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Il disegno d'Europa, Neve, riassunto con immagini, Exams of Geography

Corso di Geografia del Mediterraneo in Italiano. Riassunto con immagini.

Typology: Exams

2018/2019

Uploaded on 02/04/2019

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I. ORIENS
L’ARCO E IL REMO
Fino in epoca medievale la geografia fondata sull’itinerario ha prevalso sulla geografia cartografica.
Geografia cartografica: cartografia basata sui calcoli, l’insieme delle tecniche necessarie a realizzare
una carta basandosi sui risultati dei rilevamenti originali del terreno e sui risultati dell’elaborazione dei
dati di una documentazione
Geografia fondata sull’itinerario: cartografia pratica tracciata in maniera empirica, la percezione
dell’ambiente avviene ‘dal basso’: lo sguardo del viandante o del militare sulla strada o del navigante
sul mare -> Nel Mediterraneo è stato possibile accumulare un ampio patrimonio di conoscenze perché
solo in poche aree del mediterraneo non è possibile vedere la costa e viceversa.
Per i gruppi umani che hanno popolato anticamente l’area mediterranea era basilare il ruolo
dell’orizzonte come cornice, come struttura che ordina la percezione dei soggetti. Nel mondo greco
l’orizzonte delimita il campo visivo e culturale della comunità ed è l’esperienza dell’orizzonte che
permette di immaginare lo spazio in forma sferica e circolare: la figura spaziale base per i primi
filosofi ionici (Ioni sono una stirpe greca che a partire dal II millennio a.C. si insedia sulle coste dell’Asia
minore).
Oltre alla visione dal basso, vanno aggiunti tutti i tentativi di raffigurare in maniera sintetica lo spazio
attraverso delle mappe. La cartografia ha per lungo tempo incluso una visione cosmologica (origine
e fine ultimo del cosmo) e solo con l’età moderna si assisterà a un cambiamento radicale.
Lo spazio Mediterraneo però resiste all’inquadramento puramente cartografico. Di fatti, la
rappresentazione più efficace dello spazio Mediterraneo non è cartografica e la ritroviamo
nell’Odissea. Due oggetti legati alla figura di Odisseo ci aiutano a definire lo spazio mediterraneo.
Nel suo pellegrinaggio nell’Ade Odisseo ascolta la profezia dell’indovino Tiresia, il quale annuncia
che per porre termine alle sue peripezie egli dovrà riconciliarsi con il Dio del Mare, compiendo un
sacrificio ai limiti del Mediterraneo. Per individuare il luogo del sacrificio, Odisseo dovrà camminare
con un remo in spalla fino a quando qualcuno non gli chieda perché porti un ventilabro (attrezzo
agricolo che serve a separare la pula dal grano) sulle spalle. Un oggetto designa l'appartenenza a
una cultura del mare (il remo) o una della terra (il ventilabro). Il limite/confine del mare quindi non è
definito dalla riva o dalla costa ma giunge fin dove i suoi segni non sono riconosciuti come tali: dove
tecniche e oggetti marini vengono scambiati per tecniche ed oggetti della terraferma.
Nello spazio europeo la transizione della marittimità alla continentalità si riesce a riscontrare
piuttosto nettamente, ma nello spazio mediterraneo nè la cartografia nè i caratteri naturali aiutano a
rintracciare i confini mediterranei. Il Mediterraneo è infatti, come lo definisce Jules Simon, <<terra
del discontinuo>>: è un suolo geologicamente giovane, caratterizzato da poche e poco estese pianure, con
aree sismicamente attive e vulcani, rilievi spesso esposti all’erosione, regimi di piogge irregolari e strati di
terreno coltivabile spesso esposti all’erosione.
La morfologia accidentata delle regioni mediterranee ha, per lungo tempo, deposto in favore di
un’idea di mediterraneo come terra della relazioni travagliate, quando in realtà queste difficoltà non
hanno mai costituito un ostacolo insormontabile quando esigenza pressanti richiedevano una
riconfigurazione delle reti secondo tracciati alternativi.
Il Mediterraneo può essere meglio compreso come mosaico di microecologie, dove per
microecologia s’intende una località con un’identità caratteristica derivata dall’interazione tra
l’insieme di opportunità produttive disponibili e le reazioni umane a tali opportunità. La microecologia
non è quindi definita dalla geologia o dalla zona climatica, ma dall’interazione delle opportunità di
svolgere certe opportunità (allevamento, pesca, caccia, agricoltura, gestione foreste, raccolta,
orticoltura ecc.) e l’impegno nella creazione di reti di redistribuzione.
L’area mediterranea è stata caratterizzata per secoli da uno sforzo tenace e protratto dove ogni
successo si otteneva con la lotta e si manteneva a prezzo di un'ininterrotta cura. Questo genere di
situazione ha reso l’obiettivo dell’autosufficienza un ideale piuttosto che una meta realisticamente
raggiungibile. Da qui l’importanza per tutti centri mediterranei di saper sfruttare le reti di distribuzione
a lungo, medio e corto raggio. I contatti (conflittuali o meno) hanno quindi prevalso sulle insularità e
gli scambi sui casi di staticità.
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I. ORIENS

L’ARCO E IL REMO

Fino in epoca medievale la geografia fondata sull’itinerario ha prevalso sulla geografia cartografica.

  • Geografia cartografica : cartografia basata sui calcoli, l’insieme delle tecniche necessarie a realizzare una carta basandosi sui risultati dei rilevamenti originali del terreno e sui risultati dell’elaborazione dei dati di una documentazione
  • Geografia fondata sull’itinerario : cartografia pratica tracciata in maniera empirica, la percezione dell’ambiente avviene ‘dal basso’: lo sguardo del viandante o del militare sulla strada o del navigante sul mare -> Nel Mediterraneo è stato possibile accumulare un ampio patrimonio di conoscenze perché solo in poche aree del mediterraneo non è possibile vedere la costa e viceversa. Per i gruppi umani che hanno popolato anticamente l’area mediterranea era basilare il ruolo dell’orizzonte come cornice, come struttura che ordina la percezione dei soggetti. Nel mondo greco l’orizzonte delimita il campo visivo e culturale della comunità ed è l’esperienza dell’orizzonte che permette di immaginare lo spazio in forma sferica e circolare: la figura spaziale base per i primi filosofi ionici (Ioni sono una stirpe greca che a partire dal II millennio a.C. si insedia sulle coste dell’Asia minore ). Oltre alla visione dal basso, vanno aggiunti tutti i tentativi di raffigurare in maniera sintetica lo spazio attraverso delle mappe. La cartografia ha per lungo tempo incluso una visione cosmologica (origine e fine ultimo del cosmo) e solo con l’età moderna si assisterà a un cambiamento radicale. ↓ Lo spazio Mediterraneo però resiste all’inquadramento puramente cartografico. Di fatti, la rappresentazione più efficace dello spazio Mediterraneo non è cartografica e la ritroviamo nell’Odissea. Due oggetti legati alla figura di Odisseo ci aiutano a definire lo spazio mediterraneo. Nel suo pellegrinaggio nell’Ade Odisseo ascolta la profezia dell’indovino Tiresia, il quale annuncia che per porre termine alle sue peripezie egli dovrà riconciliarsi con il Dio del Mare, compiendo un sacrificio ai limiti del Mediterraneo. Per individuare il luogo del sacrificio, Odisseo dovrà camminare con un remo in spalla fino a quando qualcuno non gli chieda perché porti un ventilabro (attrezzo agricolo che serve a separare la pula dal grano) sulle spalle. Un oggetto designa l'appartenenza a una cultura del mare (il remo) o una della terra (il ventilabro). Il limite/confine del mare quindi non è definito dalla riva o dalla costa ma giunge fin dove i suoi segni non sono riconosciuti come tali: dove tecniche e oggetti marini vengono scambiati per tecniche ed oggetti della terraferma. → Nello spazio europeo la transizione della marittimità alla continentalità si riesce a riscontrare piuttosto nettamente, ma nello spazio mediterraneo nè la cartografia nè i caratteri naturali aiutano a rintracciare i confini mediterranei. Il Mediterraneo è infatti, come lo definisce Jules Simon, <>: è un suolo geologicamente giovane, caratterizzato da poche e poco estese pianure, con aree sismicamente attive e vulcani, rilievi spesso esposti all’erosione, regimi di piogge irregolari e strati di terreno coltivabile spesso esposti all’erosione. La morfologia accidentata delle regioni mediterranee ha, per lungo tempo, deposto in favore di un’idea di mediterraneo come terra della relazioni travagliate, quando in realtà queste difficoltà non hanno mai costituito un ostacolo insormontabile quando esigenza pressanti richiedevano una riconfigurazione delle reti secondo tracciati alternativi. Il Mediterraneo può essere meglio compreso come mosaico di microecologie, dove per microecologia s’intende una località con un’identità caratteristica derivata dall’interazione tra l’insieme di opportunità produttive disponibili e le reazioni umane a tali opportunità. La microecologia non è quindi definita dalla geologia o dalla zona climatica, ma dall’interazione delle opportunità di svolgere certe opportunità (allevamento, pesca, caccia, agricoltura, gestione foreste, raccolta, orticoltura ecc.) e l’impegno nella creazione di reti di redistribuzione. L’area mediterranea è stata caratterizzata per secoli da uno sforzo tenace e protratto dove ogni successo si otteneva con la lotta e si manteneva a prezzo di un'ininterrotta cura. Questo genere di situazione ha reso l’obiettivo dell’autosufficienza un ideale piuttosto che una meta realisticamente raggiungibile. Da qui l’importanza per tutti centri mediterranei di saper sfruttare le reti di distribuzione a lungo, medio e corto raggio. I contatti (conflittuali o meno) hanno quindi prevalso sulle insularità e gli scambi sui casi di staticità.

IL REMO DI ODISSEO simbolizza l’insieme delle reti di relazioni che le comunità mediterranee hanno intrecciato nel corso dei secoli e che hanno prodotto pratiche spaziali più longeve delle formazioni politiche che le hanno governate. L’ARCO DI ODISSEO simbolizza lo sforzo tenace e protratto che le comunità hanno dovuto condurre nei confronti del proprio ambiente per produrre il proprio <>. La necessità di tendere l’arco (ovvero della sussistenza) ha portato le reti di relazioni mediterranee a prevalere e durare maggiormente rispetto alle forme politiche di organizzazione territoriale. ↓ Il prevalere del carattere reticolare del Mediterraneo è evidenziato anche dall’esistenza di istituzioni come :

  • i port of trade:
  • e le città carovaniere che Polanyi considera dei quasi port of trade: sono il loro equivalente dell’entroterra, si trovano al confine tra due aree microecologiche, tra la montagna e la pianura, ma più spesso ai margini del deserto (Petra, Palmira, Karakorum, Ispahan, Kandahar). Questi centri - port of trade e città carovaniere - si distinguono dalle città dell’entroterra per la loro neutralità: sebbene infatti si tratti di aree di frontiera queste non sono fortemente militarizzate. La motivazione sta nella necessità di favorire il commercio. Nella tradizione mediterranea quindi il mare e il deserto non sono così diversi. Parlare di Mediterraneo vuol dire quindi andare oltre i confini fisici - spesso messi in campo dalla descrizioni geografiche - ed includere quel mare analogo che è l’area sahariana. Il Mediterraneo come ambiente storico di origine dell’Europa deve quindi includere il Sahara. → L’opinione comune che il Sahara costituisca una frattura tra Africa mediterranea settentrionale e Africa sub-sahariana è piuttosto recente. Ed infondata quanto l’idea che la morfologia accidentata delle regioni mediterranee avrebbe opposto difficoltà insormontabili alle relazioni e agli spostamenti. Infatti, regolari carovane commerciali transahariane attraversano tra Nord Africa e Sudan prima degli insediamenti fenici e romani in Nord Africa. Il deserto è stato attraversato almeno dal 1200 a.C. e con l’introduzione dei dromedari nel Sahara nascono reti commerciali regolari ed estese. L’affermarsi dell’Islam farà diventare l’area sahariana una zona di intensi scambi contribuendo , per sua parte, alla formazione dell’identità geografica europea.

IL CORPO E L’ECUMENE

La 1° definizione nota dell’idea geografia d’Europa, la troviamo nella Grecia del 6° secolo e si realizza in base a tre modelli: geometrico, classificatorio e del corpo umano. La descrizione geografica, sia scritta che cartografica, si confronta con il problema di come far corrispondere il mondo reale con la pagina scritta o disegnata. L’approccio al problema è tuttavia differente per antichi e moderni:

  • i primi credo che il mondo abbia un proprio ordine,
  • mentre i secondi no. Per questo i l modello del corpo o antropomorfico ha particolarmente successo nel mondo antico che considera l’uomo (microcosmo) come un’immagine ridotta dell’universo (macrocosmo) , e trova quindi corrispondenze tra il corpo umano e la terra. → Ciò spiega anche il legame tra la geografia e la medicina che caratterizza il mondo antico. Le radici mitiche di questa concezione le ritroviamo nella figura di Apollo che riunisce l’immagine del macellaio (sacrificatore e cuciniere) e quella del fondatore di città. Non a caso, il toponimo Europa lo ritroviamo per la prima proprio nell’Inno omerico ad Apollo.

LA SCUOLA IONICA E ANASSIMANDRO Fondamentale nella produzione geografica è la scuola Ionica che produce il 1° influente modello cartografico dell’identità europea. ↓ La Ionia si trovava nell’Anatolia occidentale, al confine della civiltà ellenica. Essa è intermedia e intermediaria tra la Grecia e l’Oriente, ma non è neutrale perché si sente greca. Gli ioni sono grandi navigatori e colonizzatori, alle loro spalle non hanno sacerdoti e profeti, ma legislatori, ingegneri e esploratori. Il milieu ionico è quindi tessuto di scambi e innervato di tracciati, prevalentemente marittimi e le sue città costiere (in particolare Mileto) appartengono a quella <<singolare frontiera

  • L’idea di Asia non è più confinata all’Asia minore ma assume per i greci la forma del neonato impero persiano che sotto la guida di Dario I avanza verso il mondo ellenico.
  • Si realizza una frattura interna al mondo greco e la Ionia viene relegata all’Asia. Tra la battaglia di Maratona - che testimonia ancora una koine (comunanza) tra Attica e colonie ioniche - e la battaglia di Salamina - che registra il rifiuto degli ioni di partecipare al nuovo scontro con i persiani - si afferma una <> greca contrapposta a tutto ciò che si estende al di là dell’Ellesponto. La Ionia passa ad essere considerata un paese asiatico e l’ellesponto diviene il confine. [Il ribaltamento del punto di vista si percepisce nei testi che si avvicendano tra VI e V secolo: l’ellesponto da braccio di mare che congiunge, o comunque che non separa popoli che partecipano di una medesima koine, diventa confine politico e culturale, da canale naturale di comunicazione diviene frattura politico culturale. Lo stesso si vede nel mito di Ero e Leandro.] *Si evidenzia quella polarità interna di Occidente e Oriente che Karl Jasper considera un tratto peculiare dell’identità d’Europa in quanto ‘Occidente’. L’Oriente diventa un’idea, un’immagine che si contrappone all’Europa. A dare forma compiuta a questa contrapposizione in blocchi sarà lo schema erodoteo (è rimasto il nostro: infatti anche noi moderni ragioniamo di conflitti tra Occidente e Oriente, fra Europa e Asia). Erodoto suddivide il mondo conosciuto tra greci e barbari, includendo tra i secondi tutti i non greci. Tale suddivisione ha una finalità principalmente politica: traccia una frontiera tra chi si considera libero perché cittadino della polis e chi è suddito dei re. Introduce inoltre il termine oikoumene (ecumene) che diviene standard in geografia fin dal V secolo e si può tradurre come “il nostro mondo - terra abitata e conosciuta”. L’oikos che in origine indicava l’’unità sociale e familiare di appartenenza diventa ora la dimora in senso materiale: l’oikoumene è quindi la territorializzazione di una visione culturale. Il paradigma greci/barbari giunge a definizione mentre si consuma il passaggio da una nozione di ‘Asia’ intesa come ‘Asia minore’ alla sua versione allargata incarnata nel nemico persiano.

LA COSCIENZA NAZIONALE GRECA - PLATONE E ARISTOTELE

Con Platone e Aristotele si consuma il passaggio verso l’umanesimo (dottrina secondo la quale l’uomo è una realtà che non è comparabile a nessun altra in natura). Aristotele, nell’ambito di una coscienza ‘nazionale’ ellenica già maturata, individua nella Grecia il valore della <<medietà>>, originariamente attribuito alla Ionia, sottolineando le tante virtù della posizione greca del giusto mezzo in relazione agli altri paesi nella sua teoria dei climi. ↘ La teoria dei climi afferma l’influenza del clima sul carattere dell’uomo. Aristotele riteneva che i popoli del freddo nord fossero pieni di coraggio, ma mancanti di intelligenza e di abilità tecnica per organizzarsi politicamente e dominare i propri vicini. Viceversa, i popoli dell’Asia sono intelligenti ed abili, ma fiacchi, e per questo destinati alla schiavitù. La Grecia invece, in virtù della sua posizione geografica mediana partecipa di entrambi i pregi ed evita i difetti. Aristotele riprende l’etnologia ippocratica (l’idea dell’influenza del clima sul carattere dei popoli infatti attraversa tutto il mondo antico: la si trova nei trattati medici di Ippocrate così come in Vegezio ) rendendo più definitiva una inferiorità che là appariva reversibile come le forme politiche da cui dipendeva. Nella etnologia ippocratea gli asiatici sono vili perché soggetti a un despota, mentre per Aristotele sono soggetti a un despota perché sono vili. Aristotele si avvale ‘dell’osservazione scientifica’ per naturalizzare la superiorità umana rispetto agli altri esseri viventi, ma anche per naturalizzare le diversità all’interno del genere umano. Il suo approccio che naturalizza la diversità e, così facendo, legittima l’ordine sociale che contribuisce a sostenere avrà un’efficacia di lungo periodo.

Il canone, facendo perno sulla posizione mediana della Grecia, consente di porre in relazione rispetto al ‘giusto mezzo’ i vari popoli /luoghi rendendone possibile la comparazione. Rispetto alla linea equinoziale (designa il giusto mezzo) i limiti settentrionale, occidentale, orientale e meridionale del canone - i bordi estremi - indicano un limite naturale o popoli le cui caratteristiche si ricavano dallo schema che associa posizione geografica a qualità distintive. La diversità viene territorializzata.

LE GUERRE DEL PELOPONNESO E ALESSANDRO MAGNO - EFORO DI CUMA

La crisi prodotta dalle guerre del Peloponneso (431-403 a.C.) , una guerra tra greci, mina la confidenza nell’appartenere a una civiltà condivisa portatrice di valori immutabili. In questa fase Eforo di Cuma sintetizza il canone nel c.d. << parallelogramma di Eforo >>. Eforo divide l’ecuomene in due blocchi continentali - Europa e Asia - tracciando un parallelogramma i cui limiti sono rappresentati dagli sciiti a N., gli etiopi a S., gli indi a E. e i celti a O. Con i secoli IV e III a.C. si continua a pensare nei termini della coppia oppositiva greci e barbari, ma in un’accezione più culturale che politica : il che produce una rivalutazione della monarchia, la riduzione della percezione dell’alterità tra greci e barbari e la devalorizzazione della medietas. Nel secolo III a.C. il valore positivo della medietas si inserisce all’interno del tumultuoso cambiamento di scala indotto dal progetto di Alessandro Magno, <<il mondo non è più visto da Atene ma da Alessandria che diviene il vero centro dell’ellenismo>>. Appare indicativo dello spostamento dell’asse mediterraneo il restringimento del significato di Europa nell'area peninsulare greco- macedone e lo scarso interesse mostrato da Alesaandro Magno nei confronti dell’Occidente.

  • Si ha un grande impulso nelle comunicazioni (ritorna in auge il modello dei port of trade come relais di scambi) e nell’allargamento delle conoscenze geografiche (spedizione di Alessandro in India che stabilisce una rete di contatti extra mediterranei di cui si avvarrà, potenziandola, il mondo romano).
  • Il sapere e la cultura diventano prevalentemente libreschi e ciò ha risvolti in campo geografico: si rafforza l’idea di luoghi come <>; un’idea già innescata dall affermarsi della scrittura: l’idea cioè di un sapere che abbia una collocazione spaziale. ↓ Il modello ellenistico conserva la struttura ad arcipelago perchè usa supporti scrittori spostabili ed esiste una rete, quella dei port of trade, che è essenziale al commercio di testi. Questo modello enfatizza la tendenza alla comunicazione: trasferimento di informazioni attraverso lo spazio. ⊘ Modello insulare medievale: i monasteri e i formati testuali voluminosi porteranno in auge il modello insulare che enfatizza la tendenza alla trasmissione, il trasferimento di informazioni nel tempo. Non a caso con il cristianesimo l’idea di traditio diventa fondativa.

L’enorme impero costruito da Alessandro si disgregò subito dopo la sua morte, a causa delle lotte dei suoi generali (diadoco). Con la battaglia di Ipso (301 a.C.), che pose fine al tentativi di Antigono di ricostituire a unità l’impero di Alessandro, ebbe inizio il sistema politico dei vari regni ellenistici: la Macedonia, sotto i successori di Antigono; l’Egitto, sotto i discendenti di Tolomeo; la Siria, comprendente anche la Mesopotamia e la Persia, sotto i discendenti di Seleuco. Alla metà del 3° secolo a.C. si aggiunse, nella Misia, il regno di Pergamo, con la dinastia degli Attalidi. A tutti i regni pose termine la conquista romana.

ORBIS TERRARUM

L’impero romano si afferma tra il I secolo a.C. e il V secolo d.C. nell’area euro-mediterranea. Nel 27 a.C. esso diviene un’unità statale unica (è il primo anno del principato di Ottaviano, con il conferimento del titolo di Augusto) e viene suddiviso in una pars occidentalis e in una orientalis nel 395 d.C alla morte di Teodosio I.

27 a.C. Ottaviano Augusto fonda un <>, il principato operante in un ancora libera Repubblica aprendo una nuova era per Roma:

  • stabilizzazione politica, interna ed esterna, si sostituisce all’espansionismo la volontà di pace e di stabilizzazione delle frontiere;
  • l’impero passa dalla condizione di stato coloniale a quella di stato centralizzato, era possibile riconoscere un centro e una periferia, ognuno con le sue funzioni.

DIFFERENZE TRA LA CONCEZIONE SPAZIALE GRECA E ROMANA L’idea di Europa è comprensibile considerando il modo in cui la civiltà romana ha fatto propria la cultura greco-ellenistica e l’opposizione greci/barbari sui cui si basa il modello dell’oikoumene. ⇨ I greci filoromani lavoravano in direzione di un’integrazione di greci e romani in un’unica civiltà europea, vengono individuate le affinità tra la civiltà ellenica e quella romana, tenendo conto dei

romani a tradurre l’oikoumene (“terra conosciuta e abitata”) in orbis terrarum (“terra/mondo”). Il concetto di ecumene viene modificato delle particolari idee:

  • di frontiera
  • e del ruolo della città che sottendono il concetto di totus orbis. Frontiere Durante tutta la storia romana le frontiere sono fluide e mutevoli. La frontiera romana ha poco a che fare con quella concezione moderna di frontiera che è il confine (familiare a noi cittadini di Stati- nazione). La frontiera imperiale romana, anche quando fa riferimento a fiumi come il Danubio o il Reno, non ha nulla della moderna frontiera naturale o con l’idea di frontiera difensiva lineare, come un muro statico di difesa ed esclusione. L’ orbis terrarum non è definita da frontiere naturali o da mura di cinta, ma dal reticolo viario. L’idea di orbis terrarum sottintende l’idea di una compiutezza - suggerita dal termine orbis -, ma anche l’idea di un circuito comunicativo che si amplia man mano che la civilizzazione conquista altre terre e altre genti. La strada infatti, data la sua linearità, impone regolarità alle irregolarità morfologiche naturali del territorio e produce uno spazio nuovo in cui la distanza diviene tempo di percorrenza. Non a caso, a partire da Augusto, la costruzione di un reticolo viario mondiale sarà una delle prioritarie del potere imperiale. E proprio l’enorme diffusione del reticolo viario sino ai confini estremi dell’impero renderà lo stato romano lo spazio di circolazione più omogeneo fino a quel momento conosciuto. Roma non sarà mai una vera e propria potenza navale perché il suo potere correva per le strade. Spostandosi al di là dei territori sotto amministrazione romana diretta non si percepiva nessun senso di attraversamento di una barriera. Il solo limite era costituito dalla termine della strada perché la strada conferiva ordine a ciò che era sconosciuto.

➝ Non a caso è proprio in una foresta - ciò di quanto più distante dal paesaggio prodotto dal sistema viario romano - che avviene, sotti di Augusto, una delle peggiori sconfitte dell’Impero. Si tratta della battaglia di Teutoburgo (9 d.C.) fra romani e germani in rivolta che in epoca romantica divenne un vero e proprio mito fondativo della naziona tedesca, consacrando la selva come paesaggio primigenio germanico. Un mito che

verrà ripreso dal nazionalsocialismo. Questa concezione di frontiera e la centralità delle strade la ritroviamo nell’Orbis Pictus di Marco Vipsano Agrippa (genero di Augusto e architetto e realizzatore del Pantheon). Nella celebre carta di Agrippa, antenato diretto delle mappemundi medievali, risulta infatti chiaro che l’importanza delle località fosse definita dai luoghi e dalle strade.

Ruolo delle città In questi spazi i nodi urbani sono fondamentali perché le civitates generano e propagano la romanitas, l’humanitas, quella che noi oggi chiamiamo civilizzazione : una modificazione interna dell’uomo, e insieme un’estensione dell’azione umana sul mondo esterno: città, case di pietra, edifici pubblici, agricoltura e studio dell’oratoria. L’importanza della città è evidente in rappresentazioni grafiche come la Tabula peutingerina (che riporta l’orbis terrarum controllato dall’impero, tranne la regione estrema occidentale), in cui la densità dei toponimi e l’estensione della relativa rete stradale è proporzionale al grado di urbanizzazione, dunque di romanizzazione dei territori rappresentati.

La città non è un semplice insieme di edifici (urbs), ma il risultato delle attività dei cittadini (civis), è l’elemento territoriale di produzione e diffusione dell’humanitas.

La diversa concezione romana comporta la dissoluzione dell’idea di un’Europa allargata , quadro geografico-culturale di una comune civiltà greco romana , nel più vasto e inclusivo concetto di Occidente. Infatti la 1° attestazione latina dell’uso di “Europa” (seconda metà del 4° secolo a.C.) è intesa nel senso di Occidente ed è per questo che Cartagine è inclusa tra le città europee. L’ orbis terrarum è infatti una realtà dinamica in cui ‘Occidente’ e ‘Oriente’ rappresentano delle direttrici di movimento e l’Europa seppur Occidentale, può comprendere l’Africa, se le terre africane sono assimilate nella sfera d’influenza imperiale. Lo spazio romano è dinamico, in continua evoluzione e tendente ad integrare nuovi spazi inglobati senza troppa difficoltà all’interno della romanitas : non territorializzando la diversità la società romana presenta un notevole grado di ‘elasticità spaziale’. → Questa elasticità spaziale si ridurrà drasticamente con la progressiva identificazione della romanitas con la Christianitas. La contrapposizione barbaro romano viene riesumata e sostituita dall’antitesi di stampo religioso barbaro e cristiano. La coscienza europea si definisce e si distingue in base alla religione: il cristiano cattolico è distinto dal barbaro, erede dell’eretico ariano.

LO SPAZIO LATINO -CRISTIANO

2. Lo scisma d’Oriente Nel 1054 avviene la separazione tra Chiesa ortodossa detta d’oriente e la Chiesa di Roma che porterà ad approfondire e specificare la duplicità europea. Lo scisma in realtà fu il risultato di un processo di distanziamento delle due chiese iniziato molto tempo prima. Una differenza era già stata introdotta dalla crisi iconoclasta svoltasi a Bisanzio tra la metà dell’ e i primi decenni dell’11° secolo e che vide contrapporsi gli imperatori iconoclasti ai monaci teologi iconoduli. La ragione alla base della crisi era il <<contenzioso sull’immagine>>: i primi si opponevano all’uso delle immagini sacre raffigurate nelle icone, mentre i secondi difendevano il culto delle immagini sacre. Iconoclasta era la classe emergente degli ufficiali che avevano sconfitto gli arabi in lotta contro la vecchia nobiltà per il controllo della società e dell’Impero. Essi avevano compreso l’importanza di regnare su un impero che traesse la propria autorità dalle immagini e volevano quindi un sistema di segni che indirissasse la mentalità collettiva all’accettazione di un potere assolutista fondato sulle armi e sull’autorità del re/imperatore. ↳ Per questo gli imperatori iconoclasti sostituirono le monete in cui era rappresentato il viso di Cristo con monete che riportassero solo simboli del potere imperiale. La circolazione di monete con incisioni di immagini religiose era ritenuta politicamente pericolosa perché le obbligazioni verso Dio e verso l’Impero si unificavano un’unica obbligazione che non aveva referente o meglio il cui referente poteva essere chiunque <> anziché lo stato o il potere centrale. La disputa terminerà quando le immagini torneranno ad essere accettate dalla nuova aristocrazia militare, dopo che essa avrà stabilito il controllo sulla società e non sentirà più il bisogno di contrapporsi alla cultura tradizionale, al contrario sacralizzerà l’imperatore e il suo potere (la vittoria degli iconoduli quindi sarà solo apparente). Si delinea quindi un differente rapporto del cristianesimo occidentale e orientale con il potere politico: - Il cristianesimo occidentale è caratterizzato da un conflitto tra potere politico/temporale e spirituale. Tra il XI e XII secolo, ha luogo per esempio la cosiddetta "lotta per le investiture", ovvero il conflitto tra Santa Sede e Sacro Romano Impero per la scelta dei vescovi e quindi, di riflesso, il controllo delle sedi ecclesiastiche, ritenute essenziali per il controllo dei territori e l'esercizio della giurisdizione. - Nel cristianesimo orientale si realizza invece una <>, l’ideologia del principe cristiano vittorioso per l’efficacia della preghiera e l’assistenza divina e non per la forza delle armi. L’imperatore è divino come dimostra l’iconografia della corona dei raggi d’oro: il principe è vicario del dio solare. ↓ Tale diversità produrrà un genere cartografico specifico: l’ icona cartografica russa che si caratterizza per: - la policentricità e l’uso della prospettiva inversa (al contrario della prospettiva lineare classica gli oggetti di fanno più grandi all’aumentare della distanza); - il mimetismo realista che deve rispecchiare in maniera essenziale la realtà. * Al contrario dell’immagine cartografica medievale latina che ha invece uno stile diagrammatico (mappaemundi e carte nautiche).

La scissione tra Impero romano d’Occidente e d’Oriente e la successiva scissione tra Chiesa di Roma e Chiesa ortodossa approfondiranno sempre di più la duplicità tra:

  • un’Europa legata alle sue definizioni classiche e alle tradizioni della romanità a est
  • e un’Europa tesa ad affermare il primato della cattolicità fondendosi con le nuove strutture sociali ed economiche ad ovest, spesso ansiosa di affermare l’equivalenza tra estensione dei territori europei e della cristianità.

LE CARATTERISTICHE DEL NUOVO SPAZIO DELLA CHRISTIANITAS

Il nuovo spazio conserva molto dello scheletro imperiale, ma cambiano i contenuti che lo definiscono:

  • Svalutazione delle città: Agostino svaluta l’eredità romana delle civitas (città) e pone l’enfasi sul valore della realtà monastica come realizzazione della Civis Dei. Le città diventano luogo della cupidigia e viene invece esaltata l’utopia claustrale. Le isole monastiche diventano le nuove civitates che preservano il patrimonio della latinità. *Il superamento di questa posizione si avrà solo con la rivoluzione urbana che giungerà al culmine nel 13° secolo (Duecento) rendendo la posizione eremitica non più sostenibile.
  • Cambia la concezione delle frontiere: Diventano sempre più confini rispetto al lascito della Romanitas.
  • Prevale la struttura silvo pastorale rispetto all'economia agricola romana: Ne deriva una diversa forma spaziale. - Centuriazione romana: divisione dei territori in tanti quadrati per mezzo di linee tra loro perpendicolari, i cardini e i decumani. Si importanza al valore produttivo del singolo. - Medioevo: Gestione molto meno precisa del territorio, si accorda maggiore importanza alla posizione sociale, patrimoniale e territoriale del singolo piuttosto che al suo valore produttivo. A partire dall’Impero carolingio, 4° secolo, si sviluppa il feudalesimo e resiste fino alla nascita dei primi Stati nazionali nel XIX secolo.
  • Si trasforma il concetto di patria propria e avviene la sacralizzazione della patria communis:
    • Nell’impero romano si distingueva la patria propria (patria propria, ristretta comunità originaria, dai caratteri socio culturali ben definiti) dalla patria communis (patria romana), ma le patrie proprie erano incorporate nella patria communis. Nello spazio romano si mescolava l’eterogeneità delle patrie proprie con l’ubiquità della patria communis.
    • A partire dalle ‘invasioni barbariche’ si recuperano le divisioni territoriali e si regionalizza l’orbis romano (mondo romano) e, nel corso dell’alto medioevo, la nozione di patria propria come nucleo originale (comunità di individui uniti da un vincolo di sangue) tende a incorporare il luogo di nascita (comunità di individui legati a una specifica terra), assente nella definizione romana. Sacro e legame comunitario vengono fissati a un determinato luogo. Le popolazioni sono fissate tanto da un punto di vista temporale (feudi) che spirituale (parrocchie). In entrambi i casi sono i legami di dipendenza da un protettore (signore laico o il santo patrono) a determinare l’iscrizione in un luogo. Con la rivoluzione urbana, dopo il Mille, la cittadinanza comincia ad essere preposta dal risiedere in un luogo e dal possesso di una casa. Gli ordini mercantili sono costretti a superare il pregiudizio anti-urbano e a concentrare la loro azione sulle città. S’innesta a scala urbana l’idea communitas, associata al concetto di appartenenza. A partire dal 12° secolo il carattere particolaristico, localistico di questo insieme di persone, di questa comunità, si territorializza sempre di più passando a designare da semplice aggregazione rurale o urbana una vera e propria istituzione giuridico- politica: il comune. La patria communis viene sacralizzata: la res publica romana diviene res publica christiana e il processo raggiunge il suo apice in età carolingia con la chiamata alle armi nei confronti di normanni e arabi ( fra l’11° e il 13° sec.si svolgono le crociate contro i musulmani per liberare il Santo Sepolcro di Gerusalemme ).
      • Nell’Europa medievale il rafforzamento dell’unità avviene attraverso una valorizzazione identitaria del territorio: la <>.

Il corpo di cristo abbraccia il mondo (o lo veste mappa-velum) infatti ne vediamo il capo, le mani e i piedi che rappresentano i punti cardinali ⇒ Il canone greco fondato sul modello del corpo viene ripreso, ma diventa corpo mistico. E’ sottolineato l’universalismo spaziale: l’orbis ostia enfatizza l’unità del mondo. I mirabilia lungo i bordi del continente africano sono inclusi poiché nonostante l’alterità si presume la discendenza genealogica comune. Il senso della temporalità del canone medievale si trova nella congiunzione del corpo di Cristo (asse est-ovest) che allude al percorso da oriente a occidente nella storia della salvezza : dal paradiso terrestre a est (alla sinistra della testa di Cristo), a Gerusalemme (dove Gesù viene crocifisso) fino ai piedi del Cristo, all’estremità occidentale (la seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi).

  • le CARTE NAUTICHE e il portolano ⇾ L’incremento dei viaggi, religiosi, commerciali o politici nel 13° secolo porta la scienza nautica a sviluppare carte nautiche frequentemente allegate al portolano: il libro che descriveva le coste in maniera particolareggiata, con gli approdi e gli eventuali rifornimenti d’acqua. Le carte erano redatte sulla base dell’esperienza della comunità marinara ed erano pensate per la navigazione mediterranea. Non vengono create per mezzo di coordinate, ma tramite una rete policroma di semirette: da uno o più centri si irradiano delle semirette che intersecandosi creano dei rombi poi dai punti secondari partono altre semirette che incrociandosi creano un complesso reticolato. Le linee permettevano di tracciare la rotta che la nave doveva seguire, mentre la distanza tra punto di partenza e di arrivo si misurava con il compasso, utilizzando la scala a margine. Non c’era un verso preferenziale di orientamento della carta poiché mancava un quadro di riferimento assoluto: a seconda della posizione del porto di partenza o arrivo, la carta viene girata nel modo necessario a tracciare la rotta. La Carta Pisana (1275) è la più antica giuntaci

La cartografia medievale europea avevano uno stile diagrammatico: si preoccupa soprattutto di mostrare l’informazione nel modo più chiaro possibile senza preoccuparsi della verosimiglianza quando d’intralcio. La deformazione per uno scopo specifico era considerata legittima e non denotava ignoranza né un’idea errata della regione (per questo l’osservatore moderno fatica a riconoscere le terre).

⬇ IL MAPPING NON HA AVUTO UN’EVOLUZIONE CUMULATIVA E LINEARE: La cartografia medievale ha per lungo sofferto dell’interpretazione positivistica degli storici della cartografia portati a considerare le produzioni medievali come una tappa verso la cartografia moderna, più scientifica. Negli ultimi anni questa interpretazione è stata ribaltata: la cartografia medievale era la somma delle conoscenze dell’epoca e un sofisticato metodo di visualizzazione della conoscenza. Non è il realismo/naturalismo della cartografia moderna a testimoniare una maggiore ’scientificità’ e l’aspetto schematico/infantile delle mappaemundi medievali a segnalarne la natura prescientifica. Al contrario, il grado di sofisticazione delle mappaemundi ne rende complessa la decifrazione a un pubblico di massa, educato da secoli a riproduzioni di immagini naturalistiche e seriali. *Whittaker credere che i cartografi medievali fossere <<come noi, ma più stupidi>>. Non riconoscere la parzialità e soggettività della redazione delle mappe.

L’ORIENTE PROSSIMO: LO SPAZIO SLAVO E LO SPAZIO ISLAMICO

Le c.d. <> e il progressivo affermarsi della Res publica Christiana determina un mutamento nella nozione di Oriente che giunge a coincidere con lo spazio slavo e quello arabo e con i pregiudizi ad essi associati.

  • Lo spazio slavo e quello arabo vengono definiti come Oriente per poter distinguere l’Europa cristiana dalle aree non cristiane e conferirle un’unità che occulti le divisioni interne (unità che servirà ad occultare anche le fratture interne prodotte dalle guerre di religione del 16° e 17° secolo ). L’idea di una cristianità spiritualmente omogenea nasce di fatto nell’8° e nel 9° secolo sotto la spinta degli attacchi alla periferia dell’Impero da parte di avari, slavi, vichinghi, magiari e, occasionalmente, arabi.
  • Allo stesso tempo romanitas e christianitas andavano associandosi: i romani erano divenuti equivalenti a coloro che si sottoponevano alla chiesa romana (occidentale).
  • Parallelamente il termine barbaro assume il significato di non cattolico o pagano (alto medioevo). ➥ Lo stereotipo medievale del barbaro, nel senso di pagano, non è applicabile però al musulmano. L’Islam infatti non è visto come una religione pagana, ma come un’eresia. Le accuse di falsità e crudeltà addossate ai musulmani erano la proiezione delle qualità demoniache attribuite agli eretici. I musulmani vengono trasformati in nemici della cristianità da un’elaborazione teorica basata sull’eredità ebraica della guerra santa e sull’universalismo e l’esclusivismo cristiano cattolico. L’alterità ‘orientale’ dello spazio islamico ha offerto un grande sostegno al compattamento dell’Europa come spazio cristiano-latino. Nel periodo compreso tra l’anno 1000 e il Quattrocento (Basso Medioevo) - in quanto fase di omogeneizzazione religiosa dell’area europea e di espansione urbana ed economica - l’accezione religiosa del termine barbaro va perdendosi fino a recuperare il vecchio

SPAZIO ARABO

Lo spazio arabo si forma con l’espansione araba che avviene in seguito alla morte del profeta Maometto (632 d.C.) fino al 737 d.C. I musulmani giungeranno a occupare tutta la fascia sud del Mediterraneo a ovest fino alla Spagna (Gerusalemme, l’Egitto, la costa africana fino a Tunisi poi la Spagna) e a est fino all’indonesia e agli stretti di Malacca. In seguito all’espansione militare, la penetrazione islamica creerà contatti soprattutto a fini commerciali, saldando le proprie rotte commerciali con lo spazio slavo.

  • Conquiste sotto Maometto (622-632 d.C.)
  • Conquiste califfi ben guidati (632-661 d.C.)
  • Conquiste sotto gli Ommayadi (661-750 d.C.) e gli Abbassadi (750-925 d.C.)

LO STEREOTIPO RELATIVO ALLO SPAZIO ISLAMICO

Due elementi hanno nutrito lo stereotipo della diversità orientale dello spazio islamico:

  1. l’autorappresentazione geografica del mondo islamico in epoca classica
  2. e le modalità della sua ricezione in Europa. 1. La geografia prodotta dal mondo musulmano nella fase <> della storia dell’Islam (7° secolo fino al 14° secolo quando nasce l’impero ottomano). Nel suo modo di concepire lo spazio geografico l’i slam presenta analogie e differenze rispetto alla tradizione greco-romana. ANALOGIE:
  • Si conservano elementi geografici come i toponimi derivanti dal fenicio, ma in seguito adottati anche dai romani.
  • I concetti di mamlaka e dar-al Islam sono più prossimi alla concezione romana dello spazio rispetto alla concezione dello spazio dell’occidente cristiano. In Europa la definizione romana di patria communis viene sacralizzata e il territorio diventa elemento fondante dell’identità e della sovranità. Al contrario, l’Islam, sia dal punto di vista della sua immagine geografica (mamlaka) sia da quello politico-giuridico (dar al-islam) valorizza la comunità e le sue relazioni: la comunità (‘umma’) prevale sul territorium così come era la civitas, in quanto insieme dei cives, a produrre l’identità. ➧ Mamlaka (concetto geografico) = nozione spaziale che non ritaglia lo spazio in maniera univoca, è un <> che combacia con il dominio islamico, è uno spazio elastico e policentrico (ha mutato centro politico a seconda delle fasi storiche, il polo sacro è sempre stato la Mecca, ma i poli politici sono mutati al mutare dei califfati di Damasco, Baghdad, Egitto e Cordova). La plasticità della mamlaka è riscontrabile tanto nelle descrizione dei limiti marini che in quella dell’asse est-ovest dello spazio islamico. Sul Mar Rosso e il Golfo Persico <> perché su di questi l’islam ha il pieno controllo, mentre più si va a nord-est verso la riva nord del Mar Caspio, verso i variaghi, e più la mamlaka si diluisce. Allo

stesso modo mentre l’Islam ha il pieno controllo sulla parte orientale del Mediterraneo, il Maghrib - il ‘mare dell’occidente’ - viene considerato marginale e mai posseduto interamente (per questo nel tempo verrà chiamato <> o <>). *Il Mediterraneo era inteso soprattutto in base all’asse est-ovest, fondamentale per lo spazio islamico, e molto più importante della suddivisione tra il bahr al-rum (letteralmente ‘rum’ significa romano), la riva nord che coincideva con l’Impero d’Oriente prima e successivamente l’Occidente cristiano e il Bahr ash Sham (sham significa letteralmente ‘Siria’) che designa la riva sud e comprendeva Siria, Libano e Palestina. Dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente fino al 13 secolo l’Europa fu un’area sottosviluppata rispetto ai maggiori centri di civilt era infatti considerata dagli arabi terra di nessun interesse e da Bisanzio terra di barbari. ➧ Dar al Islam (concetto giuridico) = E’ l’equivalente politico-giuridico del concetto di mamlaka. (nonostante il suo fondamento religioso ha origine giuridica e non coranica). Viene tradotto con “territorio dell’Islam” contrapposto al dar al-harb “territorio della guerra”, cioè qualsiasi territorio in cui non vige la legge islamica. Dar designa una spazio interno affine a una dimora: un luogo non definito da un confine marcato stabilmente, ma un interno che protegge e al di fuori del quale non c’è sicurezza. I geografi tendevano però a non usare la definizione giuridica e parlavano piuttosto di: mamlakat al-islam, ‘hadd’ per le frontiere pacifiche e ‘tagr’ per le frontiere insicure.

  • L’importanza attribuita alle vie di comunicazione e ai sistemi urbani è la stessa nell’Impero romano e nell’Islam del periodo pre ottomano.
  • Nella letteratura geografica è evidente l’appropriazione del canone greco-romano e anche il significato del termine barbaros, ajam in arabo, letteralmente “colui che parla in maniera incomprensibile’. Il termine indica appunto il ‘balbuziente’, lo ‘straniero’. La concezione greca dei klimata confluisce nella divisione del mondo in 7 iquilim (plurale di aqualim che significa clima), usato nel senso di regione. Fra queste la medietà della posizione geografica viene traslata all’islam. La tradizione della letteratura geografica inaugurata dal “Libro delle strade e dei regni” (1068) e la letteratura dell’adab, per il suo carattere enciclopedico, faciliteranno le fossilizzazioni in stereotipi del canone, osservando l’alterità attraverso il filtro culturale proprio di ogni civiltà che guardi le altre dall’alto dei traguardi raggiunti. Sarà solo nel 10° secolo, quando l’islam avrà raggiunto la sua massima estensione, che la geografia ripiegherà sulla descrizione del dar al-Islam, lo spazio interno. La geografia islamica classica quindi nella rielaborazione del canone greco-romano non mostra una radicale diversità rispetto alle modalità di acquisizione dello stesso messo in opera dall’Europa cristiana (entrambe sono religioni geografiche: individuano dei confini al di là dei quali i fedeli non devono trovarsi, la narrazione dell’origine del sistema religioso è legata a dei siti, conservano dei centri di devozione che replicano i luoghi sacri originari ). ↓ La vera DIFFERENZA sta proprio nel non aver posto a fondamento della propria identità geografica il differenziarsi da un ‘Occidente’. La geografia islamica qualifica l’Islam in maniera autocentrata, e considera di scarsa o nessuna attrattiva l’Europa, valorizzando invece le terre verso est, dove si trovano gli interessi commerciali musulmani. L’alterità dello spazio islamico è stata in gran parte costruita da un’Europa che si identificava con la cristianità per rafforzare un’unità interna più volte minacciata e resa precaria. Per questo motivo si è accentuato l’elemento della diversità religiosa nei confronti di una civiltà che si mostrava resistente all’evangelizzazione, irriducibile militarmente, che dominava snodi commerciali fondamentali del traffico internazionale e il cui patrimonio culturale era entrato a far parte di alcune principali biblioteche della cristianità. *Giacomo Marammao riprende le tesi di Karl Jasper secondo cui l’individualità dell’identità europea sta proprio in questa polarità interna tra Oriente e Occidente. 2. La ricezione della geografia islamica nell’occidente cristiano. La prima pubblicazione a stampa di un’opera geografica araba data al 1592 e si tratta del “Libro dei piacevoli viaggi in terre lontane” (meglio noto come Libro di Ruggero) di Al-drisi del 12° secolo.

1 IL DIFFONDERSI DELLE RETI SACRE E DELLE RETI PROFANE

Reti sacre Nello spazio mediterraneo ed europeo poi si crea una vasta rete di pellegrinaggio verso i luoghi sacri. La cristianità reinventa l’homo viator classico che viaggia per virtù, in ragione di un obiettivo che si è prefissato. L’esperienza del pellegrinaggio è allo stesso tempo un viaggio fisico e un viaggio interiore: il dominio sullo spazio corrisponde al trionfo su di sé. Con la cristianità, il viaggio diviene un’esperienza fondante, esperienza codificata tra l’altro anche dall’Islam (*Islam e cristianità sono entrambe religioni geografiche). Reti profane Il commercio va espandendosi : ciò permette un contatto materiale con l’alterità (fin dall’Antichità le civiltà si conoscevano attraverso i prodotti portati per millenni dai mercanti) e crea delle reti di comunicazione estremamente flessibili (come dimostrato dalla longevità di istituzioni come i port of trade). ↓ L’estendersi delle reti sacre e di quelle commerciali ha due principali conseguenze:

1. Porta alla creazione del sistema-mondo del 13° secolo , con conseguenze di rilievo per le ‘due Europe’. Esso è costituito da otto sottosistemi che agiscono come relais di scambio e connette uno spazio che si estende dall’Europa occidentale al Sud-Est asiatico. Tale sistema verrà distrutto dall’epidemia di peste nera del 14° secolo - la densità connettiva del sistema è dimostrata dalla velocità di propagazione della stessa malattia, ma si ricostruirà in alcune sue parti nel 15° secolo. L’affermarsi del sistema mondo del 13° secolo avrà conseguenze di rilievo per le ‘due Europe’: - dall’11° secolo Boemia, Polonia e Ungheria diventeranno dei regni, da bacini etnici si trasformano in stati amministrati che si ergono tra l’Occidente e la Russia - e la Russia si stacca progressivamente dall’occidente europeo, isolandosi sempre di più dal 12° secolo (l’espansione di Venezia e Genova taglia fuori dalle rotte commerciali la <>, la Russia si isola sempre di più, anche perché è l’unico stato cristiano a far parte dell’impero tartaro ciò l’allontana sia dal mondo Occidentale che da quello slavo). * Questi due avvenimenti avranno un peso importante nell’<<invenzione dell’Europa orientale>>. 2. L’esperienza del viaggio, del pellegrino e del mercante, produce lo scambio e rende possibile una conoscenza dell’altro più diretta e fertile. Tuttavia, il canone continua a modellare la definizione dell’alterità , penetrando la c.d letteratura dei mirabilia quella tradizione che plasma l’immaginario dell’Occidente cristiano. Un vero e proprio genere letterario di grande popolarità a partire dal 12° secolo che tende a descrivere l’Oriente sottolineandone in maniera costante e universale il “meraviglioso geografico”: esuberanza della flora e della fauna e soprattutto l’antropologia difforme. ↳ Si afferma un atteggiamento verso l’alterità che avrà notevole peso nella costruzione dell’identità europea moderna: la <>, ovvero l’assimilazione dell’alterità nel quadro delle proprie conoscenze. Poiché l’universitalis cristiana ammette l’esistenza di un solo mondo, le società “altre” venivano considerate ‘arretrate’ e destinate un giorno a civilizzarsi, ovvero a cristianizzarsi. Si afferma l’esistenza di un unico mondo, ma con tempi diversi. ➟ Per lungo tempo il rapporto tra ciò che si conosce dell’incontro/scontro con l’alterità è ciò che si conosce dai libri e questo ha influenzato il modo in cui l’Europa ha costruito la propria identità geografica, cercando, di volta in volta, un Oriente. Sarà solo dal Cinquecento che l’esperienza di viaggio prevarrà sullo schema cognitivo presupposto nella comprensione dell’alterità. * Nell’Europa medievale il rafforzamento dell’unità avviene attraverso una valorizzazione identitaria del territorio: la <>. Il possesso di un territorio è ciò che distingue il senso di identità della cristianità. L’Europa medievale non si materializza nell’immaginario collettivo attraverso mappe, anche le mappae mundi non avevano questo scopo: servivano come schemi per illustrare dei concetti, dati scientifici (come la sfericità delle terra, i continenti conosciuti e le zone climatiche), i punti cardinali, i territori lontani, la flora e la fauna, le storie della Bibbia, gli eventi storici o mitologici. Le carte nautiche invece servivano a navigare nel Mediterraneo.

🆚🆚 Una diversa concezione del territorio si materializza in età moderna: l’Europa si materializza nell'immaginario collettivo attraverso mappe, utilizzate come riferimento duranti i viaggi e che hanno la pretesa di rappresentare le terre e le acque in maniera proporzionata.

2 IL RUOLO DELLE CITTÀ-STATO ITALIANE Le città stato italiane sono fondamentali per la costruzione dell’identità geografica europea moderna. Nella fase comunale viene infatti viene utilizzata l’immagine, e in particolare quella cartografica, per usi politici. Due sono i generi di rappresentazione cartografica su cui si fa affidamento per supportare visivamente il programma politico repubblicano: le mappemundi e le carte nautiche allegate ai portolani. L’ESEMPIO SENESE Il ciclo di affreschi <<Allegorie ed effetti del buon governo in città e nel contado>> (1345) di Ambrogio Lorenzetti mostrava con il suo impatto visivo il legame tra arte e cartografia, ma soprattutto rappresenta l’esempio più eclatante dell’uso politico dell’immagine nel contesto della fase storica comunale.

II. ORIENTI E OCCIDENTI

ETA’ MODERNA: la formazione degli stati nazione e l’affermarsi del

sistema di equilibrio interstatale. Il 1453 è un anno di svolta nella storia Europea: ↳ Costantinopoli cade in mano ai turchi e cade l’Impero Romano d’Oriente. ↳ Giunge a termine la Guerra dei Cent’anni, il conflitto che impegnò Inghilterra e Francia. In Europa ha luogo un doppio processo :

  1. L’espansione coloniale oltreoceano che porta all’espansione degli spazi esterni ⇾ iniziano i viaggi di ‘scoperta’ ed esplorazione che espandono gli spazi europei nelle colonie americane, asiatiche e africane (in una scala mondiale diversa da quella del 13° secolo).
  2. La formazione degli stati nazionali che determina il riassetto degli spazi interni ⇾ Gli spazi ereditati dal feudalesimo vengono ritagliati in unità territoriali di taglia simile - gli Stati territoriali. La contrazione degli spazi mondiali fa eco alla valorizzazione dei confini e delle identità regionali negli spazi europei.