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L'infanzia e la famiglia nella società medievale e moderna: un'analisi storico-sociale, Summaries of History

la copia del libro di padri e figli nell’Europa medievale e moderna

Typology: Summaries

2020/2021

Uploaded on 10/05/2021

simonaqian
simonaqian 🇨🇳

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Philippe Ariès, Padri e figli nell’Europa medievale e moderna [1960], trad. M. Garin, Roma-
Bari, Laterza, 1968
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7: nel 900 gli artisti [ma erano artisti?] riuscivano a rappresentare il bambino solo come un uomo in
formato ridotto. Come è potuto accadere che da questa ignoranza dell’infanzia si passasse
all’accentrarsi della famiglia intorno al bambino, caratteristico del 1800?
Siamo [con la storia] su quella linea di confine tra biologia e sociologia.
16-17: l’idea dell’unità fondamentale della natura [il Medioevo, prima di Cartesio, è monista, anche
se perversamente (e perversamente si passerà da un monismo teologico ad uno fisico proprio
attraverso il dualismo cartesiano che ha consentito agli scienziati di operare scientificamente sulla
res exstensa lasciando alla religione la res cogitans)], del fatto che tutti i fenomeni della natura sono
solidali tra loro, e che, d’altra parte, non si separano dalle manifestazioni soprannaturali [l’aldilà è
nell’aldiquà: riabilitazione dell’apparenza in un certo senso]. Quest’idea, dell’assenza di contrasto
tra naturale e soprannaturale, apparteneva contemporaneamente alle tendenze popolari di tradizione
pagana, e a una scienza tanto fisica che teologica. E sono anche portato a credere che la colpa del
ritardo dello sviluppo scientifico sia più di questa concezione rigorosa dell’unità della natura che
non delle varie autorità: della tradizione, degli antichi, della Scrittura. Non ci è possibile agire su un
fattore naturale [e anche una persona] se non considerandolo suscettibile di venire isolato in misura
adeguata. Oltre un certo grado di solidarietà tra i fenomeni è impossibile intervenire senza scatenare
delle reazioni a catena, e senza quindi sovvertire l’ordine del mondo [gli antichi non avrebbero
inquinato il pianeta]: nessuna categoria cosmica mantiene un’autonomia sufficiente e il
determinismo universale diventa inevitabile. La conoscenza della natura viene a ridursi allo studio
delle relazioni che riconducono i fenomeni a una causalità unica una conoscenza che prevede
senza modificare, lasciando come unica via d’uscita la magia e il miracolo. Un’unica legge rigorosa
domina al tempo stesso i moti dei pianeti, il ciclo delle stagioni sul piano della vita vegetativa, i
rapporti tra elementi, il corpo dell’uomo e i suoi umori, il destino dell’uomo.
17: La concordanza dei numeri era considerata una chiave di questa solidarietà profonda; il
simbolismo dei numeri era un motivo familiare.
19: il legame che univa il destino dell’uomo a quello dei pianeti [astrologia]
28: Il Novecento, il secolo dell’adolescenza. [teenager]
29: L’adolescente sposato è uno dei tipi più caratteristici del nostro tempo.
Si passa così da un’epoca senza adolescenza a un’epoca in cui l’adolescenza è l’età privilegiata. Si
aspira a entrarvi per tempo e ad attardarcisi lungamente.
Prima del Settecento il vecchio è messo in ridicolo.
30: Tutto fa credere che, a ogni epoca, corrisponda un’età privilegiata e una certa periodizzazione
della vita umana: la “giovinezza” è l’età privilegiata del Seicento, l’infanzia dell’Ottocento e
l’adolescenza del Novecento.
La mancanza di una adolescenza e il disprezzo della vecchiaia, o, al contrario, lo sparire della
vecchiaia, almeno come condizione di inferiorità, e la comparsa dell’adolescenza esprimono la
reazione della società davanti alla durata della vita.
31: Ci muoveremo [con l’ancien regime] in un tempo che non sarà né di bambini, né di adolescenti
[13-17 anni], né di vecchi: sarà un tempo di uomini giovani [18-25 anni].
33: L’arte medievale, all’incirca fino al 1100, non conosceva l’infanzia o non tentava di
rappresentarla [cfr. Lorenzetti, Buon Governo]
Il miniaturista .. uomini veri e propri, senza nulla d’infantile, riprodotti semplicemente in formato
ridotto.
34: Questo rifiuto nell’arte delle caratteristiche infantili è comune, d’altronde, alla maggior parte
delle civiltà primitive.
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Philippe Ariès, Padri e figli nell’Europa medievale e moderna [1960], trad. M. Garin, Roma- Bari, Laterza, 1968

7: nel 900 gli artisti [ma erano artisti?] riuscivano a rappresentare il bambino solo come un uomo in formato ridotto. Come è potuto accadere che da questa ignoranza dell’infanzia si passasse all’accentrarsi della famiglia intorno al bambino, caratteristico del 1800? Siamo [con la storia] su quella linea di confine tra biologia e sociologia. 16-17: l’idea dell’unità fondamentale della natura [il Medioevo, prima di Cartesio, è monista, anche se perversamente (e perversamente si passerà da un monismo teologico ad uno fisico proprio attraverso il dualismo cartesiano che ha consentito agli scienziati di operare scientificamente sulla res exstensa lasciando alla religione la res cogitans)], del fatto che tutti i fenomeni della natura sono solidali tra loro, e che, d’altra parte, non si separano dalle manifestazioni soprannaturali [l’aldilà è nell’aldiquà: riabilitazione dell’apparenza in un certo senso]. Quest’idea, dell’assenza di contrasto tra naturale e soprannaturale, apparteneva contemporaneamente alle tendenze popolari di tradizione pagana, e a una scienza tanto fisica che teologica. E sono anche portato a credere che la colpa del ritardo dello sviluppo scientifico sia più di questa concezione rigorosa dell’unità della natura che non delle varie autorità: della tradizione, degli antichi, della Scrittura. Non ci è possibile agire su un fattore naturale [e anche una persona] se non considerandolo suscettibile di venire isolato in misura adeguata. Oltre un certo grado di solidarietà tra i fenomeni è impossibile intervenire senza scatenare delle reazioni a catena, e senza quindi sovvertire l’ordine del mondo [gli antichi non avrebbero inquinato il pianeta]: nessuna categoria cosmica mantiene un’autonomia sufficiente e il determinismo universale diventa inevitabile. La conoscenza della natura viene a ridursi allo studio delle relazioni che riconducono i fenomeni a una causalità unica – una conoscenza che prevede senza modificare, lasciando come unica via d’uscita la magia e il miracolo. Un’unica legge rigorosa domina al tempo stesso i moti dei pianeti, il ciclo delle stagioni sul piano della vita vegetativa, i rapporti tra elementi, il corpo dell’uomo e i suoi umori, il destino dell’uomo. 17: La concordanza dei numeri era considerata una chiave di questa solidarietà profonda; il simbolismo dei numeri era un motivo familiare. 19: il legame che univa il destino dell’uomo a quello dei pianeti [astrologia] 28: Il Novecento, il secolo dell’adolescenza. [teenager] 29: L’adolescente sposato è uno dei tipi più caratteristici del nostro tempo. Si passa così da un’epoca senza adolescenza a un’epoca in cui l’adolescenza è l’età privilegiata. Si aspira a entrarvi per tempo e ad attardarcisi lungamente. Prima del Settecento il vecchio è messo in ridicolo. 30: Tutto fa credere che, a ogni epoca, corrisponda un’età privilegiata e una certa periodizzazione della vita umana: la “giovinezza” è l’età privilegiata del Seicento, l’infanzia dell’Ottocento e l’adolescenza del Novecento. La mancanza di una adolescenza e il disprezzo della vecchiaia, o, al contrario, lo sparire della vecchiaia, almeno come condizione di inferiorità, e la comparsa dell’adolescenza esprimono la reazione della società davanti alla durata della vita. 31: Ci muoveremo [con l’ancien regime] in un tempo che non sarà né di bambini, né di adolescenti [13-17 anni], né di vecchi: sarà un tempo di uomini giovani [18-25 anni]. 33: L’arte medievale, all’incirca fino al 1100, non conosceva l’infanzia o non tentava di rappresentarla [cfr. Lorenzetti, Buon Governo] Il miniaturista .. uomini veri e propri, senza nulla d’infantile, riprodotti semplicemente in formato ridotto. 34: Questo rifiuto nell’arte delle caratteristiche infantili è comune, d’altronde, alla maggior parte delle civiltà primitive.

35: Il che dimostra che gli uomini del 900 e del 1000 non si soffermano sull’immagine dell’infanzia, priva per loro d’interesse e persino di realtà. E viene anche da pensare che nell’ambito della vita vissuta, e non solo in quello della trasposizione estetica, l’infanzia fosse un periodo di transizione, che passava presto e di cui si perdeva presto il ricordo. Intorno al Duecento molti tipi infantili cominciano ad avvicinarsi al sentimento moderno. Inizialmente [prima del 1200] Gesù, come gli altri bambini, è un adulto in formato ridotto. 36: Il sentimento suggestivo della prima infanzia resta limitato al bambino Gesù e legato alla tenerezza della madre fino al Trecento, quando .. l’arte italiana contribuirà a svilupparlo ed estenderlo. Il bambino Gesù .. solo alla fine del Medioevo comparirà nudo. 37: accade lo stesso per il paesaggio, per le scene di genere [verso il naturalismo dell’umanesimo; umanesimo innaturalista per via delle sue paure e superstizioni e fobie sessuali (Delumeau)] Il gruppo Madonna e bambino si trasforma e diventa sempre più profano: l’immagine d’una scena di vita quotidiana [nell’arte, pittorica e scrittoria, è sempre così: dal nobile ed esclusivo all’umile e quotidiano (es. verismo); si inizia alto e si finisce basso (anche nella società: da Dio al nichilismo; e poi un altro ciclo)] Timidamente da prima, sempre più spesso in seguito, l’infanzia religiosa non si limita a quella di Gesù .. l’infanzia della Vergine e di altri santi 38: Infine nel 4-500 da questa iconografia religiosa dell’infanzia, si distaccherà un’iconografia laica [proprio nel momento delle lotte religiose! A testimonianza che il progresso convive spesso con aspetti di regresso anche macroscopici (la realtà è contraddittoria – Greco, storico)] 38-39: Dapprima i bambini erano mescolati agli adulti nella vita quotidiana e ogni riunione di lavoro, di svago, di giuoco, includeva contemporaneamente dei bambini e degli adulti [promiscuità sessuale e animalesca]; in seguito ci si dedicava in particolare alla rappresentazione dell’infanzia per la sua grazia o per la sua nota pittoresca (il gusto del pittoresco si è sviluppato nel 4-500 e ha coinciso col sentimento della grazia infantile), e ci si compiaceva di sottolineare il bambino nel gruppo e nella folla. Di queste due idee, la prima ci sembra arcaica: oggi noi tendiamo, e già era così nell’Ottocento, a separare il mondo infantile dal mondo degli adulti; mentre la seconda annuncia [anche se fa, ingenuamente dei bambini dei giocattoli] il sentimento moderno dell’infanzia [ma pensa a Rousseau che vuole i piccoli con un istitutore e questi che dia loro del “voi”; come anche accadeva fra padre e figlio fino all’Ottocento!]. 39: Se è vero che l’origine dei temi dell’angelo e dell’infanzia dei santi, coi successivi sviluppi iconografici, risale al 200, nel 400 notiamo la comparsa di due tipi nuovi di rappresentazione: il ritratto e il putto. A lungo [fin quasi ai nostri giorni] è rimasto molto vivo il senso [animalesco] che si mettevano al mondo parecchi bambini per conservarne solo qualcuno. 40: Non era lecito attaccarsi troppo a ciò che si considerava esposto ad essere eliminato come un prodotto difettoso. L’opinione comune doveva, come Montaigne [che non sarà stato fra i più insensibili della sua epoca!] “non attribuir loro né moto dell’anima [ma un’anima sì, perché altrimenti come facevano ad andar all’inferno i non battezzati? (contraddizione! Tra essenzialismo ed evoluzione)] né forma riconoscibile nel corpo” [c’era allora già un’idea non-innatistico/essenzialistica di sviluppo ed evoluzione!] Non si pensava che in quel bambino c’era già tutta una persona umana, come riteniamo comunemente noi al giorno d’oggi. 41: Si capisce di qui l’abisso [e la storia è fatta di abissi, vanno visti e meravigliarcene] che separa la nostra concezione dell’infanzia da quella che precede la rivoluzione demografica o i suoi prodromi. Non dobbiamo meravigliarci di tale insensibilità: nelle condizioni demografiche

59: A partire dal 300, per l’uomo, l’abito corto e aderente sostituisce la veste lunga, con grande indignazione dei moralisti e dei predicatori che denunciano l’indecenza di queste mode, indizio dell’immoralità dei tempi. Di fatto le persone rispettabili hanno continuato a portare la veste: persone degne di rispetto per la loro età (fino al principio del 600 i vecchi sono raffigurati con la veste lunga), o per la loro condizione: magistrati, uomini di stato, uomini di chiesa. C’è chi ha portato sempre l’abito lungo e lo porta ancora, almeno in determinate occasioni, come gli avvocati i magistrati, i professori, gli ecclesiastici. 62: i maschietti continueranno a esser vestiti da bambini fino a tutto l’800 [perché considerati giocattoli!] 63: Quasi che l’infanzia fosse un’età meno specifica nelle bambine che nei maschietti .. i maschietti sono stati, tra i bambini, i primi a essere oggetto di un’educazione speciale. Tra la fine del 500 e il principio del 600 hanno cominciato a frequentare in massa i collegi [nati dalle accademie ad es. come la fiorentina o dalle università/convitto medievali?] .. senza scuole proprie, le bambine, prestissimo, si confondevano con le donne adulte, come prima i ragazzi con gli uomini. [l’importanza dell’abbigliamento è data dal suo segnalare lo status sociale, la classe; oggi in democrazia questo significato è scomparso] 64: [se eri nobile e non avevi soldi dovevi per forza mantenere il tuo status (cfr. il caso dei nobili che si danno alla pirateria); se non eri nobile e avevi i soldi non potevi comprare quello che avresti voluto o vestire come avresti voluto (società immobile predestinata da Dio)] 66: Così, dal 300, quando il bambino vestiva come gli adulti, arriviamo all’abito proprio dell’infanzia che ci è familiare .. questo mutamento riguarda specialmente i maschietti. Il sentimento dell’infanzia si è risvegliato prima nei loro riguardi, mentre le bambine sono rimaste più a lungo nel sistema tradizionale di vita che le confondeva con le adulte: più di una volta saremo portati a osservare questa lentezza, da parte delle donne, nell’adottare le forme esteriori della civiltà moderna, che è essenzialmente maschile. Se ci si attiene alla testimonianza offerta dall’abbigliamento, si deve concludere che la caratterizzazione dell’infanzia si è limitata a lungo al sesso maschile. Certamente è stata esclusiva delle famiglie nobili e borghesi. I bambini del popolo, contadini e artigiani, quelli che giocano nella strada del villaggio, nelle vie delle città, nelle botteghe degli artigiani, nelle sale delle taverne, nelle cucine delle case, continuano a portare gli abiti degli adulti: non vengono mai rappresentati in veste lunga o con le false maniche. Conservano il vecchio genere di vita [segno che la campagna e il mondo dei lavoratori è conservatore. Ma quando fanno le rivoluzioni? – finiscono per far evolvere anche l’altro mondo] che non separava i bambini dagli adulti né attraverso il vestire, né attraverso il lavoro, né attraverso il giuoco [e il sesso

  • se c’è la promiscuità su tutto? cfr. Baldassari] 74: i bambini costituiscono le più conservatrici tra le società umane [e oggi siamo noi a dare loro giochi tecnologici, che del resto vengono sviluppati soprattutto dagli adolescenti, precoci perché nel periodo della formazione ossia assimilazione] 75: i bambini .. giocavano con la bambola o con imitazione degli oggetti degli adulti. Ma queste imitazioni non erano a loro uso esclusivo; nell’antichità dividevano almeno coi morti ciò che nei tempi moderni diventerà il loro monopolio. E questo carattere ambiguo della bambola e del simulacro durerà nel Medioevo, e più a lungo ancora nelle campagne; la bambola è anche il pericoloso strumento dello stregone, di chi fa il malocchio. 77: La maggior parte delle bambole da collezionisti non sono giocattoli per bambini – quelli per bambini erano in genere oggetti grossolanamente eseguiti – ma bambole manichino [per adulti! – che oggi si direbbero ingenui ma che giocavano con le bamboli in mancanza di altri deporti che ci sono oggi es. tv] [le bambole erano usate anche dai grandi: presepi, marionette] Nell’ambito della prima infanzia la distinzione tra maschietti e femminucce era meno netta che non nei tempi moderni [come in natura]

L’infanzia diventa depositaria delle usanze che gli adulti hanno abbandonato. [riconducibili a quella più naturali; es. sesso] 80: Nella società d’una volta [come nel terzo mondo oggi (e da qui il non-sviluppo); ma cfr. “La nascita del libro”] il lavoro non teneva tanto posto nella giornata e non aveva tanta importanza nella pubblica opinione: non aveva il valore esistenziale che gli attribuiamo da oltre un secolo. A mala pena si può dire che significasse la stessa cosa [si sgobbava per sopravvivere e non per accumulare come i primitivi]. Invece i giuochi e i divertimenti in genere andavano molto al di là dei furtivi momenti che ci si dedicano ora: costituivano uno dei principali mezzi di cui una società disponeva per rinsaldare i legami, per avvertire il senso della vita in comune [mancanza di stress; anche se la religione stressava e le guerre; la morte tuttavia sopravveniva presto a eliminare stress capaci di portare alla pazzia]. Questo si può dire per quasi tutti i giuochi, ma questa funzione sociale è più evidente nelle grandi feste stagionali e consuetudinarie. Si tenevano a certe date fisse del calendario e i loro programmi seguivano nelle loro regole fondamentali regole fissate dalla tradizione. 100: Gesuiti .. educazione fisica .. Settecento .. guerra .. educazione fisica/istruzione militare .. germogliavano i moderni nazionalismi [patriottismo degenere]. Si stabilì una parentela tra i giuochi educativi dei Gesuiti, la ginnastica dei medici, la scuola del soldato e le necessità del patriottismo. 101: Così, sotto l’influenza successiva degli educatori dell’Umanesimo, dei medici illuministi, dei primi nazionalisti, si passa dai giuochi violenti e discutibili dell’antico costume [fra cui anche le giostre cavalleresche], alla ginnastica e alla preparazione militare; dalle zuffe popolari alle società ginnastiche. 106: evoluzione che fa scivolare i giuochi antichi [zuffe ecc. (giochi primitivi e istintivi)] nell’ambito conservatore dei bambini e del popolo 110: Così le vecchie storie [fiabe] che al tempo di Colbert e di Mme de Sévigné [‘600] erano ascoltate da tutti, un po’ per volta vennero lasciate dai ceti più alti, e poi dalla borghesia, ai bambini e alle popolazioni delle campagne. 112: Siamo partiti da un assetto sociale in cui i medesimi giuochi erano comuni a tutte le età e a tutte le condizioni [tribù]. Il fenomeno che va sottolineato è il loro abbandono [e ogni suddivisione è complicazione e complessità] da parte degli adulti delle classi sociali più elevate e, al contrario, la sopravvivenza nel popolo e, a un tempo, tra i bambini delle classi superiori. [evoluzione oggettiva/ oggettuale per grado di complessità] 113: La più tassativa e rispettata fra le leggi non scritte della morale contemporanea è quella che impone agli adulti di astenersi davanti ai bambini da qualunque allusione, soprattutto faceta, alle cose del sesso. La società d’una volta aveva tutt’altro atteggiamento in proposito. Il lettore moderno del diario in cui il medico del re, Héroard, fissa i piccoli episodi della vita di Luigi XIII è stupito della licenza che si usava coi bambini, della grossolanità degli scherzi, dell’indecenza di gesti che, fatti in pubblico, non urtavano nessuno e apparivano anzi naturali [da questo punto di vista il corpo (naturalismo) non era svalutato; ma era una non-svalutazione di stampo primitivo/beluino]. Niente potrebbe darci un’idea più esatta della completa assenza del moderno senso dell’infanzia negli ultimi anni del 500 e all’inizio del 600. 114: A quattro anni l’educazione sessuale è compiuta [altro che “cicogna” e inibizioni – meno ipocrisia e innaturalezza che nella nostra società (cfr. Rossiaud)] 115: ometto .. sette anni .. decenza [si torna indietro rispetto ai quattro – e del resto la sessualità dei bambini prorompe all’asilo e retrocede alle elementari (perché deve passare da una sessualità senza orgasmo ad una con orgasmo)] La vera educazione [alle buone maniere – oltre che al resto] non cominciava prima dei sette anni. 116: Luigi XIII .. a 14 anni [inizio 600] .. lo infilarono quasi per forza nel letto della moglie. Dopo la cerimonia [che quindi si svolge nel pomeriggio] “va a letto e lì cena alle sei e tre quarti. Per incoraggiarlo il signore di Gramont e alcuni giovani signori gli fanno dei racconti licenziosi. Chiede

in strada e i medici degustavano le urine dei pazienti] o mentre sostengono la loro parte in una festa tradizionale; apprendisti nei laboratori o paggi al servizio dei cavalieri [anche gli eroi di Ariosto e Tasso e Boccaccio erano giovani]. [l’antica come la società della promiscuità; ma allora c’era anche più contato fisico col papa e coi re (es. taumaturghi) e coi nobili che per quanto si distinguevano passavo (e stavano – avendo sempre bisogno di quei servitori oggi sostituiti dalle macchine) in mezzo alla plebe] 146: appena il bambino aveva oltrepassato questo periodo di intensa mortalità, [e si era guadagnato un posto nella vita], in cui la sopravvivenza era molto aleatoria [tanto è vero – anche per premunirsi dal dolore di perderli – non erano considerati nemmeno pienamente esseri umani], si confondeva col mondo degli adulti. Le parole di Montaigne e di Molière attestano il perdurare di questo atteggiamento arcaico nei confronti dell’infanzia. Si tratta di un atteggiamento duro a morire, ma ormai vacillante. Dal 300 in poi si era manifestata una tendenza del gusto che cercava di esprimere nell’arte, nell’iconografia, nelle pratiche di devozione (culto dei morti), la personalità che si riconosceva ai bambini e il senso poetico e familiare che si attribuiva a quanto era loro proprio. Abbiamo seguito quest’evoluzione del putto e del ritratto infantile, anche del bambino morto in tenerissima età. Nel 500 e 600 essa è giunta a creare per il bambino piccino, almeno in quegli ambienti dove questo sentimento si manifesta, cioè negli strati più alti della società, un abbigliamento speciale che lo distingue dagli adulti. Questo abbigliamento particolare dei bambini, e specialmente dei maschietti, in una società dove le forme esteriori e l’abito erano molto importanti, attesta il mutamento avvenuto nei loro confronti. 147: è comparso un nuovo sentimento dell’infanzia: il bambino, con la sua ingenuità, i suoi lati buffi, diventa una fonte si svago e di distensione [meno rudezza ma siamo ancora in una società ingenua non pedagogica] 156: Radicale rottura tra la scuola classica e la scuola medievale. Questa nasce dalle esigenze del reclutamento dei sacerdoti. In altri tempi la Chiesa aveva affidato alla scuola non religiosa di tipo ellenistico la formazione letteraria dei suoi allievi [ma quando se l’ellenismo finisce con il cristianesimo a religione di stato? In oriente, nei lungi secoli di passaggio dai barbari alla scolastica?], indispensabile per attingere le cognizioni d’ordine sacro in una religione dotta, come presto era diventato il cristianesimo, religione del Libro e dei suoi commenti patristici [speculari a quelli dei poeti ebraici: Gerolamo o Paolo erano come profeti ebraici]. Dal V secolo in poi non poteva più valersi di questa istituzione tradizionale, travolta nel crollo della cultura classica, irreparabilmente danneggiata dal decadere delle consuetudini della vita cittadina, dato che la scuola classica apparteneva alla città; nelle campagne non esisteva. [ma c’erano campagne popolate?] Ma la funzione sacerdotale richiedeva un minimo di cognizioni: da un lato, cognizioni che potremmo chiamare letterarie: i testi liturgici dell’ufficio divino; dall’altro, cognizioni che potremmo chiamare scientifiche, come il computo della Pasqua, o artistiche, come il canto di chiesa. Senza questo la celebrazione della Messa, la somministrazione dei sacramenti, diventavano impossibili, la vita religiosa si inaridiva. Perciò il clero, e soprattutto i vescovi (talvolta, in certi paesi come l’Irlanda e l’Inghilterra, i monasteri) si trovarono nella necessità di provvedere all’istruzione dei giovani chierici, che, in contrasto con la tradizione antica, era impartita nella chiesa. Si trattava dunque di un’istruzione essenzialmente professionale [non umanistica – passiva; la cultura non esisteva esistendo solo la Bibbia e non esistendo soggetti pensanti (solo con Cartesio (e forse prima con Montaigne) ritornano davvero i soggetti pensanti)]. Marrou l’ha definita “scuola di canto liturgico-corale”. 157: Si trattava di un insegnamento soprattutto orale e rivolto alla memoria, come quello delle scuole coraniche nei paesi musulmani d’oggi [e contrario a quello, pure orale e mnemonico ma più “aperto” o “dialettico” [anche se si cfr. il pitagorismo e i suo settarismo], delle scuole filosofiche

greche (i tenzoni logici scolastici (anche se come la rivoluzione copernicana di Kant sono concepiti per non avere effetti al di fuori del piano logico) sono forse un progresso medievale!)]. Gli allievi in coro, riprendevano dall’insegnante la frase e la salmodiavano, ripetendo lo stesso esercizio finché non la sapevano a memoria. I preti potevano recitare a memoria quasi tutte le preghiere dell’uffizio [non uomini ma pecore; non cultura ma tassonomia]. Perciò la lettura non era più uno strumento indispensabile come conoscenza [perché la conoscenza come libera riflessione non esisteva più]. Era solo un sussidio alla memoria [e si basa sulla memoria solo chi crede ad una verità rivelata], in caso di dimenticanza o incertezza. Serviva solo a far sì che i preti “riconoscessero” ciò che già sapevano; non era un mezzo per scoprire qualcosa di nuovo [ALIENAZIONE – COERCIZIONE]; e la sua importanza veniva a essere così molto sminuita. 158: Dal 200 in popi l’insegnamento delle Arti fu un insegnamento distinto che, nelle città universitarie, costituì la Facoltà delle Arti; come una propedeutica preparava alle scuole superiori (teologia, legge, medicina). Le università del 200 stabilirono definitivamente questa gerarchia di cognizione. In genere avevano almeno due Facoltà: una Facoltà delle Arti e una o più Facoltà superiori. 159: Si giunge così a un insegnamento delle Arti che può essere o no insegnamento universitario, diffuso in tutto il paese, qui sottoposto all’autorità del capitolo, là del vescovo, altrove dell’abate [ma sempre chiesa nel mezzo] Se tra scuola classica [laica – qual è ancora quella di Agostino] e scuola medievale [ecclesiastica] c’è come una cesura, al contrario, dalla scuola medievale si passa al nostro sistema contemporaneo di istruzione per impercettibili ritocchi, senza che vi sia soluzione di continuità. La scuola medievale era riservata ai tonsurati, chierici e religiosi [Petrarca; e Boccaccio non è andato a scuola?]. Verso la fione del Medioevo essa si aprì ai laici e da allora in poi si estese ininterrottamente a strati sempre più vasti della popolazione [ed è questa vastità che ha portato al progresso di una cultura multiforme e smaliziata e geniale]. Tuttavia, fino alla metà del 600, restò scuola di lingua latina. 160: In genere si spiega il favore in cui è tenuto il latino con le sorgenti classiche della nostra cultura. Di fatto esso risale a tempi più lontani di quelli in cui si praticò il culto deliberato dell’antichità romana, fino a quel Medioevo in cui il latino era la lingua dei chierici e delle loro scuole professionali. Per lunghi secoli fu insegnato, più che come lingua di cultura, come una lingua viva, necessaria ai chierici, agli uomini di legge, a quelli che amministravano beni. Solo all’inizio del 700 prese il sopravvento la sua funzione moderna di formazione generale [cfr Casanova e la scienza nell’800]. La sopravvivenza del latino è dovuta essenzialmente all’origine medievale della nostra tradizione scolastica. La seconda differenza [rispetto alle nostre scuole; la prima differenza riguarda il fatto che vi erano ammessi solo chierici] sta nella mancanza di un insegnamento primario. L’insegnamento elementare, come lo intendiamo oggi, non è né un insegnamento tecnico né un insegnamento di cultura generale. S’impara a leggere, a scrivere .. si apprende ciò che è indispensabile sapere per tirare avanti nella vita, qualunque sia la professione o la condizione. Nel Medioevo e agl’inizi dei tempi moderni queste cognizioni elementari ed empiriche [le più delicate da apprendere!] non erano oggetto di insegnamento scolastico: si impartivano per pratica, in famiglia o nell’esercizio di un mestiere. Terza differenza: la mancanza di un insegnamento superiore di lettere e scienze. Esistevano Facoltà di teologia, diritto, medicina .. ma nulla che si potesse paragonare alle istituzioni superiori del mondo ellenistico .. scientifiche, retoriche, filosofiche [non c’era quindi neanche la possibilità a priori – e come fra i barbari - che scienza e filosofia fiorissero / non erano concepite neanche come materie] … o alle nostre facoltà di lettere e scienze nate al principio dell’800 con l’università napoleonica [e Kant dove insegnava? – ma la soggettività e la scienza (la, possibilità del genio

Borsisti: un prelato o un abate assegna una dotazione perpetua perché in un’università vengano mantenuti alcuni studenti poveri provenienti dalla sua diocesi o dal suo paese natale. 195: [medioevo – libertà (natura); moderno – assolutismo (Stato)] [vita di collegio (4-500)]. Sveglia, alle 4. Lezione fino alla messa delle 6; tutto questo avveniva a tocco di campana: pulsu .. Tutto è previsto con un rigore sconosciuto ai vecchi statuti, che non stabilivano né programmi di studio né norme per lo svolgimento del lavoro. Dopo la messa, dalle 8 alle 10, la grande lezione mattutina (per tradizione c’era una lezione principale del mattino e una del pomeriggio). Alle 11 [dopo 7 ore di veglia] il pasto riunisce in refettorio la comunità. Dalle 3 alle 6 la grande lezione del pomeriggio. Fino alla Rivoluzione, i collegi d’ancien regime manterranno .. questo sistema di vita. Si passa così da una regola che fissa i principi direttivi di una morale e di un genere di vita [medioevo] a una regola che determina con rigore ogni occupazione della giornata [moderno]; da un’amministrazione collegiale a un regime d’autorità; da una comunità di maestri e scolari alla rigida autorità dei maestri sugli scolari. 195-96: Questa distanza tra maestri e scolari, questo dilagare del principio di autorità, era in contrasto con le vecchie tradizioni che si appellavano ai primi statuti [del 2-300 e dovuti a riformatori pontifici]. Ma si trattava di un’evoluzione conforme al movimento che portava la società verso le forme politiche dell’assolutismo, come si vedono nascere nel 400, all’epoca di Luigi XI e di Machiavelli. Il processo sarà definitivamente compiuto quando i professori verranno scelti in un ordine religioso [prima erano preti ma senza ordine; e c’era vario modo di essere prete e vari preti ammogliati], trovandosi così ad essere per natura separati dagli allievi; quando la direzione del collegio coinciderà con la direzione della comunità religiosa dei professori; a fortiori se questa comunità religiosa votata all’insegnamento si propone in particolare di sviluppare lo spirito d’obbedienza conferendo ai principi della disciplina laica un tratto nuovo d’efficacia quasi militare. È ciò che accadrà, alla fine del 500, coi Gesuiti; e la loro Ratio studiorum , che è il regolamento dei loro collegi, segna la tappa finale di tale processo di affermazione di un regime di autorità che i sola i giovani – distacco dal mondo d’altra parte molto relativo in rapporto ai costumi dell’800 e del primo 900, ma senz’altro molto positivo rispetto al 1100 e 1200. In questi ultimi anni del 500 si raggiungeva una meta; il successo dei Gesuiti nel 600 si fonda sulle medesime ragioni che fecero la fortuna delle comunità di borsisti agli inizi del 300: l’esistenza di una regola; nel caso dei Gesuiti la regola era più rigorosa ed efficace. Come i primi collegi avevano assorbito l’insegnamento delle scuole, i collegi dei Gesuiti attirarono la clientela borghese, e anche di estrazione popolare, e il loro successo, dovuto al rigore della loro disciplina, minacciava i collegi dell’università, dove il rispetto degli antichi statuti, sia pure migliorati attraverso il costume, manteneva un’eccessiva libertà ormai sospetta di rilassatezza. 197: [gesuiti] 6 ore per giorno di corsi in classe, tre al mattino, tre alla sera. In più, ogni giorno, alle 10 del mattino e alle 5 del pomeriggio un esercizio di disputa o di versificazione. Il sabato, ricapitolazione e presentazione settimanale dei voti al rettore. 201: Nel linguaggio abituale dei nostri contemporanei .. la classe scolastica si presenta come l’unità essenziale che caratterizza la situazione del bambino o del giovanetto .. Sono i ragazzini stessi a indicare il loro posto nel quadro della vita quotidiana attraverso la classe a cui appartengono .. Ora questa struttura, senza cui non si concepisce più la vita del collegio, risale appena al 500 e solo nel 600 assume un preciso valore. 202: Si cambia età tutti gli anni cambiando classe: si tratta di una novità. Una volta [nel medioevo] si manteneva la stessa età più a lungo, e la durata della vita, della puerizia, non si tagliava a fette tanto sottili [ma si passava bruscamente dalla gioventù alla vecchiaia senza maturità [eppure della maturità parlano autori da Polibio o anche prima in poi]. La classe scolastica, pertanto, è diventata

un fattore determinante del processo di differenziazione delle età dell’infanzia e della prima giovinezza. 203: passaggio, d’altro canto parziale [fino a pochi anni fa c’erano classi miste di 30-40 alunni], dal metodo pedagogico simultaneo dell’insegnamento [Promiscuità delle età e ripetizione a memoria] di tradizione medievale, alla pedagogia progressiva [fatta non solo di ripetizione] che avrà il sopravvento. 214-15: bisogno nuovo di adeguare l’insegnamento del maestro al livello dell’allievo. Questo è l’essenziale. Una siffatta preoccupazione di mettersi alla portata degli scolari si oppone contemporaneamente ai metodi medievali di simultaneità o di ripetizione e alla pedagogia umanistica che non distingueva tra bambino e uomo e che confondeva l’istruzione scolastica – che prepara alla vita – con la cultura – che è una conquista della vita. La distinzione tra le classi è dunque testimonianza di una presa di coscienza del carattere peculiare dell’infanzia e della giovinezza e del senso che entro quest’infanzia e questa giovinezza sussistono delle categorie. L’istituzione del collegio gerarchicamente ordinato, fin dal 300, aveva sottratto l’infanzia di chi frequentava la scuola alla promiscuità che nella società comune confondeva le età fra loro. L’instaurazione delle classi nel 500 determinò delle divisioni all’interno della popolazione scolastica. 218: La scuola non era ancora [nel 500] nettamente considerata come una preparazione alla vita; si confondeva ancora con forme di vita che oggi tendiamo a spostare collocandole dopo la scuola, all’epoca dell’apprendistato. Quindi l’età di cominciare a frequentare la scuola rimase a lungo incerta. 219: Lunghi anni di vagabondaggio [Thomas Platter – inizio 500] non gli avevano insegnato nulla: a 18 anni ancora non sapeva leggere! È vero che prima di poter leggere sapeva bene il Donato a memoria: ultime sopravvivenze di un tempo in cui la trasmissione orale aveva il sopravvento sulla comunicazione scritta. 219-20: La vita scolastica di Thomas Platter ci riporta [al principio del 500 – segno delle rimanenze e permanenze e linee sinusoidali] al Medioevo, agli eterni scolari, indifferenti ai risultati, ancora estranei alla suddivisione in classe e allo svolgimento progressivo dei programmi. Al parte essenziale delle nozioni reali è concentrata negli ultimi 2 anni d’un ciclo di 10: i due anni fra i 18 e i 20, dopo 8 anni che possono apparire sterili ai nostri occhi moderni, ma nel corso dei quali il giovane analfabeta si era strusciato senza posa alle materie del trivio [grammatica, dialettica, retorica], insegnate oralmente alla maniera antica. Teniamo soprattutto presente che Thomas Platter non ha cominciato la propria vita attiva con la scuola (fino a 9 anni è stato pastore); che si è sempre ritrovato tra compagni più vecchi o più giovani, senza distinzione d’età; che l’umanesimo si è facilmente innestato sul suo fondo medievale .. l’umanesimo nonostante il rinnovamento dei metodi didattici e degli autori letti, continuava l’insegnamento prolungato e simultaneo del Medioevo. 221: Fino alla fine del Medioevo e, in molti casi,, oltre il Medioevo, per avviarsi a una professione qualunque, cortigiano, soldato, burocrate, negoziante, operaio, non si cominciava con l’apprendere le nozioni preliminari per esercitarla, ma ci si entrava di colpo [tutto si faceva – bestialmente e ingenuamente – di colpo (come gli aquilotti che imparano a volare o come Hegel che dice che per imparare a nuotare bisogna buttarsi)], acquistando quelle nozioni quando ci si era di già inseriti, attraverso l’esercizio della pratica quotidiana, valendosi della comunanza di vita e lavoro con adulti già sperimentati [la realtà è quella e non ci sono sfumature – e tutto e tutti vi si devono adattare – non è concepibile altrimenti] 283: Il nostro spirito moderno resta turbato perché rifiuta di ammettere l’intima mescolanza di modi di esistere che oggi vengono accuratamente separati: modo di vita intimo: famiglia o amicizia; modo di vita privato: lo svago, la distrazione; modo di vita religioso: l’attività culturale o devota; modo di vita corporativo: la riunione di quelli che esercitano la stessa professione col proposito di

dei re e dei principi [e Carlo V di Tiziano? o il figlio Filippo II dipinto sempre in armatura?] [prima era nobile chi difendeva la propria terra ora è nobile chi difende la terra dello Stato] 320-21: I soli regimi praticati nell’ancien regime erano .. il tutorial system o l’esternato con pensione presso una famiglia del luogo [quindi il collegio rigido del 500 non è da intendersi nel senso di internato! – che avrebbe fatto comodo per la carenza dei trasporti]. La sola forma d’internato vicina al nostro internato moderno, lo statuto dei convicti dei Gesuiti o degli Oratoriali, restava del tutto eccezionale ed era accettato dagli educatori dei collegi controvoglia e solo per non scontentare una clientela aristocratica preoccupata di salvaguardare le propria progenitura dalla promiscuità della vita scolastica. I Gesuiti non cercavano mai di accrescere il numero dei loro pensionanti: l’esternato restava l’ideale. D’altra parte è facile intendere che il clima generale della società mal si adattava al totale accasermamento; le condizioni di approvvigionamento, di trasporto e di igiene erano sfavorevoli alla concentrazione in un medesimo locale, con impegno di assistenza completa, di una popolazione scolastica troppo numerosa. Si esageravano i rischi di epidemia e anche di sedizione e di torbidi, perché gli scolari, di età molto diverse, erano rozzi, violenti, emotivi. 325-26: Al principio dell’800 chiudere il bambino o l’adolescente in un luogo lontano dal mondo e dalla famiglia rappresentava, insieme alla cura individuale affidata a un precettore, resa celebre dall’ Emilio , una delle forme ideali d’educazione [ma anche nel Medioevo i padri appena potevano allontanavano i figli – come gli animali nel branco]. Precettorato e internato prenetarono insieme nel costume. Il paradosso è solo apparente: l’uno e l’altro esprimono la stessa convinzione, della necessità morale di assegnare alla fanciullezza un posto più preciso. Gesuiti e Giansenisti raccomandavano da un pezzo di vigilare costantemente sugli allievi: tuttavia non erano riusciti ad applicare questo principio, né a imporlo a un’opinione ancora legata a vecchie abitudini di libertà, se non addirittura di anarchia. Dalla fine del 700 in poi [con la borghesia trionfa il conformismo perché v’è un’uguaglianza tale da rendere possibile l’applicazione di regole su larga scala?], invece, si riconobbe il valore morale e pedagogico dell’istituto di educazione chiuso al resto del mondo. 328: La famiglia moderna [anche per la tecnologia dei mezzi di trasporto!] non accetta più la separazione dai suoi figli, neanche per motivi pedagogici. Il bambino sta a casa più a lungo di prima [anche rispetto al medioevo quando veniva mandato per l’apprendistato]. 329: Il mutamento avvenuto alla fine dell’800 nella popolazione scolastica a favore degli esterni [che non è un ritorno all’esternato del 5-600 ma l’opposto: qui i ragazzi stanno a casa, là fuori sia casa che scuola e in posti di fortuna] non interrompe questa tendenza a separare l’infanzia, ma la trasferisce nella famiglia. La famiglia [che prende, in questo senso, peso assieme all’individuo] si sostituisce alla scuola nel compito di inquadramento morale [perché ha essa stessa introiettato i legami morali comuni?] (e questo nel momento in cui la funzione della scuola diviene sempre più importante sul piano della formazione professionale). 335: A lungo il canto è allo stesso livello d’importanza della lettura latina, e per la medesima ragione: che permette di rispondere all’ufficio liturgico. 338: Nel Medioevo era perfettamente concepibile una cultura laica nutrita di letture ad alta voce, recitazione, musica, mentre la scrittura non era d’uso comune e restava piuttosto riservata ai chierici. E anche per costoro, non essendo ancora in uso la stampa, e anche .. per via della scarsezza e del costo della carta, si ricorreva più spesso di oggi alla memoria: bisognava imparare a memoria, e la scrittura appariva un mezzo sospetto per eludere questo sforzo. Lo studente in teologia non doveva possedere la Bibbia nel corso del primo anno e al maestro era proibito il sussidio di appunti per le sue lezioni Memoria: questo era l’unico modo certo di sapere. Quanti ce n’è che imparano il latino senza aver mai scritto una lettera dell’alfabeto? A lungo l’insegnamento rimase sopratutto orale.

374: La violenza [bestie] si estendeva a tutta una società, a tutte le condizioni, nobili e plebee; a tutte le età, bambini, giovani, adulti. Nel Medioevo nei collegi [?] si beveva forte e gli statuti riconoscevano alla bottiglia un valore di riscatto delle piccole colpe, accettandola come un simbolo di iniziazione e di fraternità. 391: L’ancien regime fino al 700 non ha conosciuto che la scuola unica. La frequenza scolastica si sarebbe estesa socialmente e geograficamente; la durata dei cicli, invece, sarebbe stata diversa a seconda delle vocazioni; solo gli uomini di Chiesa [che nel Medioevo erano gli unici ad andare a scuola (e i notai?)] e di toga avrebbero seguito fino alla fine i due o tre anni di filosofia – corrispondenti agli anni della nostra facoltà; gli altri, lavoratori manuali e uomini d’arme, si sarebbero fermati più o meno presto. 397: Sembrerà discutibile parlare d’una iconografia profana nel Medioevo, fino al 300, tanto era difficile distinguere il sacro dal profano. Tuttavia, tra i contributi d’origine profana a questa rappresentazione totale del mondo c’è un tema la cui frequenza e diffusione sono significative: il tema dei mestieri. Il mestiere .. apparso a lungo l’attività privilegiata della vita quotidiana .. nei calendari delle cattedrali Si riflette abbastanza a quanti, oggi, preferirebbero dimenticarlo, il loro mestiere, e sognerebbero di lasciare altra immagine di sé? [prima c’era più spersonalizzazione – identificando l’uomo col tipo che svolge un’attività] L’uomo d’oggi, anche se amasse il proprio mestiere, non ne sceglierebbe l’immagine per proporla gli artisti, anche se questi potessero accettarla. L’importanza data al mestiere nell’iconografia medievale è un segno del valore sentimentale che gli si attribuiva [quindi l’alienazione c’era più nel passato che oggi: solo che nel passato non c’era il nichilismo e il suicidio e allora l’alieno sopravviveva]. Tutto si svolgeva come se la vita privata fosse anzitutto e soprattutto mestiere. 398: Una delle rappresentazioni più popolari del mestiere lo collega all’altro tema, delle stagioni .. importanti anche a proposito dell’età dell’uomo [ciclo di Polibio] .. il Medioevo ha amato riunire attraverso un simbolismo nozioni di cui voleva sottolineare le segrete corrispondenze, al di là delle apparenze. Collegava alle stagioni i mestieri come le età della vita o gli elementi. È il senso dei calendari di pietra e di vetro, dei calendari delle cattedrali e dei libri d’ore. 400: la strada medievale, come la strada araba dei nostri giorni, non si contrappone all’intimità della vita privata; è un prolungarsi esterno della vita privata. Gli artisti nei loro tentativi relativamente tardi di rappresentare la vita privata [perché prima la cosa più importante era il pubblico e il divino], cominceranno a coglierla nelle strade, prima di inseguirla all’interno delle case. Forse la vita privata scorreva nella strada altrettanto, o più, che nella casa. I giuochi a quei tempi non erano solo svaghi, erano anche una maniera di partecipare alla vita di comunità o di gruppo [come oggi il calcio, che non è un gioco] Dal 500 in poi, nel calendario compare un nuovo personaggio: il bambino. 401: Il bambino è legato al bisogno, un tempo sconosciuto, d’intimità, di vita familiare, se non proprio ancora di famiglia [nel medioevo e nel passato inesistente] 405: L’iconografia profana medievale è un’iconografia all’aria aperta [iperuranio]. Quando, nel 200 o nel 300, gli artisti si propongono di illustrare degli aneddoti particolari, dei fatti di cronaca, diventano esitanti e la loro ingenuità stupita sfiora la goffaggine (non hanno nulla che si possa paragonare al virtuosismo degli illustratori di aneddoti del 4-500). [ANTINATURALISMO] Le scene di interni sono dunque molto rare. Dal 400 in poi diverranno più frequenti. 406: La vita privata, che il Medioevo respingeva, verrà ad invadere l’iconografia .. nel 500 e soprattutto nel 600 [Caravaggio: l’immanentismo prevale sulla trascendenza] .. sentimento così moderno che a stento ci rendiamo conto di quanto fosse recente.

luogo nell’interno della chiesa, ma solo all’entrata, davanti al portico. Qualunque fosse il punto di vista teologico, la generalità dei preti, a contatto con le loro pecorelle, doveva condividere l’opinione del curato di Chaucer per cui il matrimonio era un ripiego, una concessione alla debolezza della carne. Non toglieva alla sessualità la sua essenziale impurità. 418: diffidenza riguardo a tutte le cose della carne. Non era nella vita laica che l’uomo poteva santificarsi; l’unione sessuale, benedetta dal matrimonio, cessava di essere un peccato e basta. D’altra parte, l’altro grande peccato laico, il peccato di usura, insidiava l’uomo nelle sue attività temporali. Il laico, per assicurarsi la salvezza, non aveva altra via oltre l’abbandono completo del mondo e l’ingresso nella vita religiosa. All’ombra del chiostro poteva riparare le colpe del suo passato profano. Bisognò attendere la fine del 500 .. perché si riconoscesse la possibilità di una santificazione al di fuori della vocazione religiosa, nella pratica dei doveri inerenti al proprio stato [e oggi si parla di sacralità della famiglia] Perché un’istituzione naturale così legata alla carne come la famiglia diventasse oggetto di devozione, la riabilitazione dello stato laico era necessaria. Il progresso del sentimento della famiglia e quello dell’elevazione religiosa del laico hanno seguito strade parallele. 426: nuovo il sentimento, non la famiglia [così come, oggi, è nuova la coscienza e non l’alienazione che risale al medioevo quand’era maggiore] Sarebbe inutile tentare di mettere in dubbio l’esistenza di una vita familiare nel Medioevo [es. Dante, conte Ugolino]; ma la famiglia sussisteva tacitamente, incapace di suscitare un sentimento abbastanza vigoroso da ispirare un poeta o un artista. 427: Erasmo .. i figli tengono unita la famiglia (sentimento moderno [i Latini adottavano i figli]) Il marito riconosce nei figli il ritratto della moglie e la moglie quello del marito .. bambino, immagine vivente dei genitori [opera di coautori a cui uno non si può approcciare senza pensare subito all’altro – che ne detiene parte del copyright] 430: Il bambino apprendeva per pratica e questa pratica non si fermava ai limiti di una professione, dato che allora .. non c’erano precisi confini tra la professione e la vita privata [ALTRO CHE OGGI

  • COL PRINCIPIO AMERICAno E CAPITALISTA DI DIVIDERE RIGOROSAMENTE E VANTANDOSENE I DUE PIANI]; dividere la vita professionale di qualcuno – espressione d’altronde molto anacronistica – voleva dire dividerne la vita privata con cui quella professione si confondeva. Quindi è attraverso il servizio domestico che il padrone trasmette al bambino, e non al suo, ma al figlio di un altro, il bagaglio delle sue nozioni, l’esperienza pratica, il valore umano che si attribuiscono a lui. Educazione come apprendistato .. Non si tenevano i figli presso di sé [svezzamento]; si mandavano in un’altra famiglia, con o senza contratto, perché vi abitassero e vi cominciassero a vivere, oppure per apprendervi le maniere di un cavaliere, o un mestiere, o anche per seguire le scuole e istruirsi nelle lettere latine. Bisogna vedere nell’apprendistato un uso seguito in tutte le condizioni. 431: La scuola era un’eccezione e si avrebbe torto di tratteggiare l’educazione medievale attraverso la scuola, fondandosi sul fatto che più tardi questa si è allargata a macchia d’olio estendendosi a tutta la società: sarebbe fare dell’eccezione la regola [come prender supinamente certe descrizioni di quadri o testi letterari]. La norma generale era l’apprendistato. 433: La famiglia era una realtà sociale e morale più che sentimentale [e riguardava più i ricchi (o chi aveva casa) che i poveri] .. sentimentalmente presso i poveri la famiglia quasi non esisteva [e poi ci si lamenta di oggi!!] 433-34: Dal 400 in poi la natura reale e il sentimento della famiglia si trasformano .. L’avvenimento essenziale .. è una manifestazione molto visibile: l’estendersi della frequenza scolastica [causa o effetto?] .. Nel Medioevo l’educazione dei bambini era assicurata dall’apprendistato presso gli adulti .. i bambini, dai sette anni in poi, vivevano in famiglie diverse dalla loro. Ormai, invece,

l’educazione si fa sempre più attraverso la scuola. La scuola smise d’essere riservata ai chierici per diventare lo strumento normale di iniziazione sociale, di passaggio dalla condizione di bambino a quella di adulto. La cosa rispondeva a un bisogno nuovo di rigore morale da parte degli educatori [e a una economia (e società) più sviluppata]: alla preoccupazione di isolare la gioventù dal mondo inquinato degli adulti per mantenercela nella primitiva innocenza; al proposito di temprarla per meglio resistere alle tentazioni degli adulti. Ma ci contribuiva anche il desiderio dei genitori di vegliare sui figli più da presso, di restare più vicini a loro, di non abbandonarli più, neanche temporaneamente, alle cure di un’altra famiglia. La sostituzione della scuola all’apprendistato esprime anche un ravvicinamento della famiglia e dei suoi figli, del senso della famiglia e del senso dell’infanzia, che prima erano separati. La famiglia si concentra sul bambino. 435: La frequenza scolastica non si estenderà alle bambine prima del 7-800. Per un pezzo le ragazze saranno allevate sulle basi della pratica e dell’uso più che non attraverso la scuola, e molto spesso in casa d’altri. 435-36: Per i maschi la frequenza scolastica si estese dapprima agli strati sociali medi; la grandissima nobiltà e i lavoratori manuali del mondo artigianale restarono fedeli al vecchio apprendistato; ne uscivano i paggi dei gran signori e gli apprendisti della gente che esercitava un mestiere. Nel mondo artigianale e operaio l’apprendistato durerà fino ai nostri giorni. Anche i viaggi dei giovani nobili in Italia e Germania, alla fine degli studi, scaturivano da questo medesimo atteggiamento mentale [Montaigne]: andavano a corti o case straniere a impararvi le lingue, le belle maniere, gli sport cavallereschi; l’uso fu abbandonato nel 600, quando subentrarono le accademie: altro esempio d’un’istruzione più specializzata e teorica che si sostituisce alla formazione attraverso la pratica. 437: Contrasto fra la famiglia-casata e la famiglia moderna, fondata sui sentimenti. 438: [700] il rispetto dell’uguaglianza [parola rivoluzionaria] tra figli attesta uno slittamento della famiglia-casata verso la famiglia moderna basata sui sentimenti. Il sentimento di uguaglianza tra figli ha potuto svilupparsi in un clima affettivo e morale nuovo in grazia di una maggiore intimità fra questi e i genitori. 441-42: La società del 600 in Francia è una società di clientela gerarchizzata, in cui i piccoli nobili si uniscono ai più grandi. La formazione di questi gruppi rendeva necessaria tutta una rete di relazioni quotidiane, tangibili, base di informazioni mormorate all’orecchio. Una cosa da tradursi in concreto in una quantità per noi impossibile da immaginarsi di visite, di conversazioni [l’uomo scopre queste attività – e oggi ne è annoiato], di incontri e di scambi. Il successo sul piano materiale, le convenzioni sociali, i divertimenti sempre collettivi, non si distinguevano come oggi in attività separate, più di quanto non si separassero la vita professionale, la vita privata, la vita mondana o sociale. L’essenziale era mantenere i rapporti sociali col complesso del gruppo in cui si era nati e migliorare la propria posizione usando con abilità questa rete di relazioni. Riuscire non significa conquistare ricchezza o posizione – per lo meno non è qui lo scopo primario; significa soprattutto ottenere un posto più onorevole in una società i cui membri si vedono, si ascoltano, si incontrano quasi quotidianamente. 442: L’arte di riuscire sarà l’arte di rendersi graditi, “amabili” in società. Così la concepiva nel 500 il Cortegiano … L’avvenire dipende unicamente dalla “riputazione” Un gran posto lasciato all’amicizia. [intesa come clientelismo morboso – es. alveare/api o branco di lupi] L’importanza della conversazione. [che emerge anche nel popolino (che ha una fluidità di parola maggiore di oggi. Cfr. Baldassari)] 443: L’arte della conversazione non conta meno della danza o del canto Il Galateo era adottato nei collegi dei Gesuiti .. Port-Royal, Nicole: “Essendo l’amore degli uomini tanto necessario come nostro sostegno, siamo naturalmente portati a cercarlo e a procurarcelo”.

qualunque momento, con la regolarità di un’abitudine. In inglese è la casa pubblica, il pub. La società del 5-600 era una società senza caffè; la taverna, la bettola, erano luoghi malfamati, che si lasciavano ai giovinastri, alle ragazze allegre, ai soldati, agli studenti in vena di gozzoviglia, agli straccioni, agli avventurieri .. le persone perbene, di qualunque condizione fossero, non ci andavano [cfr. Delumeau per il quale gli unici luoghi di aggregazione erano la chiesa e la taverna e sposso dalla taverna partivano le sommosse]. Per riunirsi non c’erano altri luoghi all’infuori delle case private, o per lo meno di certe case private: le grandi case, di campagna o di città. 462: Quei poveretti con abitazioni tanto misere provavano un amore banale per i bambini – la forma elementare del sentimento dell’infanzia – ma ignoravano le forme più complicate e più moderne del sentimento della famiglia. erano ancora, come nel Medioevo, famiglie insignificanti, formazioni tacite in quanto elementari. Certamente i giovani dovevano abbandonare prestissimo queste case di una sola stanza [come le tane degli animali] che noi chiameremmo tuguri, sia per emigrare in altri tuguri, riunendosi in due tra fratelli, o formando una coppia di coniugi, sia per vivere nelle case altrui, come apprendisti, servitori, commessi, nelle grandi case dei notabili. In queste grandi case [come se i sentimenti umani avessero una base logistica come conditio sine qua non], non sempre palazzi o palazzotti – potevano essere case di campagna o dimore cittadine che a volte occupavano un solo piano di un casamento – troviamo il terreno su cui germoglia il sentimento dell’infanzia e della famiglia .. La prima famiglia moderna è quella di tali notabili, rappresentata dalla ricca iconografia familiare della metà del 600 .. è per essa che hanno scritto i moralisti educatori, che si sono moltiplicati i collegi [nella storia vita da “uomini” l’hanno sempre fatta in pochi – i più sono stati al di sotto; forse fra gli animali c’è meno discrepanza fra la realtà e la realizzazione delle potenzialità]. Per essa, cioè per l’intero gruppo familiare che costituiva, e che, oltre la famiglia coniugale, comprendeva [come a Roma], non altri parenti (la famiglia di tipo patriarcale doveva essere rarissima), tutt’al più qualche fratello celibe, ma una clientela di servitori, di amici, di protetti. 463: il flusso incessante di visitatori [che mangiavano e dormivano] Non c’erano locali adibiti all’esercizio della professione, né per il giudice, né per il mercante, né per il banchiere, né per l’uomo d’affari. Tutto si svolgeva nelle stesse stanze [promiscuità] dove egli viveva con la famiglia. Ma in queste stanze lo specifico uso domestico era altrettanto indefinito quanto quello professionale. [come animali in una casa di cui ancora non hanno imparato a servirsi] 464: Si viveva in sale che servivano a tutti gli usi. Ci si mangiava, ma non su apposite tavole: la famosa “tavola da pranzo” non esisteva; per i pasti si montavano dei cavalletti pieghevoli con un piano che si ricopriva con una tovaglia. Smontabile era una gran parte del mobilio ancora nel primo 600. 465: Anche i letti, per un pezzo, furono smontabili. Era compito dei paggi o apprendisti di montarli per tutti. La trasformazione del letto smontabile in mobile permanente segna un progresso dell’intimità .. tuttavia la stanza dove c’era il letto, non per questo era una camera da letto. La camera restava un luogo pubblico [cfr. dove e con chi mangia Luigi XIII]. Quindi bisognava chiudere le tende per difendere l’intimità di chi stava a letto. Perché di rado ci si dormiva soli .. con la moglie ma anche con persone dello stesso sesso. 466: Ci si può figurare in che promiscuità [si vedeva e toccava tutto] si viveva in quelle sale dove isolarsi era impossibile Non c’era gran differenza d’età fra i bambini di casa e i servitori che si assumevano giovanissimi, e fra cui c’erano fratelli di latte di membri della famiglia. 467: I figli di famiglia, ancora nel 600, continuavano a disimpegnare funzioni domestiche che li avvicinavano al mondo dei servitori.

La nozione di servizio non aveva ancora nulla di umiliante [era presa come una naturale componente del mondo]. Il fatto di dipendere da altri non aveva ancora assunto il carattere poco dignitoso che gli si attribuisce ora. si apparteneva quasi sempre a qualcuno [per primo a Dio] La società si presentava ancora come una serie di reti ciascuna delle quali includeva dei rapporti di dipendenza. Restava sempre fra padroni e servitori qualcosa che non poteva ridursi né all’osservanza di un contratto né allo sfruttamento di un padrone: un legame esistenziale che non escludeva la brutalità degli uni e l’astuzia degli altri, ma che nasceva da una comunanza di vita estesa a quasi tutti i momenti. 468: Un servitore non era pagato, era ricompensato; le relazioni non si fondavano tanto su giustizia quanto sulla protezione e la pietà. 469: Di fatto, fino alla fine del 600, nessuno era mai solo. La densità delle relazioni sociali [e la mancanza di elettrodomestici] impediva l’isolamento. Questa socievolezza, per mancanza d’intimità, aveva ostacolato a lungo la formazione del sentimento della famiglia [e dell’amore, anche] La coscienza dell’infanzia e della famiglia .. presupponeva delle zone di intimità fisica e morale che prima non esistevano. Socievolezza tradizionale [animalità] .. coscienza della nuova famiglia 470: A partire dal 700 la famiglia comincia ad appartarsi rispetto alla società respingendola al di là di una zona di vita privata sempre più estesa [da qui, anche, il romanticismo: ecco quanto è importante la storia della tecnica!! – e dicendo questo si fa storia e pedagogia]. L’organizzazione della casa risponde all’esigenza nuova di difendersi dalla gente. Siamo già di fronte alla casa moderna che garantisce l’indipendenza delle stanze aprendole su un corridoio d’accesso. Se comunicano tra loro non si è più tenuti ad attraversarle tutte per passare da una all’altra. [l’invenzione (architettonica) del corridoio è alla base del mondo romantico e moderno!!; il basso ha la priorità sull’alto (Nietzsche, Marx)] I letti non si trovano più un po’ dappertutto. Si trovano esclusivamente nella camera dove si dorme, corredata, di qua e di là dall’alcova, di armadi e di ripostigli dove compare una nuova attrezzatura per la toilette e l’igiene. In Francia e in Italia la parola “camera” si è orientata verso un significato contrapposto a quello della parola “sala” – mentre prima i due termini erano piuttosto dei sinonimi; la camera viene ad indicare la stanza dove si dorme, la sala quella dove si riceve o si mangia. In Inghilterra i termine room ha mantenuto tutti i significati, ma preceduto da un prefisso. Il fatto, che le stanze abitate venissero adibite a usi specifici, in un primo tempo solo nell’ambiente della borghesia e della nobiltà, è certo uno dei maggiori cambiamenti della vita quotidiana. Risponde a un bisogno nuovo di potersi appartare. I campanelli … niente di più caratteristico di questo bisogno nuovo di tenere i servitori in disparte e di trincerarsi contro gli intrusi. Alla fine del 700 non usa più [ingenuamente e bestialmente] andare da qualcuno, per amicizia o per affari, a qualunque ora e senza preavviso. O c’è un giorno per ricevere o ci si scambiano dei biglietti per mezzo dei domestici. 471: [nasce tra 7-800] la buona educazione di tener la porta chiusa .. Prima si viveva in pubblico e in rapporto diretto, e tutto si faceva a viva voce attraverso la conversazione. Ormai si distingue più nettamente tra vita mondana, vita professionale e vita privata: per ognuna c’è un locale appropriato: la camera, lo studio, il salotto. Modernamente la buona educazione è impegnata a proteggere la libertà e l’intimità individuale o familiare dalla pressione sociale. La vecchia buona creanza era un’arte di vivere in comune e in un rapporto diretto. La nuova buona educazione obbliga alla discrezione e al rispetto dell’intimità altrui. [privacy]