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Una panoramica approfondita sulla morfologia, ovvero lo studio della struttura interna delle parole. Vengono esaminati i concetti chiave della morfologia, come i morfemi (unità di significato), la distinzione tra morfologia tradizionale e morfologia generativa, il rapporto tra morfologia e lessico, le classificazioni dei morfemi (liberi vs. Legati, lessicali vs. Grammaticali), il concetto di parola e le sue caratteristiche a livello fonologico, morfologico e sintattico. Inoltre, vengono discussi i processi di formazione delle parole, come derivazione e composizione, e le diverse classi di parole (parti del discorso) in italiano, con la distinzione tra forme variabili e invariabili. Una solida base per comprendere i principi fondamentali della morfologia e la sua importanza nello studio della lingua.
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La morfologia studia la struttura interna delle parole. La morfologia guarda ad esempio come si possono trasformare o modificare parole già esistenti e come si formano parole nuove, anche attraverso suffissi e prefissi. Gli oggetti di studio sono i morfemi, cioè le unità di significato, e le parole intere. Abbiamo la morfologia tradizionale e la morfologia generativa, che guarda a come si creano nuove parole e nuovi morfemi. L'approccio tradizionale è più descrittivo, infatti identifica ad esempio le parti del discorso con le loro possibili variazioni. (ad esempio i nomi in italiano cambiano a seconda se sono singolare o plurale; gli aggettivi variano a seconda se sono maschili o femminili; i verbi invece a seconda del tempo). L'approccio generativo invece studia la competenza morfologica dei parlanti e la loro rappresentazione mentale e dunque come riusciamo a creare parole sempre più complesse partendo da singoli morfemi. Dunque quando parliamo, partiamo dalle forme basilari per poi creare forme sempre più complesse. Nella teoria generativa, il cui capostipite è Noah Chomsky, la morfologia costituisce uno dei quattro moduli o componenti della grammatica di una lingua, insieme a fonologia, sintassi e semantica. Il rapporto generale a livello morfologico della teoria generativa è che va aldilà dell'aspetto classificatorio della morfologia tradizionale e aggiunge uno studio su come poi il parlante può creare nuove forme o forme modificate, partendo la forme di base. La morfologia inoltre è legata al lessico perché interagisce con esso: noi in italiano abbiamo un lessico mentale, ciò vuol dire che nella nostra mente abbiamo una lista lunghissima delle parole in italiano che conosciamo. Il lessico inoltre è l'unica parte della lingua che è sempre in continua espansione, in quanto nascono sempre parole nuove che possiamo aggiungere al nostro lessico. Queste parole però si trovano ovviamente nella loro forma base. Sarà poi la morfologia a modificarle e a renderle dunque più complesse. Dunque per quanto riguarda la competenza morfologica di un parlante, possiamo dire che il parlante: -sa che certe parole appartengono alla sua lingua e altre no -sa distinguere tra parole esistenti, parole inesistenti ma possibili e parole inesistenti ma impossibili -sa riconoscere il valore di suffissi e prefissi -conosce la categoria lessicale di una parola e sa come fletterla -sa formare nuove parole tramite derivazione e composizione, si tratta di due dei processi più importanti della fenomenologia (cliccare, computerino, ex-collega)
La morfologia si occupa principalmente di morfema. Il morfema è l'unità minima della lingua, dotato di significato. In questo assomiglia al fonema, che invece è l'unità minima della lingua ma dotata di suono. Quando si parla di significato non si intende il solo significato lessicale, ma anche grammaticale (desinenza del plurale, del femminile o del maschile). Il morfema dunque condivide con il fonema solo parte della definizione, cioè il concetto dell'unità minima e condivide con il fonema anche il fatto che qui abbiamo i morfemi e i morfi, così come abbiamo fonemi e foni. Dunque il morfema è l'unità astratta
che fa parte del sistema, mentre il morfo è la concretizzazione reale di questo morfema e può anche cambiare a seconda del contesto. A volte un morfema può essere costituito da un singolo fonema, quindi morfema e fonema possono anche coincidere, ma il morfema può anche prendere un'unica parola. Dunque il morfema può andare dal fonema ad una parola intera. In entrambi i casi (morfologia e fonologia) abbiamo a livello astratto il morfema o il fonema, che rappresentano la realizzazione mentale; a livello concreto invece abbiamo morfi e foni. Così come in fonologia abbiamo gli allofoni, in morfologia abbiamo gli allomorfi. Per quanto riguarda i morfemi, questi si possono poi classificare a seconda di diversi criteri: -La prima classificazione è tra morfemi liberi e morfemi legati. Per morfemi liberi si intendono morfemi che costituiscono un'intera parola, dunque liberi nel senso che possono stare da soli, senza altri morfemi (Es: ieri; ieri è un morfema libero in quanto non ha bisogno di altri morfemi, è una parola compiuta, con un proprio significato). I morfemi legati invece sono caratterizzati da più morfemi, dunque hanno bisogno di legarsi ad altri morfemi per creare parole di senso compiuto(Es: nella parola gatto abbiamo due morfemi e nessuno dei due può stare senza l'altro) -La seconda classificazione è tra morfemi lessicali e morfemi grammaticali. I morfemi lessicali sono quelli che hanno un contenuto semantico, concreto e si riferiscono ad un oggetto, ad un concetto, a un essere, dunque a qualcosa di concreto. I morfemi grammaticali invece danno informazioni grammaticali in quanto non fanno riferimento ad entità del mondo, ma si limitano alle caratteristiche di una determinata parola.I morfemi grammaticali inoltre sono suddivisi in morfemi lessicali, morfemi derivazionali e morfemi flessionali. I morfemi lessicali formano una classe aperta, ciò vuol dire che posso aggiungere sempre nuovi morfemi. Dunque non è una classe o una lista definitiva, ma cambia e si evolve, come l'italiano, quindi è in continua evoluzione. I morfemi derivazionali (cioè gli affissi) formano una classe chiusa, cioè immodificabile,
Un altro allomorfo è "e" come morfema del plurale femminile, ma in altri casi abbiamo "i". (Le case; le mani) Un altro esempio è il prefisso "s", che cambia il suono a seconda del contesto In latino è che quando si formano gli avverbi, regolarmente ci sono tre diverse forme "e" , "ter", "iter". Vi sono dunque tre diversi allomorfi per un solo morfema, che sarebbe l'avverbio.
Non sempre è semplice identificare i morfemi. Nelle lingue agglutinanti è facile identificare i morfemi. Nelle lingue fusive o flessive, come l'italiano, è più complicato. Un'altra difficoltà in morfologia riguarda il concetto di parola. "Parola" è una parola intuitiva ma è difficile da definire. La prima cosa che pensiamo è sicuramente che le varie parole sono scritte in maniera separata tra loro, così da distinguerle. In latino e in greco però non vi era il concetto di divisione di parole, dunque era scritto tutto attaccato. Possiamo dire comunque che la parola è un'unità intuitiva e di facile comprensione, ma comunque difficile da comprendere esattamente. Le parole inoltre possono stare in isolamento, nel senso che possono stare anche da sole. Questo però non vale per tutte le parole, ma solo per alcune. Non potendoci essere una definizione definitiva, ci si basa su tre livelli di descrizione, così da avvicinarci il più possibile ad un criterio univoco: A livello fonologico: la parola è un insieme di fonemi che ha un unico accento. Abbiamo però anche parole atone, che dunque non hanno accento, come gli articoli. A livello morfologico: la parola è un insieme di fonemi che ha un significato unico e che è composta attraverso regole di derivazione e composizione (capostazione: è una parola unica composta da due parti :capo+ stazione) A livello sintattico: una parola termina dove si può inserire una nuova parola Per capire da cosa è caratterizzata una parola bisogna individuare la radice, che è la parte che esprime il significato primario, che solitamente non è modificabile e coincide con un morfema, spesso ma non sempre. Spesso classi di parole diverse possono condividere una stessa radice. Per i verbi invece, per arrivare alla forma completa del verbo alla radice si unisce la vocale tematica. Questa vocale è detta "tematica" perché l'unione di radice e vocale si chiama tema verbale. In "amare", la radice è "am" e il tema è "ama"; in "comprare" la radice è "compr" e il tema è "compra" Al tema poi si aggiungono le varie desinenze.
Per formare "libri" usiamo la forma del lessico, prendiamo il morfema lessicale "libr", aggiungiamo la flessione "i" e otteniamo la forma finale "libri". Nel caso di "amare" dobbiamo risalire al morfema lessicale, che è il tema "ama", al tema ama" aggiungiamo la flessione "o" (la prima persona). In questo caso dobbiamo usare la regola di aggiustamento, in quanto sappiamo che la prima persona non è amao ma "amo, dunque questa regola di aggiustamento mi dice che quando ad una vocale si aggiunge un’altra vocale, la prima diventa zero, ciò vuol dire che la prima delle due vocali cade e otteniamo così la forma "amo". Al tema poi si aggiungono le desinenze. Si distinguono inoltre parole semplici e parole complesse. Le parole semplici sono le parole di base memorizzate nel lessico; sono non segmentabili morfologicamente; sono parole che non sono nè derivate nè composte, dunque non dobbiamo cambiare nulla. Le parole complesse invece sono costruite tramite regole, dunque abbiamo una forma di base alla quale dobbiamo aggiungere un secondo morfema; sono generalmente segmentabili da un punto di vista morfologico (ES: dolcemente: dolce + mente) ; normalmente sono parole derivate o composte, o comunque modificate. In italiano abbiamo 9 classi di parole, dette anche parti del discorso (nome, aggettivo, articolo, pronome, verbo, congiunzione, avverbio, interiezione, preposizione). Per queste nove classi di parole poi si distinguono da un lato le cosiddette parti del discorso variabili e dall'altro le parti del discorso invariabili. Le forme variabili vengono flesse (nome, aggettivo, articolo, pronome, verbo); le forme invariabili invece non hanno alcuna flessione in quanto possiedono un'unica forma fissa ( preposizione, congiunzione, avverbio, interiezione). C'è poi una seconda suddivisione che riguarda le cosiddette parti del discorso aperte, che sono quelle che permettono modifiche e dunque inserimenti di nuovi elementi. Noi infatti in italiano possiamo avere nuovi nomi, possiamo aggiungere nuovi verbi, nuovi aggettivi e nuovi avverbi. Dunque possiamo arricchire il ostro lessico, ma possiamo anche togliere certi nomi, certi verbi che non vengono più utilizzati. Poi abbiamo le parti del discorso chiuse, ad esempio gli articoli. Noi infatti non aggiungiamo nuovi articoli o avverbi o congiunzioni.