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Nozioni generali sull'utilizzo dei giochi moderni nell'apprendimento educativo
Typology: Summaries
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Nella comunicazione di tutti i giorni il parlare di videogiochi è un parlare viziato da pregiudizi → i pregiudizi sono le idee che utilizziamo automaticamente, senza avvertire la necessità di spiegarli e giustificarne l'uso. Per tale ragione costituiscono per il pensiero libero una gabbia. Tuttavia, non esiste né è possibile un contesto culturale libero da pregiudizi. Quando sentiamo parlare di videogiochi ci precipitiamo a sanzionare questo comportamento dimenticandoci molto del nostro agire è guidato da pregiudizi e stereotipi. Proprio l'idea di non partire da idee preconfezionate ci ha suggerito di muovere da un'esperienza concreta. Che cosa pensa dei videogiochi un gruppo di adulti con compiti educativi? Il pretesto è stato un intervento formativo dal titolo “genitori online: per non essere mai disconnessi dal mondo dell'educazione”, organizzato tra i mesi di aprile e maggio 2011 presso l'Oratorio San Giovanni Bosco di Verdello (BG). Il corso svolto prevalentemente con modalità laboratoriale, aveva l'obbiettivo di mettere in dialogo varie figure adulte attorno al tema dei media, con sguardi specifici sul rapporto fra i giovani e le nuove tecnologie. Le quattro serate hanno attraversato i seguenti argomenti:
VIDEOGIOCO è... Devastante diseducativo pigrizia alienazione non avere più tempo per altro (difficile resistere!) dipendenza ipnotizzato Sono fatti bene, accidenti a loro! Divertenti danno dipendenza simulano una realtà solo apparente pubblicità un gioco per chi ne fa uso con giudizio ossessivo e patologico per chi abusa fino a farlo diventare una patologia il videogioco ti “prende”. Quanto più “riesci”, meno vorresti smettere relax, a volte troppo lungo gioco interattivo gioco, tempo libero prontezza, divertimento , “ansia” un passatempo Nintendo... mettersi alla prova Un gioco con il quale misurare alcune tue capacità stimola la fantasia, diverte, aiuta la socializzazione momento per rilassare il fisico vincendo videogioco è BELLO fantasia divertimento Isolarsi solitudine causa di litigio li odio perché perdo sempre con le mie figlie Uno strumento di gioco divertente, ma se usato male isola Unione, gruppo
In prima istanza sono state organizzate le indicazioni emerse dal brainstorming attorno a tre categorie principali:
Ogni intervento di media education, indipendentemente dal medium su cui ci si focalizza, aiuta a sviluppare una sensibilità generale, una curiosità nuova a vantaggio di un incremento del senso critico. Alcuni temi che sono emersi in sede di valutazione del percorso sono: i videogiochi sono violenti? Vi sarebbe un legame più o meno evidente tra l'attività videoludica e l'introduzione alla violenza, a causa dei contenuti dei game stessi o degli effetti di eccitazione che lo schermo illuminato provocherebbe. In realtà il problema è molto più complesso e ha a che vedere con il tipo di negoziazione che il videogiocatore esprime giocando, piuttosto che con lo strumento in sé. Cosa sappiamo davvero dei videogiochi? Spesso le valutazioni sulla maggior parte degli eventi che ci riguardano da vicino sono influenzate dalla nostra scarsa conoscenza. Allo stesso modo ciò che una persona conosce del mondo dei videogiochi influenza ogni sua valutazione in merito. Pensiamo a quanti strumenti si possono utilizzare per giocare a un videogioco: console portatili, console casalinghe, giochi per computer, giochi online e videogiochi sul cellulare. Più ci vengono offerte occasioni per confrontarci con modalità e strumenti diversi, più si aprono per noi finestre originali su questo orizzonte mediale. Più abbiamo elementi di confronto e più il nostro ragionare può essere raffinato e allontanarsi dallo stereotipo. Il problema non è di poco conto: la libertà ha a che vedere con la conoscenza i videogiochi seducono? Interessante la comparsa di riferimenti alla seduttività dei media. È evidente che i progettisti dei videogiochi sono maestri nell'arte della fascinazione. Non tutti i videogiochi sono uguali e dinanzi alla mole di discorsi correnti sulla già citata violenza nei videogiochi come fattore di rischio, consideriamo un reale pericolo formativo la banalità di molti prodotti che puntano esclusivamente sulla dimensione della seduttività. Conoscere i videogiochi permette anche questo: il riconoscimento della qualità di un prodotto, degli apprendimenti che stimola, degli aspetti simulativi che presenta. I videogiochi educano? Si può pensare al videogioco come un strumento educativo? A quali condizioni? Se il videogioco è uno strumento di comunicazione, gioco e rappresentazione del reale che muove, condiziona e modifica i nostri strumenti di pensiero, le nostre idee e i nostri valori un uso attento e consapevole in un luogo di un uso irriflesso, un uso accompagnato in un luogo di uso solitario possono essere i veicoli di transito verso forme educative di utilizzo. Dicendo questo, facciamo una distinzione terminologica fra “educazione” e “educativo”. Dove il primo sarebbe il mondo dell'incremento non controllato pedagogicamente e attraversato dai rischi della strumentalizzazione, e il secondo, il mondo della crescita nel senso dell'abilitazione alla vita, animate da una costante attenzione pedagogica.
Il dibattito che in ambito pedagogico si sta facendo negli ultimi anni sulle potenzialità formative del videogioco ha visto un lento ma progressivo spostamento dell'atteggiamento delle istituzioni e delle figure presenti all'interno delle agenzie educative verso il riconoscimento di ampie potenzialità formative anche se non si è riusciti ancora a definire quali debbano essere suddivisi in due categorie: i contributi che, centrando la riflessione sull'attività videoludica nell'ottica del dualismo rischi benefici nell'utilizzo di tale medium, evidenziando i primi, adducendo ricerche spesso di scarso valore scientifico e si limitano a indicare genericamente i secondi; i contributi che,esaltano il medium videoludico come potente mezzo per l'apprendimento, specialmente a livello disciplinare, senza però giustificare tale affermazione con riferimenti teorici e senza individuare le modalità con cui il videogioco possa entrate all'interno dell'attività didattica quotidiana.
Per riflettere sul significato che il videogioco assume all'interno della ricerca pedagogica occorre comprendere il ruolo che tale medium ha nella società odierna e gli orizzonti di senso che assume nel rapporto con l'uomo. Per secoli, ogni cultura ha generato giochi diversi rispetto alle culture precedenti e successive, creandone di nuovi ed eliminando i “superflui”, quindi, viene naturale domandarsi perché il videogioco sia comparso ora. In prima battuta, si potrebbe rispondere che solo adesso la tecnologia ha consentito di sviluppare tale modalità di intrattenimento. La tecnologia ha sempre più contaminato le dimensioni operative dell'uomo , dal settore industriale essa si è sempre più inserita negli ambiti connessi con gli oggetti di conoscenza. Il risultato di un tale processo evolutivo dell'attività ludica, iniziato secoli fa con l'introduzione di piccoli congegni meccanici azionati a mano o sfruttanti l'energia elettrica (tecnologia analogica) si è ora attuato con il videogioco (tecnologia digitale). Il punto di partenza si concentra sul rapporto tra l'uomo e la macchina nel momento in cui quest'ultima diviene il tramite dell'attività ludica. Attualmente, il rischio maggiore risulta legato al fatto che tutta la cultura ludica analogica possa non trovare una modalità per essere digitalizzata. Il termine “digitalizzazione” non viene inteso come il processo di conversione di fenomeni e comportamenti in rappresentazioni discrete attraverso algoritmi matematici, ma si considera il significato che tale processo sta comportando per l'uomo stesso: l'impossibilità di simulare le dimensioni più profonde e intime della persona umana e la riduzione di alcuni aspetti esperienziali a fruizione mediata e semplificata nel digitale. Il gioco digitale non deve essere visto in contrapposizione o sostituzione del gioco analogico, ma deve essere considerato come un nuovo modo di concepire il gioco in senso lato, in quanto la sua presenza arricchisce il panorama ludico generale. La situazione emblematica è quella dei videogiochi detti “simulazioni infinite”, quali SimCity (Maxis, 1989) e TheSimps (Maxixs,200), in cui il giocatore potrebbe giocare una partita senza fine, senza raggiungere mai un obbiettivo chiaro se non il prolungare interminabilmente il gioco stesso. Giochi digitali con tali caratteristiche fanno emergere un'altra questione fondamentale: devono essere considerati ancora video”giochi” oppure dovremmo chiamarli video”giocattoli”?
negativi che relegano il gioco nei confini di una pratica didatticamente inutile, da svolgersi solamente dopo occupazioni produttive e intesa come lo riempitivo di un tempo vuoto. Le agenzie educative appaiono refrattarie a considerare il gioco come metodologia formativa, tanto che, l'attività ludica deve trasformarsi in attività fisica. In tal senso, il percorso che il gioco e il giocatore subiscono all'interno dei diversi gradi scolastici: nella scuola dell'infanzia risultano essere il principio cardine dell'agire formativo, mentre nella scuola secondaria hanno cittadinanza solo come attività sportiva nelle ore di educazione motoria. Il videogioco sta vivendo una situazione analoga, poichè non è ritenuto adeguato alle esigenze e alla cultura delle agenzie formative in generale e per tale motivo deve essere piegato ed etichettato come “gioco serio”. Il dibattito attorno al serious game è amibiguità e confusione, si tende ad avere un'idea poco chiara di quali siano i confini che differenziano i serious game dai giochi commerciali da scaffale. In alcuni casi questi ultimi acquisiscono connotazioni proprie dei primi poiché palesano scopi educativi; in altri casi risultano essere molto lontani, in questo sembra che concentrino il loro focus sul divertimento. Inoltre, il significato “serious”, da un lato mostra l'incertezza del settore e, dall'altro, cerca di nascondere un obbiettivo spesso più commerciale che educativo. I serious game si differenzierebbero dai giochi commerciali per “lo scopo educativo esplicito attentamente ponderato” nonostante si affermi al contempo che il termine “ serious” vuole far riflettere sullo scopo del gioco, sul perchè è stato creato e non ha relazione con il contenuto del gioco stesso.
Dalla difficoltà di definire cosa sia il gioco scaturisce anche la complessità di giungere ad una definizione univoca di videogioco. Occorre analizzare per quali elementi e dimensioni del videogioco e il gioco sono simili e al contempo dissimili. È opinione comune che la caratteristica principale del videogioco sia la sua capacità di rispondere in modo adeguato agli stimoli proposti dal giocatore (input). In realtà, tale processo, deve essere visto in un'ottica bilaterale, in quanto anche il giocatore reagisce alle situazioni presentate dal gioco: l'interattività può quindi essere definita come la possibilità di “sperimentare l'ambiente, esplorarlo e,infine, interagire con esso e cambiarlo”. Il processo di mutua interazione crea un legame forte tra l'uomo e la macchina al punto che il primo immerge completamente nel secondo, arrivando anche a isolarsi dal mondo reale, mentre il secondo non può esistere senza il primo, nel senso che è l'uomo il vero motore dell'attività ludica. L'esperienza vissuta all'interno di un mondo virtuale è rappresentata da tre dimensioni:
quest’ottica, si può affermare che l’interazione dev’essere intesa come l’azione che un soggetto svolge all’interno di un determinato sistema. In secondo luogo, la partecipazione comporta la conoscenza della natura del rapporto con la tecnologia nelle dimensioni finali, modali, temporali e spaziali e relazionali. La funzione simulativa propria del videogioco è il risultato di un processo ricostruttivo di tipo riduttivo di un mondo reale o fantastico. Tale processo ricostruttivo si realizza attraverso l’analisi di un fenomeno e la conseguente programmazione di un modello matematico. Ha due serie di caratteri:
gradualmente a tutte le caratteristiche e condotto per mano a sperimentare immediatamente le conoscenze appena acquisite; A differenza del gioco non digitale, in cui la difficoltà e la complessità prodotte dalla combinazione delle regole sono presenti sin dall’inizio e variano in base all’abilità dell’avversario, alcuni videogiochi aumentano gradualmente il livello di difficoltà e complessità man mano che il gioco prosegue, adeguando queste due dimensioni alle abilità del giocatore.
La domanda che spesso gli adulti fanno è “Quali videogiochi sono più adatti per…?”. La paura di genitori ed educatori è quella di lascaire i propri figli o i propri studenti in balia di uno strumento che possa in qualche modo rovinare o corrompere in modo irreversibile le potenzialità delle generazioni più giovani. Non è facile rispondere ad una domanda incentrata su questi cliché , perché l’interlocutore non ha un’esperienza diretta o, se l’ha, è ridotta, e ciò non consente d’impostare una discussione che: Faccia comprendere il ruolo e le potenzialità del videogame all’interno della società contemporanea; Evidenzi le difficoltà e le similitudini con il gioco tradizionale, nonché le tipologie d’interazione tra i giocatori; Porti ad individuare le modalità con cui sviluppare capacità critiche nell’utilizzo dei videogiochi.
Ogni comportamento, ogni atteggiamento e ogni forma comunicativa non possono separarsi da una trasmissione valoriale più o meno esplicita e intenzionale. Nell’ambito della relazione tra mass media e valori, i videogame si differenziano dai media tradizionali in quanto stimolano e attivano innovative forme di visual thinking. La struttura narrativa del videogame è da considerarsi “fine, atto ed etica”. Tale connubio risulta funzionale a intenti di diffusione valoriale, in quanto, non essendo i valori assimilabili a norme rigidamente acquisibili e applicabili, ma, gli spazi d’indagine attiva concessi dall’ambiente video ludico rappresentano un importante territorio di sperimentazione protetta; l’utente, cioè, può mettere in campo scelte connesse a strutture valoriali diversificate, per vederene le conseguenze senza arrecare danni a se stesso o ad altri. I videogiochi sono spesso additati quali conduttori di disvalori, soprattutto perché accusati di glorificare la violenza anche nelle forme più efferate.
Concentrandosi unicamente sui contenuti violenti dei videogiochi, però, si rischia di non considerare sufficientemente le potenzialità degli stessi in prospettiva educativa. È possibile non rendersi adeguatamente conto di quanto i videogiochi possano influire sulla nostra struttura valoriale poiché, come tutti i media, non sono ideologicamente neutrali. Il ruolo che i videogiochi svolgono all’interno delle dinamiche di crescita e riflessione di adulti e bambini non è connesso unicamente al prodotto ma alla funzione che ai videogiochi viene concessa dalle figure educative di riferimento e alla capacità di queste ultime di fornire stimoli significativi sui prodotti fruiti.
Il concetto di valore è caratterizzato da una sorta di ambiguità semantica, poiché immediatamente comprensibili ma dotati di un’estensione semantica tale da renderli di difficile definizione. L’approccio più tipicamente pedagogico analizza la nozione di valore a partire da quattro differenti prospettive tra loro correlate: Astratta, come realtà oggettiva, come preferenza soggettiva e come determinazione storico culturale. I valori sono una raffigurazione mentale di ciò che un singolo soggetto o un intero gruppo considera desiderabile, definiscono i comportamenti e gli scopi maggiormente utili all’interno di un gruppo di alternative, divengono, criteri di azione, atteggiamenti e aspirazioni in relazione a soggetti e situazioni, infine, rappresentano criteri di giudizio morale. All’interno della nozione di valore è possibile individuare tre componenti fondamentali:
lontano da noi. Così, in risposta al luogo comune secondo cui i videogiochi sono una fonte d’isolamento, l’ambiente ludico diventa occasione d’incontro. Vi è poi un altro aspetto e cioè la non equa diffusione dei videogiochi, infatti, assistiamo ad una sorta di etnocentrismo video ludico, data dal fatto che la maggior parte delle realtà produttive appartiene ad un contesto culturale ristretto. Sebbene consapevoli dell’impossibilità che tutte le realtà siano equamente rappresentate dai media, possiamo affermare che il videogioco è potenzialmente uno strumento di positiva contaminazione multiculturale.
I videogiochi consentono di sperimentarsi, soprattutto emotivamente, all’interno di un ampio universo decisionale, subendone le conseguenze. Soprattutto i videogiochi di ruolo e di simulazione si configurano come palestre decisionali e relazionali, in cui testare il proprio agire. I videogiochi possono essere considerati uno stimolo a superare la morale della terza persona, tesa alla determinazione di ciò che l gruppo di appartenenza considera moralmente corretto, e indirizzandosi piuttosto verso una morale della prima persona, orientata alla crescita progressiva del soggetto all’interno di un insieme di rappresentazioni e convinzioni in cui si trova culturalmente collocato. Infine, un elemento importante nella considerazione dei videogiochi come palestre decisionali è il senso di sicurezza che il giocatore percepisce, garantito dalla reiterazione continua di azioni all’interno di realtà virtuali di cui si fa esperienza gradualmente. A differenza de mondo reale, il mondo virtuale ci da una seconda possibilità per fare la scelta giusta.
Il sistema formale così come quello non formale e informale concorrono insieme allo sviluppo della persona, costituendosi come occasioni differenti di socializzazione.
“fantasia” e “creatività” sono dimensioni inventive e produttive della mente umana sono sorprendentemente presenti e sembrano compenetrarsi nel videogioco, dove una fantasia illimitata e una creatività spesso illusoria riescono a convivere. L’aspetto grafico di moti videogiochi è spesso espressione di grande creatività e di eccezionale abilità tecnica e raggiunge livelli che permettono di compararlo ad un prodotto d’arte.
Il disegnatore correda le dinamiche del gioco con immagini che sono espressione di un mondo ricco di forme e colori, talvolta attingendo linfa da documenti storici, dal patrimonio iconografico del passato o dalla fotografia. Accompagnate da suoni, esse favoriscono l’immersione in situazioni coinvolgenti e accattivanti, non di rado con l’utilizzo di diversi linguaggi simbolici, ma troppo spesso anche prive di quell’armonia, quella lievità che un momento di gioco meriterebbe. Anche i movimenti dei protagonisti del gioco, ripetitivi, ritmici, spesso nervosi e fulminei non favoriscono una rilassata fruizione dell’insieme. Anche se non sempre è così. Il progettista grafico di un videogioco, non porta avanti un lavoro individuale ma di gruppo, nella quale si attua il coinvolgimento di altri creativi, con diverse specifiche competenze, che realizza un prodotto rivolto ad una comunità. Stare davanti ad un videogioco coinvolge l’individuo in un divertimento che lo porta ad esplorare spazi molto affascinanti, a stupirsi in ambienti ricchi di particolari, a incontrare personaggi puntualmente descritti negli abbigliamenti e nei costumi realizzati con grande maestria grafica e con l’uso di raffinate tecnologie. L’incontro fra l’individuo e il videogioco può essere anche un momento dove vi è un incontro con l’arte. L’esperienza con l’illustrazione che fanno i bambini nella prima infanzia è espressione di una produzione di attenta qualità. Nelle successive tappe di crescita degli individui il moneto del gioco affiancato al tempo del videogioco, segue altre estetiche, con il rischio di vanificare l’armonia che si è cercato di donare ai piccoli. Sembra che la forza e la dinamica narrativa del videogioco abbiano il sopravvento sulla dimensione estetica. Spesso nel videogioco si deve agire in maniera fulminea, con azioni ripetitive e si ha l’impressione che non ci sia il tempo di soffermarsi sull’aspetto estetico: la grafica è funzionale alle dinamiche del gioco. Va si sicuramente sottolineato che l’estetica del videogioco è strettamente legata alla possibilità implementativa del periodo storico con il quale il software è stato progettato. Esempi di buona grafica in videogiochi che esaltano la fantasia, ma che mettono contemporaneamente in gioco ambienti e paesaggi con prospettive irrompenti ed efficaci possono essere le due puntate di “Syberia” e “Assasin’s Creed”. in questo caso ci troviamo di fronte ad un prodotto di altissimo livello di design che propone una precisa analisi storico ambientale di luoghi, costumi e comportamenti.
L’incanto estetico viene subito percepito dai piccolissimi. Il problema si pone quando la capacità di scelta dei piccoli e dei giovani non è adeguata al rale contenuto del gioco. Nel gran numero di giochi educativi per i piccoli, ci si imbatte spesso in proposte grafiche e sonore che presentano composizioni dure e goffe, spesso sgraziate. Se solo si guardasse alla produzione grafica che realizzano i bambini, si percepirebbe quanto bisogno manifestano di una comunicazione spontanea, semplice e chiara e trasferibile anche nel gioco. Bisogna inventarsi attività che favoriscono nei piccoli e nei giovani la possibilità di soffermarsi, analizzare e considerare il rapporto di “affascinazione” tra i messaggi visivi, i suoni, i rumori talvolta fragorosi e assordanti, e l’insieme del messaggio estetico contenuto nel gioco. Gli educatori si trovano di fronte ad una generazione che ha bisogno di uno stimolo costante: ragazzi traboccanti di un’adrenalina continua, che la scuola fatica a contenere con il rischio di non riuscire a
e al lavoro di interpretazione messo in atto dal ricevente. Rimanendo allo specifico dei videogiochi dobbiamo ricordare che al piano narrativo si associa il piano delle “meccaniche di gioco” che consiste nell’insieme degli elementi e delle relazioni tra gli elementi attraverso cui il giocatore gioca. Grazie agli apporti di questi quattro contributi disciplinari e metodologici, l’analisi dei prodotti video ludici si ottiene: Dall’applicazione al testo stesso di una serie di griglie di lettura che permettono di considerare sempre più nel particolare i diversi elementi che lo compongono; Dalla ricostruzione, di un senso complessivo del testo, in una sorta di filo rosso che leghi insieme il significato degli elementi precedentemente analizzati uno per uno.
Il problema della costruzione di griglie di analisi da applicare ai testi mediali in contesto educativo si risolve ponendo attenzione ad una duplice serie di questioni: la prima è di ordine epistemico, cioè, la griglia dev’essere costituita in maniera rispettosa delle tendenze più aggiornate che gli studi sulla comunicazione hanno messo a punto. La seconda è di ordine pedagogico- didattico, cioè, la griglia dev’essere coerente con gli obiettivi didattici del percorso e dl contesto nella quale sarà impiegata dall’educatore/insegnate. Sono scarsi gli esempi di griglie specificatamente pensate per i videogiochi e congruenti con la natura pedagogico-didattica di un percorso di videogame education. David Buckingham si limita ad indicare sette aree:
La convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, consente di affrontare non solo le questioni che la diffusione delle tecnologie informatiche ha reso particolarmente spinose, ma il più globale problema della fruizione mediale da parte dei minori. I principi che vengono sanciti dalla convenzione sono sostanzialmente quattro:
L’unica modalità attualmente in uso per tutelare i diritti dei bambini in fatto di videogiochi e quella della loro classificazione o rating. I più diffusi sono il PEGI (Pan European Game Information) e l’ESRB (Entertaiment Software Rating Board). Esistono anche sistemi di classificazione per videogiochi mutuati dai sistemi di classificazione dei film come il BBFC (British Board of Film Classification). Dal punto di vista istituzionale
rating, tenendo conto di ciò che solo lui può sapere del proprio figlio. Questa forma di rating ripone nei genitori una maggior fiducia e fornisce loro i dati necessari per prendere autonomamente le decisioni di loro competenza. In rating valutativo, al contrario, semplifica la vita al genitore ma lo espropria del suo ruolo e lo espone al rischio di compiere scelte non mirate, di conseguenza lasciando aperta la possibilità che un bambino fruisca di contenuti che non sono adatti a lui o che potrebbero essere una valida occasione di crescita. Le criticità risiedono: Nel modo in cui è condotto il rating descrittivo; Nel modo in cui il rating descrittivo incrocia quello valutativo, cioè nel modo in cui gli esiti dell’analisi di contenuto del videogioco producono una determinata icona d’indicazione sull’età. In sostanza, la politica dell’industria video ludica è consapevolmente paradossale: la scelta di “contare il negativo” premia sul piano dell’immagine e non danneggia troppo sul piano delle vendite. La scelta del negativo, ha anche un’altra origine, e cioè il fatto che anni di campagne denigratorie, prima verso al tv poi contro internet e i videogiochi hanno abituato tutti quanti a pensare solo quello, atrofizzando la capacità di pensare ai videogiochi in termini positivi, vale a dire come a dei giocattoli capaci di stimolare esperienze e facoltà verso le normali caratteristiche dell’attività ludica.
Sappiamo bene che i sistemi di classificazione dei videogiochi a tutela dei diritti dei minori non sono l’unica possibilità di suddividere in categorie il vasto mondo dei software video ludici. La classificazione “morfologica”, avanzata da un’équipe di ricerca francese, ha individuato una serie di 10 “game brick” che si ritrovano pressoché identici in tutti i videogiochi: 6 si riferiscono a situazioni o azioni proposte dal software stesso e 4 si riferiscono alle reazioni del giocatore per raggiungere l’obiettivo della vittoria. In questo modo la classificazione non è basata sui contenuti ma sui “mattoni” logici che compongono il gioco nel mentre in cui è giocato. Questa interazione tra soggetto e oggetto del videogiocatore è particolarmente significativa dal punto di vista pedagogico, consapevoli ch generalmente un giocattolo non è “adatto” o “non adatto” in termini assoluti, ma lo è in riferimento a uno specifico soggetto bambino. Ciò implica una responsabilità notevole da parte degli adulti che si prendono cura dei più piccoli. È utile che un nuovo modello di classificazione considerasse non solo gli elementi di contenuto negativo ma anche gli aspetti positivi, ciò avrebbe anche la funzione di sviluppare un minimo livello di competenza mediale negli adulti. Sulla base delle riflessioni su esposte abbiamo provato a elaborare una griglia di classificazione dei videogiochi basata sui seguenti principi:
La tabella si compone di 5 gruppi d’informazioni (tipologia del videogioco, età consigliata, contenuti negativi, giocatori e parole chiave) utili per gli adulti acquirenti. Però per l’applicazione di tale sistema bisognerebbe svolgere altri tre passaggi ovvero: La messa a punto delle categorie presenti in alcune voci; L’elaborazione del sistema multifattoriale di classificazione per età; L’applicazione della griglia ad un campione sufficientemente ampio di videogiochi per testarne l’efficacia.
Solitamente quando ci si trova di fronte a situazioni inspiegabili e che non si sanno gestire i due atteggiamenti più frequenti sono: l’accettazione ed il rifiuto. La stessa cosa succede in riferimento ai videogiochi, si pensa che non abbia una dignità culturale ed artista e che sia la causa della decadenza di valori sociali. La difficoltà a contestualizzarlo porta il videogioco a stentare ad entrare nei processi formativi. Esistono però alcune cause a cui ci si può riferire: -cultura: il gioco gode di poca considerazione nella cultura moderna.
1.1 Le ragioni di un laboratorio (Nel seguente capito si possono trovare le esperienze che l’autrice –Anna Ragosta- ha compiuto da sola o con altri membri del gruppo VGE) Il videogioco è un medium complesso, ha enormi potenzialità come risorsa didattica e formativa. Sul fine degli anni 90 hanno iniziato a proporre percorsi che mettessero genitori, insegnati ed educatori in contatto diretto con i videogiochi. L’obiettivo era quello di permettere una riflessione sull’universo video ludico e fornire degli strumenti di analisi che permettessero di superare una conoscenza superficiale, e modelli operativi che consentissero di utilizzare in modo critico e consapevole tale medium durante il tempo libero e la scuola.