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Nascita e sviluppo della Net.Art, Study notes of Mass Communication

Il documento descrive l'origine leggendaria del termine Net. Art e la sua evoluzione storica

Typology: Study notes

2018/2019

Uploaded on 06/11/2019

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Net.Art: nascita e mitologia di un neologismo
La leggenda vuole che il termine Net.Art sia venuto alla luce generato dalla Rete stessa. Vuk Ćosić,
uno dei padri fondatori di questo genere artistico, racconta di aver ricevuto nel dicembre del 1995
una email anonima. L’artista sloveno, nel tentativo di aprire il messaggio, scritto probabilmente
utilizzando un software non compatibile con il suo, nota qualcosa che attira l’attenzione del suo
sguardo tra le listate incomprensibili di Ascii. Gli occhi indugiano su una minuscola zattera che
galleggia in quel mare magno di codici incomprensibili: [...] J8~g#|\;Net. Art{-^s1 [...]
Incuriosito, inoltra l’email al suo amico Igor Marković di Zagabria con la richiesta di decodificarne
il contenuto. La traduzione del testo risulta una sorta di manifesto per la tutela della libertà di
espressione degli artisti che operano con internet e una critica alle istituzioni artistiche tradizionali.
Un testo apparentemente generico ed indefinito eppure illuminante per comprendere la magia della
Rete: “All this becomes possible only with emergence of the Net. Art as a notion becomes obsolete
[...] ”, di fatto il punto che divide le due parole Net ed Art acquisterà nel futuro prossimo un
significato del tutto diverso e inatteso. Viene coniato un nuovo termine con molteplici conseguenze
sintattiche, culturali, artistiche, tecnologiche e sociologiche. Il nome della pratica artistica del
programmatore sloveno e dei suoi colleghi emerge prepotente dal sommerso criptico dei caratteri
Ascii. Il vocabolo, un readymade creato dal malfunzionamento di un pezzo del software, assurge ad
emblema stesso della nuova arte che vive nella “connessione”. Ma la vicenda tormentata del
neologismo non finisce qui. L’email incomprensibile da cui l’avventura della Net.Art ha origine si
perde per sempre a causa della rottura dell’hard disk in cui è custodita, che paradosso curioso:
L’arte immateriale si destruttura per la deperibilità del suo strumento di propagazione. Si tratta della
genesi leggendaria perfetta. Per il visionario Vuk Ćosić non poteva, a maggior ragione che essere
esattamente quel nome. L’artista sloveno aveva tenuto a battesimo la Net.Art. Secondo questa
“leggenda” è quindi il malfunzionamento di un software, un errore di conversione, a far elaborare la
definizione «net.art». Poco importa che il termine Net.Art nasca effettivamente da un errore del
software o sia invece il frutto di un’abile progetto comunicativo pensato a tavolino dalla creatività
di Vuk Ćosić e dell’artista russo Alexei Shulgin. Il successo immediato di questa definizione che
circola da email ad email nella comunità artistica digitale e degli addetti ai lavori costituisce già di
per se una sorta di “opera d’arte” . Si tratta infatti di un elemento distintivo di quelle che saranno
alcune caratteristiche più originali nelle opere dei net.artisti: la potenza generatrice dell'errore, il
pericolo del caos e il “fascino proibito” del crash che sfugge dal controllo per assurgere a demiurgo
casuale del puzzle artistico. La Net.Art può considerarsi un movimento artistico, frutto di quella
stagione storica che si colloca tra il 1994 e il 2001, il cui epicentro è collocabile nell’Europa centro
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Net.Art: nascita e mitologia di un neologismo

La leggenda vuole che il termine Net.Art sia venuto alla luce generato dalla Rete stessa. Vuk Ćosić, uno dei padri fondatori di questo genere artistico, racconta di aver ricevuto nel dicembre del 1995 una email anonima. L’artista sloveno, nel tentativo di aprire il messaggio, scritto probabilmente utilizzando un software non compatibile con il suo, nota qualcosa che attira l’attenzione del suo sguardo tra le listate incomprensibili di Ascii. Gli occhi indugiano su una minuscola zattera che galleggia in quel mare magno di codici incomprensibili: [...] J8~g#|;Net. Art{-^s1 [...]

Incuriosito, inoltra l’email al suo amico Igor Marković di Zagabria con la richiesta di decodificarne il contenuto. La traduzione del testo risulta una sorta di manifesto per la tutela della libertà di espressione degli artisti che operano con internet e una critica alle istituzioni artistiche tradizionali. Un testo apparentemente generico ed indefinito eppure illuminante per comprendere la magia della Rete: “All this becomes possible only with emergence of the Net. Art as a notion becomes obsolete [...] ”, di fatto il punto che divide le due parole Net ed Art acquisterà nel futuro prossimo un significato del tutto diverso e inatteso. Viene coniato un nuovo termine con molteplici conseguenze sintattiche, culturali, artistiche, tecnologiche e sociologiche. Il nome della pratica artistica del programmatore sloveno e dei suoi colleghi emerge prepotente dal sommerso criptico dei caratteri Ascii. Il vocabolo, un readymade creato dal malfunzionamento di un pezzo del software, assurge ad emblema stesso della nuova arte che vive nella “connessione”. Ma la vicenda tormentata del neologismo non finisce qui. L’email incomprensibile da cui l’avventura della Net.Art ha origine si perde per sempre a causa della rottura dell’hard disk in cui è custodita, che paradosso curioso: L’arte immateriale si destruttura per la deperibilità del suo strumento di propagazione. Si tratta della genesi leggendaria perfetta. Per il visionario Vuk Ćosić non poteva, a maggior ragione che essere esattamente quel nome. L’artista sloveno aveva tenuto a battesimo la Net.Art. Secondo questa “leggenda” è quindi il malfunzionamento di un software, un errore di conversione, a far elaborare la definizione «net.art». Poco importa che il termine Net.Art nasca effettivamente da un errore del software o sia invece il frutto di un’abile progetto comunicativo pensato a tavolino dalla creatività di Vuk Ćosić e dell’artista russo Alexei Shulgin. Il successo immediato di questa definizione che circola da email ad email nella comunità artistica digitale e degli addetti ai lavori costituisce già di per se una sorta di “opera d’arte”. Si tratta infatti di un elemento distintivo di quelle che saranno alcune caratteristiche più originali nelle opere dei net.artisti: la potenza generatrice dell'errore, il pericolo del caos e il “fascino proibito” del crash che sfugge dal controllo per assurgere a demiurgo casuale del puzzle artistico. La Net.Art può considerarsi un movimento artistico, frutto di quella stagione storica che si colloca tra il 1994 e il 2001, il cui epicentro è collocabile nell’Europa centro

orientale, da dove le sue suggestioni si diramano anche oltre il continente influenzando perfino la scena critica americana. E proprio la critica americana, con in testa Rizome, ad amplificare la portata temporale e spaziale di questa avanguardia artistica postmoderna. Una visione critica che tende a considerare la Net Art, senza il punto di congiunzione, come un’area di riferimento molto vasta a comprendere qualsiasi pratica artistica che abbia nella Rete, nelle sue tecnologie, nei suoi protocolli e nel suo linguaggio i principali strumenti di realizzazione e di distribuzione. In questo macro ambito coesistono esperienze artistiche molto differenti tra loro. Abbiamo infatti progetti artistici che nascono dalla decostruzione critica delle tecnologie sottese alla Rete, altri che ne esplorano le opportunità e potenzialità estetiche, altri invece si soffermano sulle conseguenze psico- sociali della rivoluzione digitale. Ci sono opere che esaminano l'interfaccia come ingresso “manipolabile” tra l'informazione tout court e la sua visualizzazione. Inoltre ci sono opere che insistono sulla dinamica perfomativa ed altre che pongono in risalto la valenza politica e sociale. In gioco infatti ci sono le passioni, le idee, la forza rivoluzionaria, il contributo originale di numerose schiere di artisti che si sono cimentati nella sperimentazione di linguaggi differenti sulla Rete. Uno sviluppo che si è articolato nel tempo con la New Media Art e, più in generale, con la Internet Art. Probabilmente la Net.Art come fase di avanguardia ha avuto una durata temporale determinata. Tuttavia la sua forza innovativa ha sicuramente disseminato elaborazioni e stimoli progettuali tuttora validi. È indubbio infatti che l’avvento di Internet e dei media digitali negli anni ’90 hanno radicalmente trasformato lo stesso modo di sperimentare rispetto ai decenni precedenti. In questa ottica, nell’era dell’informatica di consumo e dei social, l’espressione “condizione postmediale” elaborata da Peter Weibel possa inquadrare una situazione in piena evoluzione dove arte e new media si contaminano senza soluzione di continuità in una sorta di “multitasking” artistico delle tecniche e dei linguaggi.

Tecno-leggende, costruzioni mitopoietiche, sovrastrutture narrative rendono particolarmente complessa l’operazione di definire, contestualizzare, ordinare genesi e generi della Net.Art. D’altra parte imprigionare l’arte sotto forma di canoni rigidi risulta un’operazione fine a se stessa e che non tiene in considerazione i profondi mutamenti socio-economici che agitano le varie epoche storiche e ancor più il ‘900. Al di la quindi delle considerazioni stilistiche, delle etichette, delle speculazioni filosofiche, culturali e sociologiche, su ogni approfondimento critico per quanto riguarda la Net.Art sembra regnare un’unica incontrastata certezza: la Rete. La Rete, metamedium per eccellenza capace, con la sua pervasività tecnologica ed ontologica di plasmare, ma anche di farsi plasmare dall’articolato mondo dell’arte e dalle sue suggestioni creative. Negli anni ’90, la Net.Art ha fatto irruzione prepotentemente nel panorama artistico internazionale.

estetiche derivanti dalla specificità del suo medium di diffusione che è la Rete. Come afferma Joachim Blank, la Net.Art è un’arte che “prende la rete o il mito della rete come tema”.^2 Naturalmente occorre sottolineare che il fare network degli anni ’90 è molto diverso sia dall’arte postale degli anni ’80 che dal fare network degli anni 2000 dove impera il 2.0 e si parla per il prossimo futuro di 3.0. la Rete degli anni ’90 si configura, infatti, come una sorta di biosfera tecno- sociale improntata a grande laboratorio, culturale, politico ed economico in cui ogni categoria sociale ne proietta i suoi sogni e le sue aspettative. In particolare per gli artisti, internet diventa l’oggetto del desiderio per affrancarsi dal sistema convenzionale dell’arte ufficiale e accademica per diventare territorio privilegiato di sperimentazioni ardite dove l’estro e l’autonomia si identificano con il nuovo medium. In tale prospettiva, con l’avvento del web 2.0, la Net.Art perde la sua connotazione originaria di avanguardia per una sorta di omologazione e di mutamento evolutivo e “genetico” della Rete stessa. Il termine Net.Art appare quindi desueto: avviene una vera e propria metamorfosi, costituendosi in tutte le sue espressioni la Net Art o Internet Art, la cui identità profonda non è più rappresentata da un singolo artista o da un gruppo di artisti, ma dallo stesso pubblico indifferenziato che usa i social per le sue creazioni ed esigenze. Un panorama in cui il linguaggio dell’arte fatica più ad emergere e a rivestire la sua natura avanguardista rivoluzionaria. Negli anni ’90, se è vero che i progetti di Net.Art raggiungono il pubblico in virtù della connessione alla Rete, altrettanto incontrovertibile risulta la capacità degli artisti di mettere in discussione gli stessi dispositivi che utilizzano per la realizzazione o diffusione delle loro opere, ossia il browser, le interfacce, la struttura ipertestuale smontandoli e decontestualizzandoli. Nascono quindi progetti artistici con modalità del tutto inedite che pongono in evidenza un elemento spesso sottolineato dalla critica riguardo la Net.Art e cioè la sua natura immateriale. “I progetti di Net.Art godono indubbiamente di uno status immateriale non essendo composti di materia tangibile, ma di stringhe di codici e di flussi di energia elettrica. Tuttavia si tratta di una incorporeità del tutto particolare, visto che, in ogni caso, l’opera per essere visualizzata, ha bisogno di un supporto, costituito dall’hardware del computer.”^3 D’altra parte l’avvento delle tecnologie digitali con cui la Net.Art entra in rapporto simbiotico implica una transizione straordinaria che Lev Manovich ha definito come un passaggio “dall’oggetto al segnale”^4. Continuando ad addentrarci nella road map della Net.Art è possibile individuare un altro momento importante che incarna il primo tentativo di analisi compiuta e di contestualizzazione di pratiche artistiche operative sulla Rete dall’avvento degli anni ’90. Nel maggio del 1996 Vuk Ćosić organizza a Trieste il primo evento internazionale

(^2) Marco Deseriis e Giuseppe Marano, Net.Art - L’arte della connessione , Milano, Shake Edizioni, 2010, p.6. (^3) Articolo di Valentina Tanni: “ Net Art – Genesi e generi. ”, Testo originariamente pubblicato in: Balzola Andrea – Monteverdi Anna Maria. Le arti multimediali digitali. Storia, tecniche, linguaggi, etiche ed estetiche delle arti del nuovo millennio 4 , Milano, Garzanti, 2004. Lev Manovich, The Language of New Media , MIT Press, Cambridge, 2001, p. 132.

dedicato alla Net.Art: Net art per se. Un’occasione d’incontro per mettere a punto una sorta di statuto della Net.Art, parlare dei sui contenuti, dei suoi canali di distribuzione, della sua estetica peculiare. All’appuntamento sono presenti artisti di punta come i russi Alexei Shulgin e Olia Lialinai, i tedeschi Andreas Broeckmann e Pit Schultz e l’olandese Walter Van Der Cruijsen, l’italiano Gomma. Risulta opportuno inoltre citare quell’intenso e vivace dibattito passato alla storia con il nome di “net.art thread”. Siamo nel marzo del 1997 e sulla mailinglist Nettime critici, studiosi, artisti ed esperti si arrovellano sull’opposizione tra i termini Net.Art e Art on the Net, ossia tra un’arte peculiare del Web, arte di fare network ed un semplice meccanismo di digitalizzazione e veicolazione di opere preesistenti mediante le reti telematiche. Una distinzione terminologica apparentemente velleitaria eppure sostanziale e fondativa, perché capace di far prendere coscienza agli stessi artisti delle specificità estetiche e concettuali delle loro performance telematiche. Due macro divisioni, dunque, in grado di fornire alcune chiavi interpretative, di far emergere quelle linee guida per orientarsi meglio in un panorama artistico vasto, variegato e mutevole amplificato dalle enormi potenzialità della Rete che cominciavano ad esprimersi e a cambiare le sensibilità percettive e gli spazi espressivi. Un dibattito che si risolve in maniera netta a favore del termine Net.Art, non solo per la sua eleganza, ma anche e soprattutto perché rivelatore del carattere processuale e collaborativo di tale pratica artistica. La Net.Art è infatti un arte non oggettuale ma dinamica e, appunto processuale, che sostituisce alle opere le operazioni indagando ed esplorando i limiti e le potenzialità stesse della comunicazione. Si pone, in definitiva, come estetica della comunicazione stessa. In questa ottica la Net.Art non è solo arte veicolata e diffusa attraverso internet, ma rappresenta la produzione di nuovi circuiti di senso e comunicativi. A tale proposito è opportuno sottolineare il principio del macchinico che contraddistingue e ammanta l’estetica della Net.Art, capace di creare opere giocando con i codici della Rete, distorcendo i software, manipolando siti e browser, in una parola applicando a tutto campo la categoria del macchinico alle reti di comunicazione. Il critico tedesco Andreas Broeckmann, introduce il concetto di macchinico dalla filosofia di Gilles Deleuze e Félix Guattari, proponendo una riflessione di notevole impatto:

Come principio estetico, il macchinico è associato con il processo piuttosto che con l’oggetto, con la dinamica piuttosto che con la finalità, con l’instabilità anziché con la permanenza, con la comunicazione invece che con la rappresentazione, con l’azione e con il gioco. L’estetica del macchinico non si preoccupa dei risultati o delle intenzioni delle pratiche artistiche, ma delle traduzioni e trasformazioni che avvengono nell’assemblaggio macchinico.^5

(^5) Andreas Broeckmann, Remove the controls , “Zxp”, n.4, 1997

manipolazione dei flussi di informazione. Queste caratteristiche portano alla luce un altro elemento rilevante, ovvero la delocalizzazione dell’opera d’arte. Il luogo dove l’opera appare risulta, infatti, del tutto svincolato dal luogo in cui l’informazione è fisicamente immagazzinata. La Net.Art si manifesta sullo schermo del pc del fruitore ogni qualvolta egli accede alla rete internet indipendentemente dal luogo in cui si trova. “È dunque piuttosto il nuovo spazio mentale e psicologico creato dal cyberspazio ad essere totalmente immateriale, più che i singoli artefatti in formato digitale.”^11

Art on the Net implica invece l’utilizzo della Rete come mezzo, come vetrina, per diffondere e promuovere opere d’arte realmente esistenti e prodotte in senso tradizionale, ossia con “le normali tecniche di rappresentazione” come la pittura, scultura, composizioni materiche. In sostanza la Rete è il mezzo di illustrazione e di distribuzione di opere preesistenti e prodotte altrove. La Rete è dunque uno strumento accessorio per l’arte. Singoli artisti, musei e gallerie si servono della Rete come strumento potente di pubblicità, di amplificazione di eventi, di e-commerce e di promozione di mostre. Non si devono quindi confondere con la Net.Art i siti dedicati alle varie personalità artistiche, le homepage di musei e gallerie pubbliche e private o i siti dei magazine d’arte. La Net.Art si configura invece come inedito prodotto della comunicazione creativa e si serve di internet come mezzo di produzione e, nel contempo, spazio di fruizione dell’opera. Da quanto sopra diffusamente esposto, la Net.Art è dunque ascrivibile a un ambito poliedrico che coinvolge in maniera massiccia la Rete con le sue tecnologie, i suoi protocolli, il suo linguaggio, le sue modalità di interazione, la sua capacità di coinvolgere e di interconnettere pubblici e target differenti.

All’interno di questo ambito esistono esperienze estremamente diverse tra di loro. Ci sono opere che decostruiscono criticamente le tecnologie di rete, altre che ne indagano le possibilità estetiche, altre ancora che affrontano le ricadute psicosociali della rivoluzione digitale. Ci sono progetti che studiano l’interfaccia come soglia manipolabile tra l’informazione grezza e la sua visualizzazione e, infine, altre che hanno un carattere performativo o fortemente politico.^12

L’elemento multiforme della Rete che accompagna la costante sperimentazione artistica non omologa ne formalizza con una dose di autoreferenzialità la Net.Art che rimane “[...]ironica,

(^11) Articolo di Valentina Tanni: “ Net Art – Genesi e generi .”, Testo originariamente pubblicato in: Balzola Andrea – Monteverdi Anna Maria. Le arti multimediali digitali. Storia, tecniche, linguaggi, etiche ed estetiche delle arti del nuovo millennio 12 , Garzanti, 2004. A.M. Monteverdi, net art & altro – intervista a Valentina Tanni, Ateatro, giugno 2003, p.53 reperibile on line all’indirizzo http://www.ateatro.org/mostranew.asp?num=53&ord=

sovversiva, e gioca ai limiti del senso; guarda alle avanguardie e alle neoavanguardie; pratica il pastiche, il collage, il gioco linguistico, e riflette su uno stadio della produzione culturale che ha annullato ogni differenza tra copia ed originale.”^13. Indubbiamente la Net.Art può essere definita un’avanguardia artistica a tutti gli effetti. Possiede infatti tutte le caratteristiche che contraddistinguono le avanguardie storiche. In primo luogo la volontà di aprire una nuova concezione artistica: precedentemente, più volte nel corso dell’esposizione, è stata descritta questa carica di innovazione e sono state illustrate le originali modalità atte a rompere gli schemi. In secondo luogo la Net.Art possiede una grande carica utopica ed ideale che accomuna il gruppo di artisti di riferimento: l’idea di trasformare la società cercando un rapporto immediato con il pubblico invitato a fruire attivamente dell’opera attraverso le potenzialità interattive e partecipative di internet. In terzo luogo similmente ad altre avanguardie la Net.Art a suo modo ha cercato di contrapporsi al mercato e alla cultura massificante, abbattendo la distinzione tra copia e originale e sviluppando progetti artistici aperti, immateriali e non vendibili. In fine come altri movimenti artistici gli autori della Net.Art hanno costruito una vera e propria mitologia dell’arte da essi veicolata attraverso atteggiamenti, aneddoti, legende urbane in una costruzione mitopoietica di grande impatto e suggestione. Occorre tuttavia evidenziare che la Net.Art assume più che mai la connotazione di un’avanguardia postmoderna, non solo adottando la strategia dell’ironia e del giocoso accostamento ibrido di materiali, happening, strumenti, ma anche sviluppando l’agire collettivo basandosi sulle opportunità di networking messe a disposizione dalla Rete e contaminandosi con altre comunità (media attivisti, hacker, programmatori, sviluppatori di open source ed altre categorie di operatori.)

(^13) Domenico Quaranta, Media new media postmedia , Milano, postmediabooks, 2010, p.57.