essere: di composizione: istituiti per portare ad unità interessi di matrice differenziata di ponderazione: istituiti per competenze tecniche eterogenee a seconda che la ragione della plurisoggettività risieda, rispettivamente, nell’intento di ovvero nella necessità di. Inoltre possono essere: -perfetti (o reali) o imperfetti (o virtuali) a seconda che per il loro funzionamento debbano o meno essere presenti tutti i loro componenti. Si distinguono in:

  • ordinari: quando sono presenti nella loro struttura organizzativa in maniera stabile

-straordinari: vengono istituiti in situazioni eccezionali per rispondere a straordinarie esigenze e rimangono in vita fin tanto che persistono dette esigenze. A seconda, poi, della tipologia e della natura delle attività alle quali sono preposti, gli uffici si suddividono in: uffici di amministrazione attiva, consultivi e di controllo.

  • Un numero indeterminato di uffici appartenenti alla medesima figura soggettiva possono essere riuniti all’interno di una struttura di livello superiore che prende il nome di sezione o settore.
  • Un numero indeterminato di sezioni, sempre appartenenti alla stessa figura soggettiva, possono essere riunite in una struttura di livello ancora superiore che prende il nome di divisione o direzione. In ogni P.A. v'è poi una figura che rappresenta il vertice della struttura organizzativa, che coordina l’operato delle divisioni (direttore generale, segretario generale, segretario comunale e segretario provinciale). La somma delle competenze di tutti gli Uffici che formano il sogg di diritto prende il nome di Attribuzione. Un collante quello delle relazioni organizzative che tra l’altro non esaurisce la sua funzione nel confine della singola figura soggettiva infatti esistono anche realtà operative che non si inseriscono in una figura soggettiva: i munera e gli officia. I Munera attengono allo svolgimento di attività pubblicistiche da parte di soggetti privati estranei ad un contesto organizzativo strutturato (notai, tutori per gli interdetti e curatori per gli inabilitati). Gli Officia sono entità non soggettivizzate che compiono attività giuridicamente rilevante. Le relazioni organizzative: Gerarchia, Direzione, Vigilanza ed Equiordinazione. Le relazioni organizzative stabili sono di 4 tipi: 1) Gerarchia : è una relazione organizzativa che può intercorrere esclusivamente tra uffici di una medesima struttura organizzativa. Nei primi decenni di vita del Regno d’Italia era al contrario l’unica formula organizzativa ipotizzabile nelle relazioni infrastrutturali , intersoggettive ed interpersonali. E non è tutto infatti la relazione di gerarchia era presente anche tra organi politici e tecnici. In un contesto ove i principi dello stato di diritto erano ancora in fase di consolidamento, inoltre non veniva prestata alcuna attenzione alla distinzione tra funzioni di indirizzo e funzioni fi gestione concreta. L’art. 97 co. 2° Cost. ha invertito la rotta: “Nell’ordinamento degli Uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari”. La relazione di Gerarchia è stata confinata col tempo solo alle relazioni infrastrutturali e si è nella maggior parte dei casi ammorbidita per la necessità di valorizzare e responsabilizzare i livelli intermedi e inferiori. Anche se la maggioranza degli uffici di una singola P.A continuano ad essere inseriti gerarchicamente (i c.d. uffici di line), nei pochi casi in cui persiste in maniera caratterizzata, l’esercizio del potere di ordine da un lato necessita una motivazione, dall’altro, può sempre avere ad oggetto uno specifico risultato, ma non può più comprendere l’individuazione delle modalità concrete da adottare per il suo conseguimento. 2) Direzione: è una relazione organizzativa che caratterizza le relazioni infrastrutturali, intersoggettive e interpersonali. Anche nella direzione vi è un ufficio sovraordinato rispetto agli altri, ma finalizzato ad una collaborazione consapevole (seppur indirizzata). L’elemento sovraordinato ha la possibilità di impartire agli elementi sottordinati le c.d. Direttive, vale a dire indicazioni sugli obiettivi, ma lasciando definire al sottordinato le modalità operative da seguire per far fronte alle esigenze. La relazione organizzativa di direzione ha avuto la sua massima espansione nel periodo della c.d. amministrazione per enti pubblici. 3) Vigilanza: è una relazione organizzativa che può caratterizzare tutte le tre tipologie di rapporti e si caratterizza per una supervisione dell’operato di un ufficio da parte di uno diverso. Esempi paradigmatici di relazione di vigilanza è quello che intercorre tra l’autorità garante delle telecomunicazioni e la rai. Tuttavia l’elemento che opera la supervisone non si trova in una posizione di

che la possibilità per un cittadino danneggiato da un atto posto in essere dal rappresentante di una figura soggettiva pubblica di ottenere un risarcimento per il predetto danno era circoscritta nei limiti della consistenza del patrimonio di quest’ultimo. La soluzione ideata per superare l’inconveniente è il principio dell’ Immedesimazione Organica: nel momento in cui esercitano le loro competenze, i titolari di quegli uffici devono essere considerati alla stregua di organi operanti nell’ambito di un organismo. Quando il titolare di un ufficio, che ha la competenza per porre in essere attività giuridicamente rilevante, opera nell’esercizio di tale competenza, agisce l’intera figura soggettiva ed è titolare degli atti e degli effetti. La qualifica di organo si assume automaticamente nel momento in cui si viene preposti (mediante nomina, cooptazione o elezione) alla titolarità di un ufficio competente a porre in essere attività di rilievo giuridico. Proprio in relazione a quest’ultimo aspetto possono verificarsi 3 vicende patologiche:

  1. l’attività sia compiuta da un soggetto preposto alla titolarità con atto illegittimo (c.d. funzionario di fatto),
  2. l'attività sia compiuta da un soggetto la cui titolarità dell’ufficio è scaduta
  3. l'attività sia compiuta da un soggetto per il quale una titolarità non vi è mai stata. L’orientamento normativo è quello di considerare il più possibile efficaci gli atti posti in essere dall’organo illegittimo, per ragioni di tutela dell’affidamento dei terzi che in buona fede sono entrati a contatto con esso.