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Romanzi Italiani: Analisi e Confronto, Essays (university) of Italian literature

1904-1980 letteratura italiana contemporanea

Typology: Essays (university)

2018/2019

Uploaded on 03/30/2019

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Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rina Faccio. - Una Donna
(pubblicato dall’editore Sten nel 1906)
Romanzo autobiografico. Autodidatta ma di letture disordinate e
fervide. Adolescenza temeraria ed
adorazione per il padre. La madre sopraffatta dalla figura del padre
padrone. Il romanzo entra in una zona
d’ombra. Ambiente di provincia. Romanzo dallo spirito femminile.
Stile e Linguaggio: L’Aleramo è stata profondamente influenzata dal
D’annunzio prosatore per i suoi slanci
emotivi e per la forte passionalità. Il linguaggio è un continuo
autoraffrenamento. Una prosa contenuta,
sobria. Tono alto e felice durante l'infanzia e stile controllato quando
il romanzo si fa più cupo. Stile
analitico, che si sforza ad essere dimesso per quanto la gravità
degli eventi. Inspirata ai romanzi di
formazione, i Bildungsroman. L’Aleramo ha stimolato un filone di
scrittrici italiane.
l libro è un grandissimo successo. Al centro di clamorose polemiche
per il suo contenuto femminista, sarà recensito dai maggiori giornali
italiani ( se ne occupa anche Pirandello sulla Gazzetta del popolo e
ne dà un giudizio entusiastico e poi Panzini, Papini, Graf, Oietti) e,
in seguito, verrà tradotto e pubblicato nei maggiori paesi europei e
negli Stati Uniti. In Germania Stefan Zweig sulla Neue freie Presse.
La ricostruzione autobiografica di Una donna indugia, nella parte
centrale, su questa vicenda, sull'interruzione violenta e definitiva
della sua adolescenza, sull'andamento oppressivo e frustrante del
rapporto coniugale, sulla meschinità e lo squallore della vita
impostale dal marito, condotta peraltro nell'ambiente sociale e
culturale della cittadina, percepito dalla protagonista come una
cappa soffocante e opprimente di provincialismo e di grettezza; fino,
poi, all'illusione di liberazione maturata in seguito alla nascita del
figlio (1895) e alla gioia della maternità, anch'essa ben presto
rivelatasi non sufficiente a compensare la repulsione per l'esistenza
trascinata. Dopo un tentativo di suicidio, si cominciarono a
concretizzare le vaghe aspirazioni umanitarie e socialistiche che si
erano già delineate negli anni precedenti; ma fu soprattutto nella
lettura e nei primi abbozzi di scrittura che si riversarono le energie
compresse della Faccio.
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Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rina Faccio. - Una Donna

(pubblicato dall’editore Sten nel 1906) Romanzo autobiografico. Autodidatta ma di letture disordinate e fervide. Adolescenza temeraria ed adorazione per il padre. La madre sopraffatta dalla figura del padre padrone. Il romanzo entra in una zona d’ombra. Ambiente di provincia. Romanzo dallo spirito femminile. Stile e Linguaggio: L’Aleramo è stata profondamente influenzata dal D’annunzio prosatore per i suoi slanci emotivi e per la forte passionalità. Il linguaggio è un continuo autoraffrenamento. Una prosa contenuta, sobria. Tono alto e felice durante l'infanzia e stile controllato quando il romanzo si fa più cupo. Stile analitico, che si sforza ad essere dimesso per quanto la gravità degli eventi. Inspirata ai romanzi di formazione, i Bildungsroman. L’Aleramo ha stimolato un filone di scrittrici italiane. l libro è un grandissimo successo. Al centro di clamorose polemiche per il suo contenuto femminista, sarà recensito dai maggiori giornali italiani ( se ne occupa anche Pirandello sulla Gazzetta del popolo e ne dà un giudizio entusiastico e poi Panzini, Papini, Graf, Oietti) e, in seguito, verrà tradotto e pubblicato nei maggiori paesi europei e negli Stati Uniti. In Germania Stefan Zweig sulla Neue freie Presse. La ricostruzione autobiografica di Una donna indugia, nella parte centrale, su questa vicenda, sull'interruzione violenta e definitiva della sua adolescenza, sull'andamento oppressivo e frustrante del rapporto coniugale, sulla meschinità e lo squallore della vita impostale dal marito, condotta peraltro nell'ambiente sociale e culturale della cittadina, percepito dalla protagonista come una cappa soffocante e opprimente di provincialismo e di grettezza; fino, poi, all'illusione di liberazione maturata in seguito alla nascita del figlio (1895) e alla gioia della maternità, anch'essa ben presto rivelatasi non sufficiente a compensare la repulsione per l'esistenza trascinata. Dopo un tentativo di suicidio, si cominciarono a concretizzare le vaghe aspirazioni umanitarie e socialistiche che si erano già delineate negli anni precedenti; ma fu soprattutto nella lettura e nei primi abbozzi di scrittura che si riversarono le energie compresse della Faccio.

Luigi Pirandello – Il Fu Mattia Pascal (uscirà a puntate su rivista Nuova Antologia tra l’aprile e giugno del 1904 e poi in un unico volume nel 1905) Scrive il Fu Mattia Pascal a 36 anni. Il protagonista è Mattia Pascal che vive a Miragno, in Liguria. Orfano di padre ed ammogliato con Romilda Pescatore e la suocera gli avvelena la vita. Vive una vita sterile e triste nella biblioteca di paese. Cambio d’identità in Adriano Meis e si innamora della figlia del suo affittuario a Roma, Adriana. Ritorna al suo Paese come il Fu Mattia Pascal e scopre che la moglie si è risposata con il suo miglior amico Pomino e hanno addirittura un figlio. La struttura del romanzo è un grande intreccio, una grande fabula. Un protagonista con tre esistenza: Mattia Pascal, Adriano Meis ed il Fu Mattia Pascal. Il protagonista è Protagonista, Coscienza della vicenda ed Io Narrante. La sua vita è un FALLIMENTO ed ILLUSIONE. È un romanzo fitto di digressioni, come qualsiasi altro saggio di Pirandello. Arresta la narrazione della vicenda per aprirsi ad ampie digressioni. Pirandello toccò le radici dell’umorismo, il sentimento del contrario, la percezione profonda ma anche compassionevole della natura eminentemente contraddittoria dell’essere umano e della realtà. Benedetto Croce lo accusò di fallimento letterario. Il tema della scissione delle personalità ha una lunga storia letteraria da Hoffman a Stevenson. Ma la sua tipologia di personaggio è completamente diversa, è un Inetto. Aspetto stilistico del romanzo: è il racconto di una persona fragile. Assume i ritmi stessi del flusso di coscienza e del monologo interiore, infatti procede per sussulti, pause, esitazioni, riprese, ha la naturalezza della nostra riflessività continua e non obbligata a nessuna coerenza formale. È una grande novità rispetto ai romanzi dell’800 narrati in terza persona. Il racconto si frantuma in una sorta di caleidoscopio frantumato.

Il nodo del romanzo consiste nei difficili rapporti tra madre e figlio. Nella cognizione del dolore raffigura il ritrovamento della madre agonizzante sul letto. L’opera fu iniziata subito dopo la morte della madre Adele (1936) come narrazione indagine in cui dipanare le cause di una personale nevrosi: la cognizione del titolo è il processo che risale ai perché del dolore, privato e collettivo. Perciò Gonzalo ripercorre i turbamenti dell’infanzia: la mancanza di affetto, i sacrifici economici necessari a mantenere la rispettabilità borghese, la gelosia per il fratello morto, più giovane e bello, prediletto dalla madre. Ritiene poi che, alla nascita, i genitori riscontrarono nel suo corpicino un difetto fisico: tale forma difettiva della prole, è un'altra ossessione da cui Gadda non si libererò mai. Tutti questi torti, veri o presunti, avvelenano ora i rapporti di Gonzalo con la madre. Il romanzo pare scritto coi nervi (G.Contini), in stile acceso, visionario. Toni grotteschi e satirici si alternano ad altri più lirici, tenerissimi nelle loro immagini e metafore. Ciò che manca è invece la prosa comune, l’italiano medio: essa darebbe infatti un’immagine conciliante e falsa della realtà, laddove Gadda vuole svelare il groviglio che sommuove il mondo. Grappoli di frasi, accumuli di parole, alternarsi di grottesco e commozione… E’ il trionfo dell’espressionismo, segno dell’inafferabilità del mondo, e, insieme, di un’acuta sofferenza o disarmonia personale (la disarmonia prestabilita di cui parla il critico Gian Carlo Roscioni). in questo languido paesaggio si erge la villa dei Pirobutirro: nell’apparente semplicità di un grappolo di scene tutte riunite intorno a gesti minimi, impercettibili (una visita, un pranzo, una cena, una nottata). Quella della Cognizione è una plaga densissima di bagliori iridescenti, di buchi neri (“il male che risorge ancora, ancora e sempre, dopo i chiari mattini della speranza”), di smagliature, con un ordito prepotente e spudorato di confessione e marginalità, di spietatezza autobiografica, con la precisa e irredimibile nettezza di indicare i colpevoli: anzitutto quell’Io, “pidocchio del pensiero”, al centro di una celebratissima invettiva

l Sentiero dei Nidi di Ragno: tematiche Il romanzo di Italo Calvino affronta diverse tematiche tra cui sicuramente l’amicizia e il bisogno di accettazione da parte di Pin che vive una forte solitudine sono al centro. Il tutto è ovviamente “circondato” dalla guerra che funge da sfondo in questa disperata ricerca di Pin di amore e attenzione. Pin cerca amicizia sincera, la cerca ovunque per svelare il suo segreto del Sentiero dei Nidi di Ragno. Durante la guerra, che per l’autore è stato un momento seppur breve ma estremamente difficile e importante della sua vita, Pin cresce sempre di più e si fida sempre meno di quelli che lo circondano. Ecco che entra così il terzo tema del romanzo: l’adolescenza. Pin “salta” l’infanzia a piè pari, costretto a crescere troppo in fretta ed entra nel mondo dell’adolescenza in modo nettamente precoce. E di questa fase della vita prende la rabbia e la curiosità per la violenza: il suo esempio di adolescente è Lupo Rosso, il partigiano 16enne che è noto per le sue battaglie, ma che è anche pieno di problemi Quello dei nidi di ragno non è un sentiero reale, bensì immaginario, frutto della fantasia del bambino (e, quindi, di Calvino). Lo stile del romanzo risulta, pertanto, fiabesco, benchè le vicende narrate contengano elementi reali della vita quotidiana (il sesso, la guerra, la morte, l'amicizia, il desiderio, la passione), con i loro risvolti drammaticiIl sentiero dei nidi di ragno esce nel 1947. Il protagonista è il bambino Pin, del Carrugio Lungo. Il libro è ambientato in una città ligure, con ogni probabilità Sanremo, città in cui Calvino ha vissuto nella sua giovinezza, dopo essere nato a Santiago de l’Avana, cioè a Cuba, dove il padre e la madre, due agronomi, si trovavano a vivere e a lavorare. Cosa racconta questo libro? Ci racconta una storia partigiana, la storia di un accampamento partigiano scalcagnato a cui Pin aderisce. Pin è come una sorta di senex puer, di personaggio che circola nel racconto e costruisce una serie di relazioni: il rapporto con la sorella che si prostituisce, con i soldati tedeschi che occupano la città e con il cugino, un altro personaggio importante del libro poiché rappresenta una sorta di fratello-padre, fratello maggiore. Pin è infatti un orfano, un senza padre che cerca questa paternità; ha bisogno di trovare un uomo adulto a cui far riferimento. Ci sono anche altri personaggi come Lupo Rosso, una sorta di alter ego, cioè un fratello maggiore che è diventato un partigiano molto abile e capace nella lotta contro i tedeschi. È sostanzialmente una fiaba che tuttavia ci racconta le cose della realtà: il sesso, la guerra, la morte, l’amicizia, il desiderio, la passione. Ci racconta le storie quotidiane su uno sfondo fiabesco

polizia inizia ad indagare sull’accaduto concentrandosi sul possibile movente di questo omicidio, unico indizio un mozzicone di sigaretta. La polizia inizia a pensare che il delitto sia stato compiuto per motivi passionali, supponendo una relazione tra il farmacista e una sua cliente. Il professore Laurana, non convinto di questa ipotesi, continua ad indagare partendo da una parola scritta nel retro della lettera minatoria, “unicuique”, composta con i caratteri del giornale “L’Osservatore Romano”, ricevuto in paese solo dal parroco di Sant’Anna e dall’Arciprete. Inoltre, il professor Laurana decide di interrogare le vedove di Manno e Roscio ma non ottiene alcun indizio in più. Con il passare dei giorni, Laurana scopre che il vero bersaglio era il dottor Roscio: la moglie Luisa aveva una relazione con il cugino, l’avvocato Rosello, e poiché Roscio aveva scoperto tutto e aveva dato un ultimatum al cugino, quest’ultimo aveva ingaggiato un sicario per ucciderlo a sangue freddo. Venuta a conoscenza delle ipotesi di Laurana, Luisa invita il professore in un bar e riesce a sedurlo, convincendolo della sua estraneità ai fatti e di non essere coinvolta in una relazione segreta con Rosello. Il professore, dopo aver passato tre ore al bar, decide di ritornare a casa ma lungo il cammino viene fermato da un’auto che gli offre un passaggio verso casa: da quel momento non si avranno più sue notizie. Poco tempo dopo, il professore viene trovato morto in una zolfatara abbandonata, a pochi chilometri dal paese, mentre in occasione della festa di Maria Bambina viene annunciato il fidanzamento di Luisa con Rosello, dopo appena un anno e due mesi dalla morte del marito. Non si tratta di libri a sensazioni è un itinerario della mente che fa compiere a i suoi protagonisti, i gialli di sciascia hanno dei compienti ma non fa uscire fuori la verità mostra quanto sia indicata la trama.Sciascia t riprende dei gialli senza soluzioni come jorge lui org Maestro della letteratura argentina del 900; gialli letterari di non faci lettura, o tirannicidi rivoluzionari, sono in qialchemodo gialli evasi gialli puniti, sciascia fu traduttore di letteratura spagnola, quindi prese lo stile, che è una scrittura tesa, ma è una scrittura evasiva da se stessa, parte filosofica, o che sovrastata su se stessa in un innegabile moralismo utopico quindi ha 2 lati : sconforto e moralismo, orgoglioso risorgere della speranza, per dire che la morale prima o poi il bene avrà la

vittoria in questo mondo di malvagi, lo stile teso finisce un linguaggio sottile e avvolgente,. Autore contestato da i suoi colleghi per l’utilizzo di un italiano aspirale che ritorna su se stesso che appare pico italiano, un linguaggio poco classico. (come il maestro pirandello ). Italo Svevo, pseudonimo di Hector Schmitz.

  • La Coscienza di Zeno autopubblicato nel 1922 come terzo romanzo Editore Cappelli; I primi romanzi furono, “Una vita” pubblicato nel 1893 e “Senilità” pubblicato nel 1898. Non ebbero un gran riscontro e si era quasi arreso alla carriera da scrittore. Dopo la recensione positiva di Eugenio Montale, la Coscienza di Zeno spicca il volo. Il romanzo si apre con la prefazione di un certo Dottor S. Segue un preambolo dell’Io narrante che ci presenta Zeno Cosini. Uomo malato di nessuna malattia fisica, ma consuma un’indifferenza costante. È dotato di un’ironia corrosiva. Capitolo 3 il Fumo. Capitolo 4 La morte di mio padre. Capitolo 5 la storia del mio matrimonio. Zeno era innamorato di Ada, una delle 3 sorelle Malfenti, la più attraente, ma causa il suo atteggiamento goffo non riesce a conquistarlo ed Ada si sposa con Guido Speir. Zeno si sposerà con Augusta. Capitolo 6 La moglie e l’amante. Zeno si trova un amante Carla Gerco, una ragazza insignificante in cui non si troverà coinvolto come sempre. Capitolo 7 Associazione Commerciale. Capitolo 8 psicanalisi. Si conclude con l’immagine di un uomo che è in possesso di un esplosivo che lo collocherà al centro della Terra dove ci sarà una grande esplosione. Zeno non è un uomo ozioso, un pigro della vita, ma è un inetto. Sbaglia addirittura funerale di un amico, ritrovandosi ad uno di uno sconosciuto. Zeno parodizza su tutto, sul matrimonio, sull’associazione

il “nemico” appare essere un potere esterno, invisibile e soffocante contro cui l’individuo non ha speranza di potersi opporre; il protagonista de «Il deserto dei Tartari» - il tenente Giovanni Drogo -, si trova invece a lottare contro una forza misteriosa e ineffabile, che lo corrode lentamente e ineluttabilmente, ma che risiede dentro di lui. La fortezza Bastiani, a cui Drogo, giovane ufficiale di prima nomina, viene destinato, rappresenta per lui l’inizio di una nuova vita fatta, – egli crede -, di successi professionali e con le donne, dopo le sofferenze patite all’Accademia. Ma, già nel passaggio evolutivo rappresentato dal distacco dalla famiglia e dalla madre, in lui comincia a covare il tarlo della consapevolezza che il tempo migliore, la prima giovinezza, sia ormai finito.Egli è così continuamente minato dal conflitto tra l’angoscia crescente per lo scorrere del tempo - che erode la sua esistenza privandola delle opportunità sperate e dei sogni coltivati - e l’apparente monolitica e rassicurante certezza - destinata a sgretolarsi sempre più - che tanto gli resti ancora da vivere e intatte rimangano le sue possibilità. Certo non manca in Drogo la consapevolezza di poter abbandonare la fortezza quando vuole, di essere pur sempre formalmente libero, ma le stagioni si succedono uguali, il suo soggiorno in quel luogo remoto e dimenticato, che doveva essere nella sua originaria illusione solo temporaneo, si protrae a oltranza, anche perché i sempre più sporadici ritorni in città, alla vita di un tempo, finiscono per risultare più dolorosi. Gli amici ormai fanno la loro vita, gli affetti di un tempo si sono affievoliti, la stessa casa materna gli risulta estranea e nessuno pare ormai più notare la sua assenza. La monotonia dell’esistenza del protagonista è una condizione molto comune tra gli esseri umani. Il dolore che egli prova e l’assenza di significato che lo pervade sono paradigmatici di una solitudine che non potrà mai essere lenita. Lo stesso Buzzati vive, fin quasi alla sua morte, la routine della redazione del giornale, con il pensiero che essa gli consumi inutilmente la vita: questa sensazione – ha ammesso - rappresentò uno tra i motivi ispiratori del romanzo.L’attesa, l’inazione di Drogo, il suo approccio diventano per il lettore un’importante occasione di riflessione: è necessario infatti fare comunque qualcosa della propria esistenza, per darle un senso nella consapevolezza.Gli affetti, vissuti il più pienamente possibile in tutto lo spettro del loro manifestarsi, diventano così forse l’unico significante motivo del vivere, per tentare di sfuggire a un destino che potrebbe culminare altrimenti, come nel caso di Drogo, in un epilogo crudelmente beffardo. La ricerca del tenente Drogo compendia in sé quella di molti uomini che, saldi nel perseguire un obiettivo, scrutano imperturbabili l’orizzonte.

Vasco Pratolini – Cronache di Poveri Amanti (pubblicato nel 1947) Vasco Patrolini crebbe con sua nonna in Via del Corno, in una camera ammobiliata all’ultimo piano del n.2. È un romanzo fitto di 500 pagine. Vasco è uno degli scrittori autodidatti della letteratura del 900 italiano A 18 anni si stacca dalla famiglia. Ha un lavoro fisso da tipografo ma si ammala ai polmoni come il suo amico Vittorini perché lavorano entrambi a La Nazione di Firenze. Elio introduce Vasco alla rivista della federazione fascista il Bargello. Nel 1941 scrive il suo primo libro “Il tappeto Verde”. È attivo nella politica. Si farà chiamare Rodolfo Casati perché combatterà nella resistenza. Paradossalmente a Napoli scriverà “Cronache di Poveri Amanti”. Ci sono vari personaggi dato che è un romanzo intrecciato di tante storie. Uno, venditore ambulante che ha una relazione con la moglie dell’affittuario. Il tipografo Mario Parigi di cui è innamorata Bianca la figlia di Quagliotti. Un eroe-antieroe Corrado, detto Maciste un ardito comunista che ubbidisce alle leggi del cuore. Il romanzo è una prosa molto pacata, serena, limpida, sia nella costruzione che a livello di sintassi, modi adattissimi a descrivere il mondo che brulica in queste pagine. È una struttura particolare, una narrazione a piani sequenza in cui la storia non si stacca dal personaggio della vicenda. È una struttura

solitudine (“tutto il problema della vita è questo: come rompere la propria solitudine, come comunicare con gli altri”, il contrasto insanabile città-campagna, le suggestioni della letteratura statunitense; In seguito, diverrà centrale il mito del ritorno all’infanzia, alle colline, al mare: nel capolavoro “La luna e i falò”(1950), esso è esposto con intensità e struggimento. Il romanzo "La luna e i falò è il viaggio nel tempo di un trovatello cresciuto bracciante in una fattoria delle Langhe, emigrato in America, e tornato con un po’ di fortuna nelle sue campagne. Elemento, importante, è il ricordo: tornando nel paese d’origine, oltre ad avere una qual sorta di nostalgia di esso, riscopre moltissime cose naturali, come le aie, i pozzi le voci, i canneti, gli odori delle fascine, le vigne, o determinati paesaggi che, emigrando in America, si era dimenticato. Appena arrivato alla sua patria ritorna a rivedere i luoghi di quando era bambino. Luogo: S. Stefano Belbo. Personaggi di questo romanzo sono Anguilla, l’amico Nuto che lo accompagna nel suo viaggio (come Virgilio per Dante). Valino, un mezzadro duro, aspro e scontroso. Cinto, il figlio di Valino. Le tre ragazze, Silvia, Irene e Santa. Santa viene ammazzata dai partigiani perché pensano fosse una spia fascista. Il romanzo è ricco di simboli e significati mitici. Il tema del ritorno e la memoria dei luoghi d’infanzia. Sotto il punto di vista storico, tutto è cambiato:c’è stata la guerra, la Resistenza, ma è cambiato soprattutto perché è cambiato lui stesso. Ultimo tema pavesiano che ricorre in questo romanzo è la morte:

nelle pagine finali un personaggio, Valino, compie l’eccidio della propria famiglia e dà fuoco alla casa. Accanto a questo c’e la morte di Irene e Santina, due delle ragazze che il protagonista aveva conosciuto da bambino. Pavese raccoglie alcuni miti: il mito della città e della campagna, della fuga e del ritorno e anche, chiaramente, il mito dell’America, che rimane solo un sogno, perché in America non c’è mai andato. Vengono inoltre narrati anche i suoi odii, i suoi interessi, la sua curiosità di conoscere e capire la vita contadina. La morale finale che si può trarre è il sentimento di estraneità che una persona prova quando sia allontana dal paese di origine, anche se un tempo è stato il proprio mondo. La narrativa è stata definita di esclusione poiché si vive l’esperienza terrena per giungere a scoprire che siamo degli esclusi, ciò che pensavamo di possedere è stato illusione. Pavese lavorava intorno a due temi: Realismo e Simbolismo. Il racconto è strutturato su due piani narrativi, quello dell'infanzia, con le sue scoperte e il desiderio di avventura e quello della maturità e della delusione. Il romanzo è un libro svolta nella letteratura del secondo dopo guerra perché sente l’influenza della letteratura americana. Il romanzo è anche molto importante a livello stilistico, con un forgiarsi di una lingua alta, nobiltà del linguaggio letterario italiano. Colto ma sensibile ai cambiamenti e ai mutamenti. Riempire il linguaggio di uno tocco volgare, popolare e simbolico. Un nuovo vocabolario di allusività simboliche. I fatti sono riportati

Silvestro si reca sulla tomba del fratello morto in guerra dove trova un uomo sulla toma. Nella conversazione con questo uomo Silvestro si accorge di parlare effettivamente con il suo fantasma. La struttura di questo romanzo richiama i modelli nordici che sono scritti in saga. Il romanzo sembra esser scritto in episodi, in stazionen, stazioni appunto. Ogni episodio sembra essere separato dal precedente e da quello successivo. Quindi la prima grande novità del romanzo è appunto la sua struttura. Non è un intreccio. La novità stilistica sta nell’influenza americana con l’introduzione di clausole narrative come disse, dissi, esclamai, esclamò... Conversazione in Sicilia è anche un grande sogno ad occhi aperti, quello del ritorno e di incontri. È un romanzo fiaba nel senso più alto del termine. Un autore che anche lui darà l'input al neorealismo. Scrive in un'epoca in cui si sente la necessità di velare e di fotografare direttamente la realtà. Ci sono elementi mitici e simbolici come nella conversazione in Sicilia. Vi è la ricerca di uno stile abbastanza sperimentale. La ricerca di Vittorini passa attraverso l'attività di traduttore dell'approccio all'estero. Vittorini sul piano politico dubita, si fa delle domande, un po' come il Silvestro della conversazione in Sicilia. Vittorini è un autore che mette sempre in gioco se stesso. La guerra di spagna fu uno scandalo per il fascismo di sinistra. Usa la ripetizione e calca molto sulla sua perplessità. Si esprime anche a livello testuale. C'è il mito del ritorno, come in pavese per la luna e i falò. Il Silvestro di Vittorini si è tirato fuori dalla povertà. Viene visto come uno straniero e non viene visto come uno del popolo, uno del continente, quasi un americano. Un mito di una messa in crisi d'identità. La mamma di Silvestro si chiama Concezione. Silvestro arriva il 6 dicembre due giorni prima del compleanno della mamma, ovvero l'8 dicembre festa dell'Immacolata Concezione. Un romanzo allegorico Il viaggio di Silvestro in Sicilia si configura come un “ritorno alle origini” del genere umano. Le condizioni di povertà materiale degli abitanti del paese natale e il recupero di alcuni episodi ignoti del passato familiare contribuiscono a determinare questo effetto. L’immobilità “mitica” in cui è immersa la Sicilia consente di fare astrazione dei suoi caratteri specifici

per inserirli in un discorso “universale”. Grazie anche a una scrittura dalla forte componente lirica (si è parlato a proposito di poesia in prosa, cioè di uno stile fortemente indebitato nei confronti del lessico e della sintassi elevata della versificazione), ricca di immagini pregnanti e allusive, il resoconto del viaggio si trasforma così in un racconto allegorico, in cui ogni personaggio assume una funzione che lo trascende. Accade così nel confronto tra il padre e il nonno materno: il primo è figura del sognatore irresponsabile e inetto, pronto a piangere di fronte alle difficoltà; il secondo, invece, come il Gran Lombardo, viene celebrato dalla madre come modello dell’uomo che affronta con fierezza le “offese” della vita. La madre, poi, incarna una femminilità energica e orgogliosa, votata spontaneamente alla cura degli altri: i propri figli, i malati e, nel finale, anche il marito ritornato a casa, che fino a quel momento era stato ripudiato.Silvestro elabora una teoria secondo la quale il genere umano si dividerebbe in due: “uno perseguita e uno è perseguitato.

  • Vitaliano Brancati – Don Giovanni in Sicilia (pubblicato nel 1942) Brancati nasce in Sicilia nel 1907 e muore a Torino nel 1954. A Catania fonda la sua prima rivista di chiara ispirazione D’Annunziana dal titolo Ebe e decide di iscriversi al partito fascista. Inizia la sua carriera dal teatro scrivendo Fedor tra il 1924 e il 1925. Si laurea in lettere nel 1929. Nel 1932 un altro testo teatrale che si chiama Piave. Iniziano poi le prime scritture che segnano la rottura del vecchio Brancati affilando le sue armi di scrittore satirico. Intanto scoppia la seconda guerra mondiale e il 1939 per lui sarà l’anno della benigna disperazione. Inizia a scrivere Don Giovanni in Sicilia. Giovanni Percolla è un quarantenne scapolo che vive con le sue sorelle a catania Rosa, Barbara, Lucia. La vita di Giovanni cambia quando incontrerà lo sguardo di Maria Antonietta, conosciuta come Ninetta, della famiglia dei Marcolella. Si sposano e vanno a vivere a Milano. Il romanzo ha un finale aperto. Non si sa cosa succederà alla fine, quale sarà la scelta di Giovanni. C’è un’ironia leggera ed estremamente elegante su un tema