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Della differenza significativa nel trattamento dei lavoratori dipendenti nelle aziende di diverse dimensioni, e le conseguenze importanti che si sono verificate nel diritto del lavoro e nell'economia in generale. Le differenze di tutele e le implicazioni per il sistema economico, e la necessità di verifiche di compatibilità per queste due aree. Solo dopo che il sistema ha generato una serie di norme di tutela che hanno ipertrofizzato la protezione del lavoratore subordinato, si è cominciato ad avere attenzione per altri tipi di problematiche e l'esigenza di equilibrare la posizione dell'impresa con gli interessi generali. Il documento illustra come la legge e la contrattazione collettiva hanno limitato l'esigenza di protezione del lavoratore subordinato in favore di un interesse generale, come il contenimento dell'inflazione.
O que você vai aprender
Tipologia: Esquemas
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Ad oggi il nostro diritto del lavoro è ridotto in condizioni vergognose, il problema non lo si riscontra in una possibile inerzia del parlamento, anzi il contrario, il problema lo si riscontra proprio in un’ eccessiva produzione normativa, il parlamento infatti spesso finisce per regolamentare situazioni specifiche le quali emergono e che chiaramente sono meritevoli di attenzione ma che finiscono per essere regolamentate tramite precetti che hanno un ambito di applicazione estremamente ristretto, e dunque il parlamento non interviene a tal proposito con leggi organiche o provvedimenti di portata generale, il ché da vita ad un quadro estremamente vasto oltre che frammentato. Per lo più vi è anche da dire che spesso il Parlamento ha subito un’influenza da parte dell’esecutivo, dovendo correre dietro i decreti legge emanati da quest’ultimo e poi dal parlamento convertiti in legge, fenomeno quest’ultimo che ha portato a delle degenerazioni che sono state stigmatizzate dalla corte costituzionale che ad un certo punto ha bloccato questa catena di montaggio per così dire. Altro strumento utilizzato dallo stesso governo sono i decreti legislativi, quindi è come se il problema uscisse dalla porta per poi rientrare dalla finestra, perché il decreto delegato finisce per avere spesso delle derive ancor peggiori rispetto al decreto legge sotto il profilo della quantità di disposizioni che vi sono contenute, si pensi ad es. alle c.d. leggi contenitore, oltre ad essercene tantissime contengono al loro interno migliaia di articoli che a loro volta hanno tantissimi commi. Ovviamente questa è una situazione che riguarda soprattutto il diritto del lavoro, ma non solo, ad ogni modo in questo settore sarebbe necessario fare un'operazione più complessiva, ma abbiamo già detto che questo tipo di operazione (codice del lavoro) è stata più volte auspicata ma non è stata mai intrapresa. Si finisce per tradire sostanzialmente quella che dovrebbe essere la funzione cardine del dritto quella appunto di fornire certezze. In questo triste quadro generale si inserisce poi l’evoluzione del diritto del lavoro, il quale presenta un’anima tradizionale incentrata sulla tutela della persona del lavoratore, anima che ora è però costretta a convivere con una diversa anima che è attenta al rapporto tra la disciplina del lavoro ed il funzionamento dell’impresa. Infatti nel nostro ordinamento si è dapprima realizzata per lungo tempo, un’irrazionale stratificazione di garanzie secondo un processo caratterizzato da: attribuzioni di tutele in base al mero status di lavoratore, basate sull’erroneo presupposto di una automatica e indistinta coincidenza tra subordinazione e debolezza contrattuale. Inoltre fino al 2015 veniva marcata in maniera sostanziale la differenza tra i dipendenti di aziende grandi e i dipendenti di aziende piccole, c'era una differenza di tutele davvero importante e questo chiaramente ha creato anche all’interno dello stesso lavoro dipendente, che é l'area più importante del diritto del lavoro, delle sensibili divergenze di tutela. Soltanto dopo che il sistema ha generato tutta una serie di norme di tutela che hanno ipertrofizzato un po' la protezione del lavoratore si è cominciato ad avere un'attenzione per altri tipi di problematiche. Quindi superata diciamo quella fase nella quale l'obiettivo era superare la diseguaglianza di fatto attraverso il miglioramento delle condizioni di lavoro si è passati a considerare appunto anche quello che era l'interesse generale, cioè come fare praticamente a rendere compatibili le norme di protezione del lavoratore subordinato con le esigenze magari delle imprese. Solo dopo gli anni 70 ha cominciato ad affiancarsi una serie di norme dirette a contemperare la rigida tutela dei lavoratori con interessi diversi, quali: l’interesse generale al contenimento dell’inflazione, ritenuto legittimamente prevalente rispetto a qualsiasi interesse collettivo professionale, l’interesse generale a limitare lo sciopero nell’ambito dei servizi pubblici essenziali, servizi volti a garantire i diritti della persona costituzionalmente tutelati, quali ad es. il diritto alla salute. Inoltre fino a pochi anni fa si potevano verificare situazioni di vero e proprio abuso, specie in relazione all'esercizio di taluni diritti che non erano assoggettati a termini di decadenza ma soltanto a termini di prescrizione. Ad es. il lavoratore che era stato licenziato, poteva impugnare il
licenziamento mediante un'impugnativa stragiudiziale da comunicare al datore di lavoro entro 60 giorni dal licenziamento (e questa norma è tutt'ora in vigore). Dopodiché per introdurre il giudizio dinanzi al giudice, al quale spettava poi accertare se il licenziamento fosse o meno legittimo, si poteva utilizzare per l’intero il termine di 5 anni che era quello di prescrizione. Per lo più il lavoratore era fortemente tutelato, perché laddove il licenziamento venisse poi dichiarato illegittimo, il datore doveva procedere alla reintegrazione del lavoratore nella propria azienda, in più doveva anche ricostruirgli la posizione retributiva e previdenziale per il periodo in cui non aveva lavorato, chiaramente gli effetti di quella pronuncia potevano essere dirompenti e devastanti se un lavoratore impugnava il licenziamento dopo 4 anni o 5 anni, quindi ai limiti del termine di prescrizione, e il giudizio durava altri 3 o 4 anni. Oggi sono stati introdotti dei termini di decadenza molto più stretti per cui oggi un licenziamento si deve impugnare dinanzi al giudice massimo entro 6 mesi dal momento in cui lo si è impugnato stragiudizialmente con una semplice raccomandata al datore di lavoro. Ad oggi fortunatamente possiamo dire che il diritto del lavoro ha 2 anime. sostanzialmente la differenza nell'ambito del lavoro dipendente era marcata tra i lavoratori dipendenti di aziende di certe dimensioni e lavoratori dipendenti di aziende di altre dimensioni più piccole quindi tra i dipendenti di aziende grandi e i dipendenti di aziende piccole c'era una differenza di tutele davvero importante e questo chiaramente ha creato anche all’interno dello stesso lavoro dipendente che é l'area più importante del diritto del lavoro delle sensibili divergenze di tutele e quindi ha avuto delle conseguenze differenziate sul sistema economico complessivamente considerato quindi con verifiche di compatibilità da fare in modo differenziato per queste due aree. Soltanto dopo che il sistema ha generato tutta una serie di norme di tutela che hanno ipertrofizzato un po' la protezione del lavoratore subordinato, del lavoratore dipendente si è cominciato ad avere un'attenzione per altri tipi di problematiche e quindi per l'esigenza di contemperare la posizione dell'impresa in particolare l'interesse dell'impresa prima ancora dell'interesse generale per esempio l'interesse generale a mantenere bassa l'inflazione è sicuramente un interesse che contrasta con quella che è l'esigenza dei lavoratori di ottenere delle retribuzioni sempre più alte e quindi Chiaramente questa situazione che è di carattere generale quindi non riguarda esclusivamente il diritto del lavoro ma riguarda tutto il diritto, diciamo in generale il nostro ordinamento e questo si riverbera chiaramente sul diritto del lavoro che poi ha chiaramente al suo interno delle specifiche complicazioni che nascono anche da un fatto molto importante cioè da un’evoluzione specifica del diritto del lavoro che è passato da una tendenza molto marcata all’inizio quella cioè a determinare e
in qualche modo delle aziende verso mercati con un costo di lavoro più basso si deve essenzialmente appunto alla esigenza di riduzione complessiva dei costi laddove il costo principale è costituito dalle risorse umane, è del tutto evidente che si viene a creare una situazione di nuova concorrenza. U na situazione completamente diversa se vogliamo antitetica rispetto a quella che abbiamo analizzato in riferimento ai periodi iniziali dell'industrializzazione quando la concorrenza era tra lavoratori, sicuramente lì c’era una situazione di concorrenza molto importante tra lavoratori poco qualificati, vi ricordate quando abbiamo fatto questo discorso evidenziando come in quella condizione si veniva a creare un predominio netto e insuperabile tra il datore di lavoro, il quale poteva avere tante alternative nella scelta dei lavoratori e quindi chiaramente la competizione era tutta tra i lavoratori ed era necessariamente al ribasso perché l’unico elemento contrattuale che potevano muovere era quello del costo della loro manodopera e non avendo altro da poter scambiare con il danaro che serviva per il loro sostentamento se non la loro prestazione lavorativa chiaramente erano tutti portati a farsi una concorrenza spietata che finiva per danneggiarli. Il superamento di questa situazione attraverso un sistema più protettivo che passa anche attraverso l'azione importante dei soggetti collettivi cioè dei sindacati, determina un rafforzamento delle tutele e la sostanziale equiparazione sul piano contrattuale della figura del datore di lavoro e di quella del lavoratore che appunto con l’elemento collettivo accresce il suo potere contrattuale e quindi chiaramente si assiste ad un fenomeno che pone nuove basi che possono essere di tutela, che possono essere importanti, che possono essere poi così come effettivamente sono state e sono tuttoggi almeno in parte incrementate con l’azione oltre che della legge soprattutto dei contratti collettivi. Nella situazione attuale il rischio che si profila è quello diciamo di contrasto non tra lavoratori di uno stesso paese ma fra sistemi produttivi basati appunto su un'organizzazione del lavoro completamente diversa il tutto chiaramente in un contesto nel quale le aziende poi si muovono e quindi delocalizzano e quindi vanno a cercarsi il sistema produttivo più confacente alle loro esigenze quindi questo chiaramente determina la necessità di non perdere di vista l'obiettivo non solo dell'accrescimento delle tutele del lavoratore subordinato ma anche quello di mantenere il sistema in equilibrio. Allora abbiamo avuto un primo periodo nel quale praticamente c'è stata la compressione dell'autonomia individuale perché il diritto del lavoro doveva proteggere il lavoratore della sua stessa libertà negoziale e quindi proteggerlo dalla possibilità che egli stesso volontariamente dismettesse i propri diritti e quindi attraverso il superamento del concetto illuministico di parità formale dei contraenti si è passati ad un sistema di tutele fatto da regole sovra ordinate che derivano da leggi dello stato e anche da regole che derivano dai contratti collettivi. Una tendenza questa che si è accompagnata alla sostanziale indifferenza per il problema della compatibilità economica di queste tutele con il sistema cioè con le esigenze di mantenimento in equilibrio del sistema complessivamente considerato cioè aumentano le tutele per i lavoratori subordinati, quanto questa situazione resta diciamo compatibile e sopportabile nel medio - lungo periodo per le aziende, per le imprese e quindi per il sistema economico considerato nel suo complesso? Questo è un problema che per molto tempo non ha avuto nessun tipo di attenzione da parte dello Stato, né del legislatore, né delle parti sociali all'interno dei contratti collettivi. Altra cosa che si è andata in qualche modo affermando è la necessità senza particolari specificazioni, senza grandi distinzioni, di assicurare al lavoratore subordinato una serie di tutele in relazione al suo status di lavoratore subordinato indipendentemente dall'effettiva debolezza contrattuale che aveva senza fare distinzioni particolari si è per molto tempo pensato alla protezione del lavoratore subordinato considerato in quanto tale e
quindi prescindendo dalla realtà dei rapporti di forza all'interno del contratto di lavoro. Un ulteriore elemento che ha caratterizzato per molto tempo, fino al 2012 anzi fino al 2015, è stato quello della divisione in aree differenziate dello stesso mondo del lavoro dipendente, cioè fino al 2015 sostanzialmente la differenza nell'ambito del lavoro dipendente era marcata tra i lavoratori dipendenti di aziende di certe dimensioni e lavoratori dipendenti di aziende di altre dimensioni più piccole quindi tra i dipendenti di aziende grandi e i dipendenti di aziende piccole c'era una differenza di tutele davvero importante e questo chiaramente ha creato anche all’interno dello stesso lavoro dipendente che é l'area più importante del diritto del lavoro delle sensibili divergenze di tutele e quindi ha avuto delle conseguenze differenziate sul sistema economico complessivamente considerato quindi con verifiche di compatibilità da fare in modo differenziato per queste due aree. Soltanto dopo che il sistema ha generato tutta una serie di norme di tutela che hanno ipertrofizzato un po' la protezione del lavoratore subordinato, del lavoratore dipendente si è cominciato ad avere un'attenzione per altri tipi di problematiche e quindi per l'esigenza di contemperare la posizione dell'impresa in particolare l'interesse dell'impresa prima ancora dell'interesse generale per esempio l'interesse generale a mantenere bassa l'inflazione è sicuramente un interesse che contrasta con quella che è l'esigenza dei lavoratori di ottenere delle retribuzioni sempre più alte e quindi la tendenza, il ruolo della legge ma poi soprattutto della contrattazione collettiva si è visto arginato dalla necessità di tutelare un interesse generale, quello al contenimento dell'inflazione con una moderazione alla limitazione di tutti quegli automatismi retributivi che molte volte nei contratti di lavoro, attraverso i contratti collettivi c'erano e ci sono tutt'ora, per esempio il contemperamento più equo dei diritti della persona che sono tutelati nella costituzione con il diritto del lavoratore all'astensione dalla prestazione lavorativa ha portato ad una legge che regolamentasse lo sciopero nei servizi pubblici essenziali che nasce soprattutto sull'esigenza di andare a tenere in considerazione oltre che il diritto di sciopero del lavoratore che viene riconosciuto per la prima volta nella Costituzione uscendo definitivamente dalla porta principale, dall'area dell'illecito nella quale era rimasto confinato per tanti decenni ebbene questo diritto di sciopero non può, pur riconosciuto in modo così ampio, essere in contrasto con i diritti fondamentali della persona riconosciuti sempre nella carta costituzionale. Si pone un problema di contemperamento di esigenze legate a diritti tutti di rango costituzionale quindi il legislatore deve intervenire per arginare, quindi come vedete c'è una controtendenza, un ampliamento di quelli che sono i diritti dei lavoratori al punto che all'interno della costituzione viene riconosciuto un diritto che fino a poco tempo prima era addirittura un reato ma poi emerge l'esigenza di non trascurare quelli che posso essere i diritti fondamentali che vengono lesi dallo sciopero perché c'è una grossa lesione dei diritti fondamentali come conseguenza dello sciopero dei lavoratori di alcuni servizi pubblici essenziali perché i servizi pubblici sono tanti ma sono essenziali quando il loro funzionamento garantisce i diritti fondamentali, pensate al diritto di libera circolazione, al diritto alla salute ecc... Perché è essenziale il servizio pubblico? Perché il funzionamento di quel servizio serve a garantire la fruizione di un diritto fondamentale riconosciuto dalla Costituzione, il diritto alla salute (art. 32 Cost.) o il diritto alla libera circolazione che è tutelato attraverso il funzionamento dei servizi di trasporto, è la natura del servizio che lo rende pubblico ed essenziale non il fatto che sia una pubblica amministrazione a svolgerlo anzi quasi mai accade che sia la p.a. a svolgerlo. Fino a pochi anni fa si potevano verificare situazioni di vero e proprio abuso, per esempio in relazione all'esercizio di taluni diritti che non erano assoggettati a termini di decadenza ma soltanto di prescrizione e allora che cosa succedeva, che magari per poter impugnare un licenziamento si poteva fare un'impugnativa stragiudiziale da comunicare al datore di lavoro nei 60 giorni (e questa norma è tutt'ora in vigore)
manodopera, è quello della tassazione sul lavoro, il cuneo fiscale cioè la forbice tra il costo che affronta un'azienda a fronte di una prestazione o di un rapporto di lavoro che intrattiene e il netto percepito in forza delle prestazioni rese del lavoratore che è parte di quel rapporto di lavoro, c'è una bella differenza tra il costo azienda e la retribuzione netta. Per lo più ad oggi nel mondo del lavoro assistiamo ad un fenomeno meglio conosciuto come la fuga delle imprese verso i c.d. paradisi fiscali. Per comprendere meglio i motivi della di detta fuga delle imprese è opportuno fare un breve accenno su quello che è il cuneo fiscale, ossia quella parte di costo del lavoro che il datore di lavoro sopporta ma che non confluisce nelle tasche del lavoratore, è quel delta tra la retribuzione netta che il lavoratore percepisce e il costo dell'azienda, cioè l'azienda oltre a pagare lo stipendio del lavoratore deve pagare un costo più alto perché sul lavoro c’è una tassazione, c’è un’imposizione sia fiscale che contributiva, assistenziale, assicurativa, ci sono tante voci di costo. Quindi i rapporti di lavoro, quello subordinato in particolare, sono molto tassati e di conseguenza il costo viene sostenuto interamente dall’azienda, in parte va a finire al lavoratore (retribuzione netta) che paga le tasse e versa i contributi per quello che percepisce, ma non lo fa direttamente come fanno i lavoratori autonomi e le imprese, si vede detratte la loro somma in busta paga da parte del datore di lavoro che opera come “sostituto d’imposta” cioè trattiene direttamente lui le imposte e i contributi che sono a carico del lavoratore e versa per suo conto all’erario e agli enti competenti. Dunque la tassazione fiscale e quindi l’aspetto tributario costituiscono degli elementi molto importanti che sono alla base della decisione di un'impresa sul se spostarsi da una parte all'altra del mondo. Quante tasse si pagano nel paese X o Y? Meno che in Italia? Mi potrei spostare là. Nella situazione attuale il rischio che si profila è quello diciamo di contrasto non tra lavoratori di uno stesso paese ma fra sistemi produttivi basati appunto su un'organizzazione del lavoro completamente diversa. DOMANDA: cos'è il cuneo fiscale? É quella parte di costo del lavoro che il datore di lavoro sopporta ma che non confluisce nelle tasche del lavoratore, è quel delta tra la retribuzione netta che il lavoratore percepisce e il costo dell'azienda, cioè l'azienda oltre a pagare lo stipendio del lavoratore deve pagare un costo più alto perché sul lavoro c’è una tassazione, c’è un’imposizione sia fiscale che contributiva, assistenziale, assicurativa, ci sono tante voci di costo. Quindi i rapporti di lavoro, quello subordinato in particolare, sono molto tassati e di conseguenza il costo viene sostenuto interamente dall’azienda, in parte va a finire al lavoratore (retribuzione netta) che paga le tasse e versa i contributi per quello che percepisce, ma non lo fa direttamente come fanno i lavoratori autonomi e le imprese, si vede detratte la loro somma in busta paga da parte del datore di lavoro che opera come “sostituto d’imposta” cioè trattiene direttamente lui le imposte e i contributi che sono a carico del lavoratore e versa per suo conto all’erario e agli enti competenti. Quindi il costo del lavoro è un costo sensibilmente più importante di quello che noi possiamo immaginare guardando il netto della busta paga di un lavoratore dipendente. Se guardate una busta paga vi renderete conto che le somme che sono riportate soprattutto a monte quando vengono fatti appunto individuati diciamo gli importi lordi, sono somme molto maggiori di quelle che poi trovate nell’ultimo rigo della busta con il netto, tutto quel costo aggiuntivo è supportato dal datore di lavoro e quello è il cuneo fiscale. Si parla di cuneo fiscale in termini più generali per indicare proprio quel delta di costo che è costituito non soltanto da costo fiscale in senso stretto cioè da tasse ma anche da contributi ed altre somme dovute ad altri enti previdenziali, assistenziali a cui obbligatoriamente devono essere versate alcune somme in percentuale a quella che è la retribuzione lorda. Quindi il
Dunque la tassazione fiscale e quindi l’aspetto tributario costituiscono degli elementi molto importanti che sono alla base della decisione di un'impresa sul se spostarsi da una parte all'altra del mondo. Quante tasse si pagano nel paese X o Y? Meno che in Italia? Mi potrei spostare là. Quanto costa un dipendente, le retribuzioni medie di quella zona del mondo come sono rispetto a quelle dell’Italia? Molto più basse? Mi sposto lì e diciamo ottengo un risparmio, vado a produrre dall’altra parte del mondo. Chiaramente se questo fa parte della libera scelta delle imprese che nel mondo si muovono liberamente scegliendosi il luogo, geograficamente inteso, ma anche il paese che offre più prospettive e migliori guadagni per delocalizzare o per stabilire la propria produzione dall’altra parte soprattutto nelle economie occidentali quindi anche in Italia il lavoratore subordinato, soprattutto quelli di un livello più basso cioè coloro che praticamente hanno una minore qualificazione, lo patiscono chiaramente di più rispetto a quelli che hanno una qualifica superiore perché questi avranno più mercato, è più appetibile, è più facilmente reperibile e quindi chiaramente ha anche una forza contrattuale diversa da chi non ha alcuna specifica formazione, non ha una qualifica particolare e quindi praticamente può offrire una prestazione che possono offrire molte altre persone come lui, chiaramente è meno appetibile, meno ricercato sul mercato, ha meno forza contrattuale, ebbene queste figure patiscono di più gli effetti della globalizzazione perché soprattutto quelli dei paesi occidentali che sono consumatori in paesi in cui i prezzi sono elevati e sono in concorrenza con loro colleghi di altri paesi che percepiscono 1/3, 2/3, ¼, 1/10 della loro retribuzione quindi con i quali non potranno mai entrare in competizione non sono competitivi sul piano della retribuzione con i loro colleghi di paesi lontani, al tempo stesso sono in un mercato che è ad un livello diverso dove il costo della vita è molto più elevato rispetto a quello che caratterizza i paesi in cui sono questi altri colleghi che hanno tutto un altro tipo di trattamento economico. Quindi il lavoratore è schiacciato tra due colossi, da un lato una concorrenza a ribasso che gli fanno i lavoratori dei paesi lontani e dall'altro un costo della vita particolarmente elevato del paese in cui vive. Quindi si pongono dei problemi perché un conto è immaginare di riequilibrare il mercato interno di un unico paese altro è immaginare un riequilibrio tra le situazioni economiche del mondo intero perché poi c'è anche un altro discorso, quello per cui non solo che il costo del lavoro è più basso che altrove ma è più basso perché le regole che disciplinano i rapporti di lavoro in altri paesi sono regole meno stringenti questo vuol dire che le tutele sono più basse, non solo quelle che riguardano l'aspetto retributivo, non sono solo gli stipendi che sono più bassi altrove ma è più basso il complessivo trattamento normativo del lavoratore subordinato, è diverso ed inferiore rispetto a quello che c’è in Italia o in altri paesi come l’Italia. Assistiamo ad un fenomeno che evidenzia degli squilibri talmente importanti che è complicato attendersi un riequilibrio tra economie così diverse; se qui il lavoro costa molto è anche perché c'è la sicurezza sul lavoro perchè il lavoro deve essere sicuro e la sicurezza sul lavoro è un ulteriore costo per l’impresa. In un paese in cui la sensibilità sul tema della sicurezza è molto bassa o pari a zero, la sicurezza non è un costo e il prodotto esce fuori ad un prezzo iperconcorrenziale rispetto a quello che si potrebbe produrre in Italia semplicemente per il motivo che lì tutta una serie di costi che qui si vanno accumulando nell'ambito del processo produttivo e si stratificano l'uno sull'altro, lì semplicemente non ci sono. Questo determina chiaramente delle situazioni di squilibrio enormi che non è prevedibile risolvere in tempi rapidi. Ciò che rende ancor più difficoltoso questo percorso ipotetico verso un sostanziale riequilibrio delle condizioni esistenti, è il fatto che il modello occidentale è un modello in cui c’è una crescita esponenziale di nuovi bisogni, quindi la corsa al loro soddisfacimento determina un corto circuito del sistema capitalistico.
finisce poi per essere fagocitato in un mondo globalizzato. Quindi è chiaro che il ruolo attuale del diritto del lavoro è anche quello di andare ad erodere alcune rigidità precedenti quindi cercare di ridistribuire queste tutele, renderle più accessibili ad un numero maggiore di persone ma abbassarle nella loro entità per consentire alle imprese quella flessibilità che serve a mantenersi in vita, a mantenersi soprattutto competitive perché poi in un mondo globalizzato dove noi ci compriamo un prodotto su internet senza porci il problema di come sia stato realizzato quel prodotto (questa è una cosa molto superficiale che facciamo tutti e che si potrebbe fare un po’ di meno) si potrebbero determinare le premesse, le condizioni per un riequilibrio perché chiaramente non ci poniamo il problema di come sia stato prodotto, da dove venga, queste sono tutte piccole gocce che fanno un mare e non è da sottovalutare l’importanza di una scelta perché chiaramente in un sistema in cui ci sono un miliardo di piatti di bilancia, se togliamo o mettiamo un grammo su un piatto della bilancia non ci accorgiamo quale altro piatto, addirittura non percepiamo che dall’altra parte ci sia stato un contraccolpo eppure c’è perché diciamo è fatale che basta anche l’impatto apparentemente più lieve determina comunque un contraccolpo e non c’è dubbio che anche in termini positivi una singola mossa possa determinare delle conseguenze. Questo vale anche appunto non soltanto per le scelte dei consumatori che comunque incidono tantissimo sulle dinamiche lavoristiche ma anche per le scelte del legislatore che deve andare ad operare in modo tale da cercare di trovare un nuovo assetto che consenta il mantenimento della competitività complessiva del sistema di ciascun paese. Chiaramente questo è un ruolo che assume non soltanto il legislatore ma anche la contrattazione collettiva che è chiamata oggi non solo o non più ad assicurare il trattamento minimo in favore del lavoratore, magari nei confronti di più lavoratori possibili se non di tutti i lavoratori, ma praticamente cercare di trovare delle soluzioni che in qualche modo possano favorire le imprese per privilegiare l’interesse, favorire o comunque aiutare le imprese al fine mediato non immediato di favorire l’interesse dei lavoratori ad una maggiore occupazione perche la scelta poi di fondo è quella tra il perseguimento dell’obiettivo della maggiore occupazione o il perseguimento dell’obiettivo del miglior trattamento sennonché ripeto queste due cose sono compatibili nel lungo periodo perché se c’è il raggiungimento dell’obiettivo della maggiore occupazione poi si può chiaramente passare al passaggio successivo che è quello del conseguimento del miglior trattamento per ciascun lavoratore subordinato ma cronologicamente c’è prima il mantenimento di un accettabile livello occupazionale e poi quello di un miglioramento delle condizioni e quello è un fatto logico, questo al netto di quelle che possono essere delle posizioni pretestuose o ideologiche, di favore per l’una o per l’altra posizione. Questo per spiegare che il compito del legislatore da un certo momento in poi è stato quello di andare a trovare delle soluzioni che fossero a tutela di interessi generali quindi senza schierarsi al di là di quelle che fossero le esigenze di tutela dei diritti fondamentali, di alcuni diritti non più rinunciabili che sono stati poi via via riconosciuti rispetto ai quali non si torna indietro, si è esaurito diciamo un percorso o comunque è arrivato al massimo sviluppo possibile di una certa fase, se il contesto necessità di ulteriori interventi di altra natura su altri fronti per puntare più alla maggiore occupazione che al miglioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori subordinati è chiaro che il sistema si deve orientare in quel senso e in questo senso appunto si è orientata anche la contrattazione collettiva che ha consentito peraltro attraverso un ruolo altamente collaborativo dei sindacati in certi momenti, di introdurre nell’ambito del nostro ordinamento degli elementi di flessibilizzazione molto importanti che hanno consentito e che consentono tuttora in concreto il perseguimento dell’obiettivo della massima occupazione possibile, ovviamente il perseguimento e non il raggiungimento di questo obiettivo, la distinzione è d’obbligo ovviamente perché chiaramente i presupposti, le basi devono essere poste anche in modo condiviso
e quindi anche nell’ambito della contrattazione collettiva secondo un’idea che è mancata abbastanza in tanti anni nel nostro ordinamento, quella appunto di andare a verificare qual è la situazione concreta di debolezza socio economica e di intervenire per rimuovere la situazione di effettiva debolezza e subalternità e soggezione socio economica rispetto alla predisposizione di tutele in modo assolutamente indistinto sulla base semplicemente dell’appartenenza alla categoria del lavoratore subordinato, come era stato fatto in precedenza. Quindi diciamo un cambio di visuale che si è reso necessario e quindi oggi il diritto del lavoro è qualcosa di molto composito, di molto complesso perche riguardano e fanno parte del diritto del lavoro anche norme che non servono solo a tutelare i lavoratori subordinati, ma che contemperano altre esigenze che quindi in qualche modo hanno una portata, una caratterizzazione un po’ diversa, tengono conto di quelli che sono gli aspetti macro e quindi non si limitano più soltanto al perseguimento dell’obiettivo sul quale si basa e dal quale è nato il diritto del lavoro, cioè la protezione del lavoratore subordinato.