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Riassunto corso Benozzo metodologia della ricerca qualitativa, Sintesi del corso di Metodologia Della Ricerca Qualitativa

Riassunto del libro "interrogare la ricerca qualitativa" e riassunto dei capitoli 5, 6, 7, 9, 10 del libro "la ricerca qualitativa nelle organizzazioni" per il corso di Metodologia della ricerca qualitativa di Angelo Benozzo all'univda

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 01/02/2024

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sara-moreo 🇮🇹

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METODOLOGIA DELLA RICERCA QUALITATIVA
INTERROGARE LA RICERCA QUALITATIVA
CAPITOLO 1
Come stanno insieme vago e dettagliato? Paradosso. Per preservare la vaghezza bisogna fare attenzione ai dettagli
ma allo stesso tempo se facciamo una descrizione troppo precisa poi risulterà vaga.
Idea centrale: natura paradossale della relazione tra parole e cose, linguaggio e realtà. Siamo in un mondo che più
cerchiamo di avvicinarlo, più ci sfugge.
Mondo plurale, pluriverso, più proviamo a descriverlo più si rivela vago -> crisi della rappresentazione.
Ricerca qualitativa è vaga e sfuocata. Comprende approcci con diversi riferimenti ontologici, epistemologici,
metodologici, etici e politici, accomunati da insoddisfazione per i modi convenzionali di fare ricerca.
Arena che raggruppa studiosi che possono abbracciare prospettive diverse ma tutti radicano la loro ricerca in una
branca della filosofia.
SOGLIA 1: ETIMOLOGIA DI RICERCA
Molte parole che usiamo oggi derivano da contesto di caccia e raccolta. Territorio era minaccioso e andava esplorato
(piangere fuori).
Ipotesi che il territorio dove cacciare venisse percorso compiendo dei giri inizialmente larghi e che man mano si
restringevano per accerchiare la preda. Da verbo che esprime questa azione deriva “cercare” e girare, aggirarsi,
raggirare, trovare.
Prima cercavamo la selvaggina, ora continuiamo a cercare con movimenti sistematici o non. Continua ad esserci
attenzione per le tracce.
Indagine e indagare sono i termini che riguardano l’azione del ricercare, il mettere la selvaggina in un luogo in cui era
più agile afferrarla, inserirla in luogo limitato.
Cosa è successo col passare del tempo? Popolazioni si sono diversificate e alcune hanno colonizzato altre. La storia
delle pratiche del ricercare è intrecciata alla storia coloniale di alcune popolazioni dell’umanità (Jared Diamond).
SOGLIA 2: RICERCA QUALITATIVA
L’aggiunta dell’aggettivo “qualitativa” legittima o delegittima l’uso di determinate pratiche, discorsi e metodologie.
Qualità: proprietà intrinseca del fenomeno o caratteristica di qualcosa. Può essere anche una scelta di ricerca, la
decisione di assumere una posizione diversa o altre direzioni.
Ciò che modula la ricerca in termini qualitativi o quantitativi è come gli assunti teorici guidano l’interazione con i dati.
Molti studi qualitativi sono stati influenzati dai metodi quantitativi per il loro rigore, validità, affidabilità ed evidenze
scientifiche.
Qualitativa-> scostamento dal neopositivismo, dall’idea di prevedibilità e dalla quantificazione dei fenomeni.
Allontanamento dall’utilizzo di VD, VI e generalizzazioni.
Qualità non è opposta a quantità.
Ci sono aspetti della realtà che sfuggono alla classificazione e non sempre la quantitativa riesce a cogliere la
complessità che ci circonda.
Situato: aggettivo che qualifica la ricerca. Sottolinea l’importanza di considerare i fenomeni di indagine come
intrinsecamente contestuali, di considerare le pratiche di ricerca come influenzate dall’appartenenza a comunità
scientifiche e disciplinari. Aggettivo usato anche per connotare lo sguardo di chi ricerca.
SULLE TRACCE DELLA RICERCA QUALITATIVA
Secondo Denzin e Lincoln da fine 800 a oggi la ricerca qualitativa ha vissuto 8 periodi o fasi durante le quali la
metodologia ha vissuto crisi, momenti di forte affermazione, evoluzione e svolte.
Utile strumento per comprendere alcune questioni che ruotano intorno alla ricerca qualitativa.
1. Periodo tradizionale: primi anni del Novecento fino alla Seconda guerra mondiale. Etnografe
rappresentate come individue sole e isolate che conducono osservazioni sul campo alla ricerca di leggi e
generalizzazioni. Implica che la ricercatrice possa produrre una descrizione oggettiva delle realtà e delle culture
studiate. L’altro visto come lo strano. Ricerche antropologiche risentono di una complicità con gli interessi
coloniali.
Tendenza a rappresentare i fenomeni sociali in termini statici e immutabili.
Classici primi testi della scuola di Chicago in cui vengono costruiti racconti in cui si offre alla lettrice una visione
romanzata dell’essere umano dove il deviante si trasforma in un eroe
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METODOLOGIA DELLA RICERCA QUALITATIVA

INTERROGARE LA RICERCA QUALITATIVA

CAPITOLO 1

Come stanno insieme vago e dettagliato? Paradosso. Per preservare la vaghezza bisogna fare attenzione ai dettagli ma allo stesso tempo se facciamo una descrizione troppo precisa poi risulterà vaga. Idea centrale: natura paradossale della relazione tra parole e cose, linguaggio e realtà. Siamo in un mondo che più cerchiamo di avvicinarlo, più ci sfugge. Mondo plurale, pluriverso, più proviamo a descriverlo più si rivela vago -> crisi della rappresentazione. Ricerca qualitativa è vaga e sfuocata. Comprende approcci con diversi riferimenti ontologici, epistemologici, metodologici, etici e politici, accomunati da insoddisfazione per i modi convenzionali di fare ricerca. Arena che raggruppa studiosi che possono abbracciare prospettive diverse ma tutti radicano la loro ricerca in una branca della filosofia. SOGLIA 1: ETIMOLOGIA DI RICERCA Molte parole che usiamo oggi derivano da contesto di caccia e raccolta. Territorio era minaccioso e andava esplorato (piangere fuori). Ipotesi che il territorio dove cacciare venisse percorso compiendo dei giri inizialmente larghi e che man mano si restringevano per accerchiare la preda. Da verbo che esprime questa azione deriva “cercare” e girare, aggirarsi, raggirare, trovare. Prima cercavamo la selvaggina, ora continuiamo a cercare con movimenti sistematici o non. Continua ad esserci attenzione per le tracce. Indagine e indagare sono i termini che riguardano l’azione del ricercare, il mettere la selvaggina in un luogo in cui era più agile afferrarla, inserirla in luogo limitato. Cosa è successo col passare del tempo? Popolazioni si sono diversificate e alcune hanno colonizzato altre. La storia delle pratiche del ricercare è intrecciata alla storia coloniale di alcune popolazioni dell’umanità (Jared Diamond). SOGLIA 2: RICERCA QUALITATIVA L’aggiunta dell’aggettivo “qualitativa” legittima o delegittima l’uso di determinate pratiche, discorsi e metodologie. Qualità: proprietà intrinseca del fenomeno o caratteristica di qualcosa. Può essere anche una scelta di ricerca, la decisione di assumere una posizione diversa o altre direzioni. Ciò che modula la ricerca in termini qualitativi o quantitativi è come gli assunti teorici guidano l’interazione con i dati. Molti studi qualitativi sono stati influenzati dai metodi quantitativi per il loro rigore, validità, affidabilità ed evidenze scientifiche. Qualitativa-> scostamento dal neopositivismo, dall’idea di prevedibilità e dalla quantificazione dei fenomeni. Allontanamento dall’utilizzo di VD, VI e generalizzazioni. Qualità non è opposta a quantità. Ci sono aspetti della realtà che sfuggono alla classificazione e non sempre la quantitativa riesce a cogliere la complessità che ci circonda. Situato: aggettivo che qualifica la ricerca. Sottolinea l’importanza di considerare i fenomeni di indagine come intrinsecamente contestuali, di considerare le pratiche di ricerca come influenzate dall’appartenenza a comunità scientifiche e disciplinari. Aggettivo usato anche per connotare lo sguardo di chi ricerca. SULLE TRACCE DELLA RICERCA QUALITATIVA Secondo Denzin e Lincoln da fine 800 a oggi la ricerca qualitativa ha vissuto 8 periodi o fasi durante le quali la metodologia ha vissuto crisi, momenti di forte affermazione, evoluzione e svolte. Utile strumento per comprendere alcune questioni che ruotano intorno alla ricerca qualitativa.

  1. Periodo tradizionale : primi anni del Novecento fino alla Seconda guerra mondiale. Etnografe rappresentate come individue sole e isolate che conducono osservazioni sul campo alla ricerca di leggi e generalizzazioni. Implica che la ricercatrice possa produrre una descrizione oggettiva delle realtà e delle culture studiate. L’altro visto come lo strano. Ricerche antropologiche risentono di una complicità con gli interessi coloniali. Tendenza a rappresentare i fenomeni sociali in termini statici e immutabili. Classici primi testi della scuola di Chicago in cui vengono costruiti racconti in cui si offre alla lettrice una visione romanzata dell’essere umano dove il deviante si trasforma in un eroe
  1. Fase modernista o età dell’oro : da fine guerra ai primi anni Settanta. Tentativo di formalizzare le regole metodologiche per la realizzazione di ricerche qualitative: la ricercatrice è colei che realizza studi rigorosi dei fenomeni. Contributi e suggerimenti provenienti dall’etnometodologia, dalla fenomenologia, dalla teoria critica e dal femminismo. Sforzo di rendere la qualitativa rigorosa quanto quella quantitativa.
  2. Blurred genres (generi sfuocati) : dai primi Settanta fino a metà anni Ottanta. Studiosi attingono a infinita varietà di teorie, metodi e strategie di ricerca. Geertz rileva la necessità di un approccio aperto e pluralista nello studio dei fenomeni umani. Contribuisce al successo del concetto di descrizione densa e chiarisce che tutti gli scritti qualitativi sono interpretazioni di interpretazioni. In più ci fa comprendere che confini tra scienze umane e studi umanistici sono sfuocati. Parallelamente in Europa inizia ad affermarsi una tradizione che abbraccia metodi di ricerca qualitativi e che costituisce le premesse per la diffusione in psicologia dell’analisi del discorso. A metà anni 80 rottura con la tradizione precedente che porta alla quarta fase.
    1. Crisi della rappresentazione : si mettono in evidenza i limiti e le difficoltà di rendere conto dell’esperienza vissuta dall’altro. Si cercano nuovi metodi di ricerca e si mettono in discussione le regole della ricerca qualitativa elaborate nella seconda fase. Si cerca di approfondire e problemizzare concetti come validità, affidabilità e oggettività. Si problemizza la relazione tra lo stare sul campo e la stesura del rapporto finale di ricerca. Si aprono una serie di considerazioni sulla natura della conoscenza prodotta, su quale esperienza vive la ricercatrice e sugli stili di scrittura di uno studio qualitativo.
    2. Triplice crisi : della rappresentazione. Della legittimazione e della prassi. Serie di svolte avvenute nelle scienze umane e sociali. Legittimazione: ripensamento dei classici criteri di qualità della ricerca e di termini come validità, generalizzabilità e affidabilità. Provocazioni alla ricerca qualitativa e alla relazione tra ricercatore e ricercato. Tra metà anni Novanta e i giorni nostri le ultime 3 fasi:
    3. Affermarsi di una casa editrice
    4. Presente metodologicamente contestato: successo di due nuove riviste qualitative. Acceso dibattito teorico-metodologico tra gli studiosi, insieme all’impegno per una ricerca critica e attiva sul piano politico. Affermarsi del nuovo materialismo che comprende altre teorie.
    5. È ora, il futuro. Gli studiosi si stanno confrontando con il contraccolpo metodologico associato alla ‘scienza di Bush’ e al movimento delle evidence-based che si è rafforzato e alleato a venti di neoliberismo. Questa suddivisione è artificiale, permette di associare l’evoluzione della ricerca qualitativa ai movimenti sociali e ai cambiamenti socioculturali. I diversi momenti sono ancora oggi tutti attivi, a ciascuno si possono associare i paradigmi di ricerca che animano l’arena della ricerca qualitativa. SOGLIA 3: PRATICHE CRITICHE E SOVVERSIVE Interrogare in quanto si vogliono sollecitare alcune questioni. Critica e sovversione hanno a che fare con questioni di potere, disciplina, ingiustizia sociale che riguardano la ricerca nelle sue pratiche e nei suoi esiti. Foucault si chiedeva cosa fosse la critica. Durante l’Illuminismo questa è stata esaltata. È l’arte di non essere eccessivamente governati. Virtù, valore permanente, attitudine a ribellarsi quando si percepisce di essere giunti ad un limite. Critica come pratica attraverso cui perseguire ostinatamente la libertà. Non come sguardo di un ricercatore che dal suo privilegiato punto di osservazione dà giudizi, ma come una sorta di leva tra la disciplina e il soggetto, tra il potere e l’individuo. La critica si connette alle posizioni poststrutturaliste che sfidano le visioni convenzionali di che cosa sia la critica, quelle idee in cui l’atto di criticare è l’avere o esprimere un giudizio per far emergere un errore. La visione convenzionale presuppone un mondo diviso in categorie dicotomiche in cui la critica favorisce una parte che viene giudicata come migliore. Le pratiche convenzionali presentano il rischio di affermare la superiorità della critica e quindi di rafforzare uno squilibrio di potere a favore di chi critica. La connessione tra sapere e potere si ferma a livello epistemologico. La critica della critica convenzionale invece abbraccia anche il piano ontologico, cioè si spinge a riconsiderare il piano della natura del reale.

CAPITOLO 2

I paradigmi si collegano alle ologie o questioni: ontologiche, epistemologiche e metodologiche. Questione ontologica: che cos’è reale? Ci si chiede se il mondo dei fatti possieda una realtà oggettiva ed esista a prescindere dalla mente dell’essere umano che li ha concepiti. Se i fatti possiedono un’essenza o se sono solo rappresentazioni di cose. Due posizioni ontologiche:  Realista: il mondo è costituito da oggetti e strutture governati e connessi attraverso relazioni di causa- effetto reciproche.  Relativista: il mondo non è ordinato da leggi e valorizza le diversità di interpretazioni esistenti. Questione epistemologica: si chiede se la realtà può essere conosciuta. Area della filosofia interessata alla teoria del sapere e che cerca di rispondere alle domande su se sia possibile conoscere la realtà. L’espressione “ricerca qualitativa” implica una gamma di epistemologie diverse. L’epistemologia riflette sulla relazione tra chi conosce e che cosa si intende sapere. Metodologia: approccio generale per studiare un argomento di ricerca. È diverso da metodo che indica una specifica tecnica di ricerca. Approccio generale è collegato alla posizione epistemologica e ontologica. Non tutti i metodi di ricerca sono compatibili con tutte le metodologie, le posizioni condizionano la scelta delle tecniche di ricerca. Es. in un’ontologia ed epistemologia relativista le variabili sociali sono costruzioni e si esplora come esse diventano reali e questo obiettivo non può essere raggiunto attraverso la misurazione dei costrutti. Tabella: (immagine) schema che riassume i paradigmi di ricerca. Adattamento della tabella realizzata da Patti Lather e Elizabeth St. Pierre. I simboli “< >” indicano che alcune teorie, metodologie o approcci si possono spostare all’interno dei paradigmi, possono cambiare colonna. La frattura indica uno spostamento/cambiamento dalle prime teorie alle post teorie che tendono a decostruire e a mettere in discussioni varie nozioni. Jurgen Habermas in un suo testo sostiene che c’è un profondo legame tra il sapere e il contesto sociale e antropologico in cui la conoscenza si colloca. Egli distingue 3 tipi di conoscenza legati a 3 tipi di interessi:

  1. La conoscenza delle scienze empirico-analitiche in cerca di leggi che aiutino a prevedere e controllare i fenomeni
  2. La conoscenza delle scienze storico-ermeneutiche che si sforzano di comprendere il senso e il significato della realtà.
  3. La conoscenza delle scienze critico-riflessive che aiutano a emancipare l’essere umano e la società. A questi, Lather e St. Pierre, ne hanno aggiunto un quarto:
  4. Il decostruire che implica una frattura rispetto ai paradigmi precedenti.
  5. Ancora in divenire, non si intravede ancora l’interesse prevalente. La frattura vuole sottolineare la profonda e radicale differenza tra i primi 3 e ciò che accade nel momento in cui la modernità entra in crisi e si affacciano sulla scena idee dei filosofi poststrutturalisti e altri pensatori. Da sinistra a destra la tabella evidenzia l’evoluzione storica dei paradigmi anche se questi sono ancora vitali e usati dagli studiosi. Paradigma positivista: il più tradizionale, idea convenzionale di scienza. Termine coniato da Comte. Sostiene che la società e il mondo fisico obbediscono a leggi universali e che la conoscenza si raggiunge solo attraverso il metodo scientifico. Paradigma interpretativo: rifiuta la visione oggettivista secondo la quale la realtà è indipendente dal soggetto o attore sociale. Paradigma emancipatorio/critico: sostiene che il processo di produzione della conoscenza deve essere a beneficio dei gruppi sociali più svantaggiati. Paradigmi post: legati al grande sviluppo del pensiero filosofico francese dopo la Seconda guerra mondiale. Sostengono che i fondamenti della conoscenza non risiedono nelle strutture sistematiche, né nell’esperienza soggettiva perché storia e cultura modellano le strutture e le visioni soggettive. I cambiamenti di paradigma avvengono quando quelli precedenti diventano inadeguati e non più in grado di spiegare la realtà e la sua complessità. Alcune teorie che nascono in un paradigma possono poi avere uno sviluppo diverso quando si spostano in un altro. I paradigmi post sono quelli che caratterizzano oggi maggiormente la ricerca qualitativa.

La distinzione tra questi 3 non deve essere vista come una separazione netta; i confini possono essere sfuocati o chiari. L’unica separazione più marcata è quella tra i primi 3 e gli ultimi 3. RICERCARE E PREVEDERE Paradigma neopositivista: quando l’interesse della scienza riguarda il prevedere e controllare i fenomeni. Fonda i presupposti di una ricerca quantitativa. Presuppone che i ricercatori possano testare empiricamente previsioni causali dedotte a priori dalla teoria e perciò analizzare in modo neutrale la realtà sociale. L’obiettivo principale è quello di accedere deduttivamente alle relazioni causali che si presume siano radicate in una realtà accessibile cognitivamente. Lo standard metodologico positivista classico è l’esperimento che è capace di creare o simulare le condizioni di un sistema chiuso. Il rigore scientifico è assicurato se:

  1. Ogni partecipante fa esperienza dello stesso trattamento
  2. Si può misurare variazione VD
  3. Gruppi di controllo per escludere influenza di variabili terze Il neopositivismo invece ha elementi di incertezza attraverso la categoria della falsificazione: il confronto non può avvenire in modo positivo ma si realizza in negativo, con la non-falsificazione della teoria da parte dei dati, quindi verificando che i dati non contraddicano l’ipotesi e che siano quindi compatibili. Il neopositivismo, quindi, non propone cambiamenti nelle procedure di operazionalizzazione, rilevazione, operazioni o elaborazioni. In questo paradigma i metodi misti affiancano l’uso di metodologie quantitative a metodologie qualitative ma questo uso non intacca la visione epistemologica oggettiva e la logica neopositivista della ricerca. I criteri di validità della ricerca quantitativa spesso vengono adottati per legittimare la ricerca qualitativa. Affiancare le due metodologie in questo modo tende a misurare la qualitativa e quindi a squalificarne i criteri stessi. RICERCARE E COMPRENDERE Dipinto Olympia di Edouard Manet: giovane donna su letto, lenzuolo azzurro sgualcito e scialle giallo. Sguardo verso di noi, braccio dx copre il pube e il sx le sostiene il busto appoggiato a cuscino. Orchidea rossa ai capelli, bracciale e orecchini, nastrino nero al collo e ciabatta semicalzata. In secondo piano tappezzeria e su dx una donna, domestica, vestita di bianco che sta porgendo un bouquet di fiori. Paradigma interpretativo: ci chiediamo cosa stia succedendo nel dipinto. Ci mettiamo nei panni di un parigino dell’800 e possiamo leggere gli indizi come il racconto di una storia, ossia l’incontro tra Olympia, una prostituta, e un uomo, la sera prima. Si cerca di indagare il significato dell’esperienza ricostruito in modo induttivo. Ricerca il senso che le persone attribuiscono alla loro vita e le motivazioni delle loro azioni, come se qualsiasi comportamento, anche quello più illogico, avesse le sue ragioni. Tradizione della comprensione weberiana: per Weber comprendere un’azione individuale significa procurarsi mezzi d’informazione sufficienti per analizzare le motivazioni che hanno ispirato l’azione. L’osservatore comprende l’azione del soggetto. Comprensione nel senso che l’osservatore si mette al posto dell’attore (come induzione poliziesca). I ricercatori sono interessati al significato che dipende dal contesto sociale o psicosociale, l’obiettivo è comprendere le esperienze, non prevederle. L’approccio è di tipo esplorativo, la metodologia più in linea è l’intervista o ancora meglio l’etnografia e l’osservazione partecipante. Questo paradigma conserva una visione neopositivista in quanto attribuisce al ricercatore la possibilità di accedere e interpretare i dati empirici, pone il ricercatore in una posizione distaccata e privilegiata, in quanto egli è il solo capace di arrivare alla vera e giusta interpretazione. Volendo interrogare la ricerca qualitativa, sorgono 2 domande: se il rapporto di ricerca scritto rappresenta l’ultima parola sul processo, dove rimangono coloro che hanno partecipato? Se coloro che hanno partecipato non concordano con l’interpretazione, come viene valorizzata questa resistenza emotiva? La centratura sul significato non legittima a ritenere che possiamo arrivare a un significato certo. L’interpretazione può essere infinita e forse qualcosa rimane sempre non-interpretabile. RICERCARE ED EMANCIPARE Olympia: quando venne esposta al Salon di Parigi suscitò scandalo per ragioni stilistiche (evocava la Venere di Urbino di Tiziano), morali (donna prostituta) e tecnico-pittoriche (assenza chiaroscuro). A noi questo quadro non infastidisce. Forse stiamo tralasciando qualcosa? L’altra donna, chi è? Nome? Relazione con Olympia? Si scoprì che la donna si chiamava Laure ed era una modella. Manet aveva dipinto Olympia in un periodo in cui era stata abolita la schiavitù in base alla razza, ma gli stereotipi razziali erano ancora presenti.

Con il passare degli anni, la ricerca femminista si arricchisce di lavori di donne di colore, lesbiche/queer, disabili, e nuovi approcci teorici per lo studio delle donne. La condizione di oppressione offre alle donne e a tutti i gruppi sociali oppressi un punto di vista specifico su ciò che accade loro in un contesto specifico. La felice contaminazione tra ricerca qualitativa e femminismo ha aperto la strada all’incontro con numerosi altri filoni teorici accomunati da un interesse per la messa in discussione del potere, per la denuncia di disuguaglianze e varie forme di esercizio oppressivo del potere. Se prendiamo in esame le indagini qualitative dobbiamo riconoscere che le ricerche di matrice femminista hanno attinto a tutto lo spettro di metodi qualitativi disponibili e hanno contribuito ad alimentare un dibattito produttivo relativo ad alcune questioni:

  1. La richiesta di oggettività e distacco del ricercatore rispetto al fenomeno indagato.
  2. Ha portato un vento di democratizzazione nella ricerca.
  3. La questione del silenzio, di ciò che è lasciato in sospeso all’interno di una ricerca. Se la ricerca si è concentrata su uomini, allora le donne non hanno avuto e costruito un linguaggio per esprimere la loro esperienza. Ne consegue che una sensibilità femminista dovrebbe dare spazio al non detto. (autoetnografie) LA FRATTURA: CRITICA E CRISI DELLA RAPPRESENTAZIONE Critica alla nozione di rappresentazione in alcuni ambiti dell’antropologia e della filosofia. Due sono i significati di rappresentazione che la critica di matrice antropologica prende di mira:  Come riproduzione: evidenzia la funzione mimetica della ricerca per cui rappresentare implica riprodurre il reale attraverso segni, linguaggi e immagini. Ha lo scopo di fornire descrizioni che siano copie il più possibile approssimate di isolotti di mondo.  Come rappresentanza: dimensione politica. I ricercatori sono rappresentativi degli interessi della loro comunità scientifica di riferimento. La seconda posizione fa sorgere interrogativi: come coloro che hanno partecipato possono sentirsi rappresentati? Come i ricercatori possono davvero parlare di coloro che hanno intervistato e ascoltato? Che il compito della ricerca sia quello di rappresentare un fenomeno è un’affermazione che circola tutt’oggi, ma sostenere questa posizione implica ritenere che la realtà coincida con fenomeni che esistono a prescindere da coloro che fanno ricerca. Questa convinzione pone le basi affinché la realtà sia osservabile, misurabile e spiegabile al fine di rinvenire improbabili relazioni di causa-effetto fra fenomeni. Questa idea ci colloca all’interno del primo paradigma, il neopositivista, dove la scienza è guidata dall’interesse del prevedere. Essa convince il ricercatore della possibilità di arrivare a qualche certezza o verità e di controllare/dominare i fenomeni. A partire dagli anni 70 la crisi e la critica all’idea di rappresentazione hanno portato scompiglio, si è indebolita la credenza di una realtà “là fuori” e soprattutto separata/scissa dall’Io che osserva. Per Clifford la ricerca è un’opera letteraria che si avvale quindi di strumenti letterari che limitano e offrono una presentazione necessariamente distorta della realtà. La ricerca oggettiva è impossibile perché essa è determinata dal contesto. Come viene costruita testualmente l’oggettività? La realtà è composta da una molteplicità di voci, ma spesso il ricercatore ne presenta solo un numero limitato, per cui la rappresentazione è inevitabilmente parziale. Questo implica un’epistemologia che rifiuta l’idea di progressiva accumulazione del sapere; se il mondo è in continuo movimento, i fenomeni non possono essere rappresentati come statici. La ricerca non può rappresentare il reale. La conoscenza è situata in quanto condizionata dalla cultura, dalla storia, dall’appartenenza istituzionale di chi scrive. È condizionata, situata e collocata, a partire dalla posizione di chi osserva, descrive e racconta. Prima degli antropologi, i filosofi avevano contribuito a mandare in frantumi la nozione di rappresentazione: Foucault la definisce come somiglianza, similitudine mentre Deluze rivela i limiti dell’idea di rappresentazione in quanto caratteristica dominante del pensiero occidentale. La possibilità di rappresentare presuppone un’idea di individuo autonomo, razionale e capace di giudicare il mondo attraverso il controllo del senso comune e della verità. La crisi della rappresentazione è di parte e alimenta un più vasto movimento che ha ripensato i fondamenti del sapere e ha interrogato la ricerca qualitativa: il poststrutturalismo.

RICERCARE E DECOSTRUIRE

Il poststrutturalismo è un movimento filosofico che, a partire dagli anni 60 ha influenzato i modi di pensare la ricerca. Ha messo disordine alle cose. È collocato all’interno del più vasto movimento del postmodernismo e dei cosiddetti post. POST, PORTMODERNO, POSTSTRUTTURALISMO Post significa dopo in senso cronologico ma sottolinea anche una logica diversa o il superamento di un ostacolo. Post va inteso come insieme ma diverso. Il poststrutturalismo riprende alcune tematiche dello strutturalismo, rielaborandole e sviluppandole secondo teorie e intuizioni nuove e diverse. Tutti i post ripudiano le strutture certe e stabili e assumono come punto di partenza una frattura/rottura con gli assunti del pensiero illuminista occidentale. Postmodernismo va descritto come movimento in opposizione al modernismo. È stato usato per indicare un gruppo di studiosi della letteratura americana che si è poi diffuso in altri ambiti come reazione al superamento del funzionalismo iper-razionalista. Lyotard chiama “metanarrazioni” queste pretese totalizzanti e descrive la condizione postmoderna una “incredulità verso le metanarrazioni” rifacendosi a Wolin che descrive il postmodernismo come il movimento culturale del disfacimento, del collasso delle antitesi. Il postmodernismo ha trovato nel poststrutturalismo il nutrimento teorico e filosofico di cui aveva bisogno. Il poststrutturalismo è quel movimento filosofico che raggruppa un insieme di filosofi francesi, i quali sono accomunati da una posizione dissenziente rispetto alle certezze delle scienze e ai valori morali costituiti. I lavori di questi autori agiscono come una sorta di disturbo scrupoloso e metodico del nostro senso di sicurezza nel significato delle cose e che ci sia una corrispondenza tra cose e linguaggio. Il pensiero di questo gruppo di filosofi può essere interpretato come una reazione allo strutturalismo e all’Umanesimo. L’idea di essere umano costruita sulle basi dell’Umanesimo/Rinascimento era fallita e questo spinse i filosofi a interrogarsi e a problematizzare le certezze acquisite e su come le pratiche filosofiche avessero prodotto quel soggetto della cultura occidentale che aveva provocato guerre, genocidi ed enormi distruzioni. STRUTTURA E DIFFERENZA Poststrutturalismo prende le mosse da un rovesciamento della relazione gerarchica tra la struttura e il limite e si esprime nel rifiuto di poter arrivare al sapere, alla verità, all’essenza. Una struttura è ciò che si ripete con regolarità. Le differenze sono spesso intese come deviazioni dalla struttura normale. Se esiste un modello normale allora esiste anche l’eccezione intesa come la deviazione della norma. Il poststrutturalismo restituisce al limite dignità nel sistema della conoscenza. Punto di partenza per comprendere il poststrutturalismo: le differenze e/o i limiti di un modello/struttura possono avere un ruolo creativo; essi non possono e non devono essere svalorizzati o pensati come scarti. COLLOCARE IL LIMITE AL CENTRO PER SMONTARE I PRIVILEGI Intervista sul coming out al lavoro. John sta raccontando la sua esperienza e dice di non aderire allo stereotipo, al gay camp e che sembra normale, come un uomo etero. L’affermazione riassume una finzione con il discorso assimilazionista e normalizzante. Proviamo a immaginare un punto di rottura e un sovvertimento dell’ordine eteronormativo: immaginiamo un uomo etero che dice “sembro normale, come un gay”. Questo suona strano e mette in evidenza il privilegio che crea la struttura e parallelamente è un modo per decostruirla. Questo dimostra che una particolare visione del mondo è stata accettata come quella giusta, ma che se noi la esaminiamo in modo dettagliato allora possono emergere visioni diverse -> decostruzione. L’eccezione dalla norma non è più messa in relazione comparativa rispetto al modello, essa è posta al centro e diventa il nucleo centrale. Qualsiasi forma di sapere fisso e stabile è costituito dai suoi limiti e non può essere definito indipendentemente da essi. Lo strutturalismo privilegia il modello che si ripete identico a se stesso nel tempo. Cosa succede se quello che è importante non è quello che si ripete ma ciò che differisce? La ricerca diventa sensibilità per l’unicità, non per la somiglianza. Possiamo comprendere per esempio che l’idea di normalità traccia una linea di separazione rispetto alle differenze per confinarle il più lontano possibile dal centro. La differenza non deve essere intesa come scostamento ma il limite o la differenza non sono conoscibili in modo preciso altrimenti diventerebbero essi stessi una norma.

LINGUAGGIO E DECOSTRUZIONE

Nel linguaggio le teorie umaniste assumono la corrispondenza tra qualcosa che c’è nel mondo e una parola. Sollevano però un problema rilevante perché l’enorme varietà di tutto ciò che accade non può trovare una corrispondenza nel linguaggio, per questo raggruppiamo cose simili, ma in realtà molto diverse tra loro, in gruppi, classi e categorie. Questi raggruppamenti vengono realizzati attraverso il linguaggio. Gli sforzi dell’Umanesimo e dello strutturalismo possono essere visti come tentativi di definire l’essenza delle cose creando ordine (strutture profonde) all’interno delle forme della vita che in realtà sono dominate dal disordine e dal caos. Le teorie poststrutturaliste hanno messo in discussione queste strutture. FERDINAND DE SAUSSURE E JACQUES DERRIDA Rivisitazione di Derrida delle teorie del linguista Saussure. Le teorie umaniste concepivano le parole come un segno che rappresentava una presenza che esiste da qualche altra parte nel mondo. Si trovano tracce di questa idea quando anche nel linguaggio comune ci interroghiamo sul significato nascosto dietro le parole. Saussure cambia impostazione perché sostiene che il significato risiede nel segno e da nessun’altra parte. Distingue il significato (tout court) dal significante (suono o immagine scritta del segno). La relazione tra le due è arbitraria, il significante non esprime il significato e il significato non rispecchia un suono o una forma. Es ciò che dà significato a “disabile” è la sua differenza rispetto ad altri significanti come “abile” o “prestante”. Il poststrutturalismo concorda e allo stesso tempo si distanzia dalle teorie di Saussure. Condividono l’idea che non c’è corrispondenza tra le parole e le cose e che il significato è generato attraverso la differenza anziché attraverso l’identità. Ma si distanziano perché la teoria non spiega la presenza di significati diversi per uno stesso significante. Il poststrutturalismo opera cambiamento radicale sostenendo che il significato non è mai fissato per sempre ma è costantemente differito. Derrida inventa il neologismo “differance” per spiegare che il significato non è mai stabile ma cambia costantemente in relazione al contesto sociale. Differance ha 2 significati: richiama ad alterità per dissomiglianza (differenza), e richiama a rimandare, rinviare, porre una distanza tra noi e la cosa. (scrivendo con la a piuttosto che con la e sottolinea una forza assente nella scrittura in quando oralmente non si sente la differenza che viene percepita solo con la parola scritta). Non possiamo mai sapere esattamente il significato di qualcosa, non possiamo mai arrivare alla radice, all’essenza delle cose. La rappresentazione è solo una retrospettiva temporanea che fissa il significato. Il pensiero occidentale si basa sulla “presenza”, tuttavia le cose e gli eventi non sono del tutto presenti e non possiamo recepirli e comprenderli chiaramente attraverso l’esperienza non mediata. C’è il desiderio per un centro che è trascendente e al di fuori del tempo e che genera opposizioni gerarchiche dove l’inferiore serve al superiore e ne segna la completezza. Derrida con differance costruisce le premesse per disfare le strutture/ i modelli attraverso un approccio che ha avuto un grande successo nel poststrutturalismo -> decostruzione. La decostruzione non è demolizione ma è una pratica di apertura e ricostruzione per comprendere come una struttura, un centro siano stati costruiti e soprattutto cosa producono. È la messa in atto della differance per ribaltare le gerarchie di significato. L’analisi decostruttiva è stata usata da molti ricercatori e ha permesso di prestare attenzione ai modi in cui il linguaggio ci intrappola in forme binarie di pensiero, in categorie e gerarchie. La decostruzione ci aiuta a comprendere ciò a cui noi normalmente prestiamo poca attenzione. Essa non deve essere intesa in senso restrittivo come strumento per l’analisi di un testo. Decostruzione non può essere definita, non è un metodo ridotto a strumenti metodologici, non è una teoria, una filosofia o una scuola. Essa è ciò che accade. Domanda pertinente è interrogarsi in merito a che cosa la decostruzione fa: essa mette una struttura sotto cancellazione, cioè continuiamo a usare le categorie che ci permettono di scrivere del mondo ma allo stesso tempo tiriamo una riga sopra perché le riteniamo inadeguate. Stiamo mettendo in discussione una struttura ma non la stiamo rifiutando, stiamo lavorando all’interno e contro un modello. La decostruzione capovolge e muove, sposta una struttura cosicché qualcosa di diverso può essere pensato e fatto. Rovescia i binarismi e il passo successivo sarebbe eliminarli e creare un nuovo termine che sostituisca quello in posizione privilegiata. Così si potrebbe sostenere un modo nuovo di pensare il genere o l’identità sessuale.

Una delle conseguenze principali è che ci permette di comprendere come il linguaggio non indica cose preesistenti ma costruisce il mondo che noi conosciamo, noi assegniamo al mondo delle parole e in questo non c’è nulla di naturale. Il fatto che sia costruito allora ci permette di decostruirlo. Abbiamo anche una grande responsabilità verso le strutture che abbiamo costruito. La decostruzione ha quindi connotati etici. Ma cosa farebbe la decostruzione a Olympia? Non possono essere concepite separate, questa dinamica contribuisce alla costruzione metaforica della donna occidentale e la donna di colore è esclusa dalla scena e dalla sessualità in quanto rimane sullo sfondo. POSTUMANO E NUOVO MATERIALISMO Sesta colonna della tabella con “e poi???”. Paradigma postumanista aggiunto dagli autori del libro. Oggi sembra che inizi a delinearsi qualcosa. Nei prossimi anni ne vedremo gli sviluppi. L’inventore del termine postumano sembra essere Jeffrey Deitch che nel 1992 diede questo nome a una mostra. Il neologismo fu creato per indicare e problematizzare la capacità di intervenire nella progettazione e nelle forme strutturanti il corpo umano con conseguenze sulla soggettività e sull’identità. Mostra fatta anche in Italia e il postumano approda anche nelle scienze umane e sociali. Una ricerca critica e sovversiva attinge principalmente a 3 paradigmi: critico, poststrutturalista e postumano. Taylor individua 2 punto di partenza che caratterizzano il postumano, nuovi modi di afferrare l’esperienza dei soggetti:

  1. La messa in discussione del binarismo essenzialista umano-non umano e al tentativo di sradicare il dualismo soggetto-oggetto.
  2. I dubbi e le critiche rivolte all’antropocentrismo e a tutte le categorie che quest’ultimo costruisce. Questi due punti aprono a una rivisitazione di aspetti ontologici, relativi al modo in cui gli umani e non umani concepiscono il mondo, ed epistemologici rispetto a come si produce un sapere rilevante. Sul piano metodologico vengono messi in discussione metodi e metodologie legati al paradigma interpretativo. L’approccio postumano ci rende sensibili ad aspetti che spesso vengono lasciati ai margini: il non umano, il diverso dall’umano e il più che umano. Uno dei limiti del poststrutturalismo è stato l’eccessiva centratura sul linguaggio. Questo in comune con il femminismo ha il rifiuto di visioni essenzialiste dell’identità, la sottolineatura della mobilità del significato e la messa in discussione dei modi burocratici e normativi del sapere. Nel postumano c’è lo sforzo di sostituire l’idea dell’essere umano come entità separata dal mondo con un’etica del tutto in relazione con tutto: un’etica della reciprocità. Postumano e materialismo femminista si pongono la finalità di portare a compimento l’opera complessa che hanno iniziato i paradigmi precedenti. Mettere in crisi l’antropocentrismo necessita di un’idea di soggetto radicalmente diversa. Il soggetto non è separato dal mondo. L’Io è sempre instabile, non è un centro ma una composizione temporanea mai definitivamente compiuta. La ricerca diventa quindi sperimentazione. Il sapere non può essere prodotto attraverso metodologie che delineano procedure burocratiche che danno l’illusione della razionalità. Il sapere non è lineare. La conoscenza è rizomatica, ossia molteplice e avanza in tutte le direzioni, essa crea connessioni e deviazioni, anche possibili fratture. Uno slittamento fondamentale riguarda l’interesse per ciò che il sapere fa, per ciò che produce, per come funziona e per come può contribuire a generare nuovi modi di vivere anche per i non umani. Se il soggetto è decentrato allora abbiamo bisogno di nuove pratiche e nuove sensibilità. La riflessione metodologica ha iniziato a interrogarsi su come lavorare in modo creativo con questi elementi/fenomeni. Il poststrutturalismo e il postumano pongono side notevoli alla ricerca perché quello di cui abbiamo bisogno è una metodologia reinventata ogni volta che si avvia un nuovo progetto. La metodologia è in continuo divenire e si mette in atto sempre in modo diverso. La ricerca emerge nell’evento stesso del ricercare: si fa e si disfa facendo. Karen Barad ha proposto la nozione di diffrazione e l’analisi diffrattiva. In fisica si verifica ad es. quando un’onda si insinua tra due scogli e ciò che ne deriva è un fenomeno di generazione di altre onde. La diffrazione è segnata dai modelli della differenza. La diffrazione è una propagazione irregolare di immagini, forme, forze e materia che si incontrano.

CAPITOLO 3

“Dato” è un concetto collocato nel cuore della ricerca. I dati sono parte essenziale della progettazione di una ricerca; i ricercatori immaginano come classificarli, analizzarli, presentarli e migliorarne la validità ma tutte queste azioni possono accadere anche quando i dati non si sono ancora palesati. I dati vengono visti convenzionalmente come qualcosa che viene cercato, selezionato, raccolto ed elaborato. Numerose pratiche di ricerca qualitativa sono state influenzate dai metodi quantitativi e dalle relative prese di rigore. Per tale ragione spesso di osserva la preoccupazione di come misurare, campionare, convalidare e ordinare i dati. L’idea è che essi possano catturare l’esperienza dei soggetti. Idea semplicistica che ci fa dimenticare che i dati sono intrisi di giudizi e interpretazioni personali. “raccolta dati” corrisponde all’inglese collecting o gathering (radunare, riunire). Il linguaggio che usiamo rimanda a metafora agricola come se fosse una raccolta di frutti che ne fa risaltare il fatto che i dati siano un prodotto e che producano qualcosa. Questi prodotti poi invecchiano, anche fisicamente. Ci sono anche altri dati, quelli che si palesano all’improvviso come frammenti di testo, emozioni, sensazioni, rumori, balbettii. I dati sono intrisi delle nostre vite. Essendo che i dati sono molti, potremmo ridurre l’investimento nella loro produzione e concentrarci su un materiale empirico un po’ più circoscritto. Il problema è che a volte si ha l’impressione che avendo più dati possibile si possano ottenere più risultati. La nostra società è la prima a chiederci dati di ricerca certi per prendere decisioni politiche. Questi diventano come una merce di scambio, sono parte della macchina capitalista e quindi non sono neutrali, ingenui e innocui. I metodi di produzione possono essere usati individualmente o in combinazione tra loro. La ricerca convenzionale esige la giustificazione dei metodi che vengono utilizzati che però spesso avviene a posteriori quando si comprende se la scelta operata funziona o non funziona affatto. CAMPIONAMENTO QUALITATIVO? Quanti? Tanti? Pochi? Molti? Sono domande segnate da aggettivi che non si addicono alla qualitativa. Bisogna sostenere un pensiero che aiuti a diversificare le forme di selezione dei dati in senso di quantità e tipologia, e sottolineare l’importanza della loro connessione con teorie, paradigmi e approcci. Visioni in cui entra in gioco la relazione. Le convenzioni accademiche evidenziano la necessità di attribuire qualche forma numerica alla ricerca che spesso diventa indicatore di qualità e validità dell’indagine. Marshall: obiettivo del campionamento è che sia rappresentativo per poi generalizzare i dati. Nella qualitativa gli approcci e le modalità di campionamento cercano di differenziarsi con alcuni autori che arrivano a rifiutare il termine “campionamento”. Gli approcci si differenziano per le dimensioni considerate appropriate per il campione, nelle unità di campionamento e negli approcci degli studiosi alla saturazione. Quando si deve procedere al campionamento? Può essere a priori (ricerche rigide) o a monte (ricerche più flessibili). Il campionamento in una ricerca qualitativa dipende dagli obiettivi dello studio e dai metodi selezionati. Ad esempio, le interviste qualitative rispetto alle quantitative offrono una maggiore validità ecologica, fornendo resoconti ricchi che possono aiutare a dare un senso a realtà molto complesse. Intraprendere interviste seguendo i parametri convenzionali richiede che i ricercatori giustifichino le modalità. Le norme convenzionali sono influenzate dal paradigma neopositivista e qui dobbiamo collocare la necessità di indicare il numero e le caratteristiche dei partecipanti. Nell’ambito qualitativo il numero di persone è una questione assai dibattuta. Lo scopo dello studio, i riferimenti ontologici, epistemologici, metodologici, pratici ed economici guidano e influenzano il processo di selezione dei partecipanti.

Alcuni sostengono che se lo scopo è fornire un resoconto ricco di un evento i un’esperienza allora basta anche solo una singola intervista, mentre se lo scopo è stabilire dei punti in comune o un confronto allora servirà un numero più ampio. Ma quanto? Nel campionamento convenzionale non deve essere troppo piccolo da rendere difficile la saturazione ma non troppo grande. Un numero ristretto di partecipanti non riduce il valore della ricerca ma può migliorarla perché la nostra interazione coi dati potrebbe essere più intensa e capace di cogliere le innumerevoli sfumature anche in una sola intervista. Per alcuni studiosi il concetto di saturazione è una regola d’oro della qualitativa e si raggiunge quando l’aggiunta di nuovi partecipanti non produce ulteriori approfondimenti. Tuttavia, alcuni la considerano come un indicatore della qualità della ricerca assai generico e inappropriato. Un altro tipico campionamento è quello di convenienza dove i partecipanti sono facilmente raggiungibili e disposti a prendere parte al progetto di ricerca. Altre strategie di campionamento: campione con variazione massima (ampia gamma partecipanti), con deviazioni (inclusione valori anomali), con casi critici (partecipanti con esperienze specifiche), di informatori chiave o privilegiati (competenze uniche), a palla di neve (suggeriscono nomi di altri), omogeneo, di intensità, politicamente rilevante, criteriale, induttivo o emergente o teorico (gruppi non previsti vengono poi inseriti quando necessario). SOVVERTIRE IL CONCETTO DI CAMPIONAMENTO Il campionamento qualitativo è stato problemizzato nelle prospettive postmoderne, poststrutturaliste e postumane. Nelle modalità indicate prima prevale la logica della rappresentazione che crea limiti e staticità. Questi rafforzano categorie semplificative o gerarchiche. Sono forme di campionamento pronte all’uso e normative che risentono della quantitativa. Anziché assumere una modalità critica, vogliamo riconoscere che il campionamento può essere inteso in modo più complesso, come un processo continuo che comporta scelte, forme di selezione e microdecisioni intrecciate durante tutto il processo di indagine. Campionamento come strumento capace di esaltare la ricchezza, la complessità e le sfaccettature di un fenomeno. Inoltre, il materiale empirico di uno studio qualitativo è eterogeneo e la raccolta e produzione potrebbe cambiare durante tutto il processo di ricerca. Attraverso le scelte che operiamo durante un progetto di ricerca qualitativa noi campioniamo, decidiamo, selezioniamo varie cose. Allo stesso tempo anche noi ricercatori siamo sottoposti a un processo di campionatura e selezione perché qualcosa durante il processo di ricerca ci sceglie. In sintesi, campioniamo qualcosa e siamo campionati da qualcosa. I dati e il campione sono già sempre qui anche quando non siamo attenti a essi. Il campionamento può essere inteso come un processo di separazione per circoscrivere un ambito, per definire il perimetro. Se esso è decidere, ciò implica che stiamo dividendo e tagliando ma questa azione può essere anche violenta e piena di contraddizioni. Cosa scartiamo? Possiamo invece intendere il campionamento come un taglio che è insieme separazione e unione, un taglio agenziale (agential cut). Non è mai una completa divisione perché i dati, i soggetti, ecc.. sono sempre e già in relazione con noi, tra loro e con altro ancora. Si crea così una selezione specifica che però potrebbe essere diversa se fossero stati usati altri tagli/altre frasi. Anche questa scheggia di mondo è sempre in relazione con altro. I ricercatori, attraverso la scelta operata, esercitano la loro capacità di rispondere come sensibilità etica e di risposta degli altri. La relazionalità dei dati e dei processi di selezione fanno si che essi si connettano a storie personali, discorsi e pensieri di altri studiosi o altri materiali. TECNICHE DI PRODUZIONE DEI DATI Non ci sono metodi giusti o sbagliati. A volte possono essere innovativi e se ne possono sperimentare di nuovi. L’INTERVISTA Più usato. Viviamo in una interview society in quanto oggi le interviste sono onnipotenti e si reputa siano la macchina che consente di afferrare l’Io più autentico. Intese come conversazioni diventano uno scambio di visioni e opinioni tra 2 persone e alcuni ci ricordano che intervista rimanda a inter-azione.

Esperimento diventato pietra miliare della fisica quantistica. Il modello dell’atomo di Bohr andava per la maggiore ma la quantizzazione dello spazio tormentava gli scienziati. Una mattina Stern rimase a letto a meditare e gli venne in mente un esperimento da fare. Durante l’esperimento Gerlach teneva la lastra ma le tracce della quantizzazione non si rivelarono. Lo fecero poi quando la lastra la tenne Stern in quanto fumava sigari scadenti ricchi di solfuro, così quando il suo fiato raggiungeva la lastra, il solfuro reagiva e le tracce di palesavano. Questo dimostra che l’apparato per l’osservazione non è mai neutro, è invece intriso di pratiche materiali-discorsive. La presenza del sigaro è stata uno dei numerosi elementi che hanno contribuito. Le ricercatrici entrano nei contesti di ricerca non come soggetti pre-esistenti ma come soggetti co-costituiti nell’intra- action attraverso le pratiche discorsivo-materiali in cui sono coinvolte. Il soggetto si forma insieme all’oggetto di osservazione e viceversa. RACCOLTA DI DOCUMENTI Possono essere usati sia come fonte di dati primari sia come dati ulteriori rispetto a quelli principali. Sono una buona fonte di informazioni che aiutano a contestualizzare i dai qualitativi raccolti in un contesto particolari. Essi comprendono: documenti personali, pubblici, ufficiali, pubblicati sui giornali o reperibili in internet. Ci sono alcune questioni che il ricercatore potrebbe prendere in considerazione quando utilizza i documenti come fonti di dati. Bisogna chiedersi:  Chi ha prodotto il dato?  Qual è lo scopo per cui è stato prodotto?  La persona che ha scritto, è nella posizione di farlo?  La persona ha un interesse particolare per produrre il documento?  Sembra autentico?  C’è modo di corroborare le informazioni?  Esistono versioni diverse? Altra questione importante è che il tema analizzato nel documento potrebbe avere poca attinenza con le domanda d’indagine. INTERROGARE L’INTERVISTA Lo statuto ontoepistemetodologico ha generato perplessità. Come differenti posizioni epistemologiche interpretano l’intervista:  Approccio convenzionale: il contesto non è particolarmente rilevante e che la riduzione del testo verbale in categorie è una valida rappresentazione della percezione dell’intervistata.  Neopositivismo: l’intervista è un evento ampiamente radicato nel contesto e che la rappresentazione debba essere contestualizzata.  Postmodernismo: attribuisce all’interazione una indeterminatezza di fondo cui la metodologia non può in nessun modo sopperire. L’intervista può essere divisa in due momenti: la realizzazione e l’analisi. Intervista convenzionale: porre domande, registrare le risposte, sbobinare e trascrivere, codificare e analizzare il testo. Intervista va vista come una conversazione con uno scopo, che in genere è accedere, catturare, comprendere il punto di vista del partecipante. Le domande vengono poste in modo che intervistati diversi le comprenderebbero uguali. L’obiettivo è limitare l’influenza sull’intervistato (dal contesto, da come le domande sono poste o dal ricercatore). La sbobinatura trasforma la conversazione in un testo simile a un dato di ricerca quantitativa. Spesso scompaiono gli aspetti fisici e non verbali, le variazioni di tono, le esitazioni, il ritmo e le pause. Se fossimo in una visione postmoderna e poststrutturalista la ricercatrice possiede intenzioni e desideri molteplici e il significato in base al quale sono costruite le domande è sempre ambigui in quando varia. Ciò che le domande significano per una ricercatrice varia in relazione al tempo e allo spazio e lo stesso vale per l’intervistata. L’intervista non si ripete mai identica. I protocolli di trascrizione allontanano dalla consapevolezza dell’ambiguità del linguaggio in quanto spostano l’attenzione sulla tecnica e sulla forma. La visione convenzionale sottostima la complessità dell’interazione. Il modello S-R ci dice che la ricercatrice può comunicare un significato in modo chiaro e comprendere un significato nascosto.

Visione neopositivista sottovaluta che significato e interazione umana non sono mai unici e univoci. Ciò che accade in quello spazio di tempo che racchiude un incontro tra due persone è sempre incerto. La tecnica dell’intervista insieme ai relativi protocolli di trascrizione ci rendono analfabeti rispetto a come lavorare in modo creativo con altri microeventi che sono parte delle affermazioni; così come vengono tralasciate posture e gesti. La ricerca qualitativa convenzionale tende a rimuovere questi aspetti perché non sa bene come affrontarli e li ritiene impedimenti alla produzione di buoni dati. La trascrizione diventa una sorta di pulizia dei dati. Un altro oggetto di critica poststrutturalista sono state le forme di potere e di resistenza che si possono cogliere in quella interazione. Intervista viene vista come situazione asimmetrica in cui l’intervistatrice ha maggiore potere. Foucault però ci ricorda che il potere è relazionale. Le partecipanti non sono soggetti passivi che subiscono l’intervista ma soggetti attivi nel costruirla e usarla anche per i loro fini. Però la teoria critica nel tentativo di contrastare le forme di dominio e ingiustizia rischia di riproporle. Non si sta negando l’uso di interviste, ma bisogna riconcettualizzarle e proporle in modo diverso. INTERMEZZO: IL RITORNO DEI DATI I dati sono situati e modellati dai paradigmi di riferimento dei ricercatori. Neopositivismo: trattati come insieme di materiali facilmente accessibili. Costruttivismo: concepiti come creati e co-costruiti. Teorici critici: idea che con azione critica si possa emancipare, trasformare o generare. Poststrutturalismo: devono essere ripensati e decostruiti. Materialismo femminista o postumano: dati come forze, flussi, materia in divenire e forme di vita relazionale. La problematizzazione dell’idea di raccolta va ad abbracciare nuove forme di dati. I dati non necessitano di essere raccolti. Anziché concettualizzarli come fonti di informazioni, siamo interessati ai dati per quello che producono, come si muovono, come possono essere vissuti e sentiti/provati dal ricercatore e per come essi ci rendono persone e ricercatori. Ricerca sul coming out sul luogo di lavoro: si è palesata una miriade di idee, immagini, libri, programmi Tv e pensieri difficili da distinguere e separare dalla ricerca. La ricerca qualitativa tradizionale cerca di pulire i dati, ma questo riduce il rigoglio degli esseri, la vitalità e il caos della vita. I dati aprono delle possibilità e le ricercatrici agiscono, producono, generano attraverso i dati. I concetti di linee di fuga e di macchine desideranti possono aiutarci a ripensare alla nozione di data-driven come una forza o un’intensità che genera una molteplicità di nuove intuizioni possibili. L’intervista è il risultato di forze diverse che il ricercatore non controlla o controlla solo parzialmente. Cambia anche l’analisi che non si focalizza sul singolo soggetto di cui si sforza di afferrare l’esperienza ma diventa un intreccio tra dati-partecipanti-teorie-analisi-concetti-ricerca.

Lo scopo è esplorare in dettaglio come i partecipanti attribuiscono un senso alla loro esperienza personale e al mondo sociali. Approccio ideografico (vs. nomotetica) in quanto lo scopo è arrivare alla descrizione dell’esperienza vissuta dai singoli partecipanti. Si intende cogliere il significato personale in quanto opposto alla possibilità di giungere alla descrizione oggettiva del fenomeno. Riferimenti fondamentali della IPA: 1. Punto di vista fenomenologico (P)

  1. interpretazione esperienza partecipanti (I) Circolo ermeneutico, doppo processo di interpretazione: soggetto cerca di attribuire un significato e ricercatore cerca di dare un significato al racconto. L’assunto è che attraverso l’interpretazione la ricercatrice possa imparare qualcosa e tale qualcosa può assumere la forma di emozioni, credenze, sentimenti e significati. Non si creano grafici, si cerca di interpretare frasi o immagini impegnandosi a entrare in contatto e in dialogo con i testi che si leggono. Passaggi per l’analisi interpretativa:  Testo letto e riletto scrivendo commenti a margine  Si ritorna a inizio testo e i commenti vengono sintetizzati a margine in frasi più coincise con lo scopo di catturare le caratteristiche essenziali.  I temi che emergono sono trascritti su un foglio secondo l’ordine in cui appaiono nel testo e il ricercatore cerca di dare loro un senso aggregando i temi che presentano delle connessioni.  Temi raggruppati in una tabella.  Scrittura di un singolo caso o l’analisi continua per prendere in esame altre interviste. All’identificazione dei temi segue l’analisi dei temi. Approcci tipici per la IPA: a. Astrazione: sviluppo temi master in grado di raggruppare ulteriormente in un concetto più teorico/astratto. b. Polarizzazione: temi messi in contrapposizione. c. Contestualizzazione: raggruppa i temi in considerazione di eventi o mete particolari che rappresentano tappe o momenti decisivi nelle esperienze. d. Funzione: ruolo che il tema ricopre nel processo di racconto dell’esperienza. ANALISI NARRATIVA Dagli anni 80. Ritiene che il racconto sia l’elemento centrale nei processi di attribuzione di significato e di senso agli eventi e in generale alle nostre vite. Come le persone attribuiscono un ordine al mondo e alle loro vite e danno un senso di continuità alla loro identità. Usa interviste semi o non strutturate. La narrazione è un resoconto con un avvio, uno sviluppo e una conclusione la cui funzione principale è creare un ordine in un mondo disordinato. Emplotment: organizzazione di una sequenza (breve o illimitata) di eventi all’interno di una trama. Non si attribuisce un ordine solo al mondo ma anche al proprio sé. Fabbrichiamo un’identità narrativa che ci mette in relazione agli altri. Secondo Murray l’analisi dei resoconti narrativi può essere divisa in due momenti:
  2. Quello descrittivo e un modo utile per procedere è di scrivere un riassunto con cui ci si può rendere conto di quali sono le questioni principali che si possono evidenziare. Attraverso questo processo si può costruire un codice.
  3. Richiede di connettere le narrazioni alla letteratura teorica che si intende usare per interpretare la storia. Ogni narrazione è esaminata in relazione a elementi particolari. Sono stati usati e sviluppati numerosi schemi per analizzare la struttura delle narrazioni ed etichettarle. Abbiamo esempi di storie che narrano una progressione (cambiamento per un fine), regressive (sottrarsi dall’arrivare a un obiettivo) e stabili (cambiamento minimo): ANALISI DELLA CONVERSAZIONE Interesse crescente di numerose discipline. L’oggetto di studio è l’interazione che avviene in contesti “naturali” come medico e paziente o genitori e figli. Quando viene usata attraverso delle interviste, l’oggetto di interesse non è il significato che i soggetti attribuivano alla loro esistenza, bensì a come lo strumento dell’intervista può funzionare come un tipo particolare di interazione. Non si procede con la codifica. L’elemento centrale è l’attenzione attribuita ai dettagli dell’interazione.

ANALISI DEL DISCORSO

È quello che ha posto interessanti interrogativi alla ricerca qualitativa in quanto è un metodo flessibile che si adatta a diversi approcci teorici incluso il poststrutturalismo. Coincide con una profonda sensibilità verso il linguaggio. Aspetto centrale: attenzione verso il linguaggio e ai modi in cui esso viene utilizzato da coloro che scrivono o parlano per proporre o costruire una certa versione della realtà. I discorsi forniscono i presupposti attraverso cui gli individui costruiscono significati. Producono e riproducono una comunità di consensi, ossia ciò che viene ritenuto giusto e che ha le credenziali per essere accettato. I discorsi e le categorie che essi generano tendono a normalizzare, a dettare i comportamenti giusti, legittimi e pertinenti cui i soggetti dovrebbero attenersi. La AD rientra nei metodi di ricerca qualitativa ma avanza dubbi in merito alla possibilità di arrivare all’interpretazione delle reali intenzioni, atteggiamenti e sentimenti dei soggetti. Quando le persone sostengono un’opinione o dichiarano un’intenzione, la AD sottolinea che esse stanno prendendo parte a una conversazione che coinvolge altri interlocutori che possiedono uno scopo, rispetto al quale tutti manifestano un qualche interesse. In questo modo non si sostiene che stiano mentendo, ma semplicemente l’analisi cerca di posizionare le risposte all’interno del contesto sociale. In relazione allo studio del linguaggio si possono individuare 3 presupposti; il linguaggio:

  1. Non rappresenta la realtà ma la costruisce.
  2. È sempre orientato all’azione.
  3. È organizzato in base a modelli discorsivi. Riassumibili in: costruzione, funzione, variabilità. Chi conduce un’AD è interessato ad afferrare come attraverso il linguaggio le persone insieme ad altri interlocutori costruiscono versioni di fenomeni, avvenimenti e oggetti. Queste versioni esercitano una certa funzione nel contesto in cui sono usate. La variabilità invece comporta che non esiste una sola versione, diversi attori possono fornire versioni diverse. Nel condurre un’AD la ricercatrice raramente seguirà un sentiero chiaro, prestabilito e consequenziale. Lavoro di Ian Parker con 5 suggerimenti relativi alla critical discourse analysis:  Plurivocalità del linguaggio : comporta un’attenzione alle contraddizioni presenti nel modo di raccontare l’esperienza. Anziché sottolineare come una parola è simile a un’altra, si segnalano le differenze rinvenibili nell’uso delle medesime parole.  Semiotica : i testi formati da immagini e parole sono particolarmente utili per fare AD. La AD si concentra sul modo con cui nelle nostre narrazioni e discussioni assembliamo il linguaggio presente in innumerevoli testi e, allo stesso tempo, sul modo in cui noi siamo costituiti in una certa forma da un linguaggio che si palesa a a noi già organizzato in diversi repertori discorsivi. Durante la conversazione dobbiamo usare parole e frasi che hanno/comunicano/comportano significati che non possiamo completamente controllare.  Potere e resistenza : il linguaggio agisce e non descrive solamente la realtà. Sottolineare il potere e le forme di resistenza al potere presenti nei discorsi è un modo per gettare uno sguardo rispetto a come il linguaggio fa esistere implicitamente delle relazioni di dominio (es è diverso usare sbarco o arrivo). Tuttavia, si può porre resistenza a quei discorsi. Resistere significa interrompere la banale ripetizione dei discorsi attraverso, ad esempio, la forza di una pratica di analisi del discorso.  Legami e vincoli sociali : un modo per comprendere i punti precedenti è guardare al linguaggio dei testi come alla manifestazione di discorsi che evidenziano come esso organizzi dei vincoli sociali. I discorsi funzionano come strutture ideologiche che creano forme di inclusione o esclusione, generano comunità di consensi e dissensi definendo ciò che è normale e quindi accettato e ciò che è considerato anormale o deviante. Ma se funziona in termini ideologici, esso diventa un’ideologia e fornisce una visione del mondo opprimente e soffocante. Di conseguenza abbiamo anche discorsi razzisti, omofobi e così via.  Ricognizione storica : l’AD include anche un’analisi storica di come quelle forme di linguaggio hanno dato origine a vincoli e legami sociali. Ciò è rilevante per 2 motivi: primo perché fare AD implica ritenere che il linguaggio non nasce dal vuoto, secondo perché il testo è collocato nel contesto di legami sociali o relazionali di potere. Tra coloro che hanno trattato l’aspetto storico è importante Foucault che si interessa alle circostanze storiche, politiche e sociali che costruiscono l’”a priori” del discorso. Egli adotta l’approccio ‘archeologia del sapere’ che tende a capire l’emergenza storica dei sistemi di conoscenza delle scienze moderne. L’obiettivo è l’illustrazione di come un sistema di pensiero sia il prodotto di cambiamenti storici contingenti. TEORIA DEGLI ATTI LINGUISTICI