














Study with the several resources on Docsity
Earn points by helping other students or get them with a premium plan
Prepare for your exams
Study with the several resources on Docsity
Earn points to download
Earn points by helping other students or get them with a premium plan
Community
Ask the community for help and clear up your study doubts
Discover the best universities in your country according to Docsity users
Free resources
Download our free guides on studying techniques, anxiety management strategies, and thesis advice from Docsity tutors
Riassunto del libro: Lavorare con le diversità. L'educatore fra professionalità, motivazione, intelligenze. A. Mannucci
Typology: Summaries
1 / 22
This page cannot be seen from the preview
Don't miss anything!
10 febbraio 1984 → prima definizione normativa della figura dell'educatore nell'estate del 1977, venne emanata la legge 517 che abbatté simbolicamente le mura delle aule delle classi differenziali. La legge ha segnato una ridefinizione del concetto di “diversità” e di “normalità”, tale legge significava che nascere con un deficit non avrebbe più voluto dire essere discriminato fin dall'infanzia perché rinchiuso in luoghi riservati. Nel giro di alcuni anni le scuole cominciarono ad accogliere coloro che erano stati sempre emarginati. Ma non si doveva “inserire” si doveva “integrare” cosa molto più difficile sopratutto perché il problema che ci si poneva era quello del “dopo scuola”, cosa avrebbero fatto queste persone dopo aver preso il diploma? L'idea di educazione non si doveva fermare alla scuola bensì alla dimensione totale della vita. Altre due leggi furono molto importanti:
Si arrivò al 1997 al d.l 460/97 che definiva un nuovo soggetto fiscale: le ONLUS → organizzazioni non lucrative di utilità sociale altre leggi importanti: 104/92 → andò a completare quella degli aspetti legati alla diversabilità 328/00 → legge quadro di riforma dell'assistenza Formazione universitaria le operatrici e gli operatori erano persone provenienti dal volontariato o comunque diplomati o in alcuni casi laureati. Mancava quindi una formazione specifica per queste figure nuove di operatrici/operatori sociali che stavano diventando anche operatrici/operatori educativi che dovevano consolidarsi in una nuova figura professionale: L'EDUCATORE EXTRA SCOLASTICO. Furono le regioni a istituire vere e proprie scuole professionali. Ma non molto tempo dopo l'università trasformò le facoltà di magistero in facoltà di Scienze della formazione, con un corso di aurea in Scienze dell'educazione. I luoghi e gli attori dell'educazione l'educatore e/o educatore professionale opera principalmente in vari ambiti:
I cambiamenti che l'educatore attiva e favorisce non riguardano quasi mai una singola persona , ma coinvolgono anche l'insieme delle sue reti di relazione e i suoi spazi di vita. Tramma colloca le azioni che l'educatore attiva:
La relazione educativa inoltre è una relazione asimmetrica tra una persona che “trasmette” qualcosa ad un'altra, senza che tale disparità sia caratterizzata da una posizione “superiore” e una “inferiore” adottando comunque uno stile relazionale adeguato ai bisogni dei soggetti in difficoltà. Il lavoro dell'educatore è relazionale non solo in rapporto ai soggetti destinatari ma anche in rapporto ad altri educatori e alle famiglie. Per questo motivo è fondamentale la dimensione progettuale, che significa, lanciare nel futuro un'idea, pensare dove, come e quando realizzarla e dandosi un punto d'arrivo, una meta da raggiungere. Qualsiasi progetto deve presentare logicità e congruenza tra le diverse componenti, ovvero, è composto da:
importante dare potere a quest'ultima, nel senso di dare risorse. Il lavoro di rete è dunque da intendersi come l'insieme di azioni che sostengono il consolidamento delle diverse reti e/o le utilizzano per migliorare la qualità dei servizi e dei progetti o la qualità della vita delle persone verso cui progetti e servizi si rivolgono. Le nuove sfide: infanzia e adolescenza La realtà del mondo giovanile è una delle più complesse che nella ricerca dell'identità va dalla definizione della propria sessualità alla ricerca del proprio ruolo sociale, dai rapporti con la famiglia a quelli con le istituzioni. Questo determina una condizione di profondo disagio per l'adolescente ma un dato di fatto che si fa sempre più evidente è la difficoltà degli insegnanti a trovare i giusti rapporti educativi che possano quantomeno affrontare le problematiche dei propri alunni legate a situazioni familiari, sociali, psicologiche, etniche, fisiche, materiali e così via. In questa ottica si va sempre più definendo la necessità di interventi mirati con figure professionali di educatori. Quest'ultimi devono riuscire a entrare il più possibile con i bambini e gli adolescenti, deve saper ascoltare i loro bisogni e la possibilità di realizzarsi al meglio esprimendo le proprie potenzialità e imparando a rielaborare situazioni problematiche che via via possano presentarsi loro. È importante comunicare ai soggetti che non ci sono solo “diritti” ma anche “doveri” chiamando al senso di responsabilità e di rispetto anche gli altri. Sarà importante raggiungere un equilibrio tra le esigenze e i bisogni dei giovani e le richieste degli adulti. È dunque importante instaurare una relazione empatica con l'adolescente per comprendere e offrire soluzioni specifiche per ogni singola situazione, dando un sostegno alla sua incompleta identità senza però identificarsi completamente altrimenti l'educatore non riuscirà a svolgere il proprio ruolo e il proprio compito. Questo aspetto va visto anche in relazione al fenomeno che potremmo definire dell'aggressività, viene continuamente registra la diffusione tra gli adolescenti di comportamenti legati al estrema aggressività seguita da una crescente difficoltà di intervento, non sono soltanto azioni di teppismo di violenza a preoccupare ma anche comportamenti legami alle seguenti trasgressioni e al non rispetto delle regole in famiglia, agli episodi di bullismo e agli atteggiamenti di incomunicabilità e ribellione nei confronti del mondo adulto. Possiamo perciò fermare che ha la difficoltà legata ai mutamenti del proprio corpo e ai primi tentativi di inserimento del tessuto sociale si vanno sempre aggiungendo nuovi disagi, familiari e sociali, che portano a questi atteggiamenti trasgressivi. È fondamentale soffermati sull'importanza della comunicazione con i genitori e su quelle che sono le modalità utili per favorirla; importante il ruolo svolto dalla relazione, il confronto educativo e la riflessione critica, in modo così da evitare incomprensioni,indispensabile un dialogo aperto e significativo con l'adulto ed è fondamentale la costruzione di una cornice educativa. Ciò che manca è una comunicazione che sia più efficace che vuol dire, farsi capire, esprimersi con un linguaggio chiaro e semplice nei modi e nei contenuti;in seguito capire l'altro, ascoltare davvero quello che una persona deve dirci,il significato che attribuisce alle cose che la circondano. Nel continuo scambio relazionale l'adulto deve imparare a superare la rigidità che spesso caratterizza il proprio ruolo. la comunicazione perciò si incentra sul come svolgere un' azione educativa ,fondata sulla comunicazione si dovrebbe poter dare ai giovani la possibilità di possedere tutti quegli strumenti e quelle modalità che li rendano in grado di decidere con più autonomia e consapevolezza. è comunque impossibile fornire risposte e indicazioni precise
sia perché l'educazione non è trasmissione di modelli precostituiti e modificabili, sia per i cambiamenti portati dagli scenari sociali e culturali che richiedono nuove strategie. Non bisogna essere ne permissivi ne autoritari è importante riflettere sulle regole,sul bisogno degli adolescenti di avere limiti, che diventano una necessità esistenziale senza la quale il percorso di crescita non si sviluppa con pienezza. L'educatore deve impegnarsi su due punti: uno affettivo relazionale e uno sociale ed educativo. è in questa ottica che nasce e si consolida la Comunità educativa, che è un osservatorio sui problemi e i bisogni della popolazione minorile,sopratutto di quella fascia che non ha trovato condizioni normali di crescita ne nella sua famiglia ne nella comunità locale. è anche un contributo attraverso i servizi socio-educativi a interpretare i bisogni insoddisfatti perché siano adattate iniziative per i soggetti e per le loro famiglie anche a scopo preventivo. La comunità è una dimensione costitutiva strettamente collegata con il territorio e con i suoi servizi. Però non è un ambiente di vita normale per crescere, per questo motivo esiste uno strumento preciso per tenere sotto controllo la dimensione del tempo: il progetto educativo individuale (PEI) e le relative verifiche periodiche, progetto al quale si deve far riferimento tanto la comunità educativa che i servizi sociali e socio-sanitari del territorio. L'esito favorevole, o meno, di un progetto dipende dal concorso sinergico in rete e di una pluralità di organizzazioni e di professionalità quali appunto la comunità, i servizi socio-sanitari, il Tribunale per i Minori, gli educatori, gli assistenti sociali, gli psicologi, i neuropsichiatri e i giudici. Il punto fondamentale è l'instaurarsi di una "pedagogia della delazione" all'interno della comunità. L'educatore di una comunità inizia il lavoro educativo, accogliendo la sofferenza di un progetto dopo un allontanamento dove valgono spesso forti sentimenti di distacco, di perdita, di ansia come pure di grande incertezza sul proprio futuro. l'atteggiamento iniziale dell'educatore non potrà dunque che essere di piena accettazione del caso, con un iniziale attenzione all'Intero sistema di relazioni pregresse del soggetto all'ingresso in comunità. non meno importante deve essere l'identificazione del suo ambiente di vita e l'importanza dei riferimenti familiari esterni alla comunità. Infine verranno osservati e rilevati le carezze e i problemi che via via emergono in riferimento alla scarsa autonomia, all'eventuale sofferenza psichica, alla possibile aggressività alla potenziale o già definita devianza. Da qui si passa ai successivi obiettivi indirizzati alla promozione dell'autonomia personale e sociale, alla capacità di autodeterminazione e alla introiezione valoriale. Tanti adolescenti ospitati nelle comunità manifestano spesso sintomi di malessere, all'interno dei quali, però si possono nascondere delle richieste profonde di disagio interiore che basta saper leggere. un secondo elemento da tenere presente è la "direzione della operatività" affinché il soggetto sia animato, stimolato e sollecitato verso il cambiamento. un terzo elemento sono le "relazioni di collaborazione e le asimmetrie direzionali" fra educatori e soggetto, sviluppando la consapevolezza dei rispettivi ruoli. il quarto elemento è costituito da " un integrazione tra individuo e società" dove l' educatore si pone come mediatore di uno scontro tra i bisogni del soggetto le sue capacità e le attese sociali. Tutto questo ha fatto riferimento a interventi di “recupero” di situazioni di disagio e/o di devianza già in atto, ma sicuramente non sono sufficienti e dobbiamo guardare alla prevenzione perché educazione e prevenzione sono elementi che s'intrinsecano e si completano. Entrambe operano con e su vissuti reali, offrono esperienze, figure di sostegno e accompagnamento, stimola l'attività simbolica e l'espressività, si calano nella quotidianità e agiscono nella vita di tutti i giorni, incoraggiano la partecipazione, aiuta i soggetti a proiettarsi in avanti,, rielaborando il presente per diventare essi stessi artefici del proprio futuro. Queste considerazioni sono particolarmente appropriate al lavoro di strada le cui sfide educative si collocano in ambienti informali, nei luoghi naturali d'incontro e con
uno stesso incontro comunque sia deve essere un osservatore, un facilitatore delle relazioni e anche talvolta colui che assume un ruolo normativo colpa rispettare gli accordi presi in fase preliminare. Le tossicodipendenze Il lavoro dell'educatore all'interno di un programma destinato i giovani consumatori di sostanze stupefacenti parla di rieducazione dei ragazzi e ragazze difficili. E' importante definire la differenza fra "educazione " e "rieducazione ", precisando prima le fondamentali somiglianze,che sono il guardare al futuro, considerando il passato del soggetto come un punto di partenza di un percorso che procede in avanti verso lo sviluppo globale della persona e l'interessarsi sia dello sviluppo psicofisico del soggetto che della sua capacità interrelazione. Bertolini individua però, anche le sostanziali differenze tra "educazione " e "rieducazione ",poiché quest'ultima ha inizio in un momento spostato di per all'avvio della normale "storia educativa "di ogni individuo: per questo motivo, l'intervento rieducativo, e tanto più difficile quanto più il ragazzo ha raggiunto crescendo una certa strutturazione interiore. Ogni intervento educativo deve tenere presente i momenti passivi della formazione della soggettività di un ragazzo che dipendono dall'esperienza e dai modelli a cui è stato esposto. È fondamentale prendere in esame la storia familiare, culturale e sociale nella quale il ragazzo ha vissuto per comprenderne il passato e le possibili cause del suo comportamento talvolta deviante. L'educatore non è mai un puro esecutore di un processo educativo che controlla le variabili in gioco restante al di fuori ma è parte costitutiva di quel sistema poiché il suo rapporto con il soggetto costituisce una particolare forma di relazione interpersonale. Una delle sue competenze professionali sarà quella di monitorare il proprio modo di rapportarsi al ragazzo, per fare ciò deve essere in grado video dare la disponibilità e l'autorevolezza in modo tale che il soggetto possa comprendere che la sua diffidenza iniziale è inutile è infondata, che l'educatore ha fiducia nelle sue capacità di cambiamento, divenendo consapevole che l'educatore diventa un punto di riferimento e accettando di adeguare il proprio comportamento alle regole proposte dal educatore. La relazione fortemente asimmetrica che lega i due spinge il soggetto a mettere in atto modalità centrate spesso sull'aggressività, o l'apatia, o la remissività, sulla difesa, la chiusura, la difficoltà nella comunicazione. L'origine di questo senso di vulnerabilità va perciò ricercata nel pregiudizio che ragazzo teme da parte dell'educatore che deve essere capace di mettere in discussione le proprie interpretazioni e opinioni, esso deve mirare a comprendere il senso attribuito dal soggetto al suo agire, deve adattare uno stile educativo incentrato a cogliere la visione del mondo del ragazzo che è il luogo in cui si intrecciano i motivi casuali e i motivi finali dell'agire che definiscono il costituirsi dell'azione. Il lavoro d'equipe in questa fase del processo rieducativo è fondamentale poiché occorre la continua negoziazione del proprio punto di vista con quello proprio di altre figure professionali, l'educatore dovrà tenere conto di alcune strategie indiretti fondamentali al fine di costruire un "ottimismo esistenziale "nel soggetto, creando gli in senso riequilibrante l'immagine che ha di sé e che deriva in parte dall'immagine che l'altro gli rinvia attraverso segnale molto concreti. Dovrà valorizzare e gratificare i successi personali del soggetto per raggiungere un grado di ottimismo esistenziale che presiede al cambiamento della funzione del suo mondo. L'educatore deve considerare fondamentale l'utilizzo del gruppo dei pari affinché ragazzo possa sperimentare il valore di essere con gli altri, un cambiamento nella percezione del sé, è indispensabile che l'educatore regola dinamica dei gruppi stessi in modo da correggere il tiro e risvolti negativi
gli immigrati di conoscere la lingua e cultura del paese ospitante sia per cogliere gli stimoli che si presentano nel periodo formativo sia per riuscire a inserirsi positivamente del tessuto sociale e lavorativo. L'obiettivo dell'incontro tra le culture in ambito scolastico si dovrebbe realizzare attraverso la concretizzazione di attività interculturali comuni, riguardo ai modi con cui realizzare tale obiettivo, punti in particolare vanno segnalati:
Sotto il profilo psicogiuridico il trattamento penitenziario può essere inteso come una serie di interventi attraverso i quali sollecitare nella persona un percorso di riflessione sulle norme socialmente riconosciute, nonché sulle conseguenze della trasgressione penale e sulla possibilità di attuare scelte di comportamento alternative al fine del proprio reinserimento nella società. Per questo all'educatore viene richiesto un profondo senso di responsabilità nell'esprimere un giudizio su un determinato detenuto che stia compiendo un cammino verso la rieducazione e il recupero sociale, raccomandandogli la massima attenzione e cautela poiché dare un giudizio è estremamente difficile. Si può definire il profilo dell'educatore tenendo presente due elementi fondamentali del contesto carcerario, cioè, il rapporto con il detenuto e con l'istituzione penitenziaria. Rispetto al primo punto, cioè al detenuto, è essenziale aiutarlo a:
sentire compreso e da cui lui stesso possa prendere una forma chiara e comprensibile. Questa dimensione si viene a definire anche in caso di "conflitto" che può essere un conflitto interiore al soggetto o un conflitto fra utenti o un conflitto fra utente ed educatore. Nel primo caso è la funzione dell'educatore ed di appoggio e sostegno. Nel secondo caso il educatore prima di intervenire deve saper valutare prontamente e attentamente la situazione, approcciandosi con cautela e cercando di riportare l'armonia che in quel momento è venuta meno. Nel terzo caso la situazione è più delicata e l'educatore si deve mettere in gioco in prima persona. La necessità di introdurre la cura dei "malati psichici" interventi riabilitativi ed educativi, compare quando si inizia a considerare la malattia come una "fase dell'esistenza "di un particolare individuo, che è determinata da una serie di fattori somatici, psicologici, sociali e che deve essere integrata nell'ambito di una personalità complessa. Accanto a parti "malate " vivono parti "sane" con bisogni e desideri specifici, naturali e tipici di ogni persona e proprio nello spazio della loro interazione sta la possibilità di intervenire non solo a livello terapeutico ma anche e soprattutto a livello educativo, riducendo la sofferenza che le une provocano alle altre. In questa ottica l'educatore deve avere un'attenzione costante e mettere in risalto le abilità, le capacità, le aree vitali del soggetto, tenendo presente l'intera sua persona e quindi anche la sua sofferenza il suo specifico disagio ma anche le sue potenzialità, i suoi sogni, i suoi desideri. Per questo è fondamentale fare una distinzione tra cosa si intende per "educazione" e cosa si intende per "terapia". L'educazione è orientata più sulla realtà esterna del soggetto, sui suoi comportamenti, il suo modo di interagire con l'ambiente in cui vive, i suoi bisogni concreti, che utilizza il fare, l'agire come teatro di intervento. La terapia,invece, si rivolge prevalentemente al mondo interiore del soggetto, alle sue ansie, alle sue angosce, ai suoi sintomi, lavorando sull'interno per favorire un cambiamento esterno. È perciò indispensabile una stretta collaborazione tra educatore e specialisti medici e paramedici. Lavorare nell'ospedale pediatrico La figura dell'educatore nella realtà ospedaliera pediatrica è molto particolare perché si intrinseca con molte condizioni trasversali e diverse quali l'infanzia, l'adolescenza, la diversa abilità, unite alla patologia della malattia, così come levare figure professionali che operano in una struttura sanitaria ospedaliera, quali:
La nascita dei centri diurni Il termine Centro Diurno è per un particolare servizio, che inizialmente si definiva Centro di socializzazione o Centro di preformazione,comunque sempre in un'ottica assistenzialista e contenitiva. Esso nasceva con la L. 517/77 che aboliva anche le classi differenziali nella prospettiva dell'inserimento di tutti gli alunni nelle classi comuni della scuola pubblica italiana. Inserimento che era la premessa per una reale integrazione in ambito scolastico. Il concetto di integrazione nasce e si sviluppa nella misura in cui l'individuo "diverso" riesce a trovare uno spazio paritario all'interno della società e delle sue istituzioni. Iniziava così alla fine degli anni '70 il lungo cammino dell'integrazione, che trova la sua dimensione nel concetto di "autonomia". Autonomia era ed è un qualcosa che va perseguito, raggiunto, conquistato e consolidato. Certamente un soggetto che parte da uno svantaggio avrà bisogno di qualcosa in più per recuperare, l'autonomia perciò, parte da elementi basilari che sono la capacità di muoversi autonomamente, di acquisire capacità per la sopravvivenza, per arrivare a poter scegliere cosa "voler fare" e cosa "non voler fare". La sessualità alla base di tutto Parlando di autonomia non possiamo non considerare la dimensioni profonda e intima di una persona, che è la base della sua vita, ma che viene costruita dalla famiglia, in primis dai genitori, dai quali però ogni individuo si stacca per creare un nuovo nucleo familiare. Per un diversamente abile è un aspetto fondamentale che spesso viene ignorato, nascosto, mistificato dalla famiglia stessa, ma anche dagli insegnanti,dagli educatori, dalla realtà sociale nel suo complesso. La sessualità si articola in un rivolo di situazioni relazionali, affettive,empatiche e acquista una dimensione particolare, tanto che I toccamenti, gli abbracci, la ricerca di un contatto fisico tra le persone, anche dello stesso sesso acquistano un'importanza comunicativa fondamentale. È in questa dimensione che spesso l'educatore si trova in difficoltà nel rapportarsi con tanti diversamente abili, la sessualità, all'interno di un centro diurno, di una casa-famiglia, della famiglia stessa,non si manifesta tanto con richieste, desideri, segni di rapporti sessuali completi, collegati al senso comune dell'erotismo e del desiderio sessuale, quanto in tante piccole fumare realtà non meno importanti ma allo stato delle cose, indubbiamente talvolta, imbarazzanti. La famiglia ha una grossa responsabilità nei confronti dei propri congiunti per quanto riguarda il raggiungimento della loro piena autonomia individuale e ciò avviene anche nel controllo della loro sfera sessuale,che spesso determina una grave limitazione dell'autonomia individuale e sociale del soggetto. L'ambiente gioca un ruolo determinante nel percorso educativo verso l'autonomia, questo vale in generale, come vale per quanto riguarda la sessualità, dove la cultura dominante condizionale non solo i soggetti medesimi e le loro famiglie, ma anche insegnanti ed educatori lacune da influisce molto sul comportamento sessuale dei propri alunni o utenti.In questa ottica coloro che, già per propria cultura, mostrano una visione più aperta verso la sessualità valutano con maggiore serenità e positività il comportamento sessuale dei soggetti che hanno in carico, mentre coloro che sono più chiusi rispetto alla sessualità preferiscono far finta di non accorgersi di nulla, o se alle strette, intervenire solo per "proibire ". Sono però questi ultimi i più esposti a situazioni delicate e più difficili da
risolvere. Il messaggio che è l'educatore porge al soggetto deve essere chiaro e sincero, senza tabù, ma anche senza creare false aspettative perchè questa dimensione d'autonomia è troppo importante, è fondamentale e come sugli altri versanti ha varie sfaccettature. Insieme alla famiglia La famiglia è sempre più il nodo centrale con la diversa abilità, essa infatti è il primo nucleo essenziale per la vita di un essere vivente e secondo il modello di Olson le famiglie sono classificabili in 3 dimensioni, quella della coesione, della adattabilità, della comunicazione. La coesione si riferisce al legame emotivo che unisce i vari membri; la adattabilità si riferisce alla capacità della famiglia di cambiare la sua struttura di potere in risposta agli eventi critici; la comunicazione si riferisce alla presenza di stili comunicativi basati sull'empatia, sull'ascolto reciproco. Ed è sul piano della adattabilità che la nascita di un bambino con deficit comporta un processo di cambiamento molto doloroso, una riformulazione delle aspettative individuali e collettive e una riprogrammazione delle aspettative future. Questo è il momento in cui la famiglia dovrà intraprendere la strada della trasformazione, altrimenti continuerà a chiudersi e emarginarsi. A questo punto saranno molto diverse le risorse e la forza di adattamento della famiglia legate a molti aspetti: