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Riassunti del libro del Prof. Nuti, presso Giurisprudenza Bologna
Typology: Summaries
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La macroeconomia consiste in un modo diverso di guardare ai problemi economici: la Macro prescinde dalle spiegazioni del comportamento dei consumatori e si occupa, invece, di esaminare il risultato del comportamento complessivo di tutti i consumatori. N.B: il risultato complessivo di un insieme di comportamenti individuali a volte non è eguale a lla p ura e s emplice s omma d ei c omportamenti individuali. L'unità minima d i o sservazione è c ostituita da un a collettività di individui piuttosto ampia o dall'insieme dei mercati di un Paese o di più Paesi o del mondo addirittura. La Macro, infine, riguarda la possibilità dell'economia nel suo insieme di generare ricchezza.
Poiché beni e servizi sono fisicamente eterogenei, l'unico modo per ottenere una somma è quello di moltiplicare la quantità fisica prodotta di ciascun bene per il corrispondente prezzo di mercato: il PIL risulta dalla somma delle quantità dei beni e servizi prodotti in un dato Paese in un dato anno, ciascuna moltiplicata per il relativo prezzo. Ciò, tuttavia, incontra diversi problemi: a) esistono beni che non hanno un prezzo; b) la misura del PIL può variare, oltre che per effetto di cambiamenti che interessano le quantità dei beni e dei servizi, per effetto di cambiamenti di prezzi: però, m entre l e q uantità s ono in dicatore de l benessere raggiunto, i prezzi non lo sono. Alla fine, si suole parlare di:
1 Ammortamenti: sono un costo di produzione dovuto al logoramento del capitale. Una volta che un macchinario o un impianto diventeranno obsoleti, non avranno più valore economico né utilità p ratica (t ale fe nomeno pu ò es sere di nat ura tec nica, qua nto di nat ura economica). L'obsolescenza è un processo graduale: di anno in anno la macchina perde parte del suo valore iniziale, ossia si deprezza di una quota del valore di mercato al quale era stata acquistata. Per questo, il produttore dovrà accantonare ogni anno una somma di denaro pari al deprezzamento di quell'anno, in vista della sostituzione; ciò, t uttavia, e quivale a d u n c osto: i l denaro accantonato non sarà, infatti, produttivo, quindi vi sarà un costo-opportunità. Perciò gli ammortamenti vanno detratti dal valore della produzione annuale, poiché altrimenti q uesta risulterebbe superiore al suo valore economico reale.
Ulteriore problema, che rende difficile il confronto tra i valori del PIL, è che i dati relativi a tutti i Paesi sono necessariamente espressi in una stessa moneta e tale traduzione è stata e ffettuata usando il tasso ufficiale di cambio tra le monete nazionali, il che porterebbe a conclusioni svianti.
Vi sono buoni motivi per desiderare un PIL crescente nel tempo: il progresso tecnico rende via via minore il fabbisogno di uomini per produrre un dato PIL; pertanto, allo scopo di evitare una disoccupazione crescente, è necessario che il PIL cresca ogni anno nella stessa proporzione in cui aumenta la produttività. I l P IL d ovrebbe crescere un saggio eguale alla somma del saggio di crescita della produttività e di quello della popolazione.
Un'altra ragione che spiega i valori bassi del PIL di certi Paesi risiede nel fatto che in essi è molto diffuso il fenomeno dell' autoconsumo , ossia del consumo diretto effettuato dalle popolazioni rurali di parte della produzione del settore agricolo, che in questo modo sfugge alla rilevazione.
In linea di principio, qualunque prodotto finale dell'attività economica d eve e ntrare c ome componente nel calcolo del PIL, così come tutti i servizi forniti in quel Paese. Ma chi giudica la reale utilità del bene? Se per un dato bene vi è domanda, ciò significa che il bene è desiderato almeno da qualcuno. Si noti che le statistiche riescono a cogliere le diverse componenti del PIL in quanto vi sia un passaggio di proprietà e un corrispondente passaggio di denaro. Di conseguenza, ciò che viene prodotto, ma non venduto, può a) essere destinato al consumo diretto del produttore (dovrebbe essere, quindi, calcolato nel PIL, ma difficile per mancanza di info); b) accrescere le scorte invendute del produttore, le quali se vengono vendute gli anni successivi, faranno parte del PIL di quegli anni, altrimenti non saranno mai calcolate.
Non entrano nel calcolo del PIL i seguenti gruppi di beni:
paga al suo produttore il relativo prezzo, il quale costituisce un reddito per il produttore stesso: ecco perché il valore della produzione globale e il valore dei redditi percepiti nello stesso anno dai produttori coincidono. Per ottenere il reddito nazionale, partendo dal PIL, bisogna:
Il reddito personale disponibile (RDP) misura la quantità di d enaro s u c ui i c ittadini possono contare per le loro spese. Si distingue dal reddito nazionale (lordo o netto), poiché:
RPD = reddito nazionale - profitti imprese + dividendi – imposte + trasferimenti
Gli individui singoli e le famiglie impiegano il loro reddito prevalentemente nell' acquisto di beni/ servizi. Tuttavia, se tale reddito è abbastanza alto, una parte di essa ogni anno potrà non essere spesa, e cioè risparmiata. Tale risparmio non viene tenuto, solitamente, in forma improduttiva , poiché ciò comporterebbe un costo-opportunità, dal momento che si rinuncerebbe agli interessi. Pertanto, ciò che non viene speso, viene impiegato di nuovo in forme idonee a produrre ulteriore ricchezza, ossia viene investito.
I beni e servizi, che costituiscono il PIL, possono essere acquistati da quattro categorie: a) famiglie, b) imprese, c) pubblica amministrazione, d) soggetti esterni del Paese in esame (esportazioni). A un certo ammontare di prodotto corrisponde quindi ad un ammontare di spesa , da parte di coloro che acquistano il prodotto. Ma la spesa complessiva effettuata in un Paese in un dato anno non è necessariamente eguale al valore del prodotto di quell'anno in quel Paese. Infatti: ogni anno vi sarà una q uota d i p roduzione r imasta i nvenduta; l e f amiglie p ossono effettuare investimenti, ma ciò costituisce comunque tecnicamente un risparmio; se i soggetti a capo delle imprese acquistano beni di consumo, queste spese figurano tra i consumi delle rispettive famiglie, e non delle imprese.
La spesa totale di un Paese è quindi composta da: consumi (C), investimenti (I) ed esportazioni (X, queste ultime sono vendite di beni ad altri Paesi). Tuttavia, bisogna considerare anche il denaro speso dai cittadini di un Paese per acquistare all'estero beni/servizi non prodotti dal proprio Paese: questo non costituisce una spesa rivolta alla produzione nazionale e, pertanto, queste somme ( importazioni , N) devono essere sottratte dalla spesa complessiva di ciascun anno. Infine, anche la PA può effettuare spese per l'acquisto di beni di consumo e di investimento (G).
PIL = C + I + G + (X – N)
Il reddito nazionale è la grandezza che misura la capacità di un'economia di acquistare beni e servizi ed è, pertanto, naturale che i governi cerchino di raggiungere il più alto livello di reddito possibile. Esso viene generato attraverso un processo circolare : il reddito generato dalla vendita del prodotto serve per acquistare un altro prodotto (la produzione genera reddito, il redditto acquista un'ulteriore produzione, la quale genera altro reddito, …). Inoltre, reddito e prodotto totali sono necessariamente eguali : infatti, ciò che v iene p rodotto e venduto, genera per il suo produttore un reddito uguale al suo valore. Se l'economia procedesse secondo questa catena di effetti, dovremmo avere una situazione stabile nel tempo; tuttavia, bisogna precisare che tale processo non è meccanico e o ccorre aggiungere un ulteriore elemento, costituito dalla domanda : affinché il reddito dia luogo a nuova produzione, deve prendere la forma di domanda di beni e servizi; perché il c ircuito n on s i interrompa, il reddito deve essere speso. Tuttavia, consumatori e investitori (quindi, soggetti che danno luogo alla domanda totale, detta domanda aggregata ) potrebbero non essere disposti a spendere tutto il loro reddito ricevuto in precedenza; ciò non rileva dal punto di vista economico, se tale comportamento è assunto solo da alcuni individui. Rileva, invece, se assunto da una quantità considerevole d egli s tessi: s e m olti temono di perdere il proprio posto di lavoro perché hanno assistito a un fenomeno di questo tipo in un paese vicino, è ragionevole pensare che reagiranno limitando le spese all'essenziale. Un'ondata di pessimismo di questo tipo possono essere la causa di una riduzione nella produzione e, quindi, di una successiva caduta del reddito dei fattori (lavoro e capitale): è la c osiddetta profezia autogiustificantesi. Da tutto ciò deriviamo c he i l m ercato m oderno è a ltamente in fluenzato da lle aspettative dei consumatori e dei produttori, più che dalla situazione presente, e che la domanda si comunica per contagio : se sono posto in condizione di acquistare, anche colui che mi vende bene/servizio potrà acquistare da qualcun altro; si tratta di una complessa rete di rapporti che non sono necessariamente reciproci. Per questo, comunque, risulta molto importante il ruolo dello Stato : qualora, infatti, l'ottimismo e “buona volontà” dei singoli non siano sufficienti, entra in gioco lo Stato, il quale ha la capacità di mobilitare ingenti risorse e non è soggetto a “pessimismo”.
A ogni scambio, il venditore ottiene un reddito; tuttavia, il reddito che può essere generato dagli scambi stessi non è definibile a priori: data una certa quantità di risorse reali, il reddito, che ne verrà generato, può oscillare tra valori estremi molto lontani tra di loro. Ma il reddito che cosa misura? Il reddito misura l' attività economica , ossia il volume degli scambi, e non si identifica con le risorse esistenti nell'economia; il reddito, pertanto, non misura la ricchezza effettiva, ma il redditto è la condizione necessaria per produrre ricchezza reale. Infine, c'è da dire che all'aumentare degli scambi, aumenta sia il reddito complessivo sia il PIL, dal momento che gli acquisti sono beni e servizi il cui valore deve essere calcolato nel PIL.
Il processo economico non è un “ gioco a somma zero ” ( in cui guadagno o perdita di uno è perfettamente bilanciato da una identica perdita o guadagno di un altro ): non è vero che esiste all'inizio una quantità data di risorse e che il problema è solamente q uello d i d istribuirle; l 'ammontare f inale d elle r isorse dipende dal modo in cui il gioco viene giocato:
curva di offerta di lavoro individuale: la curva partirà comunque da un livello di salario non nullo ( salario di riserva ), al di sotto del quale l'individuo non sarà disposto a lavorare. A livello aggregato , la curva di offerta di lavoro (che mostra il numero di lavoratori disposti ad accettare un lavoro per un dato salario) viene rappresentata come crescente e anelastica, poiché, in un periodo di tempo limitato, la dimensione della forza-lavoro non risulta molto variabile. Combinando poi domanda e offerta di lavoro in un grafico, si ottiene un grafico simile a quello del mercato di un qualunque bene, in cui vi sarà un p unto d i i ncontro t ra d omanda e o fferta d el lavoro, che individuerà un salario di equilibrio , in corrispondenza del quale potrà essere occupata una certa quantità di forza-lavoro. Tale grafico mostra, inoltre, gli effetti presunti dell'esistenza di un salario minimo superiore al livello di equilibrio, in corrispondenza del quale l'offerta di lavoro supererà la domanda, creando così disoccupazione. Secondo questa visione se il salario è libero d i m uoversi d ietro l a s pinta d ella d omanda e dell'offerta, senza intervento dello Stato, non può esservi disoccupazione che non sia volontaria. Pertanto i neoclassici/liberisti possono definire una condizione di assenza di disoccupazione volontaria come la migliore condizione augurabile per la forza-lavoro di un Paese.
Il mercato del capitale: Il capitale è essenzialmente d enaro. I l d enaro s erve a gli scambi ma può essere a ltresì u sato proprio con lo scopo di ricavarne sempre maggior valore, investendolo e ricavandone quindi i frutti: in entrambi i casi, cessa di essere liquido , cioè di essere utilizzato come contropartita per l'acquisto di merci. La liquidità è l'idoneità di un dato tipo di moneta ad essere usato immediatamente per effettuare scambi: è una c aratteristica c he l e d iverse f orme d i m oneta p ossiedono i n g rado v ariabile, d al grado massimo (moneta, banconota) al grado minimo (titoli); può variare a nche s enza c he l a quantità complessiva di moneta esistente in un'economia cambi, ossia è generalmente possibile convertire un tipo di moneta, caratterizzato da un certo grado di liquidità, i n u n a ltro c on liquidità diversa (vd deposito bancario). Alla domanda di moneta, le istituzioni apposite rispondono attraverso l'offerta di moneta, cieè creando mezzi di pagamento (vd Banca Centrale). Dall'interazione tra domanda e offerta di moneta, scaturisce il prezzo della moneta stessa ( saggio o tasso d'interesse ). Il mercato dei capitali è in t eoria u n m ercato c ome u n a ltro e q uindi p uò operare in modo spontaneo, ma può anche essere regolato dalle autorità apposite, che possono manipolare il saggio d'interesse. Nella visione neoclassica, il mercato monetario dovrebbe funzionare come qualunque altro mercato: il denaro è un elemento neutrale , la sua unica funzione riconosciuta è quella di mezzo di pagamento, trascurando così la funzione di contenitore di valore. Se il denaro è una merce come un'altra, domanda e offerta nei determineranno il prezzo di equilibrio, salvo interferenze dall'esterno. Il mercato del capitale tende essere sempre in equilibrio, purché si lasci saggio di interesse libero di muoversi sulla base delle spinte relative di domanda e offerta. Di conseguenza, non vi potrà mai essere capitale inutilizzato: ciò significa c he r isparmio e i nvestimento s ono s empre e guali, ossia tutto ciò che individui e famiglie non consumano, viene risparmiato e ciò viene risparmiato viene investito (dagli imprenditori).
B) La visione keynesiana. Il mercato del lavoro: In seguito alla Grande Recessione degli anni Trenta del XX secolo, produzione e occupazione dei principali Paesi occidentali caddero in modo drammatico: anche coi mercati di lavoro e di capitale liberi di cercare il proprio equilibrio sulla spinta di domanda e offerta, la produzione e
occupazione non tendevano a recuperare i livelli anteriori alla crisi. In altre parole, i punti di equilibrio dei due mercati individuavano livelli di occupazione della forza-lavoro e di impiego del capitale insufficienti ad assorbire tutta la forza-lavoro e tutto il capitale disponibile. Keynes sosteneva che non riuscire a occupare tutta o quasi la popolazione idonea al lavoro costituiva un problema che doveva essere risolto. Secondo la linea che portò alla c ostruzione sociale del Welfare State , la povertà è u n ma le in se st esso e de ve es sere co mbattuta tr amite l'abbattimento della disoccupazione. Secondo Keynes la disoccupazione involontaria (si manifesta quando il mercato del lavoro è in equilibrio) dipendeva non dal livello del salario e del suo essere al di sopra del punto di equilibrio tra domanda offerta, bensì da u n l ivello t roppo b asso d i d omanda d i m erci n ell'economia. Pertanto essa può venire combattuta stimolando la domanda crescere in misura adeguata.
Il mercato del capitale: i neoclassici consideravano le decisioni di risparmio e le decisioni di investimento come corrispondenti: se un soggetto decideva di non consumare parte del reddito, implicitamente sceglieva anche di investirlo. Inoltre, per i neoclassici il denaro era solamente strumento per effettuare i pagamenti ( funzione di transazione del denaro ) e, come tale, non poteva essere sottratto al mercato; il denaro non utilizzato può essere prestato sul mercato (alle imprese) a un prezzo (interesse) che dipenderà dalla domanda (delle imprese) e dall'offerta (del pubblico). Keynes, invece, riteneva che la moneta avesse anche la natura di contenitore di valore : il denaro frutta, difatti, un interesse. Ma gli individui e le istituzioni potrebbero detenere la moneta in altre forme che ne ridurrebbero l'uso a scopo di transazione: ciò avviene q uando s i t engono l e p roprie r isorse i nvestite (i mmobilizzate ). Chi detiene monete in forma liquida rinuncia all'interesse. Il livello dell'interesse è l'elemento centrale della scelta degli individui e le immobilizzazioni permettono di ottenere un interesse, ma rendono difficile o impossibile l'uso del denaro a fini di scambio. La domanda di moneta è influenzata, poi, in misura considerevole dal movente speculativo , che guida gli individui nel decidere se e quanta moneta detenere in una forma o nell'altra: secondo K., il pubblico dei risparmiatori decide se mantenere il denaro in forma liquida o investirlo soprattutto sulla base delle loro opinioni circa l' andamento futuro dei tassi stessi.
Per i neoclassici, in una situazione di attività economica r istagnante, i t assi d i i nteresse s i innalzeranno per lo stesso gioco della domanda e dell'offerta e ciò attirerà i ri sparmiatori ch e offriranno nuovi capitali. Per K., invece, l'eguaglianza tra risparmio e investimento è sempre possibile, ma può realizzarsi in corrispondenza di livelli dei tassi molto diversi: per favorire la crescita, infatti, i saggi devono essere bassi e scendere il più possibile in periodo di crisi. Infatti, interessi alti scoraggeranno gli imprenditori ad investire. Mentre, quindi, per i neoclassici, risparmi ed investimenti producono sono “naturalmente” portati a trovare l'eguaglianza, purché il mercato sia lasciato libero di spingere i tassi verso l'alto, per K. è necessari i ntervenire e f ar a bbassare i s aggi e s olamente l e a utorità p reposte po ssono determinare un ribasso dei tassi. Nella visione neoclassica, l' ingerenza dello Stato sul mercato dei capitali costituisce un anatema; nella visione keynesiana, è la c ondizione n ecessaria p er i mpedire a ll'economia d i r imanere impantanata in una condizione di crisi.
(C, I, G, X-M) si hanno effetti moltiplicativi che aumentano il reddito. La spesa pubblica , però, h a, a d ifferenza d elle a ltre c omponenti d ella d omanda a ggregata, l a proprietà di p oter e ssere g overnata d alle d ecisioni d ei t ecnici e d ei p olitici c he s iedono n el governo. Questi hanno la facoltà di effettuare in tempi concentrati spese ragguardevoli e, in più, non dovrebbero essere soggetti al pessimismo dei privati. Secondo K., quindi, la spesa pubblica può fare a umentare i l r eddito di un Paese quando la domanda complessiva dei privati non riesce a svolgere questa funzione. Tuttavia, a tale scopo non è, comunque, necessario che si tratti di spesa utile , cioè destinata a fornire beni e servizi di utilità evidente: il risultato dipende essenzialmente dal volume, e non dalla qualità, d ella s pesa. Se, tuttavia, ad un certo punto non potrò più usare la spesa pubblica per fare crescere il reddito, mi ritroverò con tante opere inutili e senza i beni e servizi necessari. Il valore assunto dal moltiplicatore dipende dall'entità degli e ffetti c he s i p roducono e ntro i l periodo considerato; questi effetti dipendono da fattori come:
A questo punto, interviene il paradosso della parsimonia , ossia arrivare a comprendere se il risparmio sia da considerarsi virtù o vizio. Risparmiare significa fare abbassare la linea della domanda aggregata, producendo così un effetto de-moltiplicativo , che determina una riduzione del reddito disponibile della popolazione. Con reddito minore, anche un aumento della propensione al risparmio potrebbe non riuscire a fare aumentare il risparmio in assoluto. La capacità di r isparmiare c ostituisce l a b ase d ell'accumulazione e d ello s viluppo, c ioè d ella ricchezza futura, ma non è detto che sia un bene in assoluto. Il risparmio è essenziale ai fini della costituzione del capitale, che costituisce la base produttiva del Paese: se la produzione langue a causa di una produttività scarsa, l'obiettivo prioritario sarà quello di accumulare capitale e quindi ridurre i consumi, risparmiare. Tuttavia ciò potrebbe causare un livello troppo basso di consumi. Tutte queste considerazioni valgono, comunque, soltanto in condizioni di non piena occupazione.
Abbiamo visto che il settore pubblico , oltre a svolgere un mero ruolo di fornitore di beni e servizi, assume il compito più essenziale d i regolatore del livello di attività dell'intera e conomia (attraverso l'eliminazione delle fluttuazioni che causano periodi di basso reddito e scarsa occupazione oppure tramite la promozione della crescita, per es.). La consapevolezza di tale importante ruolo risale al periodo post-crisi internazionale degli anni Venti del secolo scorso, in cui si attribuì ai governi ruolo primario in economia nell'eliminazione delle crisi periodiche e nella stabilizzazione delle economie. Poco tempo dopo, tuttavia, la lezione keynesiana iniziò a generare un certo scetticismo e prevalse
addirittura una visione ultra-liberista, che riduceva al minimo l'intervento statale.
In Italia e altri Paesi, lo Stato è costituito dalle Amministrazioni centrali (organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, che insieme vanno a formare il settore statale ) e dalle amministrazioni locali. Queste due insieme vanno a formare il settore pubblico , il quale assorbe risorse ( entrate ) e le spende ( uscite ). Il bilancio dello Stato è un p iano i n c ui v engono d escritte l e entrate e le uscite dello Stato relativamente a un dato anno.
Se in un dato anno le entrate superano le uscite, si genera un attivo (avanzo o surplus) di bilancio; se, invece, le uscire superano le entrate, si determina un passivo (disavanzo o deficit). Altri termini per indicare che il passivo supera l'attivo sono saldo da finanziare o fabbisogno complessivo. A partire dal 1978 è stato ideato un nuovo documento, la c.d. legge finanziaria che permette di imporre nuovi tributi allo scopo di assistere gli obiettivi del bilancio: è l'unico strumento attraverso il quale il governo può tentare una qualche forma di programmazione dell'attività economica e comunque una programmazione limitata all'anno. Tale programmazione ha, comunque, col tempo, perso consenso sia per sfiducia nella sua reale efficacia sia per sospetto di dirigismo. In Italia, è rimasto il c.d. documento di programmazione economica e finanziaria , all'interno del quale sono enunciate le politiche economiche e finanziarie adottate.
La quota più ampia delle entrate pubbliche è rappresentata dalle imposte sul reddito. L'imposizione fiscale in Italia è progressiva : si basa su una serie di “scaglioni” (=fasce di reddito), alle quali vengono applicate aliquote (cioè percentuali d i i mposizione s ul r eddito) s empre maggiori a mano a mano che si passa da scaglioni di reddito più bassi a scaglioni di reddito più alti. Essa produce un effetto redistributivo sulla ricchezza, contribuendo a trasferire reddito dei cittadini più ricchi e quelli meno ricchi; ed ha anche un effetto di stabilizzazione sul livello del reddito nazionale, in quanto il prelievo risulta proporzionalmente maggiore quando il reddito aumenta e minore, quando diminuisce, uniformando così il volume della spesa complessiva. Un problema può essere dato dal fiscal drug : tale fenomeno risulta dal fatto che in presenza di inflazione in assenza di qualche forma di indicizzazione o comunque di recupero del potere d'acquisto, un medesimo reddito reale rischia
ricorrere a prestiti, una volta conteggiate tutte le entrate e tutte le uscite dell'anno: la forma di questo finanziamento consiste nell'emissione di titoli pubblici, i quali non sono altro che certificati rilasciati dallo Stato a titolo di riconoscimento del denaro prestatogli da diversi soggetti. In Italia, i titolo di Stato sono: Buoni Ordinari del Tesoro (BOT), Buoni Poliennali del Tesoro (BPT), Certificati di Credito del Tesoro (CCT). I primi due attestano un prestito fatto allo Stato da parte dei cittadini e danno luogo a un interesse fisso ; gli ultimi, invecem sono titoli a scadenza media o lunga, che rendono n interesse variabile , collegato al rendimento dei titoli a scadenza più ravvicinata. Parliamo di disavanzo primario per riferirci al disavanzo prodotto in un dato anno al netto degli interessi maturati sul debito preesistente; disavanzo secondario , invece, il disavanzo comprensivo degli interessi. Per ridurre il debito in assoluto sono necessari avanzi di bilancio da ripagare gli interessi maturati e ripagare almeno in parte il debito accumulato fino a quel momento: affinchè il debito pubblico cominci a diminuire, infatti, è necessario che il disavanzo primario non soltanto sia nullo, ma che sia rimpiazzato da un avanzo superiore ( disavanzo negativo ) all'ammontare degli interessi di ciascun anno. N.B: finanziamento del debito pubblico avviene attraverso l'indebitamento dello Stato nei confronti di altri soggetti; diverso dal finanziamento del fabbisogno dello Stato, che può avvenire in qualsiasi forma, anche con la creazione di moneta. L'entità del d.p. di un Paese non può essere giudicata in termini assoluti: si esprime, quindi, in termini percentuali rispetto a qualche altra grandezza, di norma con riferimento al PIL di ciascun Paese.
Gli effetti del debito pubblico sul mercato dei mezzi finanziari sono diversi:
un Paese privo di moneta nazionale, come gli aderenti all'UE);
Chi acquista titoli del dp lo fa con l'obiettivo di valorizzare i propri risparmi: i titoli del dp sono, infatti, oggi oggetto di costanti acquisti e vendite di tipo speculativo. In generale, il Tesoro provvede a elevare il valore delle cedole per invogliare il pubblico ad acquistare titoli a fronte di una scarsa fiducia verso la capacità dello Stato di fare fronte ai suoi impegni. Quando prevale l'intento speculativo, la riluttanza dei detentori di TDS ad acquistare spingeranno verso rendimenti sempre più alti.
La dichiarazione di default comporta l'impossibilità di c ontinuare a f inanziarsi a ttraverso l'emissione di titoli pubblici. In generale, poi, anche senza giungere a tale situazione, il segnale di raggiungimento di un punto critico potrebbe essere costituito da una crisi di fiducia degli investitori stranieri, i quali, confrontando le possibilità di investimento nei vari Paesi, potrebbero incominciare a rifiutare i titoli del dp di un Paese troppo indebitato. L'effetto concreto di un debito pubblico troppo alto e persistente nel tempo è costituito d alla crescente difficoltà del paese in questione di trovare denaro nel momento del bisogno; ciò si manifesta in due forme:
Debito pubblico come free riding internazionale: In UE, un debito pubblico eccessivo, che scoraggia gli investimenti, deprime l'attività economica e l 'occupazione. I s ettori e l e i mprese d el P aese c he r icorre i n m odo m assiccio a l disavanzo pubblico ricevono un sostegno pubblico che, per un tempo più o meno lungo, le mette in condizioni di favore rispetto ai Paesi che non ricorrono a tale strumento. All'interno dell'UE, un tale sostegno finisce con il rappresentare un aiuto nascosto alle imprese del Paese indebitato, che quindi finisce per godere di un vantaggio rispetto ai Paesi più “virtuosi”.
Nel mondo attuale, il volume di scambi che avviene senza il tramite del denaro è trascurabile. Le società, i n c ui g li s cambi a vvenivano s olo i n n atura, e rano s ocietà m olto semplici , in cui gli scambi erano occasionali e riguardavano i pochi beni non deperibili oppure erano società molto ben organizzate , in cui la divisione del lavoro era rigida ed era possibile una qualche forma di programmazione della produzione. Secondo gli studiosi, in queste società, i l v alore d ipendeva, n on t anto d alle caratteristiche intrinseche dei beni adottati come denaro, bensì da elementi legati alla funzione di quei beni. Alcune fonti fanno pensare ad un'origine sacrale del denaro: taluni oggetti avrebbero cominciato ad avere un valore in quanto utilizzabili ritualmente per sacrifici alle divinità; secondo un'altra visione, invece, quei beni venivano utilizzati di regola nei sacrifici proprio perché era attribuito loro un valore. Si può, dunque, affermare che, nelle società non ancora mercantili, vi fu un momento che segnò il passaggio dal valore legato a circostanze sociali al valore fissato secondo regole rigide e in funzione degli scambi. In questa fase, il baratto cedé il p asso a llo s cambio d i m erci c ontro qualcosa che non conteneva utilità , ma valore : in questo momento, il denaro diviene pura e semplice promessa di pagamento , cioè la promessa di trasferire in futuro a colui, che accetta di ricevere il denaro, beni aventi utilità.
I beni, che fungono da unità di scambio, dovranno avere alcune caratteristiche:
Il denaro deve, quindi, presentare almeno due caratteristiche essenziali : quella di essere uno strumento di scambio e quella di essere riserva di valore , ossia di rappresentare un tipo di bene che non perde valore e che può essere accettato e conservato nel tempo. Infine, il denaro deve poter svolgere la funzione di unità di conto , cioè di unità di misura nella quale vengono espressi i prezzi vigenti nell'economia e redatti i bilanci.
L' oro ha svolto per millenni una funzione fondamentale come numerario , ossia unità di misura e contenitore di valore. Tuttavia, l'oro pone alcuni problemi : innanzitutto, la sua disponibilità dipende dal ritmo con cui viene estratto dalle miniere e, pertanto, ciò può portare alla conseguenza che l'offerta di oro non riesca ad adeguarsi al bisogno di moneta che ne consegue. A tale rischio era possibile ovviare “inventando” qualcosa che sostituisse l'oro nelle sue funzioni pratiche. Ragioni di praticità e s icurezza n egli s cambi h anno i spirato f in d alla f ine d el M edioevo l e innovazioni che hanno dato luogo alla seconda grande trasformazione nella storia della moneta
dopo la fine del baratto: fu la carta moneta , che si affiancò alle m onete m etalliche, m entre parallelamente nascevano le moderne banche.
Il tutto ebbe inizio quando ricchi commercianti o orafi assunsero la funzione di conservare l'oro affidato dagli altri cittadini alla loro custodia, per ragioni di sicurezza (inizialmente). Nacque, così, u na n uova f igura: c olui c he s volgeva l 'attività r egolare di ra ccolta di de positi in or o da i cittadini prendeva il nome di banchiere , il quale poteva anche svolgere l'attività di cambiavalute. Depositare l'oro presso un orafo significava, però, n on d isporre p iù d ei me zzi di pa gamento necessari per l'attività commerciale; tuttavia, in cambio dell'oro depositato, gli orafi rilasciavano dei certificati (o titoli ) che attestavano l'esistenza di quel denaro presso di loro. Dunque per i pagamenti potevano essere usati questa sorta di documenti e così anche per tutti gli altri acquisti: una catena in cui ciascun anello veniva garantito dall'anello precedente e tutti, in ultima analisi, erano garantiti dalla credibilità del banchiere collocato all'inizio della catena. Oltre alla funzione di deposito, gli orafi iniziarono col tempo anche a prestare denaro e a garantire i debiti altrui, ponendo così le p remesse p er l a c reazione d ella c atena d i rapporti fiduciari. In questo modo, la moneta comincia a circolare meno nella forma di passaggi materiali e incomincia, invece, ad affermarsi un tipo di moneta scritturale che circola solamente sotto forma di annotazioni nei registri contabili delle banche.
Con la nascita della moneta scritturale, l'oro ha già virtualmente perduto la propria necessità: se, in un primo momento, i banchieri di città diverse compresero che era sufficiente scambiarsi la differenza tra il dare e l'avere ( saldo contabile ) ogni tot di tempo, presto realizzarono che era inutile scambiarsi in forma fisica anche soltanto i saldi e che tutto ciò poteva essere sostituito da scritture apposite nella contabilità delle banche.
Con l'emissione del documento, tra il banchiere e il suo cliente si crea un rapporto di credito. La lettera rilasciata dal banchiere può essere a s ua v olta negoziata , ossia usata per effettuare acquisti da parte di chi ha depositato il denaro verso il primo. Per chi riceve questa lettera in cambio di una vendita, per esempio, la lettera è quindi denaro che può essere d epositato p resso u n a ltro e d iverso b anchiere, o ttenendo c osì i n ca mbio de naro “sonante”: in questo modo, si crea un rapporto anche tra i due diversi banchieri. È difficile che tutti i clienti richiedano allo stesso tempo il loro deposito: il banchiere, pertanto, potrà prestare ad altri la maggior parte dell'oro che gli è stato affidato, trattenendo presso di sé soltanto una piccola quota a scopo prudenziale (“ destinata a riserva ”). Qu esto è al l'origine del sistema a riserva frazionaria.
I soggetti che hanno ricevuto prestiti dei banchieri potranno depositarli presso altre banche: in questo modo, la stessa cambiale può generare u na quantità indefinita di depositi; si crea così una catena di situazioni ciascuna delle quali è garantita da quella costituita in precedenza. Questo è il meccanismo noto come moltiplicatore dei depositi bancari. Tale meccanismo di creazione del credito attraverso il moltiplicatore dei depositi è parallelo al meccanismo che genera reddito nell'economia: la creazione di moneta procede, quindi, di pari passo con la creazione di domanda e con la crescita del volume di scambi che da quest'ultima ha origine.
Cosa succede se, per qualche ragione, uno dei soggetti della catena fallisca e non riesca più a
avevano aderito agli accordi di Bretton Woods (1945) di aumentare arbitrariamente la quantità di moneta messa in circolazione, senza rispettare il rapporto con l’oro. Con l'espressione Fiat Money viene indicato proprio il denaro stampato per decisione dell'autorità, senza rapporto stretto con la sua base aurea. Il ricorso alla spesa pubblica finanziata da denaro fiat fornirà un poderoso sostegno all'economia di molte nazioni, ma porrà le premesse per ripetute gravi fenomeni di aumenti dei prezzi e di bolle speculative.
Nella semplice economia dei primordi della storia delle banche, l’oro po sseduto (e no n depositato) più l’oro depositato presso le banche cos tituisce l'insieme di moneta dell'economia (stock). Oggi diremmo che lo stock di moneta , cioè la q uantità d i mo neta ri conosciuta uf ficialmente come tale, è costituita dall'insieme dei mezzi di pagamento generalmente accettati nell'economia. Definire tale quantità ha senso perché si ritiene che, controllandone le dimensioni, sia possibile evitare i due rischi maggiori che il denaro può generare: la crescita dei prezzi, che può divenire inflazione, e il ristagno dell'attività economica. Relativamente all'inflazione: qual è la relazione che lega la quantità di moneta che circola in un'economia con livello dei prezzi dei beni di quella stessa economia? Una grande quantità di moneta in circolazione significa che procurarsi denaro è facile, e q uindi n on p uò e ssere mo lto co stoso. In qu este co ndizioni c' è un for te inc entivo per tut ti a indebitarsi, cioè a prendere denaro a prestito per utilizzarlo in vari modi. Ma ciò farà crescere la domanda di beni. Poiché verosimilmente l 'offerta n on c rescerà n ella st essa pr oporzione pe r la le gge de lla do manda e de ll'offerta i prezzi dovranno salire.
Si considerano parte dello stock di moneta di un Paese soltanto i mezzi di pagamento che rientrano in alcune categorie: M0, M1, M2 e M3.
Le componenti incluse in M2 e M3 ( non M1) costituiscono la quasi-moneta , che può essere
trasformata con relativa facilità in M1, ma che non può essere sempre utilizzata come mezzo di pagamento senza tale preventiva trasformazione. Queste categorie si distinguono tra di loro per il diverso grado di liquidità , ossia la diversa facilità con la quale le forme di moneta comprese in ciascuna di esse possono venire trasformate in strumenti di pagamento diretto. La liquidità dipende dal modo in cui la ricchezza è detenuta: se io immobilizzo una certa somma, acquistando titoli di Stato con denaro circolante, la stessa somma di denaro vede diminuire la propria liquidità. Quindi, dato lo stock di moneta esistente in un dato momento, il grado medio di liquidità dell'economia può variare sensibilmente. La liquidità è, inoltre, una dimensione dello stock di moneta, ma è una dimensione che in qualche modo influisce sulla sua grandezza: se il denaro presente in un'economia è molto liquido, questa elevata liquidità può compensare, almeno fino a un certo punto, l'eventuale scarsità del denaro stesso; se il denaro circola con grande facilità, è come se ce ne fosse molto. Infine, la moneta può essere creata da: Banca Centrale, banche ordinarie, poste, Tesoro (= governo).
La base monetaria si forma per effetto dei finanziamenti erogati dalla Banca centrale di un Paese a quattro tipi di soggetti:
La quantità di m oneta p resente i n u n P aese d ipende d a u na s orta d i m oltiplicatore d etto moltiplicatore monetario , che deriva dalla creazione di depositi da parte delle banche: il deposito iniziale da parte di un soggetto x permette alla banca di fornire credito ad altri soggetti, i quali accenderanno altri depositi, e così via.
Stock di moneta = (base monetaria) x (moltiplicatore monetario)
Il risultato finale del processo non può essere u n v alore i nfinito p erché l e ba nche de vono sottostare all'obbligo di riserva. Il valore di moltiplicatore monetario dipende quindi: dall'entità dell'obbligo d i r iserva e dalla propensione del pubblico a depositare denaro nelle banche.