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Introduzione all'Economia: PIL, Spesa Pubblica e Teoria dei Vantaggi Comparati, Summaries of Macroeconomics

Riassunti del libro del Prof. Nuti, presso Giurisprudenza Bologna

Typology: Summaries

2013/2014

Uploaded on 03/21/2014

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MACROECONOMIA
La macroeconomia consiste in un modo diverso di guardare ai problemi economici: la Macro
prescinde dalle spiegazioni del comportamento dei consumatori e si occupa, invece, di esaminare
il risultato del comportamento complessivo di tutti i consumatori. N.B: il risultato complessivo di un
insieme di comportamenti individuali a volte non è eguale a lla p ura e s emplice s omma d ei c omportamenti
individuali.
L'unità minima di o sservazione è c ostituita da una collettività di individui piuttosto ampia o
dall'insieme dei mercati di un Paese o di più Paesi o del mondo addirittura.
La Macro, infine, riguarda la possibilità dell'economia nel suo insieme di generare ricchezza.
- Capitolo 1 -
La contabilità nazionale e le principali relazioni macroeconomiche
1. Il prodotto
Il valore complessivo della produzione di beni e servizi finali di un paese in un dato periodo viene
definito come il prodotto interno di quel paese.
Le misure statistiche più facilmente disponibili di tale grandezza includono la componente degli
ammortamenti1: per questo si suole parlare di prodotto interno lordo, nonostante tale componente
dovrebbe essere eliminata dal calcolo del prodotto totale del Paese (in questo caso si parla di PIN,
prodotto interno netto).
Il PIL, comunque, risulta impossibile da misurare, ma può essere stimato dagli istituti nazionali di
statistica di ciascun Paese, attraverso tre metodi:
1. quello della produzione: si considerano la produzione delle imprese che operano sul
mercato, le produzioni della pubblica amministrazione e le produzioni “non di mercato”;
2. quello della spesa: tutto ciò che viene prodotto, viene acquistato;
3. quello dei redditi: la produzione totale è eguale a lla s omma d ei r edditi d i c oloro c he
forniscono beni e servizi all'economia.
Poiché beni e servizi sono fisicamente eterogenei, l'unico modo per ottenere una somma è quello
di moltiplicare la quantità fisica prodotta di ciascun bene per il corrispondente prezzo di mercato:
il PIL risulta dalla somma delle quantità dei beni e servizi p rodotti in un dato Paese in un dato
anno, ciascuna moltiplicata per il relativo prezzo.
Ciò, tuttavia, incontra d iversi problemi: a) e sistono beni che non h anno un prezzo; b) l a misura
del PIL può variare, oltre che per effetto di cambiamenti che interessano le quantità dei beni e dei
servizi, per effetto di cambiamenti di prezzi: però, m entre l e q uantità s ono in dicatore de l
benessere raggiunto, i prezzi non lo sono.
Alla fine, si suole parlare di:
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1Ammortamenti: sono un costo di produzione dovuto al logoramento del capitale. Una
volta che un macchinario o un impianto diventeranno obsoleti, non avranno più valore
economico utilità p ratica (t ale fe nomeno pu ò es sere di nat ura tec nica, qua nto di nat ura
economica). L'obsolescenza è un processo graduale: di anno in anno la macchina perde parte del
suo valore iniziale, ossia si deprezza di una quota del valore di mercato al quale era stata
acquistata. Per questo, il produttore dovrà accantonare ogni anno u na somma di d enaro pari al
deprezzamento di quell'anno, in vista della sostituzione; ciò, tuttavia, e quivale a d un c osto: i l
denaro accantonato non sarà, infatti, produttivo, quindi vi sarà un costo-opportunità. Perciò gli
ammortamenti vanno detratti dal valore della produzione annuale, poiché altrimenti q uesta
risulterebbe superiore al suo valore economico reale.
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MACROECONOMIA

La macroeconomia consiste in un modo diverso di guardare ai problemi economici: la Macro prescinde dalle spiegazioni del comportamento dei consumatori e si occupa, invece, di esaminare il risultato del comportamento complessivo di tutti i consumatori. N.B: il risultato complessivo di un insieme di comportamenti individuali a volte non è eguale a lla p ura e s emplice s omma d ei c omportamenti individuali. L'unità minima d i o sservazione è c ostituita da un a collettività di individui piuttosto ampia o dall'insieme dei mercati di un Paese o di più Paesi o del mondo addirittura. La Macro, infine, riguarda la possibilità dell'economia nel suo insieme di generare ricchezza.

- Capitolo 1 -

La contabilità nazionale e le principali relazioni macroeconomiche

  1. Il prodotto Il valore complessivo della produzione di beni e servizi finali di un paese in un dato periodo viene definito come il prodotto interno di quel paese. Le misure statistiche più facilmente disponibili di tale grandezza includono la componente degli ammortamenti^1 : per questo si suole parlare di prodotto interno lordo , nonostante tale componente dovrebbe essere eliminata dal calcolo del prodotto totale del Paese (in questo caso si parla di PIN, prodotto interno netto ). Il PIL, comunque, risulta impossibile da misurare, ma può essere stimato dagli istituti nazionali di statistica di ciascun Paese, attraverso tre metodi:
  2. quello della produzione : si considerano la produzione delle imprese che operano sul mercato, le produzioni della pubblica amministrazione e le produzioni “non di mercato”;
  3. quello della spesa : tutto ciò che viene prodotto, viene acquistato;
  4. quello dei redditi : la produzione totale è eguale a lla s omma d ei r edditi d i c oloro c he forniscono beni e servizi all'economia.

Poiché beni e servizi sono fisicamente eterogenei, l'unico modo per ottenere una somma è quello di moltiplicare la quantità fisica prodotta di ciascun bene per il corrispondente prezzo di mercato: il PIL risulta dalla somma delle quantità dei beni e servizi prodotti in un dato Paese in un dato anno, ciascuna moltiplicata per il relativo prezzo. Ciò, tuttavia, incontra diversi problemi: a) esistono beni che non hanno un prezzo; b) la misura del PIL può variare, oltre che per effetto di cambiamenti che interessano le quantità dei beni e dei servizi, per effetto di cambiamenti di prezzi: però, m entre l e q uantità s ono in dicatore de l benessere raggiunto, i prezzi non lo sono. Alla fine, si suole parlare di:

1 Ammortamenti: sono un costo di produzione dovuto al logoramento del capitale. Una volta che un macchinario o un impianto diventeranno obsoleti, non avranno più valore economico né utilità p ratica (t ale fe nomeno pu ò es sere di nat ura tec nica, qua nto di nat ura economica). L'obsolescenza è un processo graduale: di anno in anno la macchina perde parte del suo valore iniziale, ossia si deprezza di una quota del valore di mercato al quale era stata acquistata. Per questo, il produttore dovrà accantonare ogni anno una somma di denaro pari al deprezzamento di quell'anno, in vista della sostituzione; ciò, t uttavia, e quivale a d u n c osto: i l denaro accantonato non sarà, infatti, produttivo, quindi vi sarà un costo-opportunità. Perciò gli ammortamenti vanno detratti dal valore della produzione annuale, poiché altrimenti q uesta risulterebbe superiore al suo valore economico reale.

  • PIL reale – o a prezzi costanti – quando la sua espressione è stata corretta per eliminare gli effetti prodotti dalle pure e semplici variazioni di prezzi;
  • PIL nominale – o a prezzi correnti – quando la sua espressione contiene ancora tali effetti al suo interno. È importante notare che, dal confronto tra i diversi PIL di Paesi stranieri, le differenze emergenti sono risultato sia di una diversa capacità produttiva sia di diverse dimensioni: per porre rimedio tale problema, basterebbe dividere le misure del PIL di ciascun Paese per il numero di residenti del Paese considerato, ottenendo così il c.d. PIL pro capite del Paese.

Ulteriore problema, che rende difficile il confronto tra i valori del PIL, è che i dati relativi a tutti i Paesi sono necessariamente espressi in una stessa moneta e tale traduzione è stata e ffettuata usando il tasso ufficiale di cambio tra le monete nazionali, il che porterebbe a conclusioni svianti.

Vi sono buoni motivi per desiderare un PIL crescente nel tempo: il progresso tecnico rende via via minore il fabbisogno di uomini per produrre un dato PIL; pertanto, allo scopo di evitare una disoccupazione crescente, è necessario che il PIL cresca ogni anno nella stessa proporzione in cui aumenta la produttività. I l P IL d ovrebbe crescere un saggio eguale alla somma del saggio di crescita della produttività e di quello della popolazione.

Un'altra ragione che spiega i valori bassi del PIL di certi Paesi risiede nel fatto che in essi è molto diffuso il fenomeno dell' autoconsumo , ossia del consumo diretto effettuato dalle popolazioni rurali di parte della produzione del settore agricolo, che in questo modo sfugge alla rilevazione.

In linea di principio, qualunque prodotto finale dell'attività economica d eve e ntrare c ome componente nel calcolo del PIL, così come tutti i servizi forniti in quel Paese. Ma chi giudica la reale utilità del bene? Se per un dato bene vi è domanda, ciò significa che il bene è desiderato almeno da qualcuno. Si noti che le statistiche riescono a cogliere le diverse componenti del PIL in quanto vi sia un passaggio di proprietà e un corrispondente passaggio di denaro. Di conseguenza, ciò che viene prodotto, ma non venduto, può a) essere destinato al consumo diretto del produttore (dovrebbe essere, quindi, calcolato nel PIL, ma difficile per mancanza di info); b) accrescere le scorte invendute del produttore, le quali se vengono vendute gli anni successivi, faranno parte del PIL di quegli anni, altrimenti non saranno mai calcolate.

Non entrano nel calcolo del PIL i seguenti gruppi di beni:

  • beni privi di prezzo : •.)a esternalità : hanno valore economico, ma non prezzo; •.)b beni comuni e di nessuno ; •.)c tempo libero : considerato un bene prodotto congiuntamente con altri beni tradizionali.
  • beni non rilevati o non rilevabili statisticamente : •.)a economia criminale : l'insieme delle attività i cui proventi rimangono occulti in quanto contro la legge; •.)b economia sommersa : tutta la produzione che non viene dichiarata ufficialmente per evitare il pagamento di imposte e contributi sociali (i prodotti di queste attività vengono, comunque, stimati in forma indiretta e, quindi, inseriti); •.)c servizi domestici : il PIL esclude i servizi forniti dai membri della famiglia, che sostituiscono i servizi dei collaboratori esterni e, pertanto, hanno un valore, ma non essendoci passaggi di denaro, non vengono calcolati; •.)d altre voci : i servizi non-market, che non vengono scambiati sul mercato, ma il cui valore di mercato è di determinazione agevole. Il PIL, ad ogni modo, ci aiuta a farci un'idea sommaria della ricchezza del Paese, della sua evoluzione e della ricchezza relativa dei diversi Paesi confrontati tra di loro.

paga al suo produttore il relativo prezzo, il quale costituisce un reddito per il produttore stesso: ecco perché il valore della produzione globale e il valore dei redditi percepiti nello stesso anno dai produttori coincidono. Per ottenere il reddito nazionale, partendo dal PIL, bisogna:

  • correggere il prodotto interno e trasformarlo in prodotto nazionale;
  • considerare la misura netta del prodotto, cioè al netto degli ammortamenti;
  • sottrarre dal valore del PIL le imposte indirette, come l'IVA.

Il reddito personale disponibile (RDP) misura la quantità di d enaro s u c ui i c ittadini possono contare per le loro spese. Si distingue dal reddito nazionale (lordo o netto), poiché:

  • non comprende i profitti delle imprese ;
  • non comprende le imposte pagate da famiglie e singoli, che costituiscono somme sottratte alle disponibilità di questi ultimi;
  • comprende i trasferimenti dallo Stato a famiglie e singoli (es: sussidi o assegni di famiglia), che rappresentano somme in più disponibili per le loro spese.

RPD = reddito nazionale - profitti imprese + dividendi – imposte + trasferimenti

Gli individui singoli e le famiglie impiegano il loro reddito prevalentemente nell' acquisto di beni/ servizi. Tuttavia, se tale reddito è abbastanza alto, una parte di essa ogni anno potrà non essere spesa, e cioè risparmiata. Tale risparmio non viene tenuto, solitamente, in forma improduttiva , poiché ciò comporterebbe un costo-opportunità, dal momento che si rinuncerebbe agli interessi. Pertanto, ciò che non viene speso, viene impiegato di nuovo in forme idonee a produrre ulteriore ricchezza, ossia viene investito.

I beni e servizi, che costituiscono il PIL, possono essere acquistati da quattro categorie: a) famiglie, b) imprese, c) pubblica amministrazione, d) soggetti esterni del Paese in esame (esportazioni). A un certo ammontare di prodotto corrisponde quindi ad un ammontare di spesa , da parte di coloro che acquistano il prodotto. Ma la spesa complessiva effettuata in un Paese in un dato anno non è necessariamente eguale al valore del prodotto di quell'anno in quel Paese. Infatti: ogni anno vi sarà una q uota d i p roduzione r imasta i nvenduta; l e f amiglie p ossono effettuare investimenti, ma ciò costituisce comunque tecnicamente un risparmio; se i soggetti a capo delle imprese acquistano beni di consumo, queste spese figurano tra i consumi delle rispettive famiglie, e non delle imprese.

La spesa totale di un Paese è quindi composta da: consumi (C), investimenti (I) ed esportazioni (X, queste ultime sono vendite di beni ad altri Paesi). Tuttavia, bisogna considerare anche il denaro speso dai cittadini di un Paese per acquistare all'estero beni/servizi non prodotti dal proprio Paese: questo non costituisce una spesa rivolta alla produzione nazionale e, pertanto, queste somme ( importazioni , N) devono essere sottratte dalla spesa complessiva di ciascun anno. Infine, anche la PA può effettuare spese per l'acquisto di beni di consumo e di investimento (G).

PIL = C + I + G + (X – N)

- Capitolo 2 -

La determinazione del reddito nazionale

Il reddito nazionale è la grandezza che misura la capacità di un'economia di acquistare beni e servizi ed è, pertanto, naturale che i governi cerchino di raggiungere il più alto livello di reddito possibile. Esso viene generato attraverso un processo circolare : il reddito generato dalla vendita del prodotto serve per acquistare un altro prodotto (la produzione genera reddito, il redditto acquista un'ulteriore produzione, la quale genera altro reddito, …). Inoltre, reddito e prodotto totali sono necessariamente eguali : infatti, ciò che v iene p rodotto e venduto, genera per il suo produttore un reddito uguale al suo valore. Se l'economia procedesse secondo questa catena di effetti, dovremmo avere una situazione stabile nel tempo; tuttavia, bisogna precisare che tale processo non è meccanico e o ccorre aggiungere un ulteriore elemento, costituito dalla domanda : affinché il reddito dia luogo a nuova produzione, deve prendere la forma di domanda di beni e servizi; perché il c ircuito n on s i interrompa, il reddito deve essere speso. Tuttavia, consumatori e investitori (quindi, soggetti che danno luogo alla domanda totale, detta domanda aggregata ) potrebbero non essere disposti a spendere tutto il loro reddito ricevuto in precedenza; ciò non rileva dal punto di vista economico, se tale comportamento è assunto solo da alcuni individui. Rileva, invece, se assunto da una quantità considerevole d egli s tessi: s e m olti temono di perdere il proprio posto di lavoro perché hanno assistito a un fenomeno di questo tipo in un paese vicino, è ragionevole pensare che reagiranno limitando le spese all'essenziale. Un'ondata di pessimismo di questo tipo possono essere la causa di una riduzione nella produzione e, quindi, di una successiva caduta del reddito dei fattori (lavoro e capitale): è la c osiddetta profezia autogiustificantesi. Da tutto ciò deriviamo c he i l m ercato m oderno è a ltamente in fluenzato da lle aspettative dei consumatori e dei produttori, più che dalla situazione presente, e che la domanda si comunica per contagio : se sono posto in condizione di acquistare, anche colui che mi vende bene/servizio potrà acquistare da qualcun altro; si tratta di una complessa rete di rapporti che non sono necessariamente reciproci. Per questo, comunque, risulta molto importante il ruolo dello Stato : qualora, infatti, l'ottimismo e “buona volontà” dei singoli non siano sufficienti, entra in gioco lo Stato, il quale ha la capacità di mobilitare ingenti risorse e non è soggetto a “pessimismo”.

A ogni scambio, il venditore ottiene un reddito; tuttavia, il reddito che può essere generato dagli scambi stessi non è definibile a priori: data una certa quantità di risorse reali, il reddito, che ne verrà generato, può oscillare tra valori estremi molto lontani tra di loro. Ma il reddito che cosa misura? Il reddito misura l' attività economica , ossia il volume degli scambi, e non si identifica con le risorse esistenti nell'economia; il reddito, pertanto, non misura la ricchezza effettiva, ma il redditto è la condizione necessaria per produrre ricchezza reale. Infine, c'è da dire che all'aumentare degli scambi, aumenta sia il reddito complessivo sia il PIL, dal momento che gli acquisti sono beni e servizi il cui valore deve essere calcolato nel PIL.

Il processo economico non è un “ gioco a somma zero ” ( in cui guadagno o perdita di uno è perfettamente bilanciato da una identica perdita o guadagno di un altro ): non è vero che esiste all'inizio una quantità data di risorse e che il problema è solamente q uello d i d istribuirle; l 'ammontare f inale d elle r isorse dipende dal modo in cui il gioco viene giocato:

  1. l'esistenza di stimoli alla domanda è di i mportanza c ruciale: t utto c iò c he fa na scere i

curva di offerta di lavoro individuale: la curva partirà comunque da un livello di salario non nullo ( salario di riserva ), al di sotto del quale l'individuo non sarà disposto a lavorare. A livello aggregato , la curva di offerta di lavoro (che mostra il numero di lavoratori disposti ad accettare un lavoro per un dato salario) viene rappresentata come crescente e anelastica, poiché, in un periodo di tempo limitato, la dimensione della forza-lavoro non risulta molto variabile. Combinando poi domanda e offerta di lavoro in un grafico, si ottiene un grafico simile a quello del mercato di un qualunque bene, in cui vi sarà un p unto d i i ncontro t ra d omanda e o fferta d el lavoro, che individuerà un salario di equilibrio , in corrispondenza del quale potrà essere occupata una certa quantità di forza-lavoro. Tale grafico mostra, inoltre, gli effetti presunti dell'esistenza di un salario minimo superiore al livello di equilibrio, in corrispondenza del quale l'offerta di lavoro supererà la domanda, creando così disoccupazione. Secondo questa visione se il salario è libero d i m uoversi d ietro l a s pinta d ella d omanda e dell'offerta, senza intervento dello Stato, non può esservi disoccupazione che non sia volontaria. Pertanto i neoclassici/liberisti possono definire una condizione di assenza di disoccupazione volontaria come la migliore condizione augurabile per la forza-lavoro di un Paese.

Il mercato del capitale: Il capitale è essenzialmente d enaro. I l d enaro s erve a gli scambi ma può essere a ltresì u sato proprio con lo scopo di ricavarne sempre maggior valore, investendolo e ricavandone quindi i frutti: in entrambi i casi, cessa di essere liquido , cioè di essere utilizzato come contropartita per l'acquisto di merci. La liquidità è l'idoneità di un dato tipo di moneta ad essere usato immediatamente per effettuare scambi: è una c aratteristica c he l e d iverse f orme d i m oneta p ossiedono i n g rado v ariabile, d al grado massimo (moneta, banconota) al grado minimo (titoli); può variare a nche s enza c he l a quantità complessiva di moneta esistente in un'economia cambi, ossia è generalmente possibile convertire un tipo di moneta, caratterizzato da un certo grado di liquidità, i n u n a ltro c on liquidità diversa (vd deposito bancario). Alla domanda di moneta, le istituzioni apposite rispondono attraverso l'offerta di moneta, cieè creando mezzi di pagamento (vd Banca Centrale). Dall'interazione tra domanda e offerta di moneta, scaturisce il prezzo della moneta stessa ( saggio o tasso d'interesse ). Il mercato dei capitali è in t eoria u n m ercato c ome u n a ltro e q uindi p uò operare in modo spontaneo, ma può anche essere regolato dalle autorità apposite, che possono manipolare il saggio d'interesse. Nella visione neoclassica, il mercato monetario dovrebbe funzionare come qualunque altro mercato: il denaro è un elemento neutrale , la sua unica funzione riconosciuta è quella di mezzo di pagamento, trascurando così la funzione di contenitore di valore. Se il denaro è una merce come un'altra, domanda e offerta nei determineranno il prezzo di equilibrio, salvo interferenze dall'esterno. Il mercato del capitale tende essere sempre in equilibrio, purché si lasci saggio di interesse libero di muoversi sulla base delle spinte relative di domanda e offerta. Di conseguenza, non vi potrà mai essere capitale inutilizzato: ciò significa c he r isparmio e i nvestimento s ono s empre e guali, ossia tutto ciò che individui e famiglie non consumano, viene risparmiato e ciò viene risparmiato viene investito (dagli imprenditori).

B) La visione keynesiana. Il mercato del lavoro: In seguito alla Grande Recessione degli anni Trenta del XX secolo, produzione e occupazione dei principali Paesi occidentali caddero in modo drammatico: anche coi mercati di lavoro e di capitale liberi di cercare il proprio equilibrio sulla spinta di domanda e offerta, la produzione e

occupazione non tendevano a recuperare i livelli anteriori alla crisi. In altre parole, i punti di equilibrio dei due mercati individuavano livelli di occupazione della forza-lavoro e di impiego del capitale insufficienti ad assorbire tutta la forza-lavoro e tutto il capitale disponibile. Keynes sosteneva che non riuscire a occupare tutta o quasi la popolazione idonea al lavoro costituiva un problema che doveva essere risolto. Secondo la linea che portò alla c ostruzione sociale del Welfare State , la povertà è u n ma le in se st esso e de ve es sere co mbattuta tr amite l'abbattimento della disoccupazione. Secondo Keynes la disoccupazione involontaria (si manifesta quando il mercato del lavoro è in equilibrio) dipendeva non dal livello del salario e del suo essere al di sopra del punto di equilibrio tra domanda offerta, bensì da u n l ivello t roppo b asso d i d omanda d i m erci n ell'economia. Pertanto essa può venire combattuta stimolando la domanda crescere in misura adeguata.

Il mercato del capitale: i neoclassici consideravano le decisioni di risparmio e le decisioni di investimento come corrispondenti: se un soggetto decideva di non consumare parte del reddito, implicitamente sceglieva anche di investirlo. Inoltre, per i neoclassici il denaro era solamente strumento per effettuare i pagamenti ( funzione di transazione del denaro ) e, come tale, non poteva essere sottratto al mercato; il denaro non utilizzato può essere prestato sul mercato (alle imprese) a un prezzo (interesse) che dipenderà dalla domanda (delle imprese) e dall'offerta (del pubblico). Keynes, invece, riteneva che la moneta avesse anche la natura di contenitore di valore : il denaro frutta, difatti, un interesse. Ma gli individui e le istituzioni potrebbero detenere la moneta in altre forme che ne ridurrebbero l'uso a scopo di transazione: ciò avviene q uando s i t engono l e p roprie r isorse i nvestite (i mmobilizzate ). Chi detiene monete in forma liquida rinuncia all'interesse. Il livello dell'interesse è l'elemento centrale della scelta degli individui e le immobilizzazioni permettono di ottenere un interesse, ma rendono difficile o impossibile l'uso del denaro a fini di scambio. La domanda di moneta è influenzata, poi, in misura considerevole dal movente speculativo , che guida gli individui nel decidere se e quanta moneta detenere in una forma o nell'altra: secondo K., il pubblico dei risparmiatori decide se mantenere il denaro in forma liquida o investirlo soprattutto sulla base delle loro opinioni circa l' andamento futuro dei tassi stessi.

Per i neoclassici, in una situazione di attività economica r istagnante, i t assi d i i nteresse s i innalzeranno per lo stesso gioco della domanda e dell'offerta e ciò attirerà i ri sparmiatori ch e offriranno nuovi capitali. Per K., invece, l'eguaglianza tra risparmio e investimento è sempre possibile, ma può realizzarsi in corrispondenza di livelli dei tassi molto diversi: per favorire la crescita, infatti, i saggi devono essere bassi e scendere il più possibile in periodo di crisi. Infatti, interessi alti scoraggeranno gli imprenditori ad investire. Mentre, quindi, per i neoclassici, risparmi ed investimenti producono sono “naturalmente” portati a trovare l'eguaglianza, purché il mercato sia lasciato libero di spingere i tassi verso l'alto, per K. è necessari i ntervenire e f ar a bbassare i s aggi e s olamente l e a utorità p reposte po ssono determinare un ribasso dei tassi. Nella visione neoclassica, l' ingerenza dello Stato sul mercato dei capitali costituisce un anatema; nella visione keynesiana, è la c ondizione n ecessaria p er i mpedire a ll'economia d i r imanere impantanata in una condizione di crisi.

La determinazione dell'equilibrio di piena occupazione nella visione

keynesiana

(C, I, G, X-M) si hanno effetti moltiplicativi che aumentano il reddito. La spesa pubblica , però, h a, a d ifferenza d elle a ltre c omponenti d ella d omanda a ggregata, l a proprietà di p oter e ssere g overnata d alle d ecisioni d ei t ecnici e d ei p olitici c he s iedono n el governo. Questi hanno la facoltà di effettuare in tempi concentrati spese ragguardevoli e, in più, non dovrebbero essere soggetti al pessimismo dei privati. Secondo K., quindi, la spesa pubblica può fare a umentare i l r eddito di un Paese quando la domanda complessiva dei privati non riesce a svolgere questa funzione. Tuttavia, a tale scopo non è, comunque, necessario che si tratti di spesa utile , cioè destinata a fornire beni e servizi di utilità evidente: il risultato dipende essenzialmente dal volume, e non dalla qualità, d ella s pesa. Se, tuttavia, ad un certo punto non potrò più usare la spesa pubblica per fare crescere il reddito, mi ritroverò con tante opere inutili e senza i beni e servizi necessari. Il valore assunto dal moltiplicatore dipende dall'entità degli e ffetti c he s i p roducono e ntro i l periodo considerato; questi effetti dipendono da fattori come:

  • la propensione al consumo o al risparmio della popolazione;
  • il livello di imposizione fiscale (lo Stato preleva denaro dai cittadini tramite imposte e tasse, ma una imposizione elevata, riducendo il reddito disponibile, ridurrà anche g li e ffetti moltiplicativi della spesa stessa);
  • la propensione alle importazioni della popolazione (se la spesa pubblica si dirige verso prodotti di altri Paesi, l'incremento del reddito nazionale sarà solo u na p arte d i q uello complessivo). Da ciò si deduce che il moltiplicatore ha in generale valori inferiori a quelli del passato, dovuto al fatto che le economie contemporanee sono molto più aperte al commercio estero.

A questo punto, interviene il paradosso della parsimonia , ossia arrivare a comprendere se il risparmio sia da considerarsi virtù o vizio. Risparmiare significa fare abbassare la linea della domanda aggregata, producendo così un effetto de-moltiplicativo , che determina una riduzione del reddito disponibile della popolazione. Con reddito minore, anche un aumento della propensione al risparmio potrebbe non riuscire a fare aumentare il risparmio in assoluto. La capacità di r isparmiare c ostituisce l a b ase d ell'accumulazione e d ello s viluppo, c ioè d ella ricchezza futura, ma non è detto che sia un bene in assoluto. Il risparmio è essenziale ai fini della costituzione del capitale, che costituisce la base produttiva del Paese: se la produzione langue a causa di una produttività scarsa, l'obiettivo prioritario sarà quello di accumulare capitale e quindi ridurre i consumi, risparmiare. Tuttavia ciò potrebbe causare un livello troppo basso di consumi. Tutte queste considerazioni valgono, comunque, soltanto in condizioni di non piena occupazione.

- Capitolo 3.1 -

Il bilancio statale, il debito pubblico e la politica fiscale

Abbiamo visto che il settore pubblico , oltre a svolgere un mero ruolo di fornitore di beni e servizi, assume il compito più essenziale d i regolatore del livello di attività dell'intera e conomia (attraverso l'eliminazione delle fluttuazioni che causano periodi di basso reddito e scarsa occupazione oppure tramite la promozione della crescita, per es.). La consapevolezza di tale importante ruolo risale al periodo post-crisi internazionale degli anni Venti del secolo scorso, in cui si attribuì ai governi ruolo primario in economia nell'eliminazione delle crisi periodiche e nella stabilizzazione delle economie. Poco tempo dopo, tuttavia, la lezione keynesiana iniziò a generare un certo scetticismo e prevalse

addirittura una visione ultra-liberista, che riduceva al minimo l'intervento statale.

In Italia e altri Paesi, lo Stato è costituito dalle Amministrazioni centrali (organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, che insieme vanno a formare il settore statale ) e dalle amministrazioni locali. Queste due insieme vanno a formare il settore pubblico , il quale assorbe risorse ( entrate ) e le spende ( uscite ). Il bilancio dello Stato è un p iano i n c ui v engono d escritte l e entrate e le uscite dello Stato relativamente a un dato anno.

  • Entrate: le risorse che entrano nel bilancio dello Stato in un dato anno sono costituite da:
  • entrate tributarie : comprendono le imposte, le tasse, i proventi dei monopoli di Stato e delle lotterie. Le imposte si dividono in dirette (che gravano direttamente sul reddito prodotto da individui e imprese) e indirette (che gravano sugli scambi, vedi IVA) e possono essere determinate secondo diversi principi, come quello della capacità a contribuire o quello del beneficio fiscale. Le tasse rappresentano invece il corrispettivo dei servizi forniti dallo Stato;
  • entrate extra-tributarie : comprendono i proventi della produzione dei beni da parte di imprese a partecipazione pubblica e i proventi di servizi;
    • alienazione di beni patrimoniali e riscossione di crediti : lo Stato riceve entrate dalla vendita di beni propri;
    • accensione di prestiti : lo Stato può chiedere e ottenere prestiti.
    • (^) Uscite: lo Stato può spendere d enaro n ella f orma d i a cquisti d i b eni e s ervizi p er l a d ifesa militare, per la costruzione e manutenzione di opere pubbliche, per le forniture di ospedali, per l'amministrazione della giustizia, ecc. Si distingue tra:
    • spesa pubblica corrente , che a sua volta si divide in: •..i (^) spesa per beni di consumo e servizi; •..ii spesa per trasferimenti pubblici: comprende tutte le prestazioni sociali, in cambio delle quali lo Stato non riceve alcun bene o servizio dai cittadini;
    • spesa in conto capitale , che comprende le spese per investimenti pubblici e trasferimenti alle famiglie in conto capitale.

Se in un dato anno le entrate superano le uscite, si genera un attivo (avanzo o surplus) di bilancio; se, invece, le uscire superano le entrate, si determina un passivo (disavanzo o deficit). Altri termini per indicare che il passivo supera l'attivo sono saldo da finanziare o fabbisogno complessivo. A partire dal 1978 è stato ideato un nuovo documento, la c.d. legge finanziaria che permette di imporre nuovi tributi allo scopo di assistere gli obiettivi del bilancio: è l'unico strumento attraverso il quale il governo può tentare una qualche forma di programmazione dell'attività economica e comunque una programmazione limitata all'anno. Tale programmazione ha, comunque, col tempo, perso consenso sia per sfiducia nella sua reale efficacia sia per sospetto di dirigismo. In Italia, è rimasto il c.d. documento di programmazione economica e finanziaria , all'interno del quale sono enunciate le politiche economiche e finanziarie adottate.

La quota più ampia delle entrate pubbliche è rappresentata dalle imposte sul reddito. L'imposizione fiscale in Italia è progressiva : si basa su una serie di “scaglioni” (=fasce di reddito), alle quali vengono applicate aliquote (cioè percentuali d i i mposizione s ul r eddito) s empre maggiori a mano a mano che si passa da scaglioni di reddito più bassi a scaglioni di reddito più alti. Essa produce un effetto redistributivo sulla ricchezza, contribuendo a trasferire reddito dei cittadini più ricchi e quelli meno ricchi; ed ha anche un effetto di stabilizzazione sul livello del reddito nazionale, in quanto il prelievo risulta proporzionalmente maggiore quando il reddito aumenta e minore, quando diminuisce, uniformando così il volume della spesa complessiva. Un problema può essere dato dal fiscal drug : tale fenomeno risulta dal fatto che in presenza di inflazione in assenza di qualche forma di indicizzazione o comunque di recupero del potere d'acquisto, un medesimo reddito reale rischia

ricorrere a prestiti, una volta conteggiate tutte le entrate e tutte le uscite dell'anno: la forma di questo finanziamento consiste nell'emissione di titoli pubblici, i quali non sono altro che certificati rilasciati dallo Stato a titolo di riconoscimento del denaro prestatogli da diversi soggetti. In Italia, i titolo di Stato sono: Buoni Ordinari del Tesoro (BOT), Buoni Poliennali del Tesoro (BPT), Certificati di Credito del Tesoro (CCT). I primi due attestano un prestito fatto allo Stato da parte dei cittadini e danno luogo a un interesse fisso ; gli ultimi, invecem sono titoli a scadenza media o lunga, che rendono n interesse variabile , collegato al rendimento dei titoli a scadenza più ravvicinata. Parliamo di disavanzo primario per riferirci al disavanzo prodotto in un dato anno al netto degli interessi maturati sul debito preesistente; disavanzo secondario , invece, il disavanzo comprensivo degli interessi. Per ridurre il debito in assoluto sono necessari avanzi di bilancio da ripagare gli interessi maturati e ripagare almeno in parte il debito accumulato fino a quel momento: affinchè il debito pubblico cominci a diminuire, infatti, è necessario che il disavanzo primario non soltanto sia nullo, ma che sia rimpiazzato da un avanzo superiore ( disavanzo negativo ) all'ammontare degli interessi di ciascun anno. N.B: finanziamento del debito pubblico avviene attraverso l'indebitamento dello Stato nei confronti di altri soggetti; diverso dal finanziamento del fabbisogno dello Stato, che può avvenire in qualsiasi forma, anche con la creazione di moneta. L'entità del d.p. di un Paese non può essere giudicata in termini assoluti: si esprime, quindi, in termini percentuali rispetto a qualche altra grandezza, di norma con riferimento al PIL di ciascun Paese.

Gli effetti del debito pubblico sul mercato dei mezzi finanziari sono diversi:

  1. lo spiazzamento degli investimenti privati : i titoli del d.p. sono acquistati come alternativa all'acquisto di titoli del settore privato, pertanto, la maggior offerta di titoli pubblici sul mercato fa diminuire il prezzo dei titoli già presenti, inclusi quelli privati, e ne fa aumentare l'interesse. Di conseguenza, il tentativo dello Stato di finanziare la propria spesa mediante l'emissione di nuovi titoli tenderà a fare diminuire i prezzi dei titoli pubblici esistenti, ma anche quelli dei titoli privati. Il costo del finanziamento che le imprese private cercano di ottenere tramite l'emissione di titoli aumenterà, l e i mprese a vranno m eno r isorse a d isposizione e a lla fine se i loro investimenti dipendono da saggio dell'interesse, tenderanno a investire di meno. In realtà, i t itoli d el d ebito p ubblico ( interessi b assi e s icuri) e i t itoli p rivati ( rendimenti p iù variabili) hanno caratteristiche diverse e, quindi, attirano il risparmio di soggetti distinti e, di conseguenza, possono benissimo convivere senza farsi concorrenza reciproca. Se poi lo Stato colloca i suoi titoli all'estero, non vi sarà alcun effetto di spiazzamento. Tale fenomeno, infine, ha tante più probabilità d i ve rificarsi qu anto pi ù l' economia è v ic ina a co nd izioni di p ien a occupazione: se vi sono fattori non utilizzati, lo Stato può aumentare l a s pesa p ubblica s enza necessariamente competere con il settore privato per accaparrarsi i capitali disponibili;
  2. le conseguenze sullo sviluppo dell'economia : l'immissione di titoli del dp contiene un pericolo di riduzione degli investimenti privati, il che non sarebbe preoccupante se questi venissero sostituiti da altrettanti investimenti pubblici. Tuttavia, alcuni sostengono che gli investimenti privati per loro natura siano più produttivi d i q uelli p ubblici e , q uindi, contribuiscano di più di q uesti ultimi allo s viluppo di un Paese. Tale affermazione non è, però, valida in generale, poiché vi s ono i nvestim p ubblici m olto p iù p roduttivi di qu elli pr ivati (infrastrutture, sanità, e cc), p erò q uesti pr oducono be nefici di fficili da qu antificare in te rmini economici, dando luogo a beni privi di prezzo di mercato;
  3. il rischio di squilibri nella bilancia dei pagamenti: un Paese, che spenda molto in termini di spesa pubblica, corre il rischio di stimolare le importazioni dall'estero più di q uanto n on incoraggi le esportazioni; ciò rappresenta un problema ai fini del mantenimento dell'equilibrio della bilancia dei pagamenti e del valore della moneta (quest'ultimo problema non si presenta per

un Paese privo di moneta nazionale, come gli aderenti all'UE);

  1. effetti sulla moneta nazionale e altre grandezze: in passato il dp era finanziato soprattutto mediante la creazione di nuova moneta; ciò poteva, q uindi, c ausare i nflazione e l a conseguente svalutazione di moneta;
  2. i titoli del dp come strumento di risparmio e oggetto di speculazione : un dp elevato non è necessariamente fonte di preoccupazione grave, tuttavia, all'interno di un Paese, potrebbe provocare una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti della solvibilità dello S tato e u n conseguente fenomeno di panico collettivo con la successiva richiesta massiccia di rimborso di tutto il debito pubblico da un momento all'altro. L'ipotesi catastrofica secondo cui prima o poi i detentori dei titoli del debito pubblico chiederanno il rimborso porta lo Stato alla dichiarazione di bancarotta, il cosiddetto default. Il segnale d'allarme per un dp troppo elevato è dato dal c.d. declassamento del Paese: il rischio di insolvenza particolarmente elevato da parte del governo di un Paese significa che i suoi titoli dovranno offrire interessi maggiori di altri, proprio per compensare i risparmiatori del differenziale di pericolosità e rendere i titoli egualmente appetibili. Tuttavia, ciò avrà l'effetto di appesantire l'onere del dp e rendere ancora più urgenti misure correttive.

Chi acquista titoli del dp lo fa con l'obiettivo di valorizzare i propri risparmi: i titoli del dp sono, infatti, oggi oggetto di costanti acquisti e vendite di tipo speculativo. In generale, il Tesoro provvede a elevare il valore delle cedole per invogliare il pubblico ad acquistare titoli a fronte di una scarsa fiducia verso la capacità dello Stato di fare fronte ai suoi impegni. Quando prevale l'intento speculativo, la riluttanza dei detentori di TDS ad acquistare spingeranno verso rendimenti sempre più alti.

La dichiarazione di default comporta l'impossibilità di c ontinuare a f inanziarsi a ttraverso l'emissione di titoli pubblici. In generale, poi, anche senza giungere a tale situazione, il segnale di raggiungimento di un punto critico potrebbe essere costituito da una crisi di fiducia degli investitori stranieri, i quali, confrontando le possibilità di investimento nei vari Paesi, potrebbero incominciare a rifiutare i titoli del dp di un Paese troppo indebitato. L'effetto concreto di un debito pubblico troppo alto e persistente nel tempo è costituito d alla crescente difficoltà del paese in questione di trovare denaro nel momento del bisogno; ciò si manifesta in due forme:

  • (^) come interesse più alto da pagare sui titoli del paese in questione;
  • come rifiuto di accettare la moneta del Paese in pagamento di merci : ciò porta al deprezzamento della moneta nazionale che può condurre alla sua svalutazione; ciò non può accadere in Europa in quanto la moneta è unica e, pertanto, i Paesi che eccedono nella spesa di disavanzo è impossibile che siano costretti a pagare le conseguenze della loro politica sotto forma di svalutazione. Nonostante ciò il trattato di Maastricht ha fissato nel 3% il valore massimo del rapporto tra disavanzo e PIL in ciascun anno e nel 60% il valore massimo tollerabile, nel tentativo di imporre ai Paesi membri dell'UE norme di comportamento “virtuose” in mate ria di f ina nza pubb lica. Va, però, osservato che non vi sono principi economici che stabiliscano questi livelli.

Debito pubblico come free riding internazionale: In UE, un debito pubblico eccessivo, che scoraggia gli investimenti, deprime l'attività economica e l 'occupazione. I s ettori e l e i mprese d el P aese c he r icorre i n m odo m assiccio a l disavanzo pubblico ricevono un sostegno pubblico che, per un tempo più o meno lungo, le mette in condizioni di favore rispetto ai Paesi che non ricorrono a tale strumento. All'interno dell'UE, un tale sostegno finisce con il rappresentare un aiuto nascosto alle imprese del Paese indebitato, che quindi finisce per godere di un vantaggio rispetto ai Paesi più “virtuosi”.

Il risanamento del debito pubblico

La funzione del denaro e la sua evoluzione

Nel mondo attuale, il volume di scambi che avviene senza il tramite del denaro è trascurabile. Le società, i n c ui g li s cambi a vvenivano s olo i n n atura, e rano s ocietà m olto semplici , in cui gli scambi erano occasionali e riguardavano i pochi beni non deperibili oppure erano società molto ben organizzate , in cui la divisione del lavoro era rigida ed era possibile una qualche forma di programmazione della produzione. Secondo gli studiosi, in queste società, i l v alore d ipendeva, n on t anto d alle caratteristiche intrinseche dei beni adottati come denaro, bensì da elementi legati alla funzione di quei beni. Alcune fonti fanno pensare ad un'origine sacrale del denaro: taluni oggetti avrebbero cominciato ad avere un valore in quanto utilizzabili ritualmente per sacrifici alle divinità; secondo un'altra visione, invece, quei beni venivano utilizzati di regola nei sacrifici proprio perché era attribuito loro un valore. Si può, dunque, affermare che, nelle società non ancora mercantili, vi fu un momento che segnò il passaggio dal valore legato a circostanze sociali al valore fissato secondo regole rigide e in funzione degli scambi. In questa fase, il baratto cedé il p asso a llo s cambio d i m erci c ontro qualcosa che non conteneva utilità , ma valore : in questo momento, il denaro diviene pura e semplice promessa di pagamento , cioè la promessa di trasferire in futuro a colui, che accetta di ricevere il denaro, beni aventi utilità.

I beni, che fungono da unità di scambio, dovranno avere alcune caratteristiche:

  • dovranno essere accettati dal numero maggiore possibile di venditori e acquirenti;
  • dovranno avere un valore facilmente determinabile ;
  • dovranno essere resistenti all'uso e non facilmente modificabili da interventi umani;
  • non dovranno avere valore né troppo basso né troppo alto. Inoltre, oltre ai requisiti materiali, il “qualcosa” ch e cerc hiamo come mezz o di s cam bio può essere dotato di un valore d'uso , anche se non necessariamente; è, i nvece, i ndispensabile c he tutti siano disposti ad attribuire ai beni che vengono scelti a tale scopo un certo grado di unicità : di qui, l'importanza dell'elemento della scarsità degli oggetti scelti come moneta.

Il denaro deve, quindi, presentare almeno due caratteristiche essenziali : quella di essere uno strumento di scambio e quella di essere riserva di valore , ossia di rappresentare un tipo di bene che non perde valore e che può essere accettato e conservato nel tempo. Infine, il denaro deve poter svolgere la funzione di unità di conto , cioè di unità di misura nella quale vengono espressi i prezzi vigenti nell'economia e redatti i bilanci.

La moneta cartacea e la nascita delle banche moderne

L' oro ha svolto per millenni una funzione fondamentale come numerario , ossia unità di misura e contenitore di valore. Tuttavia, l'oro pone alcuni problemi : innanzitutto, la sua disponibilità dipende dal ritmo con cui viene estratto dalle miniere e, pertanto, ciò può portare alla conseguenza che l'offerta di oro non riesca ad adeguarsi al bisogno di moneta che ne consegue. A tale rischio era possibile ovviare “inventando” qualcosa che sostituisse l'oro nelle sue funzioni pratiche. Ragioni di praticità e s icurezza n egli s cambi h anno i spirato f in d alla f ine d el M edioevo l e innovazioni che hanno dato luogo alla seconda grande trasformazione nella storia della moneta

dopo la fine del baratto: fu la carta moneta , che si affiancò alle m onete m etalliche, m entre parallelamente nascevano le moderne banche.

Il tutto ebbe inizio quando ricchi commercianti o orafi assunsero la funzione di conservare l'oro affidato dagli altri cittadini alla loro custodia, per ragioni di sicurezza (inizialmente). Nacque, così, u na n uova f igura: c olui c he s volgeva l 'attività r egolare di ra ccolta di de positi in or o da i cittadini prendeva il nome di banchiere , il quale poteva anche svolgere l'attività di cambiavalute. Depositare l'oro presso un orafo significava, però, n on d isporre p iù d ei me zzi di pa gamento necessari per l'attività commerciale; tuttavia, in cambio dell'oro depositato, gli orafi rilasciavano dei certificati (o titoli ) che attestavano l'esistenza di quel denaro presso di loro. Dunque per i pagamenti potevano essere usati questa sorta di documenti e così anche per tutti gli altri acquisti: una catena in cui ciascun anello veniva garantito dall'anello precedente e tutti, in ultima analisi, erano garantiti dalla credibilità del banchiere collocato all'inizio della catena. Oltre alla funzione di deposito, gli orafi iniziarono col tempo anche a prestare denaro e a garantire i debiti altrui, ponendo così le p remesse p er l a c reazione d ella c atena d i rapporti fiduciari. In questo modo, la moneta comincia a circolare meno nella forma di passaggi materiali e incomincia, invece, ad affermarsi un tipo di moneta scritturale che circola solamente sotto forma di annotazioni nei registri contabili delle banche.

Con la nascita della moneta scritturale, l'oro ha già virtualmente perduto la propria necessità: se, in un primo momento, i banchieri di città diverse compresero che era sufficiente scambiarsi la differenza tra il dare e l'avere ( saldo contabile ) ogni tot di tempo, presto realizzarono che era inutile scambiarsi in forma fisica anche soltanto i saldi e che tutto ciò poteva essere sostituito da scritture apposite nella contabilità delle banche.

Nascita della “catena del credito”

Con l'emissione del documento, tra il banchiere e il suo cliente si crea un rapporto di credito. La lettera rilasciata dal banchiere può essere a s ua v olta negoziata , ossia usata per effettuare acquisti da parte di chi ha depositato il denaro verso il primo. Per chi riceve questa lettera in cambio di una vendita, per esempio, la lettera è quindi denaro che può essere d epositato p resso u n a ltro e d iverso b anchiere, o ttenendo c osì i n ca mbio de naro “sonante”: in questo modo, si crea un rapporto anche tra i due diversi banchieri. È difficile che tutti i clienti richiedano allo stesso tempo il loro deposito: il banchiere, pertanto, potrà prestare ad altri la maggior parte dell'oro che gli è stato affidato, trattenendo presso di sé soltanto una piccola quota a scopo prudenziale (“ destinata a riserva ”). Qu esto è al l'origine del sistema a riserva frazionaria.

I soggetti che hanno ricevuto prestiti dei banchieri potranno depositarli presso altre banche: in questo modo, la stessa cambiale può generare u na quantità indefinita di depositi; si crea così una catena di situazioni ciascuna delle quali è garantita da quella costituita in precedenza. Questo è il meccanismo noto come moltiplicatore dei depositi bancari. Tale meccanismo di creazione del credito attraverso il moltiplicatore dei depositi è parallelo al meccanismo che genera reddito nell'economia: la creazione di moneta procede, quindi, di pari passo con la creazione di domanda e con la crescita del volume di scambi che da quest'ultima ha origine.

Cosa succede se, per qualche ragione, uno dei soggetti della catena fallisca e non riesca più a

avevano aderito agli accordi di Bretton Woods (1945) di aumentare arbitrariamente la quantità di moneta messa in circolazione, senza rispettare il rapporto con l’oro. Con l'espressione Fiat Money viene indicato proprio il denaro stampato per decisione dell'autorità, senza rapporto stretto con la sua base aurea. Il ricorso alla spesa pubblica finanziata da denaro fiat fornirà un poderoso sostegno all'economia di molte nazioni, ma porrà le premesse per ripetute gravi fenomeni di aumenti dei prezzi e di bolle speculative.

La moneta oggi

Nella semplice economia dei primordi della storia delle banche, l’oro po sseduto (e no n depositato) più l’oro depositato presso le banche cos tituisce l'insieme di moneta dell'economia (stock). Oggi diremmo che lo stock di moneta , cioè la q uantità d i mo neta ri conosciuta uf ficialmente come tale, è costituita dall'insieme dei mezzi di pagamento generalmente accettati nell'economia. Definire tale quantità ha senso perché si ritiene che, controllandone le dimensioni, sia possibile evitare i due rischi maggiori che il denaro può generare: la crescita dei prezzi, che può divenire inflazione, e il ristagno dell'attività economica. Relativamente all'inflazione: qual è la relazione che lega la quantità di moneta che circola in un'economia con livello dei prezzi dei beni di quella stessa economia? Una grande quantità di moneta in circolazione significa che procurarsi denaro è facile, e q uindi n on p uò e ssere mo lto co stoso. In qu este co ndizioni c' è un for te inc entivo per tut ti a indebitarsi, cioè a prendere denaro a prestito per utilizzarlo in vari modi. Ma ciò farà crescere la domanda di beni. Poiché verosimilmente l 'offerta n on c rescerà n ella st essa pr oporzione pe r la le gge de lla do manda e de ll'offerta i prezzi dovranno salire.

Si considerano parte dello stock di moneta di un Paese soltanto i mezzi di pagamento che rientrano in alcune categorie: M0, M1, M2 e M3.

  • M0 : sono le monete metalliche e le banconote (moneta cartacea); la somma di queste costituisce l'insieme del circolante. La circolazione della moneta oggi è totalmente di tipo fiduciario , nel senso che avviene tramite mezzi di pagamento il cui valore deriva dalla accettazione del pubblico e non dal valore intrinseco dei mezzi stessi. M0 costituisce la c.d. base monetaria di un'economia, detta anche moneta ad alto potenziale : a queste componenti viene dato, quindi, il nome di moneta legale , perché, p er l egge, i c ittadini sono obbligati ad accettare queste forme di moneta a regolamento dei pagamenti.
  • M1 : ne fanno parte M0 più i depositi bancari in conto corrente , i quali circolano attraverso gli assegni. L'apertura di un deposito bancario mette la banca in condizione di concedere credito in misura proporzionale, sul quale potranno essere costruiti altri rapporti di credito.
  • M2 : oltre alle due categorie precedenti, comprende anche i depositi a risparmio , i certificati di credito e i depositi presso gli uffici postali.
  • M3 : oltre a tutte le altre componenti già citate, comprende le quote e partecipazioni in fondi comuni monetari, le obbligazioni con scadenza fino a 2 anni, che includono i Buoni del Tesoro e le operazioni “pronti contro termine” (= acquisto con decorrenza immediata di titoli).

Le componenti incluse in M2 e M3 ( non M1) costituiscono la quasi-moneta , che può essere

trasformata con relativa facilità in M1, ma che non può essere sempre utilizzata come mezzo di pagamento senza tale preventiva trasformazione. Queste categorie si distinguono tra di loro per il diverso grado di liquidità , ossia la diversa facilità con la quale le forme di moneta comprese in ciascuna di esse possono venire trasformate in strumenti di pagamento diretto. La liquidità dipende dal modo in cui la ricchezza è detenuta: se io immobilizzo una certa somma, acquistando titoli di Stato con denaro circolante, la stessa somma di denaro vede diminuire la propria liquidità. Quindi, dato lo stock di moneta esistente in un dato momento, il grado medio di liquidità dell'economia può variare sensibilmente. La liquidità è, inoltre, una dimensione dello stock di moneta, ma è una dimensione che in qualche modo influisce sulla sua grandezza: se il denaro presente in un'economia è molto liquido, questa elevata liquidità può compensare, almeno fino a un certo punto, l'eventuale scarsità del denaro stesso; se il denaro circola con grande facilità, è come se ce ne fosse molto. Infine, la moneta può essere creata da: Banca Centrale, banche ordinarie, poste, Tesoro (= governo).

La creazione della base monetaria

La base monetaria si forma per effetto dei finanziamenti erogati dalla Banca centrale di un Paese a quattro tipi di soggetti:

  • Tesoro : la Banca centrale fornisce base monetaria al Tesoro a copertura della spesa effettuata dallo Stato, ma gli accordi di Maastricht del 1992 hanno vietato agli Stati aderenti qualunque forma di copertura della spesa pubblica attraverso la creazione di base monetaria.
  • Banche : la Banca centrale crea base monetaria per fornire liquidità alle altre banche contro la cessione dei crediti delle banche stesse verso i terzi.
  • Settore estero : la Banca centrale può fornire base monetaria a tutti coloro che hanno ottenuto valuta straniera a regolamento di vendita di merci verso l'estero e intendono convertirla in moneta nazionale.
  • Pubblico : la Banca centrale può acquistare titoli del Tesoro detenuti dai cittadini o dalle banche in cambio di base monetaria, o rivendere tali titoli, ritirando dalla disponibilità del pubblico base monetaria. Le operazioni di mercato aperto consistono nell'acquisto e nella vendita di titoli di Stato da parte della Banca centrale. In questo modo, la BC determina variazioni nella composizione dello stock della moneta: quando acquista titoli, che non sono moneta M1, immette al loro posto nell'economia la moneta M1 con la quale li acquista, in tal modo accresce la base monetaria; vendendo titoli invece la riduce.

La quantità di m oneta p resente i n u n P aese d ipende d a u na s orta d i m oltiplicatore d etto moltiplicatore monetario , che deriva dalla creazione di depositi da parte delle banche: il deposito iniziale da parte di un soggetto x permette alla banca di fornire credito ad altri soggetti, i quali accenderanno altri depositi, e così via.

Stock di moneta = (base monetaria) x (moltiplicatore monetario)

Il risultato finale del processo non può essere u n v alore i nfinito p erché l e ba nche de vono sottostare all'obbligo di riserva. Il valore di moltiplicatore monetario dipende quindi: dall'entità dell'obbligo d i r iserva e dalla propensione del pubblico a depositare denaro nelle banche.