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Schelling - Filosofia, Lecture notes of Philosophy

Vita filosofica e pensiero del filosofo

Typology: Lecture notes

2018/2019

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Schelling era figlio di un Pastore protestante e dapprima intraprese anch’egli la carriera ecclesiastica, che però abbandonò per
dedicarsi agli studi di filosofia. Lavorò come precettore e, così facendo, entrò in contatto con alcuni altri intellettuali del tempo
quali Hegel (con cui strinse una grande amicizia),Schiller e Goethe. Il rapporto con quest’ultimo gli permise di ottenere una
cattedra all’università di Jena, dove fino a poco prima aveva lavorato Fichte.
I suoi primi passi in campo filosofico si diressero infatti sulla scia di Fichte, il quale era ritenuto come il solo ad aver interpretato
in maniera corretta il kantismo. Tuttavia Schelling dimostra sin da subito di voler incentrare la propria ricerca sullo studio della
natura e in questo modo prende le distanze dal suo predecessore, in quanto Fichte aveva concepito la natura come semplice non-
io, mentre Schelling ha intenzione di elaborare una vera e propria filosofia della natura.
Per farlo egli si riallaccia all’ultima opera di Kant, La critica del giudizio, sostenendo che non è opportuno accettare una visione
meccanicistica della natura, in quanto essa la riduce a una macchina di cui sono quantitativamente descrivibili i fenomeni; occorre
piuttosto considerarla come un organismo unitario.Schelling suppone che vi sia unità tra reale e ideale, tra spirito e natura. Egli
parla infatti di organicismo (quando le varie parti di un organismo hanno ciascuna una funzione diversa, ma insieme cooperano
per il funzionamento dell’intero sistema). In questo “organismo” tuttavia compare un principio di organizzazione, denominato
come spirito, che agisce in modo finalista e viene anche chiamato anima del mondo, compiendo così un riferimento alle dottrine
neoplatoniche.
La visione di Schelling quindi non si presenta come una concezione trascendentale (come quella Cristiana dove vi è un’entità
esterna trascendente), bensì lo spirito opera dall’interno e la si può definire perciò come immanentista. Lo spirito inoltre, così
come l’Io penso di Fichte, agisce in maniera inconscia, secondo lo stesso principio proposto da Fichte per la vita spirituale: le
forze alla base del suo funzionamento sono quelle di attrazione e repulsione (tant e vero che la filosofia di Schelling in questa
parte assume anche l’accezione di fisica speculativa). Esiste una forza espansiva e un limite che le si contrappone. I limiti però
non sono invalicabili, con i suoi sforzi infatti, la forza espansiva riesce ad abbatterli, ed essi la rendono ancora più vigorosa, fin
quando non ne incontrerà altri e il processo si ripeterà. A ogni superamento di un limite corrisponde la produzione di un livello
della natura, fin quando non si forma un sistema gerarchico dove ogni prodotto è superiore agli altri e che ha al culmine l’uomo.
Dunque si può affermare che, secondo la teoria di Schelling, essendo spirito e natura due entità indifferenziate, nella natura opera
lo spirito e nello spirito opera anche la natura, formando una sorta di processo ciclico, dove la natura va incontro allo spirito e lo
spirito incontro alla natura, per costituire l’Assoluto. Per potere agire però lo spirito deve attraversare una fase di autocoscienza,
ossia per potersi muovere verso la natura lo spirito deve prima conoscere se stesso.
Anche in Schelling, così come in Fichte, si può parlare di reale e ideale, con delle considerazioni tuttavia diverse. Con Schelling si
è visto che l'attività creatrice dello spirito è frutto della contrapposizione tra forza espansiva e limite: questi limiti però devono per
forza essere reali, altrimenti l'io non sarebbe veramente limitato e potrebbe aggirarli; ma allo stesso tempo essi sono anche ideali,
in quanto creati dall'Io stesso.
È per questo che la prospettiva di Schelling si configura come un Ideal-Realismo, poiché reale e ideale si presuppongono a
vicenda dando origine al complesso dell'io. L'estetica Particolare attenzione da parte di Schelling viene fornita all'arte, in quanto
soltanto attraverso essa (l'intuizione estetica) siamo in grado di comprendere l'Assoluto. A tal proposito essa viene definita come
organo della filosofia, proprio perché aiuta a dispiegare le attività sia consce che inconsce dell'Assoluto. A differenza della
filosofia, infatti, essa permette di ottenere un significato universale ed oggettivo di esso, mentre la filosofia resta rappresentazione
soggettiva. Emblematico dunque risulta essere l'esempio del poeta (ma allo stesso modo operano anche gli altri esponenti dell'arte,
come musicisti e pittori), perché egli, nel suo agire, rispecchia le attività dell'Assoluto. Troviamo infatti un' attività inconscia, il
momento in cui il poeta riceve l'ispirazione, e un'attività cosciente, quando la sua ispirazione si traduce nel concreto e produce
un'opera. A tal proposito egli auspica, d'accordo con i circoli romantici, il sorgere di una nuova mitologia, in quanto quella
esistente non è in grado di trovare un' affinità tra libertà e necessità, tra soggetto e oggetto e tra uomo e natura soprattutto, che non
sia un rapporto di conflitto ma di dialogo (l'arte del suo periodo aveva perso la capacità di distinguere attività conscia e inconscia).
Filosofia dell'identità Per far meglio comprendere la sua concezione di Assoluto come unione di spirito e natura, Schelling fa
riferimento a due concetti di filosofi precedenti: la sostanza di Spinoza e l'Io di Fichte. Nell'Assoluto, pur essendo esso unità
indifferenziata, esistono delle differenze interne. Cioè esso è identità, ma questa unità comprende già le differenze qualitative
(A=A per indicare identità di spirito e natura, A diverso da B per indicare le differenziazioni). Ma dall'unità totale come si arriva
alle differenze? Egli rifiuta le tesi creazioniste, secondo le quali dalla divinità ha origine il mondo (e quindi dell'unità si ottiene la
differenza) e la tesi di Spinoza riguardo il fatto che i modi e gli attributi da lui proposti facevano parte della sostanza. Quella
proposta da Schelling è una tesi teosofica, nota anche come filosofia della libertà. Sotto questo aspetto essa è molto vicina agli
ideali del Cristianesimo (da cui comunque si differenzia per la concezione immanentista), in quanto sostiene che l'uomo "a causa"
della sua libertà si è distaccato da Dio ed è andato incontro al male e al peccato. L'uomo tuttavia prova un senso di redenzione,
che lo porta a volere la riconciliazione con Dio.
Secondo questa tesi dunque il passaggio tra differenziazione e unità non ha origine n'è dalla soluzione creazionista, n'è da quella
spinozista, ma piuttosto da una prospettiva assai diffusa nella cultura tedesca del tempo; essa supponeva l'esistenza e l`origine
delle cose per effetto di una caduta, di un distacco da Dio, dando origine a una teogonia in una cosmogonia, ossia a una visione
che collega insieme il dramma del male al concetto di libertà e redenzione.
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Schelling era figlio di un Pastore protestante e dapprima intraprese anch’egli la carriera ecclesiastica, che però abbandonò per dedicarsi agli studi di filosofia. Lavorò come precettore e, così facendo, entrò in contatto con alcuni altri intellettuali del tempo quali Hegel (con cui strinse una grande amicizia),Schiller e Goethe. Il rapporto con quest’ultimo gli permise di ottenere una cattedra all’università di Jena, dove fino a poco prima aveva lavorato Fichte. I suoi primi passi in campo filosofico si diressero infatti sulla scia di Fichte, il quale era ritenuto come il solo ad aver interpretato in maniera corretta il kantismo. Tuttavia Schelling dimostra sin da subito di voler incentrare la propria ricerca sullo studio della natura e in questo modo prende le distanze dal suo predecessore, in quanto Fichte aveva concepito la natura come semplice non- io, mentre Schelling ha intenzione di elaborare una vera e propria filosofia della natura.

Per farlo egli si riallaccia all’ultima opera di Kant, La critica del giudizio , sostenendo che non è opportuno accettare una visione meccanicistica della natura, in quanto essa la riduce a una macchina di cui sono quantitativamente descrivibili i fenomeni; occorre piuttosto considerarla come un organismo unitario.Schelling suppone che vi sia unità tra reale e ideale, tra spirito e natura. Egli parla infatti di organicismo (quando le varie parti di un organismo hanno ciascuna una funzione diversa, ma insieme cooperano per il funzionamento dell’intero sistema). In questo “organismo” tuttavia compare un principio di organizzazione, denominato come spirito, che agisce in modo finalista e viene anche chiamato anima del mondo, compiendo così un riferimento alle dottrine neoplatoniche.

La visione di Schelling quindi non si presenta come una concezione trascendentale (come quella Cristiana dove vi è un’entità esterna trascendente), bensì lo spirito opera dall’interno e la si può definire perciò come immanentista. Lo spirito inoltre, così come l’Io penso di Fichte, agisce in maniera inconscia, secondo lo stesso principio proposto da Fichte per la vita spirituale: le forze alla base del suo funzionamento sono quelle di attrazione e repulsione (tant e vero che la filosofia di Schelling in questa parte assume anche l’accezione di fisica speculativa). Esiste una forza espansiva e un limite che le si contrappone. I limiti però non sono invalicabili, con i suoi sforzi infatti, la forza espansiva riesce ad abbatterli, ed essi la rendono ancora più vigorosa, fin quando non ne incontrerà altri e il processo si ripeterà. A ogni superamento di un limite corrisponde la produzione di un livello della natura, fin quando non si forma un sistema gerarchico dove ogni prodotto è superiore agli altri e che ha al culmine l’uomo. Dunque si può affermare che, secondo la teoria di Schelling, essendo spirito e natura due entità indifferenziate, nella natura opera lo spirito e nello spirito opera anche la natura, formando una sorta di processo ciclico, dove la natura va incontro allo spirito e lo spirito incontro alla natura, per costituire l’Assoluto. Per potere agire però lo spirito deve attraversare una fase di autocoscienza, ossia per potersi muovere verso la natura lo spirito deve prima conoscere se stesso.

Anche in Schelling, così come in Fichte, si può parlare di reale e ideale, con delle considerazioni tuttavia diverse. Con Schelling si è visto che l'attività creatrice dello spirito è frutto della contrapposizione tra forza espansiva e limite: questi limiti però devono per forza essere reali, altrimenti l'io non sarebbe veramente limitato e potrebbe aggirarli; ma allo stesso tempo essi sono anche ideali, in quanto creati dall'Io stesso.

È per questo che la prospettiva di Schelling si configura come un Ideal-Realismo, poiché reale e ideale si presuppongono a vicenda dando origine al complesso dell'io. L'estetica Particolare attenzione da parte di Schelling viene fornita all'arte, in quanto soltanto attraverso essa (l'intuizione estetica) siamo in grado di comprendere l'Assoluto. A tal proposito essa viene definita come organo della filosofia, proprio perché aiuta a dispiegare le attività sia consce che inconsce dell'Assoluto. A differenza della filosofia, infatti, essa permette di ottenere un significato universale ed oggettivo di esso, mentre la filosofia resta rappresentazione soggettiva. Emblematico dunque risulta essere l'esempio del poeta (ma allo stesso modo operano anche gli altri esponenti dell'arte, come musicisti e pittori), perché egli, nel suo agire, rispecchia le attività dell'Assoluto. Troviamo infatti un' attività inconscia, il momento in cui il poeta riceve l'ispirazione, e un'attività cosciente, quando la sua ispirazione si traduce nel concreto e produce un'opera. A tal proposito egli auspica, d'accordo con i circoli romantici, il sorgere di una nuova mitologia, in quanto quella esistente non è in grado di trovare un' affinità tra libertà e necessità, tra soggetto e oggetto e tra uomo e natura soprattutto, che non sia un rapporto di conflitto ma di dialogo (l'arte del suo periodo aveva perso la capacità di distinguere attività conscia e inconscia). Filosofia dell'identità Per far meglio comprendere la sua concezione di Assoluto come unione di spirito e natura, Schelling fa riferimento a due concetti di filosofi precedenti: la sostanza di Spinoza e l'Io di Fichte. Nell'Assoluto, pur essendo esso unità indifferenziata, esistono delle differenze interne. Cioè esso è identità, ma questa unità comprende già le differenze qualitative (A=A per indicare identità di spirito e natura, A diverso da B per indicare le differenziazioni). Ma dall'unità totale come si arriva alle differenze? Egli rifiuta le tesi creazioniste, secondo le quali dalla divinità ha origine il mondo (e quindi dell'unità si ottiene la differenza) e la tesi di Spinoza riguardo il fatto che i modi e gli attributi da lui proposti facevano parte della sostanza. Quella proposta da Schelling è una tesi teosofica, nota anche come filosofia della libertà. Sotto questo aspetto essa è molto vicina agli ideali del Cristianesimo (da cui comunque si differenzia per la concezione immanentista), in quanto sostiene che l'uomo "a causa" della sua libertà si è distaccato da Dio ed è andato incontro al male e al peccato. L'uomo tuttavia prova un senso di redenzione, che lo porta a volere la riconciliazione con Dio.

Secondo questa tesi dunque il passaggio tra differenziazione e unità non ha origine n'è dalla soluzione creazionista, n'è da quella spinozista, ma piuttosto da una prospettiva assai diffusa nella cultura tedesca del tempo; essa supponeva l'esistenza e l`origine delle cose per effetto di una caduta, di un distacco da Dio, dando origine a una teogonia in una cosmogonia, ossia a una visione che collega insieme il dramma del male al concetto di libertà e redenzione.

La concezione di Dio Collegandosi a quanto esposto precedentemente, Schelling elabora una visione di Dio ben diversa da quella di Aristotele, che lo vedeva come motore immobile (un'entità statica). Egli propone piuttosto un Dio-persona, un Dio che diviene e si muove incontro alle sue creature e non resta ad osservarle qualora loro cadono nel peccato. Filosofia della religione Questa fase della sua ricerca si dirige verso due direzioni: la filosofia della mitologia e quella della rivelazione. Nell'ultima fase della sua ricerca Schelling si dedica alla costruzione di una filosofia positiva o empirica, che guarda cioè maggiormente all'esistenza reale delle cose (senza badare quindi alla distinzione tipicamente idealista tra reale e ideale) e che cerca di spiegare la rivelazione (chi è Dio) e la storia (chi è l'uomo).

Il suo intento è quello di ristabilire il rapporto tra Dio e gli uomini. È per questo che si parla filosofia della mitologia, perché nella mitologia gli uomini cercavano il rapporto con Dio o gli dei. L'opera Ricerche filosofiche sull'essenza della libertà umana del 1809 chiude la fase di ricerca di Schelling, perché da quel momento in poi egli decise di non scrivere più in quanto la sia filosofia fu come messa a tacere dalla straordinaria popolarità di cui godevano le neodiffuse idee di Hegel. Quest'ultimo si concentrò maggiormente sul rapporto tra reale e razionale. Non si tratta tuttavia di una cessazione da parte di Schelling nel fare filosofia; dopo la morte di Hegel, infatti, egli riprese il suo percorso elaborando la filosofia positiva, definita tale proprio in opposizione a quella di Hegel, che era vista stata condannata da Schelling come negativa (Hegel si sofferma sulla logica, mentre Schelling sul reale).