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Diritto amministrativo 1, Exams of Administrative Law

Risposte aperte ecampus. Prof Pardini

Typology: Exams

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1. IN COSA CONSISTE L'ATTIVITÀ DI AMMINISTRAZIONE
L'attività amministrativa è quell'attività mediante la quale i soggetti della pubblica amministrazione
provvedono alla cura dell'interesse pubblico, interessi loro affidati dopo che la funzione politica sceglie i fini da
perseguire. Possiamo avere atti di amministrazione attiva, attraverso cui una pubblica amministrazione agisce
in modo tale da realizzare concretamente le finalità pubbliche. L'attività dell'amministrazione può inoltre
estrinsecarsi con atti di amministrazione consultiva e cioè con pareri, consigli da destinare alle autorità che
concretamente agiscono. Infine abbiamo atti di controllo con cui si va a sindacare l'operato della pubblica
amministrazione. L'azione amministrativa deve essere regolata sulla base dei due principi costituzionali
contemplati dall'art.97: il buon andamento e imparzialità. Sulla base di quelli elaborati a livello comunitario,
anche l'efficienza efficacia, trasparenza, pubblicità, principi assorbiti nel nostro ordinamento dalla legge sul
procedimento amministrativo (l.241/1990), devono essere posti alla base dell'azione della P.A. Tutti gli atti
della pubblica amministrazione possono essere suddivisi in atti di diritto pubblico, che seguono le norme e i
principi del diritto pubblico. In questo caso la pubblica amministrazione si pone in una posizione di supremazia
nei confronti degli altri soggetti destinatari dei suoi atti. La pubblica amministrazione può però agire come un
qualsiasi soggetto dell'ordinamento, non spendendo potere autoritativo. Questa attività viene riconosciuta
dall'ordinamento che prevede all'art.1-bis della legge 241/1990 (come modificato dalla l.15/2005) che "la
pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto
privato salvo che la legge disponga diversamente".
2. DA DOVE DERIVANO I PRINCIPI GENERALI
Nel vigente ordinamento, una parte significativa dei principi della disciplina trova esplicita enunciazione
direttamente in Costituzione. In tali casi il principio acquista un valore elevatissimo, permea di l'intero
ordinamento amministrativo ed è, per definizione, principio generale dell'ordinamento giuridico dello Stato ai
sensi dell'art. 12 preleggi. Per esempio nell’art. 97 Cost., che afferma il principio dell’imparzialità, nonché
quello del buon andamento, è racchiusa la base delle regole generali circa l’esercizio della funzione
amministrativa nelle sue diverse manifestazioni. Anche i principi che non trovano direttamente fonte in
Costituzione sono sempre riconducibili, per via di successive astrazioni, a qualche norma costituzionale. In un
ordinamento a Costituzione rigida, come il nostro, non possono esistere principi, che non siano riconducibili
alla Costituzione, che risultino privi di "copertura" costituzionale.
3. CHE RAPPORTO SUSSISTE TRA DIRITTO AMMINISTRATIVO E I PRINCIPI
GENERALI?
Il diritto amministrativo è la disciplina giuridica che ha ad oggetto l’organizzazione e l’azione concreta dei
pubblici poteri ed è costituita, per gran parte, da principi generali, formulati prevalentemente in Costituzione.
Non esistendo una parte generale di fonte legislativa, l’importanza dei suddetti principi generali,
nell’interpretazione e nell’applicazione del diritto amministrativo, diventa cruciale.
4. QUALI SONO I PRINCIPI CHE REGOLANO I RAPPORTI TRA LE FONTI E IN
COSA CONSISTONO
I principi che regolano i rapporti tra le fonti sono gerarchia e competenza. In base al principio di gerarchia, la
fonti sovraordinate hanno la capacità di stabilire una disciplina che non può essere abrogata o modificata dalle
fonti subordinate. In base al principio di competenza le varie fonti hanno la capacità di disciplinare una
determinata materia, a prescindere dalla loro posizione gerarchica. Nel diritto amministrativo la competenza è
stabilita a sua volta dalla fonte superiore (la competenza delle leggi statali è stabilita dalla costituzione),
pertanto il principio di gerarchia finisce per assorbire quello di competenza.
5. LE LEGGI REGIONALI A QUALE ORDINE GERARCHICO APPARTENGONO E IN
CHE RAPPORTO SONO CON LE LEGGI STATALI
Le leggi regionali appartengono al secondo ordine gerarchico delle fonti (fonti primarie - leggi ed atti aventi
forza di legge). Tali leggi sono equiparate alle leggi statali e sono in rapporto con queste in termini di
competenza. Infatti l’art. 117 Cost, come modificato dalla L.cost. 3/2001, riserva la capacità di produzione
normativa alle leggi statali solo per alcuni fondamentali materie (competenza esclusiva), lasciando alla
competenza cosiddetta concorrente (tra Stato e Regioni) e a quella residuale (solo Regioni) tutte le altre
materie.
6. QUALI SONO GLI ORDINI GERARCHICI DELLE FONTI E QUALI FONTI
APPARTENGONO A CIASCUNO DI ESSI
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1. IN COSA CONSISTE L'ATTIVITÀ DI AMMINISTRAZIONE

L'attività amministrativa è quell'attività mediante la quale i soggetti della pubblica amministrazione provvedono alla cura dell'interesse pubblico, interessi loro affidati dopo che la funzione politica sceglie i fini da perseguire. Possiamo avere atti di amministrazione attiva, attraverso cui una pubblica amministrazione agisce in modo tale da realizzare concretamente le finalità pubbliche. L'attività dell'amministrazione può inoltre estrinsecarsi con atti di amministrazione consultiva e cioè con pareri, consigli da destinare alle autorità che concretamente agiscono. Infine abbiamo atti di controllo con cui si va a sindacare l'operato della pubblica amministrazione. L'azione amministrativa deve essere regolata sulla base dei due principi costituzionali contemplati dall'art.97: il buon andamento e imparzialità. Sulla base di quelli elaborati a livello comunitario, anche l'efficienza efficacia, trasparenza, pubblicità, principi assorbiti nel nostro ordinamento dalla legge sul procedimento amministrativo (l.241/1990), devono essere posti alla base dell'azione della P.A. Tutti gli atti della pubblica amministrazione possono essere suddivisi in atti di diritto pubblico, che seguono le norme e i principi del diritto pubblico. In questo caso la pubblica amministrazione si pone in una posizione di supremazia nei confronti degli altri soggetti destinatari dei suoi atti. La pubblica amministrazione può però agire come un qualsiasi soggetto dell'ordinamento, non spendendo potere autoritativo. Questa attività viene riconosciuta dall'ordinamento che prevede all'art.1-bis della legge 241/1990 (come modificato dalla l.15/2005) che "la pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente".

  1. DA DOVE DERIVANO I PRINCIPI GENERALI Nel vigente ordinamento, una parte significativa dei principi della disciplina trova esplicita enunciazione direttamente in Costituzione. In tali casi il principio acquista un valore elevatissimo, permea di sé l'intero ordinamento amministrativo ed è, per definizione, principio generale dell'ordinamento giuridico dello Stato ai sensi dell'art. 12 preleggi. Per esempio nell’art. 97 Cost., che afferma il principio dell’ imparzialità, nonché quello del buon andamento, è racchiusa la base delle regole generali circa l’esercizio della funzione amministrativa nelle sue diverse manifestazioni. Anche i principi che non trovano direttamente fonte in Costituzione sono sempre riconducibili, per via di successive astrazioni, a qualche norma costituzionale. In un ordinamento a Costituzione rigida, come il nostro, non possono esistere principi, che non siano riconducibili alla Costituzione, che risultino privi di "copertura" costituzionale.
  2. CHE RAPPORTO SUSSISTE TRA DIRITTO AMMINISTRATIVO E I PRINCIPI GENERALI?

Il diritto amministrativo è la disciplina giuridica che ha ad oggetto l’organizzazione e l’azione concreta dei pubblici poteri ed è costituita, per gran parte, da principi generali, formulati prevalentemente in Costituzione. Non esistendo una parte generale di fonte legislativa, l’importanza dei suddetti principi generali, nell’interpretazione e nell’applicazione del diritto amministrativo, diventa cruciale.

  1. QUALI SONO I PRINCIPI CHE REGOLANO I RAPPORTI TRA LE FONTI E IN COSA CONSISTONO I principi che regolano i rapporti tra le fonti sono gerarchia e competenza. In base al principio di gerarchia, la fonti sovraordinate hanno la capacità di stabilire una disciplina che non può essere abrogata o modificata dalle fonti subordinate. In base al principio di competenza le varie fonti hanno la capacità di disciplinare una determinata materia, a prescindere dalla loro posizione gerarchica. Nel diritto amministrativo la competenza è stabilita a sua volta dalla fonte superiore (la competenza delle leggi statali è stabilita dalla costituzione), pertanto il principio di gerarchia finisce per assorbire quello di competenza.
  2. LE LEGGI REGIONALI A QUALE ORDINE GERARCHICO APPARTENGONO E IN CHE RAPPORTO SONO CON LE LEGGI STATALI Le leggi regionali appartengono al secondo ordine gerarchico delle fonti (fonti primarie - leggi ed atti aventi forza di legge). Tali leggi sono equiparate alle leggi statali e sono in rapporto con queste in termini di competenza. Infatti l’art. 117 Cost, come modificato dalla L.cost. 3/2001, riserva la capacità di produzione normativa alle leggi statali solo per alcuni fondamentali materie (competenza esclusiva), lasciando alla competenza cosiddetta concorrente (tra Stato e Regioni) e a quella residuale (solo Regioni) tutte le altre materie.
  3. QUALI SONO GLI ORDINI GERARCHICI DELLE FONTI E QUALI FONTI APPARTENGONO A CIASCUNO DI ESSI

Gli ordini gerarchici sono 3: le fonti costituzionali ; le fonti primarie, che è costituto da leggi ordinarie (le leggi regionali sono equiparate alle leggi statali) ed atti aventi forza di legge (decreti legge, decreti legislativi, regolamenti parlamentari, della Presidenza della Repubblica e della Corte Costituzionale); le fonti secondarie, che comprendono tutti i regolamenti, espressione del potere del Governo, delle Amministrazioni, di disciplinare se stesse, nella loro organizzazione e nella loro azione (regolamenti ministeriali, governativi, interministeriali, enti locali, etc…). Discorso a parte per le fonti comunitarie, che, come è ormai pacifico, si collocano in posizione di prevalenza sulle fonti primarie interne (leggi), ma sono sottratte al sindacato di costituzionalità.

  1. QUALI SONO I REGOLAMENTI DEL GOVERNO I regolamenti del governo sono disciplinati dall’art 17 della l. 23/8/1988 n 400, essi rappresentano l’attività normativa secondaria del Governo, diretta a produrre norme subordinate a quelle primarie. Essi sono di più tipologie: esecutivi , che danno esecuzione ad una disciplina dettata da leggi introducendo specificazioni alle norme di rango primario o stabilendo modalità attuative delle stesse; di attuazione o integrativi degli atti legislativi ; indipendenti , di organizzazione dei rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti , di delegificazione , con cui una determinata disciplina di livello legislativo viene sostituita; per l’organizzazione e la disciplina dei ministeri ; ministeriali ed interministeriali; di attuazione delle direttive dell’UE.
  2. COSA SONO I REGOLAMENTI DELEGATI I Regolamenti delegati, sono regolamenti del governo, che necessitano di una apposita autorizzazione legislativa e disciplinano ex novo materie già disciplinate dalla legge. Ciò provoca una sostituzione della disciplina preesistente, che di fatto viene abrogata, dando luogo al fenomeno della delegificazione.
  3. QUALI SONO LE FONTI SECONDARIE NON STATALI Le fonti secondarie non statali riguardano la potestà regolamentare - subordinata alla legge e ai regolamenti governativi - di cui è dotato ogni ente pubblico per disciplinare la propria organizzazione e l’esercizio delle proprie funzioni. Regolamenti degli enti del governo territoriale, che, in quanto enti autonomi, hanno la facoltà di autodeterminarsi nei settori di loro competenza (statuti, regolamenti regionali, regolamenti comunali, regolamenti provinciali…).
  4. QUALI SONO LE FONTI SECONDARIE

Le fonti secondarie sono molto presenti nella disciplina dell’amministrazione ed il regolamento ne è la figura centrale. Regolamenti governativi, regolamenti ministeriali, regolamenti interministeriali, regolamenti degli enti del governo (regioni, province, comuni). Le fonti secondarie sono espressione del potere del Governo, delle Amministrazioni, di disciplinare se stesse, nella loro organizzazione e nella loro azione.

  1. QUALE È IL RAPPORTO TRA LE FONTI EUROPEE E LE FONTI PRIMARIE INTERNE Le fonti europee, quantomeno quelle con sufficiente precisione e carattere dispositivo, prevalgono sulle fonti primarie interne (leggi). Le leggi in contrasto con una normativa europea non possono essere applicate dai giudici e dalle Amministrazioni, pertanto vengono disapplicate (non dichiarate incostituzionali).
  2. QUALI SONO LE FONTI EUROPEE E CHE APPLICABILITÀ HANNO NELL'ORDINAMENTO INTERNO Le fonti europee sono articolate e distinte e a vario titolo rilevanti per il dir amministrativo: le fonti di rango primario sono i Trattati istitutivi e relative modificazioni; e di rango secondario (regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri). Le fonti europee non fanno parte dell’ordinamento interno, ma restano fonti proprie del loro ordinamento (quello comunitario), come tali, sottratte anche al giudizio di costituzionalità. I principali atti giuridici dell’UE sono: Regolamenti, che pongono norme direttamente applicabili poiché dotate di completezza di contenuto dispositivo. - Direttive, che rivolgono agli Stati Membri semplicemente il risultato da raggiungere, lasciando questi liberi di valutare forma e mezzi. Discorso a parte le Direttive self executing, che, in quanto sufficientemente precise e dettagliate, vanno equiparate ai regolamenti, quindi direttamente applicabili. Altri atti comunitari (decisioni, pareri, raccomandazioni) non hanno carattere normativo.
  3. QUALI SONO I PRINCIPI CHE CARATTERIZZANO UN SISTEMA GIURIDICO DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

La Costituzione pone alcuni principi fondamentali in materia di organizzazione amm. Di prima rilevanza è il principio di legalità, secondo cui l’amministrazione deve sempre essere assoggettata alla legge, tale principio, nella sua accezione, è applicabile non solo

Successivamente l’atto amministrativo diventa lo strumento finalizzato alla cura di interessi generali, quindi in un certo senso vincolato nel fine. Immediata conseguenza è che la conformità dell’azione dell’amministrazione debba essere controllabile, quantomeno nei momenti preparatori.

  1. QUALE È L'EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE DEL CONCETTO DI ATTO AMMINISTRATIVO In giurisprudenza si è fatta strada con il passare degli anni l’idea che l’atto amministrativo fosse uno strumento deputato a perseguire finalità pubbliche e, perciò, non libero ma vincolato ( vincolato nel fine ). A questo punto l’amministrazione, nell’esercizio dell’azione concreta di preparazione dell’atto amministrativo, è tenuta a conformarsi al perseguimento di interessi generali, a pena di invalidità. Nel caso in cui l’atto amministrativo sia viziato ( perché non persegue interessi generali e quindi non è rispettata la finalità di pubblico interesse) , ciò diviene giuridicamente rilevante in relazione ai motivi dell’azione. È per questo che l’atto amministrativo si dice che diventa “controllabile”.
  2. PERCHÉ IN GIURISPRUDENZA SI AFFERMA L'IDEA CHE L'ATTO AMMINISTRATIVO SIA CONTROLLABILE

Si afferma l’idea che l’atto amministrativo sia controllabile perché diventa vincolato alla cura degli interessi generali. Così l’azione concreta dell’amministrazione può essere controllata, a pena di invalidità degli atti, nei modi e nelle forme stabilite dall’ordinamento.

  1. CON LE LEGGI RIVOLUZIONARIE E DURANTE IL REGIME NAPOLEONICO COME SI ATTUAVA IL CONTROLLO SUGLI ATTI AMMINISTRATIVI

Con le leggi rivoluzionarie e successivamente durante il regime napoleonico si afferma il principio di separazione tra amministrazione e giurisdizione. Tale principio viene attuato mediante organizzazione del sistema degli organi del contenzioso amministrativo, ossia di organi interni all’apparato del Governo, cui vengono deferiti affari contenziosi sottratti alla giurisdizione ordinaria. Pertanto i tribunali ordinari divengono competenti esclusivamente delle controversie tra privati, mentre le altre controversie vengono attribuite alla competenza degli organi del contenzioso amministrativo.

22. CON LA LEGISLAZIONE SUCCESSIVA AL 1865 E FINO ALL'ENTRATA IN

VIGORE DELLA COSTITUZIONE COME SI EVOLVE IL CONTENZIOSO

AMMINISTRATIVO

La legge 20 marzo 1865 all.E sopprime i tribunali del contenzioso amministrativo, operando devoluzione ai tribunali ordinari delle controversie con la P.A. concernenti diritti civili e politici. Allo stesso tempo manteneva in capo al Consiglio di Stato qualche marginale competenza giurisdizionale e come organo consultivo la competenza di emanare pareri sugli unici ricorsi esperibili a tutela nelle materie amministrative: Ricorsi al Re e Ricorsi Gerarchici. Quindi le controversie con le P.A aventi ad oggetto diritti soggettivi (assoluti e a carattere patrimoniale, in concreto) passavano alla competenza del giudice ordinario, il cui operato, inoltre, era gravato dal divieto di annullamento, revoca o riforma degli atti amministrativi. In altre parole il G.O (giudice ordinario) poteva solo disapplicare l’atto e disporre eventuale risarcimento del diritto dedotto in giudizio. Successivamente , con le leggi del 1889 e del 1907 il legislatore italiano ripristinava gli organi assimilabili a quelli del contenzioso amministrativo (Consiglio di Stato), pur mantenendo il sistema di tutela dei diritti soggettivi davanti al G.O. La vera novità arrivava nel 1923, con il R.D. 2840/1923 che istituiva la giurisdizione amministrativa esclusiva in alcune materie , con il giudice amministrativo competente sia delle controversie concernenti diritti, sia di quelle concernenti interessi. La Costituzione, infine, consolida una distinzione tra diritti ed interessi , affidati ai due diversi ordini (Giudice ordinario e Giudice Amministrativo), ma afferma il principio di pienezza della tutela giurisdizionale sia dei diritti che degli interessi legittimi. Riconduzione, quindi, della giurisdizione amministrativa ad una delle manifestazioni della tutela giurisdizionale.

  1. QUALE TUTELA ERA RICONOSCIUTA AL PRIVATO NEL CONTENZIOSO CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE DISCIPLINATO DALLA LEGGE N. 2248/1865 ALL.E Il privato nel contenzioso con la PA, in virtù della L.2248/1865 All.E, poteva richiedere una tutela risarcitoria presso il giudice ordinario, in caso di lesione di un diritto soggettivo. Nel caso in cui la controversia non

coinvolgesse diritti, ma meri interessi, non avrebbe potuto rivolgersi al giudice ordinario, ma soltanto alle stesse pubbliche Amministrazioni, mediante gli strumenti dei ricorsi (Ricorso gerarchico ordinario e Ricorso al Re straordinario).

  1. QUALI SONO I CARATTERI FONDAMENTALI DEL SISTEMA AMMINISTRATIVO I caratteri fondamentali del sistema amministrativo, risultanti al termine del lungo e complesso processo evolutivo, sono: la funzione di amministrazione , intesa quale attività di cura concreta di interessi generali, distribuita tra pubblici poteri secondo il principio del pluralismo autonomistico (che ha ribaltato l’antico accentramento ); l’esercizio dell’amministrazione affidato ad un corpo di funzionari professionali, collegati al potere politico ma distinti da esso; l’attività che si estrinseca nell’adozione di atti produttivi di effetti nei confronti dei terzi , sottoposti a regime differenziato rispetto a quello degli atti di diritto privato; le controversie che insorgono in relazione all’esercizio di questo potere vengono attribuite ad una giurisdizione speciale (la giurisdizione amministrativa ), quindi viene a caratterizzarsi un ordinamento a diritto amministrativo.
  2. CON LA LEGGE N.2248/1865 ALL.E COME VIENE SUDDIVISA LA GIURISDIZIONE IN MATERIA DI CONTROVERSIE CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE La legge 20 marzo 1865 all.E, cosiddetta legge di abrogazione del contenzioso amministrativo, operava una devoluzione ai tribunali ordinari delle controversie con la P.A. concernenti diritti civili e politici. Allo stesso tempo manteneva in capo al Consiglio di Stato qualche marginale competenza giurisdizionale e, come organo consultivo, la competenza di emanare pareri sugli unici ricorsi esperibili a tutela nelle materie amministrative: Ricorsi al Re e Ricorsi Gerarchici. Quindi le controversie con le P.A aventi ad oggetto diritti soggettivi (assoluti e a carattere patrimoniale, in concreto) passavano alla competenza del giudice ordinario , il cui operato, inoltre, era gravato dal divieto di annullamento, revoca o riforma degli atti amministrativi. In altre parole il G.O (giudice ordinario) poteva solo disapplicare l’atto e disporre eventuale risarcimento del diritto dedotto in giudizio. Per quanto concerneva invece i contenziosi aventi ad oggetto meri interessi , gli unici rimedi esperibili erano i Ricorsi.
  3. IN COSA CONSISTE IL PRINCIPIO COSTITUZIONALE DELLA PIENEZZA DELLA TUTELA GIURISDIZIONALE Il principio costituzionale della pienezza della tutela giurisdizionale nelle controversie con la Pubblica Amministrazione impone una piena equiparazione tra le due tutele , rispettivamente dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi, riconoscendo quindi carattere di tutela giurisdizionale alla giurisdizione amministrativa. La piena attuazione di tale principio, però, si è avuta soltanto con l’entrata in vigore del codice sul processo amministrativo.
  4. LA LEGGE N.2248/1865 ALL.E QUALI POTERI ATTRIBUISCE AL GIUDICE ORDINARIO NELLE CONTROVERSIE CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Il giudice ordinario, con la L. 2248/1865 all.E, viene investito della competenza a conoscere delle controversie con la Pubblica Amministrazione aventi ad oggetto diritti soggettivi. Inoltre, il suo operato era gravato dal cosiddetto divieto di annullamento, revoca o riforma degli atti amministrativi. In altre parole il G.O (giudice ordinario) poteva solo disapplicare l’atto e disporre eventuale risarcimento del diritto dedotto in giudizio.

  1. IN COSA CONSISTONO I PRINCIPI DELL'AUTONOMIA LOCALE DEL DECENTRAMENTO AMMINISTRATIVO E COME SI PONGONO CON IL PROBLEMA DEI RAPPORTI TRA POLITICA E AMMINISTRAZIONE Nella Costituzione l’amministrazione pubblica si configura come una manifestazione del principio di autonomia locale e del principio di decentramento amministrativo. Il principio autonomistico vede il sistema di governo articolarsi in una struttura pluralistica che vede accanto allo Stato un insieme di enti del governo territoriale (Regioni, Province, Comuni) cui la stessa Costituzione riserva un ambito di governo loro. Con la L.Cost. 3/2001 la Repubblica viene identificata quale insieme di Enti di Governo tra loro equiparati (Stato, Regioni, Province, Comuni) e differenziati solo con riferimento alla comunità rispettivamente amministrata e per la dimensione degli interessi coinvolti. Gli enti locali, quindi, perdono la tutela dello Stato e diventano

adottare i provvedimenti dovuti o necessari entro un congruo termine, scaduto il quale, il Governo agisce in luogo dell’ente inadempiente, o direttamente o mediante nomina di un commissario ad acta. Inoltre specifiche normative di settore possono prevedere singoli interventi sostitutivi nei confronti di enti del governo territoriale, laddove ciò sia necessario per fare fronte ad esigenze dell’amministrazione del settore.

  1. (^) IN COSA CONSISTE IL PRINCIPIO DI LEALE COLLABORAZIONE E QUALI SONO GLI ORGANI ESPRESSIONE DI DETTO PRINCIPIO

I rapporti tra lo Stato, i pubblici poteri e gli enti del governo territoriale sono retti dal principio di leale collaborazione, che si manifesta in obblighi di collaborazione reciproca nell’esercizio delle funzioni amministrative di competenza dei diversi enti di governo (scambio di informazioni, prestazioni da parte di uffici e funzionari di un ente in favore di un altro). Vi sono organi di coordinamento e di raccordo tra i diversi livelli di governo, destinati al raggiungimento di intese, accordi tra i diversi enti nell’ambito dell’esercizio di attività di interesse comune. Si pensi alla Conferenza Stato- Regioni, tesa a garantire la partecipazione delle Regioni ai processi decisionali di interesse comune. O ancora alla Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, composta da membri del governo e rappresentanti delle associazioni rappresentative degli enti locali. Ancora, nell’ambito di ogni singola Regione è costituito il Consiglio delle Autonomie Locali, organo di consultazione, costituito dai rappresentanti degli enti locali presenti nel territorio regionale, chiamato ad esprimersi su iniziative regionali e su attività di programmazione che possano incidere sull’azione degli enti locali.

  1. IN COSA CONSISTE IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ ORIZZONTALE

La sussidiarietà orizzontale riguarda i rapporti tra pubblico e privato, è sancito dall’ultimo comma dell’art. 118 Cost. e prevede che alla cura dei bisogni collettivi e alle attività di interesse generale provvedano direttamente i privati cittadini (sia come singoli, sia come associati) e i pubblici poteri intervengano in funzione ‘sussidiaria’, cioè favorendo l’autonoma iniziativa. Il cittadino deve avere la possibilità di cooperare con le istituzioni nel definire gli interventi che incidano sulle realtà sociali a lui più prossime.

  1. NEL NOSTRO ORDINAMENTO COME SI SOSTANZIA IL RAPPORTO TRA AZIONE POLITICA E AZIONE AMMINISTRATIVA

Il rapporto tra politica e amministrazione costituisce un problema insolubile e fisiologico in ogni sistema democratico. Infatti mentre l’Amministrazione è per definizione - e deve essere - imparziale, la politica è di parte. Perciò è tanto difficile quanto necessario trovare un equilibrio, dei modi per tenere distinte le due sfere di attività. Nel nostro ordinamento è prevista innanzitutto una distinzione funzionale tra le sfere di attività: il Ministro che presenta un disegno di legge o delega un sottosegretario agisce in veste di organo politico (attività libera ed insindacabile, se non sul piano politico), viceversa lo stesso Ministro che esercita un potere amministrativo (approva un progetto) agisce in qualità di organo amministrativo (attività sindacabile secondo i principi e le regole del diritto amministrativo). La separazione organica tra uffici costituisce un altro meccanismo di distinzione tra politica e amministrazione, in virtù del quale gli uffici di direzione politica (con funzioni di indirizzo, controllo e programmazione) sono separati da quelli burocratico amministrativi (con funzioni di gestione amministrativa). Infine la garanzia di indipendenza di alcune organizzazioni chiamate ad operare nella soggezione esclusiva della legge in determinati settori, delicati e di marcato interesse collettivo.

  1. IL NOSTRO ORDINAMENTO QUALE CAPACITÀ GIURIDICA E DI AGIRE VIENE RICONOSCIUTA ALLE PERSONE GIURIDICHE PUBBLICHE

Mentre per le persone fisiche la capacità giuridica è un attributo ineliminabile, per le persone giuridiche la capacità giuridica è una concessione, una creazione dell’ordinamento che avviene attraverso il riconoscimento dell’organizzazione come soggetto giuridico (persona giuridica, appunto). Le organizzazioni pubbliche sono riconosciute come persone giuridiche in ragione di una esigenza di piena giuridicizzazione dei fenomeni pubblicistici. Per quanto concerne la capacità di agire invece, emergono problemi giuridici dovuti al dato incontestabile che la persona giuridica non può che agire attraverso l’opera di uomini. Così si è affermato che la persona giuridica possa agire giuridicamente attraverso i suoi uffici (rapporto organico, cioè gli uffici della persona giuridica agiscono come organi della persona giuridica stessa). In tal caso l’attività giuridica posta in essere dall’ufficio ed effetti prodotti dalla stessa vengono imputati alla persona giuridica.

  1. QUALE È LA DIFFERENZA TRA ATTRIBUZIONE E COMPETENZA

L’ attribuzione indica l’insieme delle funzioni e dei compiti che sono conferiti alla organizzazione nella sua interezza, cioè che appartengono ad essa nei limiti stabiliti dalla legge. La competenza (dell’organo) invece è l’insieme delle funzioni e dei compiti propri di ciascun organo nell’ambito dell’attribuzione complessiva dell’ente o dell’organizzazione. È la capacità di esercitare un potere e di emanare un atto.

  1. (^) IN COSA CONSISTONO LA DELEGAZIONE, L'AVVILIMENTO E LA SOSTITUZIONE

Gli istituti che intervengono a modificare l’ordine legale delle attribuzioni sono: la delegazione, l’avvalimento e la sostituzione. La delegazione ovvero la derivazione della competenza in capo ad altro organo o soggetto, che tuttavia, non assume la titolarità del potere. Si ha quando un ente pubblico attribuisce una propria funzione ad un altro ente (ente delegante ad ente delegato), per un determinato tempo e sulla base di criteri e direttive circa l’esercizio della stessa da parte dell’ente delegante. L’ avvalimento si ha quando un ente, nell’esercizio di funzioni di cui sia titolare, si avvale di uffici di un altro ente per il compimento di attività istruttorie, preparatorie, tecniche ed esecutive. Infine la sostituzione vede il potere, in capo ad un ente nei confronti di un altro ente, di sostituirsi ad esso nel compimento di determinate operazioni o nell’adozione di determinati atti che siano obbligatori per legge. Presuppone l’ingiustificata inerzia dell’organo sostituito e il carattere vincolato dell’atto da emanarsi.

39. COSA SONO I MINISTERI, LE AGENZIE E LE AZIENDE AUTONOME DELLO

STATO E QUALI SONO LE LORO FUNZIONI

La nostra Costituzione ha accolto il principio del pluralismo istituzionale, I Ministeri, insieme con Agenzie, Aziende e Amministrazioni Indipendenti costituiscono la struttura fondamentale dell’organizzazione dello Stato. I Ministeri sono uffici complessi formati da una pluralità di uffici ed organi, individuati con riferimento ai compiti loro attribuiti. La loro sede centrale è a Roma, ma molti hanno anche sedi e circoscrizioni territoriali a livello regionale o provinciale. Le organizzazioni ministeriali dipendono dalla responsabilità di un organo a titolarità politica, il Ministro, il quale è chiamato a rispondere dell’andamento del suo Ministero davanti al Parlamento. (Il vertice politico è l’ufficio del ministro (possono anche essere nominati vice-ministri e sottosegretari), mentre per le funzioni amministrative, il Ministro si avvale di uffici di gabinetto. L’organizzazione dei Ministeri può seguire un modello dipartimentale, in base al quale il ministero si articola in grandi strutture organizzative, i dipartimenti, appunto, a loro volta articolati in uffici generali; oppure un modello a direzione generale, in cui gli uffici generali vengono coordinati dal segretario generale del ministero, che opera alle dirette dipendenze del ministro.) Le Agenzie sono strutture pubbliche con compiti di carattere tecnico-operativo di rilievo nazionale che operano in generale al servizio delle Amministrazioni Pubbliche e possono essere dotate di autonomia organizzativa e contabile. Sono strutture organizzative strettamente collegate ai singoli ministeri, ma allo stesso tempo dispongono di notevole autonomia organizzativa e funzionale, poiché dispongono di propri organi di gestione e controllo ed operano al servizio di tutte le amministrazioni pubbliche, comprese anche quelle regionali e locali. Non sono dotate di personalità giuridica, perciò ricadono nell’ambito della persona giuridica dello Stato. Tra le più note agenzie attualmente operative ci sono le Agenzie fiscali, Agenzia per la rappresentazione negoziale ARAN… Le Aziende sono adibite ad attività di tipo operativo-produttivo che, potrebbero essere effettuate in forma di impresa (ENEL). Il modello di Azienda è in via di superamento, in quanto la L.35/1992dispone che le aziende possono essere trasformate in S.p.A.

  1. QUALI SONO GLI ORGANI AUSILIARI E COME SONO STRUTTURATI Gli organi ausiliari sono organizzazioni di particolare rilievo nell’ordinamento costituzionale, previste dagli artt. 99 e 100 Cost e caratterizzate dall’indipendenza rispetto all’autorità di Governo. Gli organi ausiliari sono: il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti e il CNEL. Il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti sono organi molto antichi e svolgono funzioni consultive, di controllo e giurisdizionali. Sono composti da magistrati inamovibili e sono incardinati dal punto di vista organizzativo nella Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il CNEL Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, è previsto dall’art. 99 Cost ed è composto da esperti e rappresentanti delle categorie produttive, designati in parte da Autorità di Governo e in parte dalle stesse categorie produttive rappresentate, attraverso procedure fissate dalla legge. Il Presidente lo nomina il Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio previa deliberazione del Consiglio dei Ministri

Gli organismi di diritto pubblico costituiscono una categoria la cui definizione ci viene fornita dal diritto comunitario. L’organismo di diritto pubblico nasce per soddisfare esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, è dotato di personalità giuridica e la sua attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, da enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi. Pertanto, sono sempre soggetti collegati allo stato mediante stretti rapporti organizzativi e funzionali.

  1. QUALI SONO I TIPI DI SOCIETÀ PUBBLICHE E LE LORO CARATTERISTICHE

Il modello dell’ente pubblico economico è entrato in una fase recessiva, lasciando spazio alla società pubblica, che ha subito una rapida accelerazione con la trasformazione in s.p.a. dei quattro più importanti enti pubblici economici (IRI, ENI, INA, ENEL). La società a partecipazione pubblica è una società di capitali di diritto comune, di cui lo Stato o altro ente pubblico detiene una partecipazione, talvolta totalitaria, talaltra maggioranza o minoranza (società mista). L’impresa si presenta impresa societaria privata. La disciplina è quella dettata in generale dal codice civile in materia di società e impresa e quella specifica relativa al tipo societario prescelto. A livello statale, oggi il quadro dell’azionariato pubblico abbraccia essenzialmente società a partecipazione pubblica a livello nazionale, nate dalla trasformazione degli enti di gestione, dei grandi enti pubblici economici nazionali (le Poste, le Ferrovie) e dell’ente nazionalizzato (l’ENEL): azionista unico o prevalente è il Ministro dell’Economia e delle Finanze. A livello locale, invece, sono numerose le società di capitali con scopi di gestione dei servizi pubblici locali, partecipate dagli enti locali.

  1. QUALI SONO I CARATTERI DEGLI ENTI TERRITORIALI Gli enti territoriali (regioni, province, comuni, città metropolitane) sono caratterizzati da 3 elementi fondamentali: 1) territorialità - sono comunità legate ad un territorio nei cui confronti sono chiamate ad esercitare i loro poteri di governo. Il territorio è stabilito dalla legge e può essere modificato secondo il procedimento di cui all’art.133 Cost.; 2) politicità - sono enti politici, cioè espressione della comunità attraverso della designazione dei titolari degli organi di governo, prescelti direttamente o indirettamente mediante procedimenti elettorali; 3) autonomia - l’azione e l’organizzazione di questi enti è finanziata per regola con mezzi propri, ossia ricavati dalla stessa comunità amministrata (autonomia finanziaria - federalismo fiscale)
  2. QUALI SONO GLI ORGANI DI GOVERNO DELLE REGIONI Secondo l’art.121 Cost. sono organi della regione: il consiglio regionale, la giunta e il suo presidente.
  3. (^) QUALI SONO LE FUNZIONI DEL CONSIGLIO REGIONALE Il consiglio regionale è l’organo rappresentativo della collettività regionale, è eletto a suffragio universale, dura in carica 5 anni. È organo titolare della potestà normativa della regione, nonché della potestà di fissare l’ indirizzo politico e amministrativo , controllandone l’attuazione. I membri del consiglio regionale hanno uno status che li assimila ai membri del Parlamento (art. 122, c.4, Cost.), come per l’impossibilità di essere chiamati a rispondere per le opinioni e i voti espressi, principio simile al 68, c.1 Cost. All’interno del consiglio operano i diversi organi, come il presidente e l’ufficio di presidenza , con compiti di organizzazione e direzione dei lavori consiliari, nonché le commissioni permanenti, con distinte competenze per materia. L’organizzazione del consiglio rispecchia quella delle Camere, con la previsione di gruppi consiliari, giunte, commissioni permanenti o speciali.
  4. QUALI SONO GLI ORGANI ESECUTIVI DELLA REGIONE E CHE FUNZIONI ESERCITANO

L’esecutivo regionale è costituito dalla Giunta e dal suo Presidente. La Giunta, titolare della funzione di indirizzo politico-amministrativo( predispone il bilancio, i programmi di sviluppo regionale, provvede alla gestione degli uffici regionali e all’amministrazione del patrimonio dell’ente), è un collegio composto da un numero variabile di membri a seconda delle dimensioni della comunità regionale, nominati dallo stesso presidente tra consiglieri o tra personalità esterne al consiglio, in carica sino alla rinnovazione del consiglio salva revoca del Presidente. I membri della giunta sono dei piccoli ministri, a capo di Amministrazioni di settore, del quale diventano politicamente responsabili, e dai quali dipendono le strutture amministrative dell’ente. Il presidente della giunta regionale viene eletto a suffragio universale e diretto, rappresenta legalmente l’ente, dirige la politica della giunta e ne è responsabile, promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali. Esercita funzioni di indirizzo, coordinamento e vigilanza dell’attività dell’organo.

  1. COSA SONO I SERVIZI PUBBLICI LOCALI DI RILEVANZA ECONOMICA E I SERVIZI SOCIALI E QUALI SONO LE FUNZIONI DA LORO SVOLTE

Gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto la produzione di beni e di attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali. È tradizione degli enti locali gestire attività, anche di carattere imprenditoriale, consistenti nell’erogazione di prestazioni di interesse sociale: servizi di trasporto, di erogazione di energia, di gestione delle infrastrutture, di impianto ed esercizio delle farmacie, e così via. Una prima distinzione può essere fatta tra i servizi economici ed i servizi sociali. I primi possono essere qualificati come servizi di utilità sociale, essenziali per la comunità e dotati di rilevanza economica (fine di lucro), che possono essere gestiti in forma di impresa. I secondi invece costituiscono il complesso di prestazioni erogate per soddisfare diritti sociali individuati dalla Costituzione, che non individuano nel lucro la finalità della gestione (a differenza dei servizi economici). Inoltre, mentre i servizi economici sono erogati a favore di una platea indifferenziata di utenti, costituendo prestazioni fungibili e standardizzate, i servizi sociali sono calibrati sulle effettive caratteristiche delle persone (o categorie di persone) che ne beneficiano.

  1. QUALI SONO GLI ORGANI DEL COMUNE E QUALI COMPETENZE SONO LORO ATTRIBUITE

Gli organi del comune sono consiglio , giunta , sindaco. Il consiglio comunale è l’organo di indirizzo e di controllo politico amministrativo e partecipa alla definizione, all’adeguamento e alla verifica periodiche dell’attuazione delle linee programmatiche del Sindaco. Formato da membri eletti dalla popolazione e quindi direttamente rappresentativo della comunità di cui l’ente è espressione. Il consiglio è presieduto dal sindaco o, se previsto, dal presidente, mentre il segretario comunale partecipa alle riunioni con funzioni consultive e di assistenza. Le sue funzioni sono di indirizzo e controllo politico amministrativo, che esercita attraverso deliberazioni circa iniziative nell’interesse della comunità. Ha limitate funzioni amministrative, tutte espressamente indicate dal TUEL (art. 42). La giunta comunale è nominata dal sindaco, i suoi componenti sono da costui revocabili, è un organo collegiale, che, insieme al sindaco e, nell’ambito della delega, agli assessori, costituiscono l’ esecutivo comunale , gli organi propriamente amministrativi del comune. Ha compiti di amministrazione dell’ente, di attuazione ed esecuzione degli indirizzi del consiglio e propositivi o d’impulso. Le sue funzioni si estendono a tutti gli atti che non siano riservati dalla legge al consiglio e che non ricadano nelle competenze del sindaco o del presidente della provincia. Una competenza, quindi, generale e residuale. Il sindaco è eletto dai cittadini a suffragio universale e diretto. È l’organo responsabile dell’amministrazione del comune, rappresenta l’ente, convoca e presiede la giunta, nonché il consiglio, quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintende al funzionamento degli uffici e dei servizi e all’esecuzione degli atti. Il sindaco riveste anche una posizione peculiare, come ufficiale del Governo, nell’esercizio delle sue funzioni. In tale posizione è inserito nell’ordine gerarchico statale, in diretta dipendenza dal prefetto, ed è titolare del potere di ordinanza, che gli consente di adottare provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità. Accanto a questi organi fondamentali, vi sono anche il collegio dei revisori (3 membri, eletti dal consiglio tra professionisti del settore contabile), che è l’organo di consulenza in ordine alla gestione economico-finanziaria, sulla cui regolarità esercita la vigilanza; e il difensore civico che è garante dell’imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze e i ritardi dell’amministrazione nei confronti dei cittadini.

  1. (^) QUALI SONO LE FUNZIONI E GLI ORGANI DELLE UNIONI DI COMUNI

L’Unione di Comuni è un ente locale costituito da due o più comuni finalizzato all’esercizio associato di funzioni e servizi. L’organizzazione e l’ambito delle funzioni dell’ente sono stabilite con lo statuto, che deve essere approvato, unitamente all’atto costitutivo, dai consigli dei comuni partecipanti. Il Presidente dell’Unione deve essere scelto tra i sindaci dei comuni, mentre gli altri organi devono essere formati da membri delle giunte e dei consigli comunali, garantendo la rappresentanza delle minoranze. Il Presidente dell’unione si deve avvalere obbligatoriamente del segretario comunale di uno dei Comuni aderenti.

  1. QUALI SONO GLI ORGANI DELLA PROVINCIA E LE LORO FUNZIONI Sono organi della Provincia: il presidente della provincia, il quale rappresenta l’ente, convoca e presiede il consiglio provinciale e l’assemblea dei sindaci, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti ed esercita le altre funzioni attribuitegli dallo statuto. È eletto, tra i sindaci della provincia il cui mandato scada non prima di diciotto mesi dalla data di svolgimento delle elezioni, dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della Provincia medesima, dura in carica 4 anni; il consiglio provinciale è l’organo

Ogni organizzazione si articola, nel proprio ambito, in uffici, che costituiscono le unità strutturali elementari, formate di uomini e mezzi, tra loro collegati, e ordinati per assolvere ad un compito o ad una funzione determinata, nell’ambito del complesso dei compiti affidati all’organizzazione. Strutturalmente si dividono in base alla composizione (una sola persona o più persone - monopersonali e pluripersonali ), in base alla capacità di manifestare all’esterno la volontà dell’organizzazione.

  1. COSA È IL CONFERIMENTO DELL'INCARICO DIRIGENZIALE E QUAL'È LA NATURA DEL RAPPORTO DI LAVORO CHE CON ESSO SI INSTAURA L’investitura negli uffici dirigenziali avviene sulla base di un atto di nomina di competenza delle autorità espressamente indicate dalla legge. Tale atto è denominato conferimento dell’incarico dirigenziale e consta del provvedimento e del contratto con il quale vengono disciplinati gli aspetti economici. Se questo provvedimento sembra essere un provvedimento amministrativo in senso proprio, la Cassazione li inquadra come atti di diritto privato emanati dalle PA nella loro funzione datoriale.
  2. CHE DIFFERENZA C'È TRA RAPPORTO DI UFFICIO E RAPPORTO DI SERVIZIO

Il rapporto di servizio è un vero e proprio rapporto di lavoro che si instaura con il personale professionale e che ha ad oggetto lo svolgimento delle attività necessarie per l’esercizio di competenze e compiti, il rapporto di ufficio si instaura con personale cui vuole attribuirsi capacità di adottare atti giuridici produttivi di effetti, e quindi di manifestare la volontà dell’organizzazione esternamente. Il rapporto di ufficio si instaura con l’atto di investitura del titolare a seconda delle diverse tipologie di rapporti d’ufficio, mentre il rapporto di servizio con un vero e proprio rapporto giuridico.

62. COME SONO STRUTTURATI I PROCEDIMENTI DI NOMINA E DI ELEZIONE

Gli atti di nomina si distinguono in 3 categorie a seconda che essi abbiano un contenuto di carattere fiduciario, discrezionale, discrezionale in senso pieno. Il contenuto dell’atto consiste nella scelta tra più persone in astratto possibili, cioè dotate di requisiti richiesti, oppure l’Autorità deve operare la scelta tra persone predeterminate dalla legge o da altra autorità (proposta designazione). Più complesso il discorso sul modello procedimentale di investitura nell’ufficio del tipo elezione. Il procedimento di elezione riguarda gli organi collegiali elettivi dei Comuni, delle Province, delle Regioni, i rispettivi Presidenti. L’elezione è la forma più diffusa per l’investitura dei titolari degli organi politici (non tutti, si pensi al presidente del consiglio o ai ministri). Il procedimento è fondato sulla manifestazione di volontà di una pluralità di persone in forme predeterminate dalla norma.

  1. (^) QUALE È IL TRATTAMENTO GIURIDICO DEGLI ATTI POSTI IN ESSERE DAL C.D. FUNZIONARIO DI FATTO

L’atto di investitura nell’ufficio, in quanto atto giuridico, può risultare illegittimo ovvero giuridicamente nullo sulla base delle norme che regolano l’invalidità degli atti amministrativi o l’invalidità dei contratti. Nel caso di investitura illegittima del titolare nell'ufficio, si ha il fenomeno denominato con espressione gergale del funzionario di fatto. Il funzionario di fatto , titolare dell’ufficio, ma investito di esso sulla base di un atto giuridico che risulti successivamente invalido. Gli atti assunti dal funzionario di fatto si imputeranno all’Amministrazione, attraverso il rapporto organico. Tuttavia potranno essere a loro volta annullati, su ricorso dei soggetti controinteressati, per illegittimità derivata dell’atto di nomina del titolare dell’organo che li ha emanati. Se non impugnati, resteranno validi, poiché l’annullamento dell’atto di nomina non ne comporta la caducazione automatica.

  1. DESCRIVI IL MECCANISMO DELLO SPOIL SYSTEM

Lo spoil system è la facoltà riconosciuta alla parte politica vincitrice nella competizione elettorale di collocare persone di fiducia nei posti chiave dell’apparato burocratico e sintetizza il complesso dei poteri che consentono agli organi politici (ministro, consiglio dei ministri, presidente della regione) di scegliere, di norma fra soggetti dipendenti dell’amministrazione, le figure di vertice (segretari generali, capi dipartimento…) nell’ordinamento nazionale. È un meccanismo in base al quale la titolarità di alcuni uffici dirigenziali collocati in posizione apicale, espressamente individuati dalla legge, viene a cessare allo scadere del mandato dell’organo politico che ha fatto l’incarico, ovvero entro un termine stabilito dalla legge a far data da questa scadenza. Ciò comporta che alla titolarità dell’ufficio, quindi al nuovo conferimento dell’incarico dirigenziale, dovrà provvedere il nuovo organo politico, il quale ovviamente ha

la facoltà di confermare il precedente titolare. Tale meccanismo è uno degli aspetti più delicati ed importanti del rapporto tra politica ed amministrazione, poiché rappresenta strumento per rafforzare la coesione tra l’organo politico (che indica le linee generali dell’azione amministrativa e conferisce gli incarichi) e gli organi di vertice dell’apparato burocratico (ai quali spetta attuare il programma). La Corte Costituzionale ha censurato il meccanismo dello spoil system, attuato automaticamente e in modo generalizzato nei confronti di incarichi dirigenziali di livello generale, ritenendolo contrario al principio di continuità dell’azione amministrativa, che è strettamente correlato a quello di buon andamento.

  1. DESCRIVI L'ISTITUTO DELL'AVOCAZIONE

L’avocazione è l’atto con il quale un organo decide di esercitare, sulla base di motivi di interesse pubblico o comunque di giustificate ragioni, un potere attribuito alla competenza di un altro organo. L’atto di avocazione è un esercizio di potere discrezionale e può essere contestato nelle competenti sedi da parte di chi vi abbia interesse. Ad ogni modo è escluso che tale istituto possa trovare applicazione in mancanza di una esplicita disposizione di legge che lo consenta.

  1. COSA DIFFERENZIA LA MOBILITÀ VOLONTARIA DA QUELLA OBBLIGATORIA?

La mobilità consiste nel trasferimento del personale. L’art. 30 del D.Pubblico Impiego, disciplina la mobilità ordinaria del personale tra amministrazioni pubbliche su domanda dell’interessato , in presenza di un posto vacante in organico nell’Amministrazione di destinazione. Perché si perfezioni, occorre il consenso di entrambe le Amministrazioni, sia quella di appartenenza, che quella di destinazione (mobilità volontaria). Poi vi sono altre forme di mobilità, previste per motivi di eccedenze di personale, il personale viene ricollocato presso altre amministrazioni...e in esito a questo procedimento, viene messo in disponibilità, il personale in disponibilità viene iscritto in appositi elenchi. Ha diritto per un certo periodo di tempo ad una indennità determinata dalla legge, trascorso il quale il relativo rapporto di lavoro «si intende definitivamente risolto» (art. 34 D. pubbl. imp.). Le pubbliche amministrazioni che intendano assumere nuovo personale devono preventivamente verificare la presenza di personale in disponibilità, appartenente alla stessa qualifica del personale da assumere. Solo in caso di esito negativo, come disposto dall’art 34 bis D.pubb. imp, è possibile indire concorso per l’accesso dall’esterno (c.d. mobilità obbligatoria ). Oppure per esigenze di trasferimento del personale dall’una all’altra Amministrazione.

  1. DESCRIVI LE VARI FASE DE PROCEDIMENTO DI SPESA Qualsiasi atto o fatto produttivo in capo all’Amm.ne di un obbligo di pagare somme di danaro, una volta divenuto efficace, dà luogo ad un procedimento che prende il nome di procedimento di spesa. Il procedimento è ad iniziativa d’ufficio obbligatoria : si perfeziona l’atto di spesa fonte dell’obbligazione e l’Amm.ne apre il procedimento contabile (impegno della spesa sul capitolo di bilancio nel cui oggetto essa è compresa). Poi il procedimento si snoda nella fase di liquidazione, attraverso la quale si concretizza la spesa nel suo oggetto sulla base di titoli o documenti comprovanti il diritto acquisito da parte del soggetto che ha titolo per ottenere il pagamento. Infine termina con la ordinazione del pagamento già liquidato, mediante emissione di titoli di pagamento attraverso gli uffici di tesoreria.
  2. COSA SONO I CAPITOLI DI SPESA DEL BILANCIO PREVENTIVO DEGLI ENTI PUBBLICI?

Il bilancio preventivo è un documento contabile nel quale sono rappresentate tutte le entrate che l’ente prevede di acquisire nel corso dell’esercizio e tutte le spese che prevede di effettuare nel corso dello stesso. Le spese sono imputate a specifici oggetti di spesa dell’amministrazione alle quali si riferiscono. Questi prendono il nome di capitoli di spesa (raggruppati in unità). E’ importante perché l’ammontare della spesa dell’ente per ciascun oggetto fissato dal bilancio non potrà mai superare quella indicata nel relativo capitolo (una spesa che “sfondi” il relativo capitolo sarà illegittima).

  1. DISTINGUI L'AMMINISTRAZIONE FINALE DA QUELLE STRUMENTALE

L’amministrazione è attività intesa alla cura di interessi collettivi e si estrinseca mediante operazioni ed atti giuridici produttivi di effetti. Tra le attività dell’amministrazione occorre distinguere quelle dirette alla cura di interessi, cioè al conseguimento di un risultato voluto (espropriazione dell’area per costruire l’opera pubblica), da quelle che si esprimono in atti a

L’avviso dell'avvio del procedimento deve contenere l’indicazione dell’Amministrazione procedente, l’oggetto del procedimento, l’ufficio responsabile del procedimento e il suo titolare, l’ufficio presso il quale si possono visionare gli atti, la data entro la quale il procedimento deve concludersi, i rimedi esperibili in caso di inerzia dell’amministrazione e – nei procedimenti su iniziativa di parte - la data di presentazione della relativa istanza.

  1. (^) CON CHE MODALITÀ IL SOGGETTO INTERESSATO PUÒ PARTECIPARE AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO?

L’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento è finalizzato proprio a consentire alla parte interessata di partecipare al proce imento amministrativo sin dal momento del suo concreto avvio o, quantomeno, di inserirvisi in una fase che non sia avanzata o, peggio, conclusiva. L’art. 7 della L.proc.amm. infatti prevede che l’avvio del procedimento venga comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti nonché ai soggetti che siano individuati o facilmente individuabili alla cui sfera soggettiva dal provvedimento finale possa derivare un pregiudizio. Poi ci sono l’art. 9 che prevede la possibilità di intervenire nel procedimento per qualunque soggetto, portatore di interessi, e l’art. 10 che invece conferisce loro la facoltà di prendere visione degli atti del procedimento e di presentare memorie scritte e documenti.

  1. COSA DIFFERENZIA L'ACCESSO INFORMALE AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI DA QUELLO FORMALE?

Il diritto di accesso ai documenti amm si può esercitare in modo “informale” e in modo “formale”. In entrambi i casi la richiesta va presentata all’ufficio dell’Amministrazione competente a formare l’atto conclusivo di procedimento o a detenerlo stabilmente. L’accesso informale prevede che l’interessato faccia richiesta, anche verbale, all’ufficio, indicando gli estremi del documento oggetto della richiesta e specificando il fondamento del proprio interesse connesso alla richiesta. La richiesta è esaminata immediatamente e senza formalità e, in caso di accoglimento, il documento verrà esibito. L’accesso formale invece dà luogo ad un vero e proprio procedimento amministrativo. Tale procedimento può concludersi con un accoglimento o con un rifiuto, oppure con un differimento, entro un dato termine, dell’accesso richiesto, per salvaguardare “esigenze dell’amministrazione”.

  1. QUALI SONO I RIMEDI OFFERTI AL CITTADINO IN CASO DI SILENZIO INADEMPIMENTO? La legge tutela il cittadino consentendogli di agire contro l’amm inadempiente. Il cittadino, dopo la scadenza del termine previsto per la condivisione del procedimento, può proporre ricorso avverso il silenzio dell’Amm.ne ai sensi degli artt. 31 e 117 del Codice sul Processo Amministrativo. E può anche chiedere al giudice amministrativo che, accertato l’obbligo di provvedere, stabilisca termini e modalità cui l’amministrazione è vincolata.
  2. COSA SI INTENDE PER SILENZIO INADEMPIMENTO DELLA PA?

L’istruttoria procedimentale trova il suo necessario sbocco nell’assunzione della decisione e il tempo nel quale il procedimento deve concludersi è elemento fondamentale per valutare l’efficienza dell’azione amministrativa. Il silenzio inadempimento è un istituto costruito dalla giurisprudenza per dare tutela agli interessati a fronte dell’inerzia mantenuta dall’Amm.ne nei casi in cui doveva provvedere e non l’ha fatto. Dopo alcune perplessità, sia dal punto di vista giurisprudenziale che normativo, si considera il silenzio inadempimento ricorribile ex art. 117 c.p.a. ( non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento, il privato può ricorrere al TAR al fine di chiedere l'accertamento dell'obbligo dell'Amministrazione di provvedere ) come la sussistenza di un obbligo di provvedere a fronte dell'istanza del privato, ossia di adottare un provvedimento amministrativo autoritativo. La Legge sul Proc. Amm.vo stabilisce i termini decorsi i quali si considera il silenzio dell’amministrazione.

  1. COSA SI INTENDE PER PROCEDIMENTI PRESUPPOSTI? Per procedimenti presupposti si intende un modello di fase decisoria cosiddetta pluristrutturata, detto anche procedimento di procedimenti. Un medesimo esercizio di potere, una funzione, si articola in vari procedimenti facenti capo a diverse Amministrazioni, a loro volta tenute ad acquisire e valutare differenti interessi pubblici e ad emanare un atto decisionale. La produzione di effetti non può aversi se non una volta perfezionatisi tutti gli atti decisionali necessari, con i relativi procedimenti, in relazione di presupposizione tra loro. (Amministrazione 1...istruttoria...decisione; Amm. 2...istruttoria...decisione; Amm

3...istruttoria...decisione - ogni decisione costituisce il presupposto per l’apertura del successivo procedimento davanti ad altra Amministrazione ).

  1. IN QUALI MODELLI SI PUÒ ARTICOLARE LA DECISIONE PLURISTRUTTURATA?

I fatti e gli elementi acquisiti durante la fase istruttoria del procedimento sono le basi sulle quali si fonderà la decisione con la quale si conclude il procedimento. La fase decisoria può essere monostrutturata e pluristrutturata. La fase monostrutturata si ha quando la decisione del provvedimento finale viene elaborata da un organo monocratico (Ministro, Prefetto, dirigente). Tale organo valuterà tutti gli atti dell’istruttoria, e su tale documentazione si esprimerà. Nei procedimenti più complessi, dove sono in gioco pluralità di interessi pubblici, la fase decisoria è pluristrutturata , cioè articolata in una pluralità di atti e procedimenti. Il primo modello è quello della decisione imputata ad un organo collegiale - le deliberazioni. Altro modello decisionale è quello denominato dell’ approvazione. In esso la fase decisoria consta di due momenti entrambi consistenti in atti monocratici; un primo decisorio ed un secondo di approvazione del primo, che oltre a svolgere una attività di controllo di legittimità e di merito del primo, può anche valutare l’opportunità del provvedimento. Altro modello decisorio è quello della decisione su proposta. Si tratta di proposta necessaria e formalizzata diretta ad un organo fissato dalla legge, che può essere di due tipi: - proposta di deliberazione collegiale da parte di organo monocratico il cui titolare è membro del collegio; - proposta di organo ad altro organo che assume la decisione. fase decisoria molto particolare, che si divide in due momenti: da un lato la proposta è necessaria e l’autorità decidente non può fare a meno né può modificarne il contenuto, d’altra parte l’autorità decidente ha il potere di rifiutarla ove gli interessi in gioco inducono a rifiutare. Poi vi sono concerti ed intese. Concerto: istituto diffusissimo all’interno dello Stato, è il modulo mediante il quale più organi dello stesso ente, portatori di interessi diversi, partecipano alla decisione circa l’esercizio di un determinato potere amm.vo. Le intese sono invece delle relazioni intersoggettive. Altro modello di fase pluristrutturata è il modello dei procedimenti presupposti. Non fa parte dei moduli, ma c’è un altro strumento che è la decisione pluristrutturata mediante la conferenza di servizi. La conferenza di servizi è il principale strumento di composizione della pluralità di interessi pubblici coinvolti nei procedimenti di particolare complessità e costituisce un modello di istruttoria attraverso la quale le amministrazioni coinvolte vengono invitate per il tramite dei loro rappresentanti ad esprimere all’amministrazione procedente la loro determinazione in merito a proposte da essa provenienti ed a confrontarsi tra di loro. Infine, può essere annoverato tra i modelli di decisione pluristrutturata il SUAP (Sportello Unico per le Attività Produttive), che costituisce un punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva. La finalità è quella di offrire una risposta unica a tempestiva in luogo di istanze presso tutte le PA coinvolte nel procedimento.

  1. ESPONGA LO STUDENTE COSA SI INTENDE CON PROFILO FUNZIONALE DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Per profilo funzionale del provvedimento si intende lo scopo di interesse pubblico concretamente perseguito. Esso non può mancare perché tutti i poteri amministrativi sono finalizzati e il fine perseguito rileva sempre in ogni manifestazione dell’azione amm.va. In altre parole il profilo funzionale si esprime proprio nel motivo, ossia nello scopo dell’attività amministrativa, inteso quale interesse pubblico.

  1. ESPONGA LO STUDENTE LA NOZIONE DI ACCORDO DI DIRITTO PUBBLICO

L’art.11 L.proc.amm. consente all’amministrazione procedente di concludere accordi di diritto pubblico con gli interessati al fine di determinare il contenuto del provvedimento, fermo restando l’esigenza del perseguimento del pubblico interesse e senza pregiudizio dei diritti dei terzi. Prevede altresì che possano essere conclusi accordi “in sostituzione” del provvedimento.

  1. DESCRIVA LO STUDENTE IL PROCEDIMENTO FINALIZZATO ALLA CONCLUSIONE DI UN ACCORDO DI DIRITTO PUBBLICO SOSTITUTIVO

L’accordo sostitutivo è uno strumento negoziale a disposizione dell’Amministrazione, attraverso il quale la stessa può concludere un procedimento, definendolo (Es. compravendita concordata anziché espropriazione). L’art. 11 al comma 4-bis prevede che l’accordo sia preceduto da una determinazione dell’organo che sarebbe competente per l’adozione del provvedimento, finalizzata a che vengano esplicitati i motivi che inducono l’Amm.ne a concludere l’accordo. La ratio di questa disposizione è dettata dalla garanzia di buon andamento ed imparzialità dell’azione amm.va. In esito alle conclusioni dell’istruttoria, l’ufficio manifesta la volontà di

L’ autotutela esecutiva consiste nell’esercizio di un autonomo potere amministrativo. Tale potere può verificarsi quando, a fronte di obblighi di dare o facere imposti a terzi per effetto di determinati provvedimenti, questi siano inadempienti. Così l’Amministrazione competente per legge può attivare un procedimento esecutivo, cioè inteso alla esecuzione dell’obbligo imposto dal provvedimento. L’ autotutela decisoria invece consiste in un potere dell’Amministrazione di riesame dei propri atti sotto il profilo della validità.

  1. DESCRIVA LO STUDENTE IL PROCEDIMENTO PER L'EMANAZIONE DEI PROVVEDIMENTI ATTRIBUTIVI DI VANTAGGI ECONOMICI DI CUI ALL'ART. 12 L. PROC. AMM.

L’art. 12 L. proc. amm. prevede che la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi. I singoli procedimenti devono necessariamente essere preceduti da una normativa secondaria adottata da ciascuna Amm.ne.

  1. DESCRIVA LO STUDENTE LE VARI FASI DEL PROCEDIMENTO DI CONTROLLO PREVENTIVO E I SUOI EFFETTI

In determinati casi l’efficacia del provvedimento è condizionata dal perfezionamento di un ulteriore procedimento amm.vo, inteso alla valutazione della legittimità e (in alcuni casi) anche dell’opportunità. Tale procedimento è imputato ad una autorità terza rispetto a quella che ha emanato il provvedimento. Il provvedimento, una volta perfezionato, viene trasmesso nei termini di legge all’organo cui è imputato il controllo. Esso compie un’istruttoria che, una volta terminata, consente all’organo di decidere. La decisione può essere positiva o negativa. Quando è positiva, l’atto acquista piena efficacia. Quando è negativa il provvedimento non acquista efficacia.

  1. COSA DIFFERENZIA IL VIZIO CADUCANTE DI UN PROVVEDIMENTO PRESUPPPOSTO DAL VIZIO INVALIDANTE DEL MEDESIMO PROVVEDIMENTO La differenza sta nella minore intensità del nesso tra atto presupposto ed atto conseguenziale. Nell’ipotesi in cui l’atto annullato costituisca il presupposto per l’adozione dell’atto successivo, l’invalidità sarà ad effetto “caducante” (vizio caducante). L’annullamento del primo, pertanto, spiegherà automaticamente i suoi effetti sul secondo, comportandone la caducazione. Laddove, viceversa, il rapporto non sia di stretta derivazione, non entrando l’atto caducato nel paradigma strutturale e funzionale degli atti applicativi, dovrà allora farsi riferimento alla sottocategoria dell’invalidità ad effetto “viziante” (vizio invalidante).
  2. QUANDO L'INVALIDITÀ DI PARTE DI UN ATTO AMMINISTRATIVO COMPORTA L'INVALIDITÀ DELL'ATTO NELLA SUA INTEREZZA?

Quando la parte dell’atto ha carattere essenziale. Per esempio, in un provvedimento scindibile, l’invalidità di una parte non determinerà l’invalidità dell’intero provvedimento. Viceversa, in caso di provvedimento inscindibile , l’invalidità travolgerà l’intero provvedimento. Va sottolineato che non basta la scindibilità ad indicare se l’invalidità di una parte di atto riesca a travolgere l’intero atto. Infatti occorrerà in ogni caso valutare se la singola disposizione sia momento essenziale della dichiarazione di volontà o un suo presupposto.

  1. COSA DISTINGUE IL DIFETTO ASSOLUTO DI ATTRIBUZIONE (O CARENZA DI POTERE IN ASTRATTO) DALLA CARENZA DI POTERE IN CONCRETO?

Il difetto di attribuzione , ai sensi dell’art. 21- septies della L.241/90 (L.proc.amm.) è causa di nullità del provvedimento amministrativo. Con questa espressione (difetto di attribuzione) si intende l’insussistenza del potere in generale o comunque in capo a quella determinata Autorità. Diversa cosa è la carenza di potere in concreto , ove il potere sussiste in capo a quella determinata autorità, nel senso che è ad essa legislativamente imputata, ma in concreto non sussistono i presupposti per il suo esercizio.

  1. DESCRIVI BREVEMENTE IL CONCETTO DI "ECCESSO DI POTERE"

L’ eccesso di potere si può definire come il vizio concernente l’esercizio del potere discrezionale. Ricadono in tale figura tutti i casi in cui l’Autorità Amministrativa non abbia bene esercitato il potere discrezionale. Naturalmente nel caso di atti amministrativi vincolati l’eccesso di potere non può configurarsi.

  1. DISTINGUI BREVEMENTE I PROCEDIMENTI DI RIESAME DA QUELLI DI REVISIONE

I procedimenti di riesame consentono all’Autorità Amministrativa di sottoporre a riesame appunto i propri atti sotto il profilo della validità. La struttura è assimilabile a quella dei procedimenti di revisione , ma l’efficacia è diversa. Infatti, i provvedimenti di riesame , di secondo grado proprio come quelli di revisione, hanno efficacia ex tunc, cioè efficacia che risale al momento in cui i provvedimenti che ne sono oggetto si sono perfezionati e, a loro volta, hanno acquistato efficacia. I procedimenti di revisione consistono nell’esercizio di poteri, da parte dell’Amm.ne, intesi alla revisione dell’assetto di interessi. Tali poteri vengono ad incidere sull’efficacia del provvedimento stesso, che è ad efficacia durevole (cioè genetico di un vero e proprio rapporto tra soggetto e Amm.ne, contrappuntato da reciproci poteri ed obblighi). Sia Sospensione, che Revoca hanno efficacia ex nunc.

  1. (^) DESCRIVA LO STUDENTE QUANDO LA PA PUÒ PROCEDERE AD ANNULLARE D'UFFICIO UN PROPRIO ATTO

L'annullamento d'ufficio è procedimento diretto alla rimozione dell’atto affetto da vizi non sanabili. È disciplinato dall'art. 21-nonies, comma 1, l. n. 241/90: la norma prevede espressamente che il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies (provvedimento annullabile perché adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza) può essere annullato d'ufficio , sussistendone le ragioni di interesse pubblico , entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici. Pertanto, l’annullamento dell’atto non può legittimamente seguire alla semplice constatazione della

sua illegittimità, ma deve essere accompagnato da una puntuale motivazione sull’interesse pubblico.

97. COSA SI INTENDE PER PROCEDIMENTO DI EVIDENZA PUBBLICA?

Per "evidenza pubblica" si è soliti indicare la caratteristica delle procedure che l'amministrazione pubblica è tenuta a seguire al fine di giungere alla stipula di un contratto. In altre parole le modalità attraverso le quali si giunge alla scelta del contraente, nonché la determinazione finale circa la scelta stessa, sono sottoposte a disciplina pubblicistica che nel suo complesso è denominata evidenza pubblica.

  1. DESCRIVA LO STUDENTE IL PROCEDIEMNTO DI AGGIUDICAZIONE DELL'APPALTO ATTRAVERO IL DIALOGO COMPETITIVO

Il Codice dei Contratti Pubblici ha previsto il dialogo competitivo come modalità di aggiudicazione di appalti di particolare complessità. Il dialogo competitivo si caratterizza per una nuova maggiore flessibilità e le Amministrazioni vi ricorrono quando l’oggettiva complessità del progetto da realizzare consente alle stesse di prestabilire soltanto le esigenze che l’affidamento è destinato a soddisfare, rinviando alle imprese offerenti l’individuazione delle soluzioni tecniche, economiche e gestionali più idonee rispetto a quelle esigenze. - La procedura è avviata con la pubblicazione di un bando nel quale si indicano obiettivi da realizzare e parametri di valutazione delle offerte (criterio offerta economicamente più vantaggiosa). L’amministrazione avvia il dialogo competitivo con i soggetti ammessi alla procedura, la quale può articolarsi in fasi selettive preliminari che restringono il campo alle offerte ritenute più interessanti. Nella fase di dialogo l’amministrazione discute su tutti gli aspetti dell’appalto. Terminata tale fase, l’amministrazione, invita i partecipanti a presentare la propria offerta. L’offerta economicamente più vantaggiosa si aggiudica la gara ( aggiudicazione ).

  1. DESCRIVA LO STUDENTE LE VARIE FASEI DELLA PROICEDURA DI EVIDENZA PUBBLICA DALL'INDIVIDUAZIONE DELLA MILGIOR OFFERTA ALL'ESECUZIONE DEL CONTRATTO Per individuare la migliore offerta, il codice prevede criteri di valutazione che consentono l’individuazione dell’offerta aggiudicataria. Il codice dei contratti pubblici, agli artt. 95-97, prevede il criterio del prezzo più basso e il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Oggi il criterio del prezzo più basso è un