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riassunto - riassunto
Typology: Study notes
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PRO SEXTO ROSCIO AMERINO: anni 80. Dittatura di Silla, crudele capo della fazione aristocratica. Cicerone si espone personalmente accettando di difendere Sesto Roscio, accusato di parricidio da potenti persone dell’entourage del dittatore. Per il giovane C. è la prima causa importante. La sua difesa fu difficile e delicata. C. dovette accusare personaggi molto vicini a Silla. Forse ebbe paura di mostrarsi ribelle al regime e cercò di correggere quell’impressione coprendo Silla di lodi. C. non era comunque contrario al regime di Silla, poiché amante dell’ordine, ma avrebbe preferito
PRO MURENA: Tra la prima e la seconda Catilinaria, quando cioè l’esito dello scontro era ancora indeciso. C. dovette difendere da un’accusa di corruzione elettorale Lucio Murena, designato console per l’anno successivo. L’accusa era stata mossa dall’avversario sconfitto e sostenuta da Catone il Giovane. Quest’ultimo disturbava anche la c oncordia ordinum. Cicerone usò l’ironia e lo scherzo, toni da satira leggera che non scade mai nella derisione. C. inizia a delineare un nuovo modello etico: un modello di rispetto per il mos maiorum ma dai costumi addolciti dall’apertura delle gioie della vita. Modello alla cui definizione si occuperà fino ai suoi ultimi anni.
PRO ARCHIA POETA: L’avvocato difensore. 62 a.C. orazione pronunciata a difesa del poeta Archia di Antiochia accusato di usurpazione della cittadinanza romana. Questa orazione è famosa per l’appassionata difesa della poesi e per la rivendicazione della nobiltà degli studi letterari. Ad Archia, che venne assolto, C. chiese invano di comporre un poema celebrativo del suo consolato.
Negli anni successivi C. non cessò di esaltare la funzione storica del proprio consolato. Si ritenne un “padre della patria” ( titolo che gli venne effettivamente decretato) e quasi, dopo Romolo, un secondo fondatore di Roma.
PRO SESTIO: nel 56, dopo essere rientrato dall’esilio nel 57 e aver trovato Roma in preda all’anarchia, C. si trova a difendere Sestio, un tribuno accusato da Clodio di atti di violenza. In questa orazione C. espose una nuova versione della propria teoria sulla concordia dei ceti abbienti (concordia ordinum). Come semplice intesa fra ceto senatorio e ordine equestre la concordia ordinum si era rivelata fallimentare: C. ne dilata ora il concetto in quello di consensus omnium bonorum : la concordia attiva di tutte le persone agiate e possidenti, amanti dell’ordine politico e sociale, pronte all’adempimento dei propri doveri verso la patria e la famiglia.
Da CONCORDIA ORDINUM a CONSENSUS OMNIUM BONORUM
I boni : una categoria che attraversa verticalmente gli strati sociali, senza identificarsi con nessuno di essi in particolare. I buoni saranno d’ora in poi i destinatari della predicazione etico-politica di C. I nemici : nemici dell’ordine sociale. Coloro che per indebitamento sono spinti a desiderare rovesciamenti sovversivi. Il dovere dei boni : fornire sostegno agli uomini politici che rappresentano la loro causa e non perseguire egoisticamente soltanto i propri interessi. I boni e il senato, per superare le loro discordie, dovrebbero affidarsi alla guida di personaggi autorevoli. In quest’ottica si compie probabilmente l’avvicinamento di C. ai triumviri, nella speranza di condizionarne l’operato e far si che il loro potere si mantenga nei limiti delle istituzioni repubblicane.
IN PISONEM: Il periodo di collaborazione coi triumviri: periodo di grosse incertezze. C. attacca Clodio e i popolari. È una violenta invettiva contro il suocero di Cesare, ritenuto da C. uno dei responsabili del suo esilio.
DE PROVINCIIS CONSOLARIBUS: C. da appoggio alla politica dei triumviri: nel 56 parla in favore del rinnovo del comando di Cesare in Gallia
PRO CAELIO: È una delle orazioni “anticlodiane”. La difesa di Marco Caelio Rufo, un giovane brillante, amico di C.. Caelio era stato l’amante di Clodia, sorella del tribuno Clodio, dama elegante e corrotta. Contro Caelio erano state raccolte accuse, fra cui tentativo di avvelenamento nei confronti di Clodia. Fu un processo in cui si intrecciarono tutti i rancori personali delle parti in causa con questioni politiche. Cicerone attaccò Clodia come unica regista di tutte le manovre contro Caelio. La donna è dipinta come volgare meretrice, accusata di rapporti incestuosi con Clodio. STILE: varietà di toni. Tra le più riuscite. Vena satirica. Vicino alla Pro Murena: 1) vena satirica 2) proposta di nuovi modelli etici Nuovo modello etico: rievocando le tappe della vita di Caelio, C. dipinge la società romana e si sforza di giustificare agli occhi dei giudici i nuovi costumi che la gioventù ha assunto da tempo e che possono destare scandalo agli occhi di moralisti attaccati al passato. È ormai tempo di allentare
le briglie ai giovani, purche non perdano di vista i princìpi fondamentali. Il modello culturale che C. propone, mira a ricondurre i nuovi comportamenti all’interno di una scala di valori che continui ad essere dominata dalle virtù della tradizione, spogliate però del loro eccesso.
PRO MILONE: Gli scontri fra bande di Clodio e di Milone si protrassero a lungo. Nel 52 Clodio rimase ucciso. Cicerone si assume la difesa di Milone. DISCORSO REALE: Di fronte ai giudici C. fece un fiasco totale Milone dové fuggire in esilio. A C. cedettero i nervi a causa della estrema tensione in cui si trovava la città: partigiani di Clodio che razziavano e le truppe di Pompeo che cercavano di rimettere ordine. STILE: DISCORSO SCRITTO: L’orazione è considerata uno dei suoi capolavori equilibrio delle parti, abilità argomentazioni (basate sulla tesi della legittima difesa e del tirannicidio). La forma conservata è una rielaborazione compiuta in tempi successivi al processo.
LE ORAZIONI CESARIANE : (dalla guerra civile alla dittatura) Nel49 scoppio guerra civile. C. aderì alla causa di Pompeo. Vinse Cesare, C. fu perdonato. Speranza di C.: rendere il regime meno autoritario. Si occupò delle cause di alcuni pompeiani “pentiti” che avevano deposto le armi.
LE FILIPPICHE : La lotta contro Antonio. Dopo l’uccisione di Cesare C. tornò ad essere un uomo politico. Antonio mirava a assumere il ruolo di Cesare (era stato il piu stretto collaboratore). Sulla scena si affaccia Ottaviano, erede di Cesare, con un esercito ai propri comandi. Manovra politica di Cicerone: tende a staccare Ottaviano da Antonio, facendo in modo che il senato proteggesse il primo e dichiarasse guerra al secondo. Nel 44 , per dichiarare Antonio nemico pubblico, pronunciò queste 18 orazioni (ne restano 14). La seconda non fu mai pronunciata e fatta circolare solo per iscritto. Ma la manovra politica fallì voltafaccia di Ottaviano: si sottrasse alla tutela del senato e si strinse in triumvirato con Antonio e Lepido (SECONDO TRIUMVIRATO). Antonio pretese e ottenne la testa di Cicerone. Il nome: usato in modo scherzoso da C. alludendo alle requisitorie di Demostene contro Filipo di Macedonia STILE: toni di indignata denucia. La seconda è quella che spira piu odio, violenza satirica. Antonio presentato come un tiranno, un ladro del denaro pubblico, un ubriacone “che vomita in tutto il tribunale pezzi di cibo fetidi di vino”.
regole retoriche o è necessaria una larga cultura nel campo del diritto e della filosofia e della storia? Invenzione = reperimento dei materiali da parte dell’oratore Per C. l’eloquenza senza sapienza (= cultura filosofica) ha portato piu volte gli stati alla rovina. stesse tematiche riprese nel De Oratore.
De Oratore: 55 periodo di ritiro dalla scena politica (Roma sconvolta dalle bande di Clodio e di Milone). Forma: dialogo. Ambientata: nel 91, adolescenza di C. e morte di Crasso, precede di poco lo scoppio della guerra civile fra Mario e Silla. Ossessione dei dialoganti: la crisi dello stato in opposizione con l’ambiente sereno dove essi si trovano a conversare: la villa tuscolana di Crasso. Personaggi: i più illustri oratori (Lucio Licinio Crasso portavoce di Cicerone). I libro: Crasso sostiene la necessità per l’oratore di una vasta formazione culturale. Nel III libro: Crasso espone come l’oratore deve pronunciare l’orazione (la actio ). Modello: il dialogo platonico ma C. sostituisce il giardino della villa di campagna di un nobile romano alle strade e alle piazze di Atene. C. ha saputo creare un’opera viva e interessante rispetto agli aridi manuali. La formazione dell’oratore viene a coincidere con quella dell’uomo polito: un uomo di cultura non specialistica (gli uomini del ceto dirigente non dovevano esercitare alcuna professione c’erano gli
e l’amico Attico. Ambientazione: villa di Cicerone ad Arpino (locus amoenus: modello il Fedro di Platone). Libro I: tesi di Cicerone le leggi sono nate dalla ragione innata dell’uomo e sono perciò date da Dio. Libro II: come dovrebbero essere le leggi nel migliore degli stati dovrebbero essere le leggi della tradizione legislativa romana (diffenza con Platone! La sua era una legge utopistica). Libro III: presenta i testi delle leggi riguardanti i magistrati.
IL CAPOLAVORO di Cicerone filosofico:
De finibus bonorum et malorum : Dedicato a Bruto. Tra le sue opere piu eleganti e armonicamente costruite. Tema: questioni etiche (il sommo bene e il sommo male). 5 libri, 3 dialoghi.
Tuscolanae disputationes: Dedicate a Bruto. Ambientate nella villa di Cicerone a Tuscolo. 5 libri. Dialogo fra Cicerone e un interlocutore anonimo (quasi un monologo interiore). Temi: morte, dolore, tristezza, virtù. Una summa dell’etica antica + un trattato sulla felicità. C. cerca risposte a domande personali profonda partecipazione.
Nelle sue opere filosofiche C. si pose questioni che riguardano i fondamenti stessi della crisi sociale. Compilazione e Originalità: rivede i metodi e le teorie delle scuole ellenistiche + scelta di temi nuovi perche nuovi e originali sono i problemi della società.
UN MODELLO ETICO – filosofia morale
Cicerone aderì al probabilismo degli Accademici: ha compreso la necessità di guardarsi dal dogmatismo radicale. Bisogna avvicinarsi al vero tramite le apparenze e le probabilità. Questo è il metodo adottato da Cicerone nei confronti dei piu gravi problemi filosofici. Cicerone fu criticato da Lucullo: se tutto è opinabile, non vi sarà più né certezza ne verità. Se Cicerone si rifiuta di ammettere l’esistenza di criteri sicuri, distrugge così la stessa possibilità di conoscenza.
L’ecclettismo di C. obbedisce all’esigenza di un metodo rigoroso nel trattare i problemi di maggiore importanza. Questo metodo C. lo definisce nelle Tuscolanae : si astiene dal formulare egli stesso un’opinione precisa, si sforza di esporre le diverse opinioni possibili e di metterle a confronto per vedere quali siano piu coerenti e probabili. Cicerone si sforza così di stabilire un dialogo (senza polemiche) tra le diverse dottrine. Nei dialoghi di C: tendenza a presentare le proprie tesi come opinioni personali, uso formule di cortesia, attenzione a non interrompere un ragionamento. Questo atteggiamento riflette i costumi di una cerchia sociale elitaria, preoccupata di elaborare un proprio codice di buone maniere. La stessa ideologia dell’ humanitas invitava a un atteggiamento intellettuale di aperta tolleranza. L’ecclettismo ciceroniano mostra un solo caso di chiusura radicale: verso l’epicureismo (alla cui confutazione sono dedicati i primi 2 libri del De finibus bonorum et malorum ). Motivi di questa avversione: 1) questa dottrina porta al disinteresse verso la politica 2) esclude la funzione provvidenziale della divinità indebolisce i legami con la religione tradizionale che per C. rimane la base fondamentale dell’etica. L’opera che mostra particolarmente l’ecclettismo ciceroniano: il De finibus bonorum et malorum cerca di conciliare tendenze diverse sulla base teorica del probabilismo accademico.
nel 44 scrive il De Officiis , un trattato in 3 libri (non dialogo) dedicato al figlio Marco, allora studente di filosofia ad Atene. Cicerone cerca nella filosofia i fondamenti di una morale della vita quotidiana che permetta all’aristocrazia romana di riacquistare il controllo sulla società. Funzione pedagogica che egli attribuisce alla filosofia: C. qui si rivolge addirittura ai
giovani. Base filosofica: lo stoicismo moderato di Panezio rifiuto dell’epicureismo, rifiuto dell’etica del disimpegno, fornisce un modello di vita con salde radici nei costumi nazionali.
Per Panezio: la virtù fondamentale la socialità = la tradizionale virtù della giustizia + la beneficenza. Giustizia = dare a ciascuno il suo; beneficenza = collaborare al benessere della comunità. La beneficenza teorizzata da Panezio corrispondeva allo stile di vita degli aristocratici romani: attraverso elargizioni ai cittadini si procuravano un seguito politico per arrivare alle piu alte cariche dello stato. Cicerone: si poneva gravi problemi sulla beneficenza: troppe volte la largitio (che poi era corruzione delle masse cittadine) fu uno strumento pericoloso nelle mani di individui senza scrupoli. Per C. la beneficenza non deve essere posta al servizio delle ambizioni personali (fare dello stato un possesso privato). Per Panezio: la virtù cardinale: la magnanimità = grandezza d’animo. Si tratta di una virtù signorile che scaturisce da un naturale istinto di primeggiare sugli altri. È la capacità di imporre il proprio dominio, cosa di cui il popolo romano aveva dato prova al mondo. Per Cicerone: nel De Officiis osserviamo un paradosso. C. pone a fondamento della magnitudo animi un disprezzo quasi ascetico per tutti i beni terreni. Motivo: C. vede la necessità di porre un freno a questa virtù che rischia di diventare la passione specifica della tirannide e quindi ritorcersi contro la res publica (mentre C. scriveva, l’esempio di Cesare era sotto gli occhi di tutti). Per Cicerone e per Panezio: La ragione (logos) ha il compito di guidare gli istinti e di trasformarli in virtù, svuotandoli di quanto in loro è egoistico. Una volta trasformato in virtù, l’istinto può mettersi a servizio della collettività e dello stato. Il regolatore degli istinti e delle virtù: è la temperanza = autocontrollo, armonia ( decorum ) di pensieri, gesti, parole.
L’autocontrollo che Cicerone persegue ha uno scopo preciso: l’approvazione degli altri. La costante attenzione a ciò che gli altri possono pensare fa parte per C. degli obblighi sociali dei membri degli strati superiori di Roma. Nel De Officiis Cicerone riferisce i comportamenti da tenere nella vita quotidiana, nelle relazioni, da precetti anche sulla toilette, sull’abbigliamento, per la conversazione (prendendo spunto dall’arte oratoria), descrive perfino come debba essere la casa di un aristocratico romano (ampia ed elegante da giovare al prestigio del suo proprietario, ma esente da lusso in eccesso). Con questo Cicerone diede inizio alla tradizione del galateo che ebbe molta fortuna nella cultura occidentale
Una delle novità piu interessanti del modello etico proposto del De Officiis è che il concetto di decorum (= appropriatezza delle azioni e dei comportamenti) permette una PLURALITÀ DI MODELLI DI VITA. Come gli attori di teatro, ognuno dovrà recitare nella vita la parte che meglio gli si addice al proprio talento. Di qui la legittimazione di scelte di vita anche diverse dal perseguimento di cariche pubbliche, basta che chi le intraprende non dimentichi i suoi doveri verso la collettività. FLESSIBILITÀ DELLA FILOSOFIA: queste diverse vocazioni e attività sono cambiamenti della società di cui la filosofia morale deve prendere atto, pur continuando a delineare i valori (rendendo piu duttile l’antico modello di valori).
era sentita da Cicerone come la qualità nazionale dei Romani. L’opposto: la levitas (leggerezza, mancanza di affidabilità). La gravitas implica un atteggiamento serio (severitas) e controllato, un modo di agire coerente (costantia) e una condotta di vita austera e rigorosa. La gravitas segna nella vita del singolo individuo l’età matura. Nella storia di Roma caratterizza l’epoca arcaica (segnata da rigore moral). È propria della classe nobiliare (i cui membri hanno una ricca tradizione di famiglia e una bagaglio di esperienza politica). Ma la gravitas e le virtù tipiche del cittadino romano arcaico si adattano male alla realtà della tarda repubblica, dove il prendere e il mantenere il potere era legato alla capacità di gestire e influenzare le masse elettorali. È dunque necessario un modello più articolato di uomo politico: il cui rigore delle virtù tradizionali venga mitigato combinando valori di una sfera piu moderna: l’humanitas, liberalitas, clementia, lenitas (mitezza).
CICERONE PROSATORE: lingua e stile
le prove migliori di arte poetica sono quelle come traduttore dai poeti greci. costante programma di latinizzazione della cultura greca.
16 libri Ad Familiares (parenti ed amici), 16 libri di Ad Atticum (il migliore amico di Cesare), 3 libri Ad Quinto fratrem e 2 libri Ad Marcum Brutum. Totale: circa 900 lettere, pubblicate dopo la morte di Cicerone.
biglietti buttati giu frettolosamente, resoconti, brevi trattati. Scherzosi, angosciati, sostenuti…
lettere vere, C. non pensava ad una pubblicazione (come invece Seneca). Mostrano il Cicerone non ufficiale. Nelle confidenze rivela i retroscena, i dubbi, le incertezze. Periodare spesso ellittico, gergale, denso di allusioni cifrate, abbondante di grecismi, sintassi molto paratattica e uso di parentesi. Uso di diminutivi. Lingua che rispecchia la lingua quotidiana delle classi elevate di Roma.
permette di seguire lo svolgersi degli avvenimenti politici.