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Riassunto del libro "interrogare la ricerca qualitativa" e riassunto dei capitoli 5, 6, 7, 9, 10 del libro "la ricerca qualitativa nelle organizzazioni" per il corso di Metodologia della ricerca qualitativa di Angelo Benozzo all'univda
Tipologia: Sintesi del corso
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Come stanno insieme vago e dettagliato? Paradosso. Per preservare la vaghezza bisogna fare attenzione ai dettagli ma allo stesso tempo se facciamo una descrizione troppo precisa poi risulterà vaga. Idea centrale: natura paradossale della relazione tra parole e cose, linguaggio e realtà. Siamo in un mondo che più cerchiamo di avvicinarlo, più ci sfugge. Mondo plurale, pluriverso, più proviamo a descriverlo più si rivela vago -> crisi della rappresentazione. Ricerca qualitativa è vaga e sfuocata. Comprende approcci con diversi riferimenti ontologici, epistemologici, metodologici, etici e politici, accomunati da insoddisfazione per i modi convenzionali di fare ricerca. Arena che raggruppa studiosi che possono abbracciare prospettive diverse ma tutti radicano la loro ricerca in una branca della filosofia. SOGLIA 1: ETIMOLOGIA DI RICERCA Molte parole che usiamo oggi derivano da contesto di caccia e raccolta. Territorio era minaccioso e andava esplorato (piangere fuori). Ipotesi che il territorio dove cacciare venisse percorso compiendo dei giri inizialmente larghi e che man mano si restringevano per accerchiare la preda. Da verbo che esprime questa azione deriva “cercare” e girare, aggirarsi, raggirare, trovare. Prima cercavamo la selvaggina, ora continuiamo a cercare con movimenti sistematici o non. Continua ad esserci attenzione per le tracce. Indagine e indagare sono i termini che riguardano l’azione del ricercare, il mettere la selvaggina in un luogo in cui era più agile afferrarla, inserirla in luogo limitato. Cosa è successo col passare del tempo? Popolazioni si sono diversificate e alcune hanno colonizzato altre. La storia delle pratiche del ricercare è intrecciata alla storia coloniale di alcune popolazioni dell’umanità (Jared Diamond). SOGLIA 2: RICERCA QUALITATIVA L’aggiunta dell’aggettivo “qualitativa” legittima o delegittima l’uso di determinate pratiche, discorsi e metodologie. Qualità: proprietà intrinseca del fenomeno o caratteristica di qualcosa. Può essere anche una scelta di ricerca, la decisione di assumere una posizione diversa o altre direzioni. Ciò che modula la ricerca in termini qualitativi o quantitativi è come gli assunti teorici guidano l’interazione con i dati. Molti studi qualitativi sono stati influenzati dai metodi quantitativi per il loro rigore, validità, affidabilità ed evidenze scientifiche. Qualitativa-> scostamento dal neopositivismo, dall’idea di prevedibilità e dalla quantificazione dei fenomeni. Allontanamento dall’utilizzo di VD, VI e generalizzazioni. Qualità non è opposta a quantità. Ci sono aspetti della realtà che sfuggono alla classificazione e non sempre la quantitativa riesce a cogliere la complessità che ci circonda. Situato: aggettivo che qualifica la ricerca. Sottolinea l’importanza di considerare i fenomeni di indagine come intrinsecamente contestuali, di considerare le pratiche di ricerca come influenzate dall’appartenenza a comunità scientifiche e disciplinari. Aggettivo usato anche per connotare lo sguardo di chi ricerca. SULLE TRACCE DELLA RICERCA QUALITATIVA Secondo Denzin e Lincoln da fine 800 a oggi la ricerca qualitativa ha vissuto 8 periodi o fasi durante le quali la metodologia ha vissuto crisi, momenti di forte affermazione, evoluzione e svolte. Utile strumento per comprendere alcune questioni che ruotano intorno alla ricerca qualitativa.
I paradigmi si collegano alle ologie o questioni: ontologiche, epistemologiche e metodologiche. Questione ontologica: che cos’è reale? Ci si chiede se il mondo dei fatti possieda una realtà oggettiva ed esista a prescindere dalla mente dell’essere umano che li ha concepiti. Se i fatti possiedono un’essenza o se sono solo rappresentazioni di cose. Due posizioni ontologiche: Realista: il mondo è costituito da oggetti e strutture governati e connessi attraverso relazioni di causa- effetto reciproche. Relativista: il mondo non è ordinato da leggi e valorizza le diversità di interpretazioni esistenti. Questione epistemologica: si chiede se la realtà può essere conosciuta. Area della filosofia interessata alla teoria del sapere e che cerca di rispondere alle domande su se sia possibile conoscere la realtà. L’espressione “ricerca qualitativa” implica una gamma di epistemologie diverse. L’epistemologia riflette sulla relazione tra chi conosce e che cosa si intende sapere. Metodologia: approccio generale per studiare un argomento di ricerca. È diverso da metodo che indica una specifica tecnica di ricerca. Approccio generale è collegato alla posizione epistemologica e ontologica. Non tutti i metodi di ricerca sono compatibili con tutte le metodologie, le posizioni condizionano la scelta delle tecniche di ricerca. Es. in un’ontologia ed epistemologia relativista le variabili sociali sono costruzioni e si esplora come esse diventano reali e questo obiettivo non può essere raggiunto attraverso la misurazione dei costrutti. Tabella: (immagine) schema che riassume i paradigmi di ricerca. Adattamento della tabella realizzata da Patti Lather e Elizabeth St. Pierre. I simboli “< >” indicano che alcune teorie, metodologie o approcci si possono spostare all’interno dei paradigmi, possono cambiare colonna. La frattura indica uno spostamento/cambiamento dalle prime teorie alle post teorie che tendono a decostruire e a mettere in discussioni varie nozioni. Jurgen Habermas in un suo testo sostiene che c’è un profondo legame tra il sapere e il contesto sociale e antropologico in cui la conoscenza si colloca. Egli distingue 3 tipi di conoscenza legati a 3 tipi di interessi:
La distinzione tra questi 3 non deve essere vista come una separazione netta; i confini possono essere sfuocati o chiari. L’unica separazione più marcata è quella tra i primi 3 e gli ultimi 3. RICERCARE E PREVEDERE Paradigma neopositivista: quando l’interesse della scienza riguarda il prevedere e controllare i fenomeni. Fonda i presupposti di una ricerca quantitativa. Presuppone che i ricercatori possano testare empiricamente previsioni causali dedotte a priori dalla teoria e perciò analizzare in modo neutrale la realtà sociale. L’obiettivo principale è quello di accedere deduttivamente alle relazioni causali che si presume siano radicate in una realtà accessibile cognitivamente. Lo standard metodologico positivista classico è l’esperimento che è capace di creare o simulare le condizioni di un sistema chiuso. Il rigore scientifico è assicurato se:
Con il passare degli anni, la ricerca femminista si arricchisce di lavori di donne di colore, lesbiche/queer, disabili, e nuovi approcci teorici per lo studio delle donne. La condizione di oppressione offre alle donne e a tutti i gruppi sociali oppressi un punto di vista specifico su ciò che accade loro in un contesto specifico. La felice contaminazione tra ricerca qualitativa e femminismo ha aperto la strada all’incontro con numerosi altri filoni teorici accomunati da un interesse per la messa in discussione del potere, per la denuncia di disuguaglianze e varie forme di esercizio oppressivo del potere. Se prendiamo in esame le indagini qualitative dobbiamo riconoscere che le ricerche di matrice femminista hanno attinto a tutto lo spettro di metodi qualitativi disponibili e hanno contribuito ad alimentare un dibattito produttivo relativo ad alcune questioni:
Il poststrutturalismo è un movimento filosofico che, a partire dagli anni 60 ha influenzato i modi di pensare la ricerca. Ha messo disordine alle cose. È collocato all’interno del più vasto movimento del postmodernismo e dei cosiddetti post. POST, PORTMODERNO, POSTSTRUTTURALISMO Post significa dopo in senso cronologico ma sottolinea anche una logica diversa o il superamento di un ostacolo. Post va inteso come insieme ma diverso. Il poststrutturalismo riprende alcune tematiche dello strutturalismo, rielaborandole e sviluppandole secondo teorie e intuizioni nuove e diverse. Tutti i post ripudiano le strutture certe e stabili e assumono come punto di partenza una frattura/rottura con gli assunti del pensiero illuminista occidentale. Postmodernismo va descritto come movimento in opposizione al modernismo. È stato usato per indicare un gruppo di studiosi della letteratura americana che si è poi diffuso in altri ambiti come reazione al superamento del funzionalismo iper-razionalista. Lyotard chiama “metanarrazioni” queste pretese totalizzanti e descrive la condizione postmoderna una “incredulità verso le metanarrazioni” rifacendosi a Wolin che descrive il postmodernismo come il movimento culturale del disfacimento, del collasso delle antitesi. Il postmodernismo ha trovato nel poststrutturalismo il nutrimento teorico e filosofico di cui aveva bisogno. Il poststrutturalismo è quel movimento filosofico che raggruppa un insieme di filosofi francesi, i quali sono accomunati da una posizione dissenziente rispetto alle certezze delle scienze e ai valori morali costituiti. I lavori di questi autori agiscono come una sorta di disturbo scrupoloso e metodico del nostro senso di sicurezza nel significato delle cose e che ci sia una corrispondenza tra cose e linguaggio. Il pensiero di questo gruppo di filosofi può essere interpretato come una reazione allo strutturalismo e all’Umanesimo. L’idea di essere umano costruita sulle basi dell’Umanesimo/Rinascimento era fallita e questo spinse i filosofi a interrogarsi e a problematizzare le certezze acquisite e su come le pratiche filosofiche avessero prodotto quel soggetto della cultura occidentale che aveva provocato guerre, genocidi ed enormi distruzioni. STRUTTURA E DIFFERENZA Poststrutturalismo prende le mosse da un rovesciamento della relazione gerarchica tra la struttura e il limite e si esprime nel rifiuto di poter arrivare al sapere, alla verità, all’essenza. Una struttura è ciò che si ripete con regolarità. Le differenze sono spesso intese come deviazioni dalla struttura normale. Se esiste un modello normale allora esiste anche l’eccezione intesa come la deviazione della norma. Il poststrutturalismo restituisce al limite dignità nel sistema della conoscenza. Punto di partenza per comprendere il poststrutturalismo: le differenze e/o i limiti di un modello/struttura possono avere un ruolo creativo; essi non possono e non devono essere svalorizzati o pensati come scarti. COLLOCARE IL LIMITE AL CENTRO PER SMONTARE I PRIVILEGI Intervista sul coming out al lavoro. John sta raccontando la sua esperienza e dice di non aderire allo stereotipo, al gay camp e che sembra normale, come un uomo etero. L’affermazione riassume una finzione con il discorso assimilazionista e normalizzante. Proviamo a immaginare un punto di rottura e un sovvertimento dell’ordine eteronormativo: immaginiamo un uomo etero che dice “sembro normale, come un gay”. Questo suona strano e mette in evidenza il privilegio che crea la struttura e parallelamente è un modo per decostruirla. Questo dimostra che una particolare visione del mondo è stata accettata come quella giusta, ma che se noi la esaminiamo in modo dettagliato allora possono emergere visioni diverse -> decostruzione. L’eccezione dalla norma non è più messa in relazione comparativa rispetto al modello, essa è posta al centro e diventa il nucleo centrale. Qualsiasi forma di sapere fisso e stabile è costituito dai suoi limiti e non può essere definito indipendentemente da essi. Lo strutturalismo privilegia il modello che si ripete identico a se stesso nel tempo. Cosa succede se quello che è importante non è quello che si ripete ma ciò che differisce? La ricerca diventa sensibilità per l’unicità, non per la somiglianza. Possiamo comprendere per esempio che l’idea di normalità traccia una linea di separazione rispetto alle differenze per confinarle il più lontano possibile dal centro. La differenza non deve essere intesa come scostamento ma il limite o la differenza non sono conoscibili in modo preciso altrimenti diventerebbero essi stessi una norma.
Nel linguaggio le teorie umaniste assumono la corrispondenza tra qualcosa che c’è nel mondo e una parola. Sollevano però un problema rilevante perché l’enorme varietà di tutto ciò che accade non può trovare una corrispondenza nel linguaggio, per questo raggruppiamo cose simili, ma in realtà molto diverse tra loro, in gruppi, classi e categorie. Questi raggruppamenti vengono realizzati attraverso il linguaggio. Gli sforzi dell’Umanesimo e dello strutturalismo possono essere visti come tentativi di definire l’essenza delle cose creando ordine (strutture profonde) all’interno delle forme della vita che in realtà sono dominate dal disordine e dal caos. Le teorie poststrutturaliste hanno messo in discussione queste strutture. FERDINAND DE SAUSSURE E JACQUES DERRIDA Rivisitazione di Derrida delle teorie del linguista Saussure. Le teorie umaniste concepivano le parole come un segno che rappresentava una presenza che esiste da qualche altra parte nel mondo. Si trovano tracce di questa idea quando anche nel linguaggio comune ci interroghiamo sul significato nascosto dietro le parole. Saussure cambia impostazione perché sostiene che il significato risiede nel segno e da nessun’altra parte. Distingue il significato (tout court) dal significante (suono o immagine scritta del segno). La relazione tra le due è arbitraria, il significante non esprime il significato e il significato non rispecchia un suono o una forma. Es ciò che dà significato a “disabile” è la sua differenza rispetto ad altri significanti come “abile” o “prestante”. Il poststrutturalismo concorda e allo stesso tempo si distanzia dalle teorie di Saussure. Condividono l’idea che non c’è corrispondenza tra le parole e le cose e che il significato è generato attraverso la differenza anziché attraverso l’identità. Ma si distanziano perché la teoria non spiega la presenza di significati diversi per uno stesso significante. Il poststrutturalismo opera cambiamento radicale sostenendo che il significato non è mai fissato per sempre ma è costantemente differito. Derrida inventa il neologismo “differance” per spiegare che il significato non è mai stabile ma cambia costantemente in relazione al contesto sociale. Differance ha 2 significati: richiama ad alterità per dissomiglianza (differenza), e richiama a rimandare, rinviare, porre una distanza tra noi e la cosa. (scrivendo con la a piuttosto che con la e sottolinea una forza assente nella scrittura in quando oralmente non si sente la differenza che viene percepita solo con la parola scritta). Non possiamo mai sapere esattamente il significato di qualcosa, non possiamo mai arrivare alla radice, all’essenza delle cose. La rappresentazione è solo una retrospettiva temporanea che fissa il significato. Il pensiero occidentale si basa sulla “presenza”, tuttavia le cose e gli eventi non sono del tutto presenti e non possiamo recepirli e comprenderli chiaramente attraverso l’esperienza non mediata. C’è il desiderio per un centro che è trascendente e al di fuori del tempo e che genera opposizioni gerarchiche dove l’inferiore serve al superiore e ne segna la completezza. Derrida con differance costruisce le premesse per disfare le strutture/ i modelli attraverso un approccio che ha avuto un grande successo nel poststrutturalismo -> decostruzione. La decostruzione non è demolizione ma è una pratica di apertura e ricostruzione per comprendere come una struttura, un centro siano stati costruiti e soprattutto cosa producono. È la messa in atto della differance per ribaltare le gerarchie di significato. L’analisi decostruttiva è stata usata da molti ricercatori e ha permesso di prestare attenzione ai modi in cui il linguaggio ci intrappola in forme binarie di pensiero, in categorie e gerarchie. La decostruzione ci aiuta a comprendere ciò a cui noi normalmente prestiamo poca attenzione. Essa non deve essere intesa in senso restrittivo come strumento per l’analisi di un testo. Decostruzione non può essere definita, non è un metodo ridotto a strumenti metodologici, non è una teoria, una filosofia o una scuola. Essa è ciò che accade. Domanda pertinente è interrogarsi in merito a che cosa la decostruzione fa: essa mette una struttura sotto cancellazione, cioè continuiamo a usare le categorie che ci permettono di scrivere del mondo ma allo stesso tempo tiriamo una riga sopra perché le riteniamo inadeguate. Stiamo mettendo in discussione una struttura ma non la stiamo rifiutando, stiamo lavorando all’interno e contro un modello. La decostruzione capovolge e muove, sposta una struttura cosicché qualcosa di diverso può essere pensato e fatto. Rovescia i binarismi e il passo successivo sarebbe eliminarli e creare un nuovo termine che sostituisca quello in posizione privilegiata. Così si potrebbe sostenere un modo nuovo di pensare il genere o l’identità sessuale.
Una delle conseguenze principali è che ci permette di comprendere come il linguaggio non indica cose preesistenti ma costruisce il mondo che noi conosciamo, noi assegniamo al mondo delle parole e in questo non c’è nulla di naturale. Il fatto che sia costruito allora ci permette di decostruirlo. Abbiamo anche una grande responsabilità verso le strutture che abbiamo costruito. La decostruzione ha quindi connotati etici. Ma cosa farebbe la decostruzione a Olympia? Non possono essere concepite separate, questa dinamica contribuisce alla costruzione metaforica della donna occidentale e la donna di colore è esclusa dalla scena e dalla sessualità in quanto rimane sullo sfondo. POSTUMANO E NUOVO MATERIALISMO Sesta colonna della tabella con “e poi???”. Paradigma postumanista aggiunto dagli autori del libro. Oggi sembra che inizi a delinearsi qualcosa. Nei prossimi anni ne vedremo gli sviluppi. L’inventore del termine postumano sembra essere Jeffrey Deitch che nel 1992 diede questo nome a una mostra. Il neologismo fu creato per indicare e problematizzare la capacità di intervenire nella progettazione e nelle forme strutturanti il corpo umano con conseguenze sulla soggettività e sull’identità. Mostra fatta anche in Italia e il postumano approda anche nelle scienze umane e sociali. Una ricerca critica e sovversiva attinge principalmente a 3 paradigmi: critico, poststrutturalista e postumano. Taylor individua 2 punto di partenza che caratterizzano il postumano, nuovi modi di afferrare l’esperienza dei soggetti:
“Dato” è un concetto collocato nel cuore della ricerca. I dati sono parte essenziale della progettazione di una ricerca; i ricercatori immaginano come classificarli, analizzarli, presentarli e migliorarne la validità ma tutte queste azioni possono accadere anche quando i dati non si sono ancora palesati. I dati vengono visti convenzionalmente come qualcosa che viene cercato, selezionato, raccolto ed elaborato. Numerose pratiche di ricerca qualitativa sono state influenzate dai metodi quantitativi e dalle relative prese di rigore. Per tale ragione spesso di osserva la preoccupazione di come misurare, campionare, convalidare e ordinare i dati. L’idea è che essi possano catturare l’esperienza dei soggetti. Idea semplicistica che ci fa dimenticare che i dati sono intrisi di giudizi e interpretazioni personali. “raccolta dati” corrisponde all’inglese collecting o gathering (radunare, riunire). Il linguaggio che usiamo rimanda a metafora agricola come se fosse una raccolta di frutti che ne fa risaltare il fatto che i dati siano un prodotto e che producano qualcosa. Questi prodotti poi invecchiano, anche fisicamente. Ci sono anche altri dati, quelli che si palesano all’improvviso come frammenti di testo, emozioni, sensazioni, rumori, balbettii. I dati sono intrisi delle nostre vite. Essendo che i dati sono molti, potremmo ridurre l’investimento nella loro produzione e concentrarci su un materiale empirico un po’ più circoscritto. Il problema è che a volte si ha l’impressione che avendo più dati possibile si possano ottenere più risultati. La nostra società è la prima a chiederci dati di ricerca certi per prendere decisioni politiche. Questi diventano come una merce di scambio, sono parte della macchina capitalista e quindi non sono neutrali, ingenui e innocui. I metodi di produzione possono essere usati individualmente o in combinazione tra loro. La ricerca convenzionale esige la giustificazione dei metodi che vengono utilizzati che però spesso avviene a posteriori quando si comprende se la scelta operata funziona o non funziona affatto. CAMPIONAMENTO QUALITATIVO? Quanti? Tanti? Pochi? Molti? Sono domande segnate da aggettivi che non si addicono alla qualitativa. Bisogna sostenere un pensiero che aiuti a diversificare le forme di selezione dei dati in senso di quantità e tipologia, e sottolineare l’importanza della loro connessione con teorie, paradigmi e approcci. Visioni in cui entra in gioco la relazione. Le convenzioni accademiche evidenziano la necessità di attribuire qualche forma numerica alla ricerca che spesso diventa indicatore di qualità e validità dell’indagine. Marshall: obiettivo del campionamento è che sia rappresentativo per poi generalizzare i dati. Nella qualitativa gli approcci e le modalità di campionamento cercano di differenziarsi con alcuni autori che arrivano a rifiutare il termine “campionamento”. Gli approcci si differenziano per le dimensioni considerate appropriate per il campione, nelle unità di campionamento e negli approcci degli studiosi alla saturazione. Quando si deve procedere al campionamento? Può essere a priori (ricerche rigide) o a monte (ricerche più flessibili). Il campionamento in una ricerca qualitativa dipende dagli obiettivi dello studio e dai metodi selezionati. Ad esempio, le interviste qualitative rispetto alle quantitative offrono una maggiore validità ecologica, fornendo resoconti ricchi che possono aiutare a dare un senso a realtà molto complesse. Intraprendere interviste seguendo i parametri convenzionali richiede che i ricercatori giustifichino le modalità. Le norme convenzionali sono influenzate dal paradigma neopositivista e qui dobbiamo collocare la necessità di indicare il numero e le caratteristiche dei partecipanti. Nell’ambito qualitativo il numero di persone è una questione assai dibattuta. Lo scopo dello studio, i riferimenti ontologici, epistemologici, metodologici, pratici ed economici guidano e influenzano il processo di selezione dei partecipanti.
Alcuni sostengono che se lo scopo è fornire un resoconto ricco di un evento i un’esperienza allora basta anche solo una singola intervista, mentre se lo scopo è stabilire dei punti in comune o un confronto allora servirà un numero più ampio. Ma quanto? Nel campionamento convenzionale non deve essere troppo piccolo da rendere difficile la saturazione ma non troppo grande. Un numero ristretto di partecipanti non riduce il valore della ricerca ma può migliorarla perché la nostra interazione coi dati potrebbe essere più intensa e capace di cogliere le innumerevoli sfumature anche in una sola intervista. Per alcuni studiosi il concetto di saturazione è una regola d’oro della qualitativa e si raggiunge quando l’aggiunta di nuovi partecipanti non produce ulteriori approfondimenti. Tuttavia, alcuni la considerano come un indicatore della qualità della ricerca assai generico e inappropriato. Un altro tipico campionamento è quello di convenienza dove i partecipanti sono facilmente raggiungibili e disposti a prendere parte al progetto di ricerca. Altre strategie di campionamento: campione con variazione massima (ampia gamma partecipanti), con deviazioni (inclusione valori anomali), con casi critici (partecipanti con esperienze specifiche), di informatori chiave o privilegiati (competenze uniche), a palla di neve (suggeriscono nomi di altri), omogeneo, di intensità, politicamente rilevante, criteriale, induttivo o emergente o teorico (gruppi non previsti vengono poi inseriti quando necessario). SOVVERTIRE IL CONCETTO DI CAMPIONAMENTO Il campionamento qualitativo è stato problemizzato nelle prospettive postmoderne, poststrutturaliste e postumane. Nelle modalità indicate prima prevale la logica della rappresentazione che crea limiti e staticità. Questi rafforzano categorie semplificative o gerarchiche. Sono forme di campionamento pronte all’uso e normative che risentono della quantitativa. Anziché assumere una modalità critica, vogliamo riconoscere che il campionamento può essere inteso in modo più complesso, come un processo continuo che comporta scelte, forme di selezione e microdecisioni intrecciate durante tutto il processo di indagine. Campionamento come strumento capace di esaltare la ricchezza, la complessità e le sfaccettature di un fenomeno. Inoltre, il materiale empirico di uno studio qualitativo è eterogeneo e la raccolta e produzione potrebbe cambiare durante tutto il processo di ricerca. Attraverso le scelte che operiamo durante un progetto di ricerca qualitativa noi campioniamo, decidiamo, selezioniamo varie cose. Allo stesso tempo anche noi ricercatori siamo sottoposti a un processo di campionatura e selezione perché qualcosa durante il processo di ricerca ci sceglie. In sintesi, campioniamo qualcosa e siamo campionati da qualcosa. I dati e il campione sono già sempre qui anche quando non siamo attenti a essi. Il campionamento può essere inteso come un processo di separazione per circoscrivere un ambito, per definire il perimetro. Se esso è decidere, ciò implica che stiamo dividendo e tagliando ma questa azione può essere anche violenta e piena di contraddizioni. Cosa scartiamo? Possiamo invece intendere il campionamento come un taglio che è insieme separazione e unione, un taglio agenziale (agential cut). Non è mai una completa divisione perché i dati, i soggetti, ecc.. sono sempre e già in relazione con noi, tra loro e con altro ancora. Si crea così una selezione specifica che però potrebbe essere diversa se fossero stati usati altri tagli/altre frasi. Anche questa scheggia di mondo è sempre in relazione con altro. I ricercatori, attraverso la scelta operata, esercitano la loro capacità di rispondere come sensibilità etica e di risposta degli altri. La relazionalità dei dati e dei processi di selezione fanno si che essi si connettano a storie personali, discorsi e pensieri di altri studiosi o altri materiali. TECNICHE DI PRODUZIONE DEI DATI Non ci sono metodi giusti o sbagliati. A volte possono essere innovativi e se ne possono sperimentare di nuovi. L’INTERVISTA Più usato. Viviamo in una interview society in quanto oggi le interviste sono onnipotenti e si reputa siano la macchina che consente di afferrare l’Io più autentico. Intese come conversazioni diventano uno scambio di visioni e opinioni tra 2 persone e alcuni ci ricordano che intervista rimanda a inter-azione.
Esperimento diventato pietra miliare della fisica quantistica. Il modello dell’atomo di Bohr andava per la maggiore ma la quantizzazione dello spazio tormentava gli scienziati. Una mattina Stern rimase a letto a meditare e gli venne in mente un esperimento da fare. Durante l’esperimento Gerlach teneva la lastra ma le tracce della quantizzazione non si rivelarono. Lo fecero poi quando la lastra la tenne Stern in quanto fumava sigari scadenti ricchi di solfuro, così quando il suo fiato raggiungeva la lastra, il solfuro reagiva e le tracce di palesavano. Questo dimostra che l’apparato per l’osservazione non è mai neutro, è invece intriso di pratiche materiali-discorsive. La presenza del sigaro è stata uno dei numerosi elementi che hanno contribuito. Le ricercatrici entrano nei contesti di ricerca non come soggetti pre-esistenti ma come soggetti co-costituiti nell’intra- action attraverso le pratiche discorsivo-materiali in cui sono coinvolte. Il soggetto si forma insieme all’oggetto di osservazione e viceversa. RACCOLTA DI DOCUMENTI Possono essere usati sia come fonte di dati primari sia come dati ulteriori rispetto a quelli principali. Sono una buona fonte di informazioni che aiutano a contestualizzare i dai qualitativi raccolti in un contesto particolari. Essi comprendono: documenti personali, pubblici, ufficiali, pubblicati sui giornali o reperibili in internet. Ci sono alcune questioni che il ricercatore potrebbe prendere in considerazione quando utilizza i documenti come fonti di dati. Bisogna chiedersi: Chi ha prodotto il dato? Qual è lo scopo per cui è stato prodotto? La persona che ha scritto, è nella posizione di farlo? La persona ha un interesse particolare per produrre il documento? Sembra autentico? C’è modo di corroborare le informazioni? Esistono versioni diverse? Altra questione importante è che il tema analizzato nel documento potrebbe avere poca attinenza con le domanda d’indagine. INTERROGARE L’INTERVISTA Lo statuto ontoepistemetodologico ha generato perplessità. Come differenti posizioni epistemologiche interpretano l’intervista: Approccio convenzionale: il contesto non è particolarmente rilevante e che la riduzione del testo verbale in categorie è una valida rappresentazione della percezione dell’intervistata. Neopositivismo: l’intervista è un evento ampiamente radicato nel contesto e che la rappresentazione debba essere contestualizzata. Postmodernismo: attribuisce all’interazione una indeterminatezza di fondo cui la metodologia non può in nessun modo sopperire. L’intervista può essere divisa in due momenti: la realizzazione e l’analisi. Intervista convenzionale: porre domande, registrare le risposte, sbobinare e trascrivere, codificare e analizzare il testo. Intervista va vista come una conversazione con uno scopo, che in genere è accedere, catturare, comprendere il punto di vista del partecipante. Le domande vengono poste in modo che intervistati diversi le comprenderebbero uguali. L’obiettivo è limitare l’influenza sull’intervistato (dal contesto, da come le domande sono poste o dal ricercatore). La sbobinatura trasforma la conversazione in un testo simile a un dato di ricerca quantitativa. Spesso scompaiono gli aspetti fisici e non verbali, le variazioni di tono, le esitazioni, il ritmo e le pause. Se fossimo in una visione postmoderna e poststrutturalista la ricercatrice possiede intenzioni e desideri molteplici e il significato in base al quale sono costruite le domande è sempre ambigui in quando varia. Ciò che le domande significano per una ricercatrice varia in relazione al tempo e allo spazio e lo stesso vale per l’intervistata. L’intervista non si ripete mai identica. I protocolli di trascrizione allontanano dalla consapevolezza dell’ambiguità del linguaggio in quanto spostano l’attenzione sulla tecnica e sulla forma. La visione convenzionale sottostima la complessità dell’interazione. Il modello S-R ci dice che la ricercatrice può comunicare un significato in modo chiaro e comprendere un significato nascosto.
Visione neopositivista sottovaluta che significato e interazione umana non sono mai unici e univoci. Ciò che accade in quello spazio di tempo che racchiude un incontro tra due persone è sempre incerto. La tecnica dell’intervista insieme ai relativi protocolli di trascrizione ci rendono analfabeti rispetto a come lavorare in modo creativo con altri microeventi che sono parte delle affermazioni; così come vengono tralasciate posture e gesti. La ricerca qualitativa convenzionale tende a rimuovere questi aspetti perché non sa bene come affrontarli e li ritiene impedimenti alla produzione di buoni dati. La trascrizione diventa una sorta di pulizia dei dati. Un altro oggetto di critica poststrutturalista sono state le forme di potere e di resistenza che si possono cogliere in quella interazione. Intervista viene vista come situazione asimmetrica in cui l’intervistatrice ha maggiore potere. Foucault però ci ricorda che il potere è relazionale. Le partecipanti non sono soggetti passivi che subiscono l’intervista ma soggetti attivi nel costruirla e usarla anche per i loro fini. Però la teoria critica nel tentativo di contrastare le forme di dominio e ingiustizia rischia di riproporle. Non si sta negando l’uso di interviste, ma bisogna riconcettualizzarle e proporle in modo diverso. INTERMEZZO: IL RITORNO DEI DATI I dati sono situati e modellati dai paradigmi di riferimento dei ricercatori. Neopositivismo: trattati come insieme di materiali facilmente accessibili. Costruttivismo: concepiti come creati e co-costruiti. Teorici critici: idea che con azione critica si possa emancipare, trasformare o generare. Poststrutturalismo: devono essere ripensati e decostruiti. Materialismo femminista o postumano: dati come forze, flussi, materia in divenire e forme di vita relazionale. La problematizzazione dell’idea di raccolta va ad abbracciare nuove forme di dati. I dati non necessitano di essere raccolti. Anziché concettualizzarli come fonti di informazioni, siamo interessati ai dati per quello che producono, come si muovono, come possono essere vissuti e sentiti/provati dal ricercatore e per come essi ci rendono persone e ricercatori. Ricerca sul coming out sul luogo di lavoro: si è palesata una miriade di idee, immagini, libri, programmi Tv e pensieri difficili da distinguere e separare dalla ricerca. La ricerca qualitativa tradizionale cerca di pulire i dati, ma questo riduce il rigoglio degli esseri, la vitalità e il caos della vita. I dati aprono delle possibilità e le ricercatrici agiscono, producono, generano attraverso i dati. I concetti di linee di fuga e di macchine desideranti possono aiutarci a ripensare alla nozione di data-driven come una forza o un’intensità che genera una molteplicità di nuove intuizioni possibili. L’intervista è il risultato di forze diverse che il ricercatore non controlla o controlla solo parzialmente. Cambia anche l’analisi che non si focalizza sul singolo soggetto di cui si sforza di afferrare l’esperienza ma diventa un intreccio tra dati-partecipanti-teorie-analisi-concetti-ricerca.
Lo scopo è esplorare in dettaglio come i partecipanti attribuiscono un senso alla loro esperienza personale e al mondo sociali. Approccio ideografico (vs. nomotetica) in quanto lo scopo è arrivare alla descrizione dell’esperienza vissuta dai singoli partecipanti. Si intende cogliere il significato personale in quanto opposto alla possibilità di giungere alla descrizione oggettiva del fenomeno. Riferimenti fondamentali della IPA: 1. Punto di vista fenomenologico (P)
È quello che ha posto interessanti interrogativi alla ricerca qualitativa in quanto è un metodo flessibile che si adatta a diversi approcci teorici incluso il poststrutturalismo. Coincide con una profonda sensibilità verso il linguaggio. Aspetto centrale: attenzione verso il linguaggio e ai modi in cui esso viene utilizzato da coloro che scrivono o parlano per proporre o costruire una certa versione della realtà. I discorsi forniscono i presupposti attraverso cui gli individui costruiscono significati. Producono e riproducono una comunità di consensi, ossia ciò che viene ritenuto giusto e che ha le credenziali per essere accettato. I discorsi e le categorie che essi generano tendono a normalizzare, a dettare i comportamenti giusti, legittimi e pertinenti cui i soggetti dovrebbero attenersi. La AD rientra nei metodi di ricerca qualitativa ma avanza dubbi in merito alla possibilità di arrivare all’interpretazione delle reali intenzioni, atteggiamenti e sentimenti dei soggetti. Quando le persone sostengono un’opinione o dichiarano un’intenzione, la AD sottolinea che esse stanno prendendo parte a una conversazione che coinvolge altri interlocutori che possiedono uno scopo, rispetto al quale tutti manifestano un qualche interesse. In questo modo non si sostiene che stiano mentendo, ma semplicemente l’analisi cerca di posizionare le risposte all’interno del contesto sociale. In relazione allo studio del linguaggio si possono individuare 3 presupposti; il linguaggio: