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Appunti universitari di geografia fisica, geografia umana, geologia e cartografia.
Typology: Study notes
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La Geografia è una disciplina che studia i fenomeni territoriali e la loro distribuzione sulla superficie terrestre e lo fa attraverso una metodologia molto particolare che la differenzia da tutte le altre scienze della Terra. In Geografia l’acquisizione dei dati e l’elaborazione, il coordinamento e la loro presentazione sono tappe analitiche che partono da una osservazione preliminare dai rapporti di causa-effetto che si instaurano tra i vari fenomeni territoriali osservati. L’Osservazione Geografica può essere Diretta, Strumentale o Indiretta. L’Analisi Diretta si compie su un luogo attraverso il coinvolgimento dei sensi (come la vista), ma è anche una operazione mentale perché l’oggetto va osservato nelle sue caratteristiche e vanno quindi rilevati tutti gli elementi che fanno parte dell’oggetto del fenomeno territoriale considerato e fino a che non si riconoscono tutte le caratteristiche e i rapporti di grandezza del fenomeno geografico nei confronti del contesto. L’Analisi Strumentale per l’osservazione si può ricorrere a degli strumenti che ci servono per avere dei dati quantitativi sui quali basare la nostra analisi come il correntometro per misurare velocità e direzione delle correnti marine o l’igometro per misurare l'umidità assoluta o relativa dell'aria. Nell’ Analisi Indiretta, il geografo può fare delle inchieste per avere delle conoscenze empiriche del territorio in questione a degli agricoltori e a dei pastori del luogo. Lo studioso dovrà fare delle domande senza pilotare delle risposte e in un secondo momento dovrà poi criticamente valutarle e confrontarle grazie all’aiuto di uffici privati e pubblici. La natura dell’Analisi Geografica vuole studiare e sondare il fenomeno rispetto alla sua posizione e alle variazioni spaziali ed identificare il carattere delle variazioni spaziali. L’Analisi Geografica calibra la sua indagine in base alla Magnitudo Geografica, ossia il rapporto tra la grandezza in esame e una grandezza campione a essa omogenea, misurato su scala logaritmica. Essendo le grandezze in questione omogenee, la loro unità di misura si elide e perde quindi importanza ai fini della misurazione stessa. Non va dunque confusa con l'intensità, ovvero il rapporto tra potenza e superficie di applicazione, in quanto si tratta in un numero puro (adimensionale), che non ha dunque nessuna unità di misura bensì una grandezza di riferimento. Dunque, i territori presi in esame possono avere differenti ordini di grandezza o dei differenti ordini di magnitudo geografici. I Livelli d’Analisi della Descrizione corrispondono alla capacità di una descrizione di essere analitica degli elementi presi in considerazione. Questo perché esistono dei livelli descrittivi espressi dal numero degli elementi presi in considerazione. In tal modo ci possono essere delle descrizioni piu’ o meno dettagliate. Tanto piu’ territorio è esteso tanto piu’ la descrizione è dettagliata. I Livelli d’Analisi della Descrizione sono collegati alla Scala Cartografica, la quale è il rapporto tra la distanza misurata sulla carta e la corrispondete distanza misurata sul terreno. Quanto piu’ l’estensione del territorio è elevata tanto piu’ lo studio tende ad essere sintetico e tanto piu’ la Scala Cartografica è piccola. Il Quadro di Riferimento dell’Analisi Geografica ci dice di tenere conto del territorio preso in considerazione rispetto al contesto che può essere piu’ o meno ampio. L’Analisi Geografica è una analisi relazionale che mettere in relazione il fenomeno territoriale osservato con un contesto. Nei tempi passati il fenomeno territoriale veniva messo in relazione all’Ecumene che è la porzione del pianeta abitata dall’essere umano. Le Aree Subecumeniche erano quelle porzioni di terra che venivano temporaneamente abitate dall’essere umano. Le Aree Anecumeniche erano quelle aree che vengono abitate dall’essere umano solo per determinati motivi di ricerca scientifica. Al giorno d’oggi, questo gruppo di concetti ecumenici è stato superato. La Geografia Odierna studia il rapporto e le relazioni di feedback tra la società e la biosfera. C’è una stretta relazione tra la Geografia Umana e quella Fisica. La Geografia Umana studia il rapporto tra l’uomo e l’ambiente quindi il territorio. Nella Geografia Umana si studia la territorializzazione e la distribuzione spaziale delle manifestazioni territoriali. Nella Geografia Fisica si studiano gli elementi e i fenomeni che caratterizzano la geosfera. La Geografia Fisica si interessa di tutti quei fenomeni fisici che possono concorrere a dare spiegazioni alle caratteristiche del territorio che il supporto materiale di ogni azione antropica e in quanto tale questo interessa anche alla Geografia Umana. Conoscere la storia geologica della Terra è utile ad esempio per: 1) la distribuzione dei giacimenti minerali = capire gli equilibri economici-politici mondiali; 2) l’organizzazione e la pianificazione territoriale. L’ambiente naturale è il sito e/o il supporto fisico dell’insediamento antropico. Come afferma Adalberto Vallega in “Geografia Umana”: «…sarebbe necessaria un’opera sistematica che interessasse la Geografia Fisica in funzione della Geografia Umana.». Ancora oggi un’opera del genere ancora non esiste anche se è certa l’importanza della Geografia Fisica in seno a quella Umana.
Si ritiene che la nascita del pianeta Terra risalga circa 4 miliardi e mezzo di anni fa. Per i tempi piu’ remoti nulla si conosce e perciò si parla di tempi pre-geologici. Si sa invece che le rocce piu’ antiche risalgano a 3,8 miliardi di anni fa, mentre la comparsa dei primi esseri unicellulari risalga a circa 3,3 miliardi di anni fa. Per quanto riguarda gli esseri viventi un popolamento animale di organismi complessi e variato sembra risalga a 700 milioni di anni fa. Per quanto riguarda la frammentazione odierna delle terre emerse in piu’ masse continentali anche questa va ricercata in tempi geologici tanto è vero sin dagli inizi del Novecento si è capito che questa frammentazione non dovesse essere originaria, cioè non è esistita sin dall’inizio. Si pensò che le moderne masse continentali quindi anche le isole costituissero un tempo tuttunico chiamata Pangea circondata da un unico grande oceano chiamato Panthalassa (questo nel Mesozoico ossia circa 250-200 milioni di anni fa). Fino a che non si formarono delle crepe nella Pangea e mano mano si formarono dei blocchi dai quali derivavano i continenti attuali. Questa si chiama Teoria della Deriva dei Continenti, teoria che fu elaborata da Alfred Wegener nel 1912. Teoria che, nella seconda metà del Novecento, verrà per alcuni versi sorretta dalla Teoria della Tettonica a Placche. La Deriva dei Continenti fu grazie alle Dorsali Oceaniche e ai movimenti interni del pianeta. Le Dorsali Oceaniche sono il risultato della divergenza tra due placche di crosta oceanica. La Geologia in passato ha dovuto stabilire una Cronologia Relativa così i tempi geologici furono divisi in grandi ere e periodi e successivamente grazie allo studio della radioattività delle rocce si arrivò invece ad una Cronologia Assoluta. Ad ogni modo, quella suddivisione in ere e periodi fu comunque utilizzata anche con una Cronologia Assoluta. L’uomo ha fatto la sua comparsa solo nell’Era Neozoica. Per quanto riguarda i cambiamenti a lungo termine il periodo piu’ interessante per un geografo è l’Era Quaternaria o Neozoica che parte con il Pleistocene, che è stato un periodo di grande instabilità e cambiamenti veloci provocati dall’espansione delle contrazioni dei ghiacci polari ed alpini. In questo periodo le zone climatiche subirono una compressione verso sud ed i detriti glaciali vennero sparsi lungo una ampia regione cambiando radicalmente i paesaggi fisici dell’America Settentrionale, ma anche dell’Europa. Successivamente, al Pleistocene abbiamo l’Olocene. Anche in questo periodo è stato caratterizzato da tutta una serie di cambiamenti per esempio lo spostamento delle linee costiere sia verso terra che verso mare. Nell’Olocene ci furono delle fluttuazioni climatiche. Tutti questi cambiamenti sono testimonianza delle successioni che caratterizzano le varie ere geologiche. La Geologia ha dovuto naturalmente stabilire una cronologia dei tempi gelogici suddivisi in ere e questi in periodi:
Negli ultimi anni si è discusso di questo recente innalzamento termale. Tuttavia, sia nei passati tempi geologici che nei passati tempi storici si sono susseguiti cicli e successioni climatiche.La fase di contatto tra il tempo geologico e il tempo storico può essere fatta risalire a 10 mila anni or sono, quando la calotta nordeuropea si è frantumata, provocando una successione di fasi climatiche fino ad arrivare alla piccola era glaciale, durata tra XVI (16esimo) al XIX (19esimo) secolo inoltrato. A tale proposito, va ricordato che i tempi lunghi e i tempi brevi della Natura sono stati, e sono, caratterizzati sempre da cicli e successioni climatiche. Si illustreranno, ora, le ragioni per cui lo studio degli aspetti geografici naturali sono fondamentali alla contestualizzazione e alla comprensione della Geografia Umana. Pertanto, si inizierà con il capire alcune delle fondamentali conoscenze geografiche fisiche, quali premesse ad uno studio dell’ambiente, partendo dalla delineazione delle caratteristiche della Terra e dalla suddivisione degli strati concentrici che formano la Terra.
Diverse parti partecipano alla formazione della geosfera o superficie terrestre con spessori, volumi e masse differenti, quelle dell’atmosfera, dell’idrosfera, della litosfera e della biosfera. Piu’ specificatamente, l’ambiente terrestre si divide in due parti fondamentali: 1) l’ambiente biotico (biosfera); 2) l’ambiente abiotico o inanimato (atmosfera, idrosfera e litosfera). La biosfera è l’ambiente naturale nel quale l’uomo si colloca e con il quale entra in contatto attraverso un complesso rapporto di feedback. Non l’intero corpo terrestre, ma la sola superficie terrestre con tutti i fenomeni in essa manifesti, nella misura in cui influenzano l’esistenza antropica, sono oggetto di studio della Geografia. Le quattro caratteristiche della superficie terrestre:
grandi continenti: le Americhe, l’Africa, il Continente Euro-Asiatico, l’Oceania e l’Antartide (questa a differenza dell’Artico è un continente perché sotto lo strato di ghiaccio c’è la terraferma);
in un Emisfero Continentale (89% delle terre emerse) ed uno Oceanico (51% dei mari);
larghissima estensione sono uniformi, mentre la superficie delle terre emerse appare in buona parte accidentata da rilievi collinari e montuosi. Nei fondi marini prevalgono profondità che vanno dai 3'000 ai 5'000 metri. Invece, nelle terre emerse prevalgono dei rilievi di una altezza di 500 metri che appaiono prolungarsi in una fascia costiera fino a circa 150-200 metri di profondità detta questa Piattaforma Continentale. La Scarpata Continentale unisce il Continente con il Fondo Oceanico. Sopra il Continente c’è la Piattaforma Continentale. Sul Fondo Oceaniche ci sono le Fosse Oceaniche fatte a cuspide convessa. Le Fosse Oceaniche sono delle depressioni lineari del Fondo Oceanico. Possono essere adiacenti e parallele ad un margine continentale, oppure ad un arco insulare se quest'ultimo è separato dal continente da un bacino di retroarco. Generalmente sono lunghe migliaia di km, profonde fino a 1'1000 metri e relativamente molto strette. I due versanti di una fossa sono asimmetrici: quello oceanico è meno ripido, mentre quello continentale o insulare è più ripido e caratterizzato da melanges, sedimenti misti e complessi di natura sia continentale sia oceanica. L'area continentale o insulare presenta orogenesi, attività sismica e spesso vulcanica. Le fosse sono il risultato dell'interazione tra due placche, oceanica-continentale o oceanica-oceanica, che premono l'una contro l'altra in un movimento compressivo: la zolla più densa sprofonda sotto quella meno densa (movimento di subduzione).
Piu’ del 97% dell’acqua liquida sulla Terra è salata e quindi è rappresentata dai mari e dagli oceani, mentre solo il 3% dell’acqua liquida sulla Terra è dolce. E’ presente nell’atmosfera in versione gassosa e in versione solida nei ghiacciai e nelle calotte polari. Le acque marine formano un tutto continuo ed occupano in superficie il 72% dell’area della superficie terrestre. Le maggiori distese tra un continente e l’altro sono tre oceani principali: l’Oceano Atlantico, l’Oceano Pacifico e l’Oceano Indiano. Anche se in certi casi l’Oceano Glaciale Artico. Sono dette mari certe parti periferiche di essi o tratti piu’ o meno delineati frammezzo le terre emerse, tuttavia col termine “mare” si intende indicare genericamente sia gli uni che gli altri. Quindi i due terzi della superficie terrestre pari a 361 milioni di chilometri quadrati sono occupati da oceani e da mari. Essi coprono l’80% nell’Emisfero Meridionale e il 60% nell’Emisfero Settentrionale. Le acque oceaniche si sono probabilmente prodotte nelle prime fasi evolutive della Terra per condensazione e per precipitazione di immensi volumi di vapore acqueo che erano presenti nell’atmosfera. Piu’ incerta è invece l’origine dei sali minerali disciolti nei mari e negli oceani. Gran parte di questi deriverebbero dal dilavamento operato dalle acque continentali ed è probabile che provengano anche dall’attività vulcanica che interessa la crosta oceanica lungo i margini attivi delle placche. L’acqua marina è una soluzione di salsedine contenuta nei mari nella percentuale del 3,5%. Anche se questa percentuale può variare lievemente da mare a mare, il rapporto tra i sali rimane costante. Nell’acqua del mare ci sono anche dei gas in forma disciolta come l’ossigeno. Le differenze di salsedine dipendono dall’intensità dell’evaporazione, dalle piogge,
immagazzinamento dell’acqua meteorica sotterraneamente o in forma solida (ghiacciai). Quest’acqua verrà restituita poi ai fiumi e di conseguenza anche ai mari e agli oceani.
Dell’acqua piovana una parte evapora non appena toccato il suolo, mentre la parte maggiore si divide tra quella che penetra nel suolo e nel sottosuolo e quella che scorre alla superficie. Le rocce permeabili si lasciano attraversare dall’acqua grazie alla loro porosità e fessure. Le rocce impermeabili non si lasciano attraversare dall’acqua se non in parte minima. Se l’acqua penetra in una roccia permeabile e poi incontra una roccia impermeabile allora si forma un fiume sotterraneo finchè non sbucherà fuori ed andrà a creare una sorgente.
Le acque correnti provenienti dalle montagne, durante il ruscellamento, erodono i suoli e le rocce, trasportando detriti, che poi si depositano nelle zone emerse, espandendole. L’acqua superficiale è quella che contribuisce maggiormente al cambiamento delle forme e delle rocce. Le acque correnti si suddividono in: 1) acque dilavanti; 2) incanalate. Le prime scorrono disordinatamente, senza la presenza di un corso ben preciso, scendendo dalla massima presenza della montagna, dando origine a un corso composto da una minima quantità d’acqua. Inoltre, esse si mescolano con l’acqua piovana, aumentando l’erosione. Le seconde, a differenza delle acque dilavanti, scorrono all’interno di letti, o alvei accentuando solchi man mano più profondi detti solchi vallivi. Queste acque modellano i rilievi attraverso due forme: 1) forme di erosione legate allo spostamento di detriti rocciosi; 2) forme di deposizione dovuto all’accumulo di questi detriti. Nell’alta montagna avviene l’erosione i torrenti, durante il ruscellamento erodono le parti rocciose e trasportano i detriti ed i frammenti in soluzione verso valle. Nel corso dei millenni, le acque scavano grandi solchi, fino a creare valli. Pian piano la velocità dell’acqua decresce e quindi i materiali vengono a depositarsi sottoforma di depositi alluvionali. In fine la velocità delle acque nelle vicinanze della foce, diminuisce così tanto che i detriti si vanno a depositare sul fondo delle acque. Le valli fluviali vengono modellate dai corsi d’acqua che erodono pendii ripidi, andando a formare un fondovalle più ampio e fianchi montuosi meno inclinati. I comodi alluvionali sono costituiti da detriti grossolani e si espandono a ventaglio a causa di una brusca diminuzione della velocità delle acque. Le pianure alluvionali sono caratterizzate dall’accumulo di materiali trasportati. I meandri sono delle curve descritte dal letto del fiume, a seguito dei depositi materiali sul fiume. Con il passare del tempo i meandri si allargano e tendono a spostarsi verso valle, dovuto dall’azione della forza centrifuga, dall’erosione dei margini esterni e dall’accumulo di detriti in quelli interni. Le foci dei fiumi possono variare, infatti possono essere di due tipi: 1) a delta, vengono formate dal deposito ed accumulo di detriti che formano aree di terra emersa, ma non collegate tra loro. Queste aree vengono attraversate da piccoli affluenti del fiume principale, come accade ad esempio al fiume Po, che poi vanno a sfociare nel mare. I fiumi che terminano con la foce a delta sono caratteristici dei mari chiusi; 2) ad estuario dove lo sbocco dei fiumi che giungono alla foce non creano depositi di sedimenti a ventaglio (a differenza di quanto avviene nel caso di una foce a delta), ossia sfociano in un unico canale o ramo. L’acqua, che deriva da un ghiacciaio o da delle precipitazioni, corre su un terreno inclinato come un velo dando vita a dei ruscelli per poi riunirsi alla base dei pendii in un solco, che alcune volte è appena accennato, e va a formare così un corso d’acqua. Il ruscello diventa così un torrente e il torrente diventa un fiume. Dalla congiunzione di piu’ corsi si forma una corrente maggiore rispetto alla quale gli altri che le versano le loro acque sono detti affluenti o tributari. Il solco di scorrimento è chiamato alveo o letto, che in pianura e nelle grandi valli non è sempre interamente bagnato dalle acque così si può distinguere un letto di piena e un letto di magra. Un corso d’acqua può essere alimentato da un territorio piu’ o meno grande che va a formare un bacino idrografico, il quale viene limitato da spartiacque. Il bacino idrografico del fiume Po è di 70mila kilometri quadrati, mentre i maggiori e i piu’ grandi fiumi al mondo hanno un bacino idrografico di circa 1milione di kilometri quadrati. Il bacino idrografico del Rio delle Amazzoni è di circa 7milioni di chilometri quadrati. Il letto di un fiume può rappresentare dei tratti verticali o con fortissima pendenza. Questo può provocare il fenomeno delle cascate. Talune cascate possono essere alte anche piu’ di 100 metri. Le cascate si possono trovare in montagna, ma le piu’ maestose si trovano si trovano sugli altipiani come le Cascate del Niagara al confine tra U.S.A. e Canada che hanno un salto di 49 metri. La rapida è il tratto di un fiume il cui letto acquista pendenza in modo repentino, producendo un velocizzarsi del suo corso con onde e turbolenza. Essa è una via di mezzo fra una corrente tranquilla ed una cascata. Una rapida può essere individuata in quanto la corrente diventa impetuosa a causa dell'aumento della pendenza e per la presenza di rocce emergenti sopra il pelo dell'acqua. L'acqua batte contro le rocce e le bolle d'aria si frammischiano all'acqua creando la schiuma. Le rapide si formano quando, in un tratto del fiume, il letto è molto resistente all'erosione rispetto a quello a valle di esso, e di conseguenza delle correnti molto giovani possono facilmente creare delle rapide a causa della diversità geologica delle rocce che compongono il suo alveo. La cateratta nell'ambito geografico è formata da un susseguirsi di rapide e piccole cascate nel corso di un fiume. Le caratteristiche delle acque correnti sono: 1) la PORTATA ossia il volume dell’acqua che defluisce e che espressa in m³/s; 2) il REGIME è la variazione stagionale o mensile della portata. Essa dipende fortemente dal clima e i grandi fiumi hanno per lo piu’ regimi complessi e differenti nel loro corso, visto che i vari tributari possono avere portata diversa; 3) la FOCE ossia la terminazione di un fiume, ma per i tributari la terminazione è nel punto di confluenza. La foce può essere ad estuario o a delta.
Se le acque correnti incontrano una contropendenza, debbono ristagnare ed accumularsi formando un lago, uno stagno o una palude. L’estensione dello specchio lacustre può variare da una frazione di ettaro ad alcune decine di migliaia di kilometri quadrati. Il Mar Caspio è il lago piu’ grande del mondo con i suoi 420'000 kilometri quadrati. Insieme al Lago d’Aral è residuo del mare Sarmatico. I laghi possono essere aperti o chiusi. Il lago aperto ha un immissario ed un emissario, mentre il lago chiuso ha solo un immissario. Un lago chiuso ha un’acqua molto piu’ salata di un lago aperto ed ha una oscillazione livello per piogge o siccità. Un lago aperto ha acque dolci perché i sali fluiscono nell’emissario. L’origine dei laghi può essere diversa ed essere causata da forze endogene o da forze esogene. Le forze endogene dipendono dalle condizioni dell'interno del pianeta e sono legate all'azione di vulcani e terremoti. Le forze esogene dipendono dall'energia che la Terra riceve dal Sole e si manifestano con l'azione del vento, calore e acqua. I laghi endogeni sono vulcanici o tettonici come il Mar Caspio che è un lago relitto. I laghi esogeni sono glaciali, costieri o di sbarramento di una valle. I Laghi di Sbarramento di una Valle possono essere dati da una alluvione, da una frana, da una morena o da l’intervento artificiale dell’uomo. I laghi hanno una vita piu’ o meno lunga. I laghi creati da una frana hanno una vita breve. Gli stagni sono dei laghi poco profondi e ricchi a livello vegetativo; spesso si confondono con le paludi caratterizzate da una minima quantità d’acqua entro un suolo di melma e piante che ricopre l’intero specchio.
In seguito alla diminuzione della temperatura e del crescere dell’altitudine aumenta la parte di precipitazioni annue in forma di neve. Il Limite delle Nevi Persistenti è la quantità che si fonde per ablazione uguaglia la quantità di neve caduta. Il Limite delle Nevi Persistenti + Surplus dello Strato Nevoso = Ghiacciaio. Lo spessore di un ghiacciaio può raggiungere piu’ di un centinaio di metri e la forma può essere molto varia. Sopra il limite delle nevi è situata la parte espansa o di alimentazione, ossia il bacino collettore, dove la neve si trasforma, da soffice e ricca d’aria, in massa di granuli di ghiaccio (nevato). Questo trasformatosi in ghiaccio, scorre e discendendo crea le morene. I ghiacciai sono enormi masse di ghiaccio che si formano nelle regioni fredde ed in alta montagna a causa della compattazione e ricristallizzazione della neve: i fiocchi di neve si ammassano e si comprimono, espellendo l'aria tra di loro, per fondere e ricristallizzare formando il ghiaccio. I ghiacciai si formano oltre il limite delle nevi perenni, cioè oltre la quota al di sopra della quale la neve si accumula restando allo stato solido in quantità superiore a quella che si scioglie d'estate. Questo significa che i ghiacciai si formano solo nelle zone dove in inverno cade più neve di quanta se ne sciolga in estate. La quota del limite delle nevi perenni varia notevolmente in funzione di differenti fattori, primi fra tutti la latitudine e la temperatura: l'altitudine di tale limite, in generale, aumenta con la temperatura e diminuisce con la latitudine. Nelle zone polari, infatti, tale quota (e, quindi, i ghiacciai) si trova al livello del mare; spostandosi verso l'equatore, invece, le condizioni necessarie per la formazione del ghiaccio possono esistere solo in alta quota, spesso fino al di sopra dei 4'500-5'000 metri. Sulle Alpi, ad esempio, il limite si trova a circa 2'400-3'200 metri. La neve che precipita a quote o a latitudini elevate non può infiltrarsi nel terreno o scorrere via immediatamente; rimane, quindi, per tempi più o meno lunghi sotto forma di ghiaccio. Anche se prima o poi l'acqua si scioglierà per continuare il suo viaggio verso il mare, può rimanere trattenuta in un ghiacciaio per decine, centinaia o migliaia di anni. Studi sui ghiacci delle Groenlandia, ad esempio, indicano che una parte di quei ghiacci ha almeno 250'000 anni. In genere i ghiacciai sono costituiti da un bacino di accumulo o collettore, la regione posta al di sopra del limite delle nevi perenni dove si concentra buona parte della massa ghiacciata, e da un bacino di smaltimento o ablatore, la regione sotto a tale limite che rappresenta la zona di fusione e che scivola verso valle anche per lunghi tratti. Questa seconda zona ha una forma stretta e lunga che spesso prende il nome di lingua di ablazione. Esistono particolari ghiacciai, chiamati circhi glaciali, nei quali esiste solo il bacino di alimentazione, senza quello di smaltimento. Ogni ghiacciaio viene alimentato nel suo bacino di accumulo e perde materiale per fusione nelle parti inferiori della lingua. Le acque che si fondono portano con loro una grande quantità di detriti che vanno a disporsi, lungo il loro cammino, in accumuli chiamati morene. Contrariamente all'immagine comune che si ha, i ghiacciai si muovono e, anzi, la loro mobilità è un elemento distintivo che li caratterizza. La lingua di un ghiacciaio è in lento ma perenne movimento, con velocità da 2- centimetri ad 1 metro al giorno. Nel caso di un ghiacciaio alpino, ad esempio, si stima che abbia una velocità fra i 10 e i 100 metri all'anno in funzione, soprattutto, della pendenza del terreno, della natura del fondo, dello spessore della massa di ghiaccio e della temperatura. Infatti, mentre nelle regioni polari la bassissima temperatura del ghiaccio (fino anche a -30 °C) e la quasi assenza di fusione rendono la massa particolarmente rigida, nelle regioni temperate, dove la temperatura sale oltre lo zero durante il giorno per vari mesi, la massa ghiacciata risulta più plastica a favore della velocità di movimento. A proposito: il ghiacciaio più veloce risulta lo Jakobshavn (nella Groenlandia occidentale), che si sposta ad una velocità di 22 metri al giorno. In questo percorso, i dislivelli del fondo e le diverse velocità della massa in movimento possono dare origine a spaccature nello strato superiore del ghiacciaio che prendono il nome di crepacci. I serracchi di un ghiacciaio sono delle aperture longitudinali. I ghiacciai possono essere di cinque tipi: 1) Alpino: caratterizzato da un circo glaciale ed una lingua che spesso può unirsi ad altri ghiacciai fino a costituirne uno piu’ grande o himalaiano; 2) di Secondo Ordine: uguale a quello alpino, ma di forma piu’ contenuta e sprovvisto di lingua pur sviluppandosi anch’esso verso il basso come nel caso dei Pirenei; 3) Scandinavo: dall’altopiano, tipico in Norvegia, si stende una calotta di neve e ghiaccio dalla quale scendono alcune lingue; 4) Alaskiano: avente tante lingue ed ognuna con un proprio circo che si riuniscono formando un’unica grande distesa di ghiaccio “pedemontana”; 5) Polare o Inlandis: costituito da un’immensa coltre ghiacciata che solo perifericamente si smagliano in varie lingue che, incanalate nelle valli, giungono fino al mare come in Antartide e in Groenlandia. Sulla Terra l’acqua è una risorsa fondamentale alla vita ed è presente nei suoi tre stati fisici: vapore, allo stato solido e allo stato liquido. Contenuta nei mari e nelle acque continentali, ma è anche conservata nelle falde sotterranee, concorrendo a dar forma alle rocce e agli organismi. I diversi tipi di acqua si trasformano vicendevolmente l’un nell’altro grazie a complessi fisico-chimici propri del ciclo dell’acqua.
La fertilità naturale di una località dipende da quattro fattori: 1) il clima solare ossia la latitudine; 2) la posizione che questa località ha rispetto alla circolazione atmosferica generale; 3) la posizione rispetto ai continenti, agli oceani e ad altre caratteristiche fondamentali terrestri; 4) fattori ambientali locali. La fertilità naturale di una località è determinata dal clima. Il Tempo Meteorologico è lo stato fisico della troposfera, cioè lo stato dell’aria in un certo punto e in un determinato momento. Il Clima non si riferisce ad uno stato momentaneo bensì ad una successione di stati metereologici a lungo periodo. Pertanto, si può definire il Clima di un luogo come la successione abituale del Tempo Meteorologico nel corso dell’anno considerando la successione di vari anni. Dobbiamo dire che il Clima dipende da Fattori Climatici e da Elementi. I Fattori Climatici determinano la differenza climatica tra un punto e l’altro della superficie terrestre (a diversa latitudine). I Fattori Climatici possono essere astronomici o terrestri. Gli Elementi, che determinano gli stati metereologici, sono la Temperatura, la Pressione, l’Umidità, la Nebulosità, le Precipitazioni Acque e i Venti.
Boreale (Nord) o la Zona Australe (Sud), quindi quando nella parte alta della Terra l'angolo sarà al massimo nella Zona sotto l'Equatore (es. in Australia) avremo l'inverno. La primavera che inizia in concomitanza con l'Equinozio di Primavera, in tale fase il Sole si trova perpendicolare all'Equatore ed le ore di notte e di giorno sono uguali. Da questo momento in poi la perpendicolare del Sole si sposta salendo verso il Polo Nord e quindi aumenta l'angolo prodotto dal Sole nell'Emisfero Boreale fino al massimo dato dal 20-21 di Giugno che sancisce il Solstizio d'Estate, in tal caso il Sole è perpendicolare al Tropico del Cancro. Con il solstizio d'estate abbiamo la durata massima di ore di giorno. Continuando a ruotare attorno al Sole la Terra arriva il 21-23 Settembre all'Equinozio di Autunno ed analogamente alla primavera il sole si trova perpendicolare all'Equatore. Successivamente ci si avvicina al 21-22 Dicembre giorno in cui il Sole raggiunge l'angolo minimo di incidenza dei raggi sull'Emisfero Boreale ed il Sole è sopra il Tropico del Capricorno nell'Emisfero Australe. Abbiamo visto i giorni del Solstizio e dell'Equinozio, va detto che tali giorni possono variare di poco, per effetto di ritardi dati dal fenomeno della precessione dell'asse terrestre, in particolare l'Equinozio di Settembre ed il Solstizio d'Inverno risultano ritardati rispetto a Marzo e Giugno (dal 21 al 23 Settembre, dal 21 al 22 Dicembre). In meteorologia l’anno viene diviso seguendo l’andamento climatico e quindi all’inverno meteorologico corrispondono i mesi più freddi dell’anno (Dicembre, Gennaio e Febbraio) mentre l’estate viene identificata con i mesi più caldi (Giugno, Luglio e Agosto). I mesi che separano questi due periodi vengono identificati nella primavera (Marzo, Aprile e Maggio) e nell’autunno (Settembre, Ottobre e Novembre). Le stagioni che seguono il calendario astronomico non sono legate ai fattori climatici ma all’inclinazione della Terra e alla sua posizione rispetto al Sole. A determinare la maggiore o minore esposizione alla luce di un emisfero rispetto all’altro e quindi anche le date di inizio e fine delle stagioni, è l’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre rispetto all’eclittica ossia al piano che la Terra individua orbitando intorno al Sole. Siccome l’inclinazione dell’asse terrestre non è costante, ma varia ciclicamente tra circa 22,5° e 24,5° con un periodo di 41'000 anni (attualmente è di 23°27′ ed è in diminuzione), le date di inizio delle stagioni variano di anno in anno. E così, ad esempio, la primavera può avere inizio il 19, 20 o 21 Marzo e l’estate il 19, 20 o 21 Giugno. Equinozi e solstizi danno il via alle stagioni astronomiche: dopo il solstizio di dicembre inizia l’inverno; dopo l’equinozio di Marzo inizia la primavera; dopo il solstizio di Giugno comincia l’estate; dopo l’equinozio di Settembre inizia l’autunno. Rispetto a questa suddivisione, tutte quattro le stagioni meteorologiche (primavera, estate, autunno, inverno) cominciano, dunque, con un anticipo di 19-20-21 o 23 giorni rispetto all’inizio delle stagioni astronomiche, che invece seguono l’andamento di solstizi ed equinozi. Nei paesi tropicali le stagioni sono due (una piovosa e l’altra asciutta), mentre nei paesi temperati come l’Italia sono quattro. All’equatore invece c’è una certa uniformità stagionale durante tutto l’anno quindi c’è una assenza delle stagioni. Le variazioni stagionali quindi dipendono dalla rivoluzione della Terra intorno al Sole e dalla quantità di radiazioni ricevute da un luogo rispetto alla latitudine. Ad ogni modo, una parte dell’energia solare si disperde nel cosmo dopo essere stata filtrata dall’atmosfera terrestre. Gli elementi climatici sono i singoli eventi o stati metereologici e, in quanto tali, non devono essere confusi con fattori climatici. Tra gli elementi climatici vanno annoverati: 1) la temperatura; 2) le caratteristiche della pressione; 3) il vento; 4) l’umidità dell’aria; 5) le precipitazioni in forma liquida (pioggia) e in forma solida (neve e grandine).
La pressione è un elemento climatico poco risentito dagli esseri viventi fino ad almeno 1'000 o 2'000 metri d’altitudine (alcune popolazioni assuefatte a rarefazione dell’aria riescono a vivere anche a 4'000 metri d’altitudine). Il vento è una corrente d'aria orizzontale caratterizza da direzione e velocità provocata dalle differenze di pressione esistenti da un luogo ad un altro e legate al diverso riscaldamento dell'aria. Le correnti di aria calda ed umida sono piu’ leggere di quelle fredde e secche e tendono a salire in alto con moti convettivi, cioè verticali, ascendenti. Invece, le correnti di aria fredda e secca sono piu’ pesanti e tendono a scendere con moti convettivi discendenti. Le prime sono dette cicloni e sono correnti d’aria di bassa pressione, le seconde sono invece anti-cicloni e sono correnti d’aria di alta pressione. Elementi climatici e singoli fenomeni meteorologici: l'aria contiene un massimo di 3-3,5% di vapore acqueo proveniente dall'evaporazione che ha luogo dalle superfici liquide, dal suolo e dalle piante. Occorre distinguere tra umidità assoluta e relativa (UR), quest'ultima più incisiva ai fini pratici per cui una determinata massa d'aria può arrivare a contenere vapore acqueo fino a un certo limite oltrepassato il quale l'aria diviene satura. Elementi climatici e singoli fenomeni meteorologici: in presenza di alte percentuali di umidità, si formano le nubi. Se la temperatura si abbassa notevolmente le goccioline che formano le nubi si aggregano attorno a nuclei di condensazione e cadono sotto forma di precipitazione atmosferiche: pioggia, grandine, neve. E’ importante la ripartizione nel corso dell’anno delle precipitazioni. Questa ripartizione viene definita Regime delle Piogge. Nelle zone equatoriali, le precipitazioni sono abbastanza abbondanti ogni mese. Nei paesi tropicali generalmente c’è un alternarsi di una stagione piovosa e di una arida e secca. In zone continentali e temperate, le precipitazioni cadono regolarmente ed in modo equilibrato in ogni stagione anche se in estate ci sono decisamente tante precipitazioni. Nei paesi mediterranei, le precipitazioni estive sono molto di meno rispetto a quelle dei paesi continentali e nordici, dei paesi tropicali e dei paesi equatoriali. A livello planetario le precipitazioni possono dar vita a grandi e violenti fenomeni metereologici quali possono essere i cicloni tropicali, i cicloni extra-tropicali e i monsoni.
Classificazione dei climi
La Geomorfologia è lo studio delle forme del rilievo presenti sulla crosta terrestre. La Morfografia è la descrizione esteriore delle forme di rilievo. La Morfogenesi è lo studio dell’origine dei rilievi.
Gli agenti geomorfologici L'analisi delle origini delle forme del rilievo prendono in esame tutti quei processi che concorrono al modellamento attraverso: AGENTI GEOMORFOLOGICI che modellando il rilievo per mezzo di processi di erosione e deposito, si distinguono in: agenti endogeni, o interni alla litosfera (fenomeni vulcanici e moti tettonici);
Non soltanto i processi geomorfologici modellano il rilievo. Importante è infatti il tipo rilievo e di rocce su cui lavorano i processi geomorfologici. Rispetto ad una erosione, il calcare si comporta in maniera molto diversa rispetto a un granito o anche l’argilla. Le rocce si differenziano in roccia sedimentaria, roccia eruttiva e roccia metamorfica, ma anche per diverse caratteristiche come l’omogeneità, l’eterogeneità, la costituzione chimica, la divisibilità e la disposizione o giacitura. La giacitura è l’orientamento che una roccia prende rispetto ai punti cardinali e al piano orizzontale e serve proprio alla distinzione di quelle che sono le rocce sedimentarie, eruttive e metamorfiche. Ba = Batulite di Rocce Intrusive Fi = Filoni Me = Rocce Metamorfiche Cl = Rocce Sedimentarie Stratificate Ch = Rocce di Deposito Chimico Org = Rocce Organogene I magmi e le rocce vulcaniche sono colorate completamente di nero e vengono punteggiati di nero invece i tufi vulcanici.
Le rocce sedimentarie, eruttive e metamorfiche Le rocce sedimentarie, o stratificate, hanno origine dalla sedimentazione, o dall'accumulo discontinuo di depositi di materiale solido trasportato dall'acqua, o dall'aria per cui le rocce appaiono divise in strati. Le rocce organogene derivano da animali e piante (gusd di molluschi, supporti di colonie coralline, alghe). Derivano da organismi i diffusissimi calcari. Le rocce sedimentarie, eruttive e metamorfiche
consistono in una violenta uscita del magma a causa della forte tensione dei gas. Il magma viene frantumato e lanciato in alto in vari brandelli di varie dimensioni (come anche ceneri e polveri finissime). Questi materiali frammentizzi ricadono poi intorno alla bocca d’emissione, ma possono anche depositarsi molto lontani da esso trasportati dai venti. Se si depositano in strati possono consolidarsi e dar vita ai tufi vulcanici; 2) Effusive (come quelle del Kilauea nelle Hawaii): consiste nell’emissione di magma in massa che assume il nome piu’ comune di lava, questa scorre lentamente anche su un pendio lievissimo e specialmente se basica perché meno vischiosa; 3) Nube Ardente o Nube Piroclastica (come quella del Vesuvio a Pompei ed Ercolano ai tempi dei Romani o come anche il vulcano Krakatoa in Indonesia): che è una mescolanza di gas caldissimi con abbondante materiale frammentizzio che discende velocissimamente con effetti devastanti. La classificazione si basa sulle caratteristiche magmatiche e quindi sul tipo di eruzione, da effusiva Hawaiana ad esplosiva Peleana. Considerando il tipo e la potenza dell'attività eruttiva di un vulcano si hanno:
Eruzione di tipo Hawaiano: le eruzioni non sono riconducibili alla tettonica, cioè non sono dovute a movimenti della placca quanto piuttosto a dei fenomeni che vedono il magma risalire dai pennacchi caldi fino ai punti caldi (hot spot); la sommità del vulcano è occupata da una grande depressione chiamata caldera, limitata da ripide pareti a causa del collasso del fondo. Altri collassi avvengono all'interno della caldera, creando una struttura a pozzo. La lava è molto basica e perciò molto fluida, essa produce edifici vulcanici dalla tipica forma a scudo, con debolissime pendenze dei rilievi. Eruzione di tipo Islandese: sono chiamati anche vulcani fessurali poiché le eruzioni avvengono attraverso lunghe fenditure e non da un cratere circolare. Le colate, alimentate da magmi basici e ultrabasici, tendono a formare degli altopiani basaltici (platéaux basaltici). Al termine di un'eruzione fissurale (o lineare), la fessura eruttiva può sparire perché ricoperta dalla lava fuoriuscita e solidificata, fino a che non riappare alla successiva eruzione. Eruzione di tipo Surtseiano: dal nome dell'isola di Surtsey emersa dalla superficie del Oceano atlantico (a sud dell'Islanda) nel 1963. La interazione dei magmi con le acque ha dato luogo ad un cono di scorie. Il grado di frammentazione del magma alto con bassa magnitudo. Eruzione di tipo Stromboliano: magmi da basaltici a intermedi, mediamente viscosi, danno luogo ad un'attività duratura caratterizzata dalla emissione a intervalli regolari di fontane di lava e brandelli di lava che raggiungono centinaia di metri di altezza e dal lancio di lapilli e bombe vulcaniche. La ricaduta di questi prodotti crea coni di scorie dai fianchi abbastanza ripidi. Stromboli, l'isola-vulcano dal quale prende il nome questo tipo di attività effusiva, è in attività da due millenni, tanto da essere noto, sin dai tempi delle prime civiltà, come il "Faro del Mediterraneo". Eruzione di tipo Vulcaniano: dal nome dell'isola di Vulcano nell'arcipelago delle Eolie. Sono eruzioni esplosive nel corso delle quali vengono emesse bombe di lava e nuvole di gas cariche di ceneri. Le esplosioni possono produrre fratture, la rottura del cratere e l'apertura di bocche laterali. Questa eruzione è stata osservata per la prima volta su questo vulcano ma non è la tipologia caratteristica di eruzione per lo stesso. Eruzione di tipo Vesuviano/Sub-Pliniano: dal nome del vulcano Vesuvio, è simile al tipo vulcaniano ma con la differenza che l'esplosione iniziale è tremendamente violenta tanto da svuotare gran parte della camera magmatica: il magma allora risale dalle zone profonde ad alte velocità fino ad uscire dal cratere e dissolversi in minuscole goccioline. Quando questo tipo di eruzione raggiunge il suo aspetto più violento viene chiamata eruzione di tipo pliniano (in onore di Plinio il Giovane che per primo ne descrisse lo svolgimento, nel 79 d.C.). Eruzione di tipo Pliniano/Peleano/Ultra-Pliniano: le eruzioni sono prodotte da magma molto viscoso. Si formano frequentemente nubi ardenti, formate da gas e lava polverizzata. Sono eruzioni molto pericolose che si concludono generalmente con il collasso parziale o totale dell'edificio vulcanico o con la fuoriuscita di un tappo di lava detto spina vulcanica o duomo. In alcuni casi si verificano entrambi i fenomeni. Gli apparati vulcanici che manifestano questo comportamento eruttivo sono caratterizzati dalla forma a cono. Queste eruzioni prendono il nome da Plinio il giovane che per primo descrisse questo tipo di eruzione osservando l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Una variante dell'eruzione Pliniana è la Peléeana: se durante un'eruzione Pliniana il corpo principale della nube ardente esce dal cratere sommitale e va verso l'alto, durante un'eruzione Peleana (che prende il nome dal vulcano La Pelée della Martinica), il vulcano erutta non centralmente dal cratere ma lateralmente smembrando parte dell'edificio vulcanico. Tale eruzione ha effetti devastanti concentrati nella direzione di eruzione della nube ardente principale che può arrivare fino ad oltre 20 km dall'edificio vulcanico Le eruzioni Ultra-Pliniane (anche dette Krakatoiane) sono eruzioni si caratterizzano sia per avere un indice di esplosività ancora maggiore che può arrivare a distruggere completamente l'edificio vulcanico.
Caratteristiche morfografiche e forme orografiche Le caratteristiche esteriori vengono descritte anche dall'orografia, studio dei rilievi montuosi, i cui termini sono comunemente usati, ma talvolta impropriamente. Non tutti, ad esempio, conoscono la differenza ta: monte (rilievo di circa un centinaio di metri); montagna (oltre 600 metri); - collina (rilievi di modesta pendenza non superiore ai 600 metri). Proprio in virtù dell'importanza della terminologia orografica, verranno presi in considerazioni e specificati i significati di alcune delle parole con cui si compone la descrizione dei rilievi.
Catena Montuosa: è un gruppo di montagne facenti parte del medesimo sistema montuoso geologico, confinante con pianure o separato da altre catene montuose da passi o fiumi. Oltre a gruppi montuosi isolati o confinanti può racchiudere in sé più massicci montuosi. Massiccio: è l'insieme di montagne costituente un gruppo isolato rispetto agli altri. Versante: è un fianco di un monte, di un colle o di una catena montuosa. Valle: è una zona pianeggiante compresa tra due montagne. Le valli possono avere due posizioni diverse rispetto alle montagne: 1) possono essere parallele rispetto ad una catena montuosa. In questo caso si parla di valli longitudinali; 2) possono attraversare perpendicolarmente una
catena montuosa. In questo caso si parla di valli trasversali. Le valli formate dall'erosione di un fiume hanno un fondovalle stretto e versanti piuttosto ripidi. Esse sono dette valli a V. Le valli formate dall'erosione di un ghiacciaio hanno un fondovalle meno stretto e versanti meno ripidi presentando un profilo più arrotondato. Esse sono dette valli a U. Fondovalle: è la parte più depressa di una incisione valliva lungo tutta la sua estensione longitudinale. Crinale: è la linea immaginaria che unisce tutti i punti di maggior altezza di un rilievo montuoso e che funge da spartiacque tra un versante e l'altro del rilievo montuoso. Ripiano: è un breve tratto pianeggiante in un terreno scosceso. Impluvio: è la parte più bassa di un solco vallivo o di una depressione a pendenza costante. Altipiano: indica un territorio pianeggiante, ma posto a un'altitudine di almeno 300 m circondato da zone ad altitudine inferiore e spesso delimitato da creste di montagne. Scarpata: è una brusca rottura del profilo topografico di un terreno giacente secondo un piano inclinato. Può essere di origine naturale o artificiale. La scarpata naturale solitamente viene prodotta dall'erosione o da una fagliatura. Dove l'erosione agisce in una zona di contatto fra due formazioni rocciose con diverso grado di disgregabilità morfologicamente si produce una discontinuità nella topografia. Quando una faglia muove la superficie del suolo usualmente crea una suddivisione con un lato del suolo in posizione rilevata rispetto all'altro. Una scarpata può anche venirsi a formare a monte di una zona franata. La scarpata artificiale generalmente si trova in genere a monte di una strada costruita parallelamente al pendio, pareggiato sul suo profilo dal lato a monte con una scarpata artificiale e da quello a valle con riporti di terreno. Scarpate artificiali vengono realizzate nei casi di aree edificate lungo un pendio che deve essere reso piano prima della costruzione. Depressione: in geomorfologia il termine depressione indica una zona che si trova ad un livello più basso rispetto ad un'altra presa come riferimento. In questo caso si parlerà di depressione relativa. In genere, comunque, si fa riferimento al livello del mare (si dirà allora depressione assoluta).
Il Disfacimento Meteorico è una alterazione fisica e chimica che una roccia, esposta all’aria, subisce in maniera piu’ o meno profonda e che prepara la superficie della roccia ai processi di erosione. L’azione dell’aria genera molteplici effetti, pensiamo alle variazioni di temperatura prodotte sulla superficie della roccia dal riscaldamento solare. Inoltre, la presenza d’acqua o di sbalzi di temperatura possono portare a diverse modalità di degradazione della massa rocciosa. La frana la frana è caratterizzata da un distacco di una massa rocciosa, spesso causato dall'azione delle acque circolanti che portano alla frammentazione della roccia la quale, cadendo, si spezzetta in detriti di diversa grandezza, per poi accumularsi irregolarmente. Sindividuano un'area di distacco, una di scorrimento e una di accumulazione. Le tre fondamentali modalità con cui la meccanica della frana agisce sono: frana di crollo;. frana di scivolamento; frana di colata. Erosione e accumulazione eolica Anche il vento possiede un forte potere erosivo che agisce: per derazione o per corrasione. L'accumulazione eolica può produrre forme caratteristiche: Es di corrasione Duna Loss
Erosione Eolica per Deflazione: vuol dire che asporta una serie di detriti minuti, tipo sabbia e polvere, che il vento trova già disciolti. Erosione Eolica per Corrasione: consiste nello scolpimento della roccia per mezzo dei granuli di sabbia e di polvere che si trovano nel vento e che sfregano sulla roccia e sui massi dando vita a forme particolari alla roccia in questione che però non esistono dove l’erosione eolica è di tipo areale ossia fatta su vasto spazio. La Duna (che fa parte della Accumulazione Eolica): è un piccolo rialzo o collinetta di sabbia, depositata dal vento, che nei grandi deserti può arrivare a piu’ di un centinaio di metri di altezza. Normalmente la duna ha due versanti differenti, uno dalla parte del vento a pendio lieve o moderato e l’altro a sottovento che è molto piu’ ripido. La duna elementare su terreno pianeggiante è definita Barcana che ha una forma semilunare con la concavità a sottovento. Un gruppo di Dune Barcane possono creare una Duna Trasversale o una Duna Longitudinale.
Azione erosiva delle acque correnti: forme tipiche Forme tipiche dell'azione erosiva delle acque correnti sono le piramidi di terra A poca distanza da Bolzano, a Renon, sorgono monumentali piramidi di terra. In Alto Adige sono un fenomeno abbastanza diffuso e ne esistono in diverse località. Azione erosiva delle acque correnti:
«La grande impresa di trasformazione e conquista del mondo si realizza attraverso l’identificazione dello spazio e la sua annessione culturale.» da “Lo Spazio come Labirinto” di Eugenio Turri.
Fin dai suoi primordi, la Geografia Umana si insediò nell’arena delle Scienze Moderne con il compito di indagare e rappresentare le manifestazioni prodotte sulla superficie terrestre dalla presenza umana e dalla sua interazione con la Natura. Questo campo della Geografia si è subito distinto però da altre discipline che si occupano dell’uomo quale attore sociale, ad esempio l’Economia, la Sociologia e l’Antropologia Culturale, perché non indaga l’essenza del rapporto Uomo-Natura quanto piuttosto le manifestazioni territoriali. La Geografia Umana si interessa prevalentemente dello studio delle strutture territoriali e del loro livello organizzativo ed è questo uno studio diacronico che coglie la struttura territoriale nella sua evoluzione nel tempo. AMBIENTE + AZIONE SOCIALE = PROCESSO DI TERRITORIALIZZAZIONE 1) Controllo Intellettuale; 2) Controllo Culturale; 3) Controllo Struttura. Il Processo di Territorializzazione modifica la struttura dell’ambiente rispetto agli obiettivi sociali che cambiano nel corso del tempo come l’industrializzazione. Il Processo di Territorializzazione e con l’Espansione dall’ Ecumene da parte dell’essere umano ha trasformato la Terra in Mondo, cioè in una realtà in vario modo controllata dalla cultura. La Territorializzazione è intesa in termini di presenza umana e di intervento sulla superficie terrestre e delle conseguenti trasformazioni della Natura. Per il semplice fatto di essere presente, la specie umana ha dato luogo alla Territorializzazione di parti sempre piu’ estese della superficie terrestre, delineando un sistema binario Natura-Società complesso ed articolato.
Il Determinismo Ambientale: La Geografia Umana inizia il suo cammino verso la fine del Settecento quando cioè i geografi iniziano a porsi una domanda diversa rispetto a quella del passato (che era “Dove sono i luoghi?”) ossia “Perché una determinata comunità si stanzia in un particolare punto della superficie terrestre? E perché, in questo stanziamento, prende delle caratteristiche così particolari da essere differente poi da un altro tipo di stanziamento?”. Nei primi decenni dell’Ottocento, mentre i paesi europei piu’ avanzati si preparavano ai cambiamenti socio-economici derivati dalla prima rivoluzione industriale, Carl Ritter sottolineò l’inadeguatezza del considerare il fine ultimo della Geografia ossia il descrivere il mondo nella sua apparenza fisica, a dispetto di uno studio capace di scavare nelle relazioni esistenti tra ambiente fisico e l’insediamento dell’uomo. Quando nel 1859 Carl Ritter muore, l’influenza dei suoi studi e le argomentazioni apportate dalla teoria evoluzionista di Charles Darwin produssero effetti sulla riflessione geografica che, sempre piu’ indirizzata allo studio delle relazioni tra ambiente fisico e uomo iniziò ad interpretare le ragioni degli insediamenti umani sulla superficie terrestre e lo sfruttamento delle risorse naturali secondo dettami evoluzionistici. Era l’ambiente nella sua morfologia a causare le peculiarità dello stanziamento di una popolazione su una parte del substrato fisico, circostanza questa che dipendeva imprescibilmente dall’offerta delle risorse utile alla sopravvivenza, prima, e all’evoluzione della specie, poi. Il rapporto tra Ambiente Fisico ed Essere Umano era visto in modo Unidirezionale, quindi partiva dall’ambiente e giungeva allo Stanziamento Umano, e in maniera Causalistica. Per cui l’Ambiente e le Risorse da esso elargite erano l’ineluttabile Causa dell’obbligato Effetto rappresentato dallo Stanziamento Umano della popolazione in un determinato punto della superficie terrestre. Questo atteggiamento fu qualificato con il nome di Determinismo Ambientale, che poi è la Prima Fase della Storia del Pensiero Umano Geografico. Perciò l’Ambiente era la Variabile Indipendente dell’Equazione Causalistica Unidirezionale Natura-Uomo. Federich Ratzel non fu solo il massimo esponente di questa corrente di pensiero geografico che si avvalse delle concezioni evoluzioniste, ma fu anche il primo a sistematizzare l’apparato epistemologico della Geografia Umana che entrò nell’alveo delle scienze, anche se come “scienza ponte” tra quelle naturali e quelle umanistiche.
La regione naturale, viene identificata nel territorio i cui deflussi convergono verso un corso d'acqua. Secondo la visione deterministica, la comunità sceglieva di insediarvici a causa delle risorse che questo tipo di regione permetteva di sfruttare, fondamentali alla sopravvivenza e all'evoluzione della comunità stessa.
II determinismo non prese in considerazione la capacità della società di modificare l'ambiente. Anche se i danni della società industriale erano già visibili nelle alterazioni ambientali e negli sconvolgimenti apportati dalla società paleoindustriale ad alcune città inglesi per estesi territori, di cui il paesaggio del Black Country è esemplificazione. Black Country è un'area industriale e mineraria nata intorno a Birmingham, in Inghilterra, che vide trasformare il suo paesaggio nel corso del diciannovesimo secolo.
Arriviamo quindi a parlare dei princìpi cartesiani su cui il Determinismo Ambientale in quanto corrente di pensiero proprio dalla Geografia Umana di una Geografia che vuole essere una scienza a tutti gli effetti e si sente di dover seguire così esattamente come tutte quelle che venivano considerate scienze. Quindi, quali sono i Precetti Fondamentali del Metodo Cartesiano? I Precetti Fondamentali del Metodo Cartesiano sono il Precetto di Evidenza, il Precetto di Riduzionismo, il Precetto di Esaustività e il Precetto di Causalità o di Causalismo era assolutamente radicato nella concezione deterministica anche perché considerato trainante dell'intero metodo cartesiano e composto apposta da questi quattro precetti. Il Primo Precetto che è quello di Evidenza. Ci dice che si fonda sul fatto che ogni oggetto è vero solo se appare evidente come tale e si deve accettare solo ciò che è chiaro e distinto nella mente. Quindi, l'oggetto che vuole essere indagato dalla scienza deve essere oggettivo, deve essere evidente e quindi per quanto riguarda le implicazioni sulla Geografia Umana bisogna dire che questo precetto porta allo studio del territorio per i soli suoi elementi materiali visibili che appaiono in chiara evidenza che possono essere oggetto di conoscenza oggettiva. Il Secondo Precetto è quello invece di Riduzione. Per cui le difficoltà vanno scomposte in tante parti affinché si raggiunga più facilmente la soluzione del possibile problema che porta come conseguenza in Geografia Umana al fatto che il territorio viene scomposto esattamente come una struttura nelle sue parti e quindi rispetto alla sua geomorfologia e alla sua idrografia degli insediamenti ogni parte rappresentata in sé avendo cura di non omettere niente. Il Principio Causalistico dove la conoscenza deve partire dagli oggetti più semplici e risalire ai più complicati. Supponendo che vi sia un ordine logico anche tra quelli che non si dispongono in sequenza naturale per cui la descrizione geografica deve aver luogo partendo da componenti elementari e approdare insieme più estesi gli elementi sono disposti in ordine tale da poter mostrare i rapporti di causalità da cui sono legati e in tal modo la descrizione diviene il risultato di un percorso analitico. Per quanto riguarda l'ultimo Principio quello di Esaustività invece c'è bisogno di fare secondo diciamo questo principio dei censimenti completi e delle rassegne generali tanto da essere sicuri di non aver tralasciato niente nell'indagine. E questo porta ad uno studio che si rifà a continui epiloghi in cui gli elementi considerati nelle singole descrizioni sono quindi incorporati in una visione e in una descrizione d'insieme. Quindi, da questo si deduce quanto i precetti cartesiani siano importanti per quella che viene definita in geografia la grammatica razionalista. Grammatica perché attraverso questa prospettiva si ha una lettura del territorio e una sua rappresentazione prodotte da un impianto logico in cui la realtà territoriale è costituita da elementi legati da relazioni causali che creano come una tessitura e quindi delle strutture costituite dagli elementi e dalle relazioni da cui sono connesse. Le correnti di pensiero che saranno fortemente influenzate da questa prospettiva razionalista e da questa grammatica razionalista ricordiamolo sono il Determinismo, il Possibilismo, il Funzionalismo e la Geografia Sistemica. La società è un fattore passivo nella relazione ambiente-uomo portò il Determinismo ad essere cieco anche rispetto alle manifestazioni territoriali che comunque divenivano realtà in moltissime parti dell'Europa. A pochi decenni di distanza proprio dal Determinismo, si affianca un’altra corrente di pensiero che invece riesce ad osservare le manifestazioni territoriali derivate dai cambiamenti apportati dalla Seconda Rivoluzione Industriale e cerca di descriverli e darli dare una spiegazione. Questa corrente di pensiero viene definita
Possibilismo. Nel Possibilismo, l'essere umano è signore delle possibilità che giudica della loro utilizzazione. Ciò vuol dire allora porre questo in primo piano attraverso un capovolgimento necessario. L'uomo, e non più la Terra, ne l'influenza il clima e le condizioni determinanti dei vari luoghi. Questo ci fa comprendere assolutamente la diversità di impostazione con il Determinismo. L'uomo non è più inteso come un fattore passivo, l'uomo è inteso come un fattore attivo capace non soltanto di scegliere come vedremo le varie opportunità che l'ambiente ci offre, ma anche di cambiare l'ambiente stesso attraverso la cultura e attraverso la tecnologia. Il Possibilismo spiega la presenza umana su una determinata porzione della superficie terrestre partendo non più dall'ambiente e quindi dalla geomorfologia così come faceva il Determinismo Ambientale, ma dal comportamento umano e dalla struttura sociale. Quindi, il collegamento disciplinare è con la storia e in questa visione il rapporto ambiente-uomo/ ambiente-comunità è bidirezionale. L'ambiente influenza la comunità, ma la comunità alle armi per influenzare l'ambiente stesso. Lucien Febvre è stato sicuramente uno dei massimi esponenti di questa corrente di pensiero e ha avuto il merito di sistematizzare il pensiero del fondatore del Possibilismo che è stato Paul Vidal De La Blache che nel 1908 partecipò al Congresso Geografico Internazionale con uno scritto che veramente portava una sfera assolutamente nuova in questa disciplina proprio perché a un nuovo modo di guardare sicuramente il rapporto uomo-ambiente. Quello che dobbiamo assolutamente sottolineare è che la nuova concezione nata dal pensiero vitale De La Blache fu caratterizzato nella sua impostazione proprio da all'ostilità al principio cartesiano di causalità che era un pilastro invece nel Determinismo. Nel Possibilismo, la natura non impone le sue condizioni, ma le propone e l'uomo non le accetta passivamente, ma ne dispone quindi possibile. La comunità umana ha la possibilità di scelta e quindi anche di agire sulla natura stessa e questa azione culturale è mossa da un particolare genere di vita. L'uomo può scegliere, rispetto alle caratteristiche dell'ambiente fisico, il modello distanziamento confacente alla sua particolare cultura e al grado tecnologico raggiunto e per cui la comunità va ad agire su un substrato fisico trasformandolo in quella che viene definita regione urbanizzata ed organizzata. Organizzazione per mezzo di un'azione culturale capace di dar vita ad un particolare genere di vita e ad un unicum paesaggistico irripetibile. Il Possibilismo è vero che guarda alle nuove realtà territoriali con un'ottica e una prospettiva completamente diversa quella del Determinismo, però è anche vero che anche il Possibilismo ha alle sue criticità. La più importante di queste criticità è senz'altro quella di non essere stata capace di approfondire il rapporto esistente tra comportamento umano e ambiente per cui tutta la produzione scientifica del Possibilismo che si racchiude nelle monografie regionali furono per lo più descrizione di luoghi nei quali il concetto di evoluzione era ridotto. Quindi il concetto di evoluzione era ridotto al proponimento di una cronaca storica e all'analisi del rapporto uomo-ambiente relegato quindi al puro descrittivismo insediativo. Il Possibilismo è una “scienza dei luoghi”. Il termine “scienza dei luoghi” fu dato proprio da De La Blache per sottolineare che anche se questa nuova corrente di pensiero fondava la sua analisi su come il comportamento umano andasse a modificare l'ambiente, questa non era una scienza storica e una scienza dell'uomo, ma era una scienza dei luoghi…era una scienza geografica. Questa circostanza impedì di addentrarsi profondamente nel rapporto uomo-ambiente e finalizzando quindi l'indagine sui reali effetti che il comportamento umano stava comunque provocando ai danni dell'ambiente. Atteggiamento analitico di stampo ovviamente cartesiano che riproponeva l'esigenza riduzionista di scomporre la realtà oggettiva per giungere a una conoscenza esaustiva che però non permise un approfondimento del rapporto uomo-ambiente e soprattutto dei danni che il comportamento dell'uomo stava già da allora creando su l'ambiente. I concetti importanti a cui diede forma il Possibilismo furono senz'altro quelli di paesaggio e di regione umanizzata e sono dei concetti cardine dell'analisi geografica. Il Determinismo parlava di paesaggio, ma era un paesaggio naturale. Pensiamo che nell'Ottocento ci fu anche uno sviluppo delle scienze come la geomorfologia e la geologia che sicuramente aiutarono la composizione di questo concetto. Il concetto di paesaggio nell'analisi geografica del 18esimo secolo venne introdotto da Karl Ritter con l'identificazione degli individui geografici con cui si differenziavano le varie aree terrestri rispetto però ai diversi caratteri naturali e fisici. Quindi era una concezione quella deterministica di tipo oggettivista e fisicalista che guardava al paesaggio nella sua struttura naturale. Diversa invece è la situazione del Possibilismo. Il paesaggio possibilista che è un paesaggio antropizzato. Si giunge quindi alla consapevolezza che esiste sì un paesaggio senz'altro naturale, ma lì dove l'uomo si va a stanziare il paesaggio non è più naturale, ma diventa un paesaggio antropizzato che è il risultato quindi del rapporto tra il substrato fisico e il comportamento umano e anche le modalità antropiche di sfruttamento delle risorse naturali da cui esso nasce. Altro concetto importantissimo è quello di regione umanizzata per cui l'insediamento di una comunità su una parte della superficie terrestre dà vita a un territorio di cui il paesaggio è volto. La regione umanizzata è formata da una porzione di territorio avente fattezze originali in virtù della cultura e della comunità che lo abita e quindi che gli dà anche una determinata personalità e somaticità. Come si può costruire una regione urbanizzata? Se noi abbiamo un substrato fisico omogeneo e una comunità che agisce attraverso la cultura e la tecnologia, allora avremo una regione e un paesaggio. Se noi abbiamo una comunità che si stanzia su diversi substrati fisici continui allora avremo una regione con più paesaggi. Se noi abbiamo un solo substrato fisico omogeneo e più comunità che agiscono su di esso avremo più regioni e più paesaggi. Uno dei massimi esponenti del Possibilismo in grado di continuare l'opera di De La Blache e di Febvre fu senz'altro Max Sorre che nel 1961 dedicò uno studio ai tre elementi che costituivano la base concettuale del Possibilismo: 1) il Substrato Fisico; 2) il Gruppo Umano; 3) la Regione. Nel 1961, Sore crea un modello valido ancora oggi in cui l'ambiente generatore di opportunità e vincoli è la comunità umana che esprime cultura e tecnologia formano quindi formano il Territorio Organizzato. Il Territorio Organizzato è il prodotto di complesse relazioni e si viene a formare dall'insieme di tre elementi: 1) il Territorio Insediato dove si concentrano le residenze, le manifatture e i servizi; 2) il Territorio Utilizzato, oggetto di uso da parte dell'uomo e che comprende il Territorio Insediato ed altre aree di cui la comunità sfrutta le risorse ambientali; 3) il Territorio Relazionale costituito da aree attraversate da flussi di persone, di beni, di energia e di informazioni mediante cui la comunità instaura relazioni con l'esterno. La Regione Umanizzata Possibilista ha una propria identità geografica, unica, irrepetibile e differente. Questa proprietà della Regione diventerà un punto focale d'indagine per la Scienza della Differenziazione Spaziale che è la base del Funzionalismo Geografico.
La Crescita Urbana e il Funzionalismo Geografico: La Scienza della Differenziazione Spaziale che parte proprio dal presupposto dell'originalità del territorio. Il massimo esponente di questa corrente di pensiero di stampo razionalista che influenzerà fortemente il Funzionalismo Geografico è Larsson. Il punto centrale dell'indagine di stampo razionalista, e quindi poi anche del Funzionalismo Geografico, sarà proprio la città. Quindi al fine di comprenderne i caratteri e le peculiarità è necessario capire anche come il corpo urbano, le sue funzioni e la sua struttura vada a cambiare nel corso del tempo cioè dalla fine del Settecento dalla Prima Rivoluzione Industriale fino a le sue manifestazioni proprie della Seconda Rivoluzione Industriale. La città industriale era una manifestazione territoriale già visibile sia durante il Determinismo sia durante il Possibilismo, ma il limite di queste correnti di pensiero geografico è stato proprio quello di non sondare gli effetti che il comportamento umano stava apportando nei confronti dell'ambiente fisico, soprattutto in quelle grandi concentrazioni che si stavano sviluppando sia nell'Europa Occidentale che negli Stati Uniti d'America. Il 19esimo secolo segna di fatto l'inizio epocale di una rivoluzione quella della meccanizzazione tecnologica avviata da una nuova spinta borghese che sorta sulle macerie del Potere Assolutistico dell'Ancien Régime proclama l'Era del Liberismo e il Libero Mercato fu promosso da una rinnovata capacità imprenditoriale che mosse creò ed investì il capitale alimentando la logica capitalistica che dal 20esimo secolo andò a basarsi sempre di più sul Consumismo. Quella logica elargitrice di nuovi valori sociali nutriti dai beni materiali prodotti dall'industria di massa e grazie anche ovviamente al dispiegamento delle risorse ambientali. La tecnologia industriale ridisegnò di fatto la città fino a quel momento contenuta nella sua forma urbana cristallina. La città industriale
fanno capire che la città industriale andava ad assumere rispetto al intorno e lo scambio vicendevole che legava le diverse aree delle nuove funzioni. La città veniva interpretata sempre di più come un magnete attraente caratterizzata da forze centripete e centrifughe. Quindi dagli anni ‘30 del Novecento, la Geografia si accosta sempre di più allo studio di questa grande e prepotente manifestazione territoriale ed urbana. Negli anni ‘50 del Novecento, il fenomeno della crescita urbana sembra divenire proprio centrale nell'indagine geografica. Dagli anni ‘30 del Novecento, la città era studiata nelle sue forze attraenti e nelle sue relazioni rispetto l'ambiente circostante e in una maniera molto astratta che poi porterà a quelle che sono le caratteristiche del Funzionalismo degli anni ‘50 e ’60 del Novecento. Al di là dell’intorno si estende invece l'ambiente esterno. I beni e le prestazioni prodotte all'interno della città costituiscono le funzioni banali. Quelli rivolti alla popolazione intorno e quindi all'ambiente esterno costituiscono invece le funzioni basilari della città. Quanto più sono estesi intorno l'ambiente esterno e quanto più è consistente la mole dei beni e dei servizi che la città invia loro tanto più elevato il livello funzionale della città. Ovviamente le funzioni specifiche basilari formano l'apparato industriale terziario che assieme costituiscono la base economica urbana. Inoltre, la accennata distinzione tra funzioni banali e funzioni basilari permetteva di mettere a confronto diversi gruppi di città anche di un solo paese e destinarne poi una gerarchia rispetto sia alla loro base economica sia alla loro capacità di gestire le relazioni inter ed entra-spazio urbano. In sostanza si potrebbe così immaginare un nucleo dove vive la popolazione urbana e due corone l’intorno e gli spazi esterni. A vedere il peso di una città non è tanto espresso da ciò che essa produce per i propri abitanti, ma dall'offerta di beni e servizi che rivolge invece all'esterno. Infatti, da questa offerta che traggono alimento le relazioni tra la città e l'esterno, tanto più l'offerta è elevata tanto più le relazioni sono ampie e tanto maggiore è l'incidenza che la città esercita sulla vita della regione cui appartiene e sulle relazioni quindi intraregionali. Questa concezione delle funzioni banali funzioni basilari già erano presenti nell'analisi geografica dagli anni ‘30 del Novecento e sicuramente il modello di riferimento di cui non possiamo non parlare è senz'altro quello di della teoria legato alla teoria di Walter Christaller del 1933. Egli fu il primo a costruire un modello interpretativo delle funzioni terziarie capace di spiegare l’organizzazione delle reti di città rispetto ai servizi da esse prodotte. Il termine “località centrale” esemplifica perfettamente la città e il ruolo funzionale centrale svolto in un dato spazio, ambito gravitazionale a livello regionale. Una centralità attribuita rispetto ai beni centrali che sono quindi i trattori e i macchinari vari, ma anche i servizi centrali come le strutture ospedaliere. Per la prima volta l'opera di Christaller proponeva nella Storia della Geografia un modello generale per interpretare le funzioni terziarie o almeno alcune fondamentali categorie di servizi e per spiegare come si organizzavano le reti di città in base ai servizi che ognuna di esse produce. Secondo questa teoria la “località centrale” è il punto focale rispetto ad una determinata gerarchia delle funzioni che vi sono insediate. E’ un agglomerato urbano che non coincide perfettamente con la città e la sua grandezza, quindi non coincide con la dimensione demografica e con la distribuzione delle aree di mercato o regioni complementari. La “località centrale” corrisponde a una struttura a nido d'ape quindi esagonale con il centro corrispondente al centro di un esagono. Per ogni centro di ordine superiore esiste una pluralità di centri di ordine inferiore fino al livello più basso corrispondente al villaggio di cui esiste ovviamente un numero più elevato e in cui si producono beni di più limitata portata, dove per portata si intende la distanza massima che una popolazione è disposta a percorrere per acquistare un determinato bene. In questa teoria acquistano forte e grande importanza le regioni complementari che sono quelle aree servite da una località centrale per cui quelle relative ai centri superiori sono estese e si sovrappongono a quelle complementari connesse ai centri di grado inferiore. La chiave di lettura di questa teoria è costituita dall'ordine delle località centrali che dipende dal rango più elevato di servizi posseduti dalle località centrali. Tenuto conto che quanto più elevato è l'ordine della località centrale tanto più estesa è la sua area di gravitazione. Ne consegue che all'interno dell'area gravitazionale di una località centrale di ordine elevato saranno ubicate località centrali di ordine meno elevato. Nel Funzionalismo Geografico degli anni ’50 e ’60 ha avuto comunque i suoi prodromi già in alcuni modelli concettuali dell'Ottocento. Il Funzionalismo Geografico è dato anche dallo sviluppo della Scienza e della Differenziazione Spaziale degli anni ’30 del Novecento. Un geografo che è stato capace di sintetizzare la differenza tra il Funzionalismo Geografico e il Possibilismo è stato Edward Ullman. Egli dice che la Geografia Umana può offrire è sintetizzabile nei concetti di Sito e Situazione. Il Sito è la condizione concreta di un luogo di una certa area. Quindi quando la Geografia Umana lo assume è oggetto di studio e guarda alle relazioni verticali tra uomo e ambiente. La Situazione è costituita dagli effetti che un'area e i suoi fenomeni producono su un'altra area e quando la Geografia assume questo oggetto di studio guarda le relazioni orizzontali tra aree e diventa una Scienza dell'Interazione Spaziale. Esistono quindi due figure limite. Da una parte c'è la Geografia Umana come Scienza delle Relazioni tra Uomo e Ambiente come nel Possibilismo. Dall'altra invece c'è la Geografia Umana come Scienza delle Relazioni tra le Diverse Aree come nel Funzionalismo. L’Analisi Spaziale si svilupperà negli anni ’60, ma sempre sulla scia della prospettiva funzionalista. Lo studio funzionalista si concentrò sulla struttura territoriale e sulle relazioni con le altre aree. Proprio il rapporto tra la città a rapporto che la città intrattiene con il territorio circostante diviene portante nell'indagine funzionalista definito anche Strutturalismo Geografico in virtù delle assonanze con la corrente di pensiero che ha posto lo Strutturalismo, il quale si sviluppò in quegli anni soprattutto in ambito linguistico e psicologico. Lo Strutturalismo si sviluppò dagli anni ’30 del Novecento. Per cui il Funzionalismo va a guardare la città come una struttura territoriale. Il Funzionalismo fa capo alla Corrente Razionalista che si rifà ai Precetti Cartesiani. I Concetti dell'Analisi Funzionalista sono quelli di Localizzazione, di Distribuzione e di Concentrazione, attraverso i quali si guarda alla città e attraverso i quali si vuole dare risposta ad esempio perché è un centro abitato si posiziona in un dato punto della superficie terrestre e da quale processo prende vita per poi crescere. La città funzionalista è una città razionale che viene studiata attraverso una visione razionalista che non analizza soltanto il movimento, ma anche le reti sulle quali questo movimento di relazione tra le città e le aree circostanti si va a creare che è un movimento fatto di informazioni e di prodotti di persone che si muovono dando vita a dei nodi. I nodi sono punti di convergenza e smistamento dei flussi che si vengono a creare. Il territorio ha una struttura, ma è anche un campo magnetico che governa l’intorno fatto di aree dominanti e di fulcro rappresentabile attraverso modelli concettuali che ne semplificano, ma ne generalizzando anche le proprietà funzionali. Il modello che prenderemo in considerazione è quello di François Perroux. La teoria di Perroux cercò di analizzare come la crescita della città industriale fosse sorretta dalla polarizzazione di diverse industrie, la cui funzione trainante intra ed interurbana era esercitata da dall'industria motrice. L'indagine di Perroux si concentrò sugli effetti prodotti dall'industria motrice, sulle attività della città e del suo Interland e osservò che l'industria motrice pur richiedendo risorse ovviamente per la sua produzione offriva lavoro e quindi introito favorendo così l'insediamento di altre industrie e attività e che davano vita a quella serie di condizioni vantaggiose allo sviluppo territoriale definite Economie Esterne. La reciproca influenza tra le economie esterne e l'industria motrice creava e crea una dinamica industriale capace di diffondersi territorialmente e condurre alla crescita di entrambe. Questa Concentrazione Generatrice di una serie di effetti territoriali di non poco conto prende il nome di Polarizzazione Industriale. Le Economie di Agglomerazione sono una vera e propria organizzazione economica. Allo sviluppo dell'area metropolitana e alla consequenziale conurbazione che porterà ad un'ulteriore crescita di questo corpo urbano prenderà poi l'aspetto di megalopoli.
La Megalopoli: Implosione Funzionale ed Esplosione Demografica Urbana: La conurbazione è la forma urbana che segna il passaggio dalla città industriale di cui abbiamo parlato nella scorsa lezione a quella a quelle grandi espansioni e insieme urbani che prenderanno l'aspetto di Megalopoli. Quindi alcune Città Satellite che gravitano intorno alla città principale, quale poteva essere la condizione della città invece industriale alla fine già alla fine dell'Ottocento, lo spazio della metropoli ci mostra come lo spazio tra la Metropoli e le Città Satellite inizia ad essere occupato dai centri minori dando forma ad una agglomerazione urbana. La Metropoli è diventata un
lavoro formazione che può essere anche una Conurbazione Policentrica. Ricordiamo che la Conurbazione Policentrica è una copertura urbana composta da metropoli espanse aventi però ognuna una propria area metropolitana autonoma a livello amministrativo e anche a livello funzionale. Quando si formano più conurbazione o più in generale quando vengono alla ribalta agglomerazione non si è più di fronte a una città in espansione, ma una sorta di prodotto superiore che nasce perché una pluralità di città finisce per essere convogliata in un solo e unico tessuto urbano è una sorta di coagulo insediativa. “Megalopoli” è un termine che Gottman dà a questa Nebulosa Urbana rifacendosi a un gruppo nome dato da un gruppo di genti antiche che avevano progettato nel Peloponneso quindi nell'Antica Grecia stavano progettando una Città-Stato la quale volevano dare posta il nome di Megalopoli perché sognavano per questa città un grande futuro. Ma a questo termine comunque è stato ripreso questo nome è stato ripreso da Gottman ma proprio per identificare questo coagulo e insediativa che è caratterizzante l'era contemporanea. La Megalopoli è un fenomeno che si sviluppa in conseguenza di una grande implosione funzionale urbana provocata da innesti continui di nuove funzioni e dalla irrefrenabile esplosione demografica costituita dalla crescita della popolazione urbana con la conseguente espansione degli insediamenti nel territorio circostante. La letteratura geografica ha analizzato l'implosione urbana e l'esplosione demografica urbana correlati tra due punti di vista da un lato in base alle forme che le città assumono espandendosi, dall'altra in base alle relazioni che si vanno a instaurare tra la dimensione della città e il corredo delle loro funzioni. Se la Metropoli è in genere una città molto grande con più di un milione di abitanti e spesso di grande importanza economica e culturale, la Megalopoli è invece una estensione di più aree metropolitane che è quindi un incontro di più città di più aree metropolitane che può anche avere più di 30 milioni di abitanti. La popolazione può essere espressa con un metro assoluto quindi il numero degli abitanti, mentre l'altra variabile che è il rango funzionale può essere espressa soltanto con un metro relativo. Quindi è ovvio che il livello delle funzioni di una città si possa essere determinato solo in rapporto al livello delle funzioni di altre città. La seconda città di un sistema urbano dovrebbe avere un numero di abitanti pari alla metà. Esiste una relazione tra sviluppo urbano basato sul rango delle funzioni e crescita della popolazione. Perciò su un'area si può andare a sviluppare una rete urbana stratificata dove si vanno a posizionare come nodi le località centrali aventi le funzioni di rango elevato. Prende così vita uno sviluppo locale basato su una rete urbana tale da rendere l'area stessa concorrenziale a livello economico rischia ben più ampia rete del sistema globale. Lo sviluppo di un sistema locale che permetta alle Metropoli con funzioni di rango superiore di connettersi come nodi alla rete economica globale può agevolare di fatto uno sviluppo economico tale da attrarre popolazione e generare così un processo di fusione spaziale tra diverse cellule urbane fino a formare per l'appunto una Megalopoli, cioè una agglomerazione urbana assemblata e coesa da implosione funzionale ed esplosione demografica. La Megalopoli si costruisce su una rete di città che così come la struttura interna della singola città sta attraversando e attraversa dagli anni ‘70 del Novecento fasi di cambiamento discontinuo caratterizzati da una rifunzionalità dell'azione degli spazi territoriali talmente immediata e continua da creare una forte complessità. Le caratteristiche della Megalopoli sono: 1) Rifunzionalizzazione degli Spazi Urbani; 2) Grande Tecnologizzazione; 3) Core o Centro che è occupato dalle banche e dai centri amministrativi, dai centri di ricerca e di istruzione; 4) i White Collars che nei paesi più avanzati richiama una cospicua parte della popolazione attiva F 0 E 0il settore quaternario transnazionale dei Colletti Bianchi rappresenta il nuovo carattere evanescente dell'aggregazione telecomunicante e si concentra nell'antico centro urbano dove si concentra anche l'intelligenza proprio dell'era dei consumi; 5) lo Skyline o Grattacielo è l'architettura tipica del centro di questo Core F 0 E 0 il primo grattacielo è stato costruito a Chicago alla fine dell'Ottocento; 6) il Pendolarismo. Il centro è, quindi, abitato dal Pendolarismo d’individui che – residenti nelle varie zone suburbane – per recarsi nei posti di lavoro o per bisogno di consulenza specializzata al trasporto pubblico preferiscono quello automobilistico, provocando congestione ed inquinamento all’interno dell’apparato urbano. Il problema del congestionamento non è tanto legato alle dimensioni dell’apparato metropolitano, quanto alla densità della popolazione costretta a confluire nel centro urbano, dove si addensano le diverse attività terziarie e quaternarie. Una possibile soluzione al congestionamento è presentata dal decentramento di tali attività, con la consequenziale creazione di un policentrismo capace di catalizzare le esigenze della crescente popolazione urbana. Eppure, la crescita massiccia ed irregolare del corpo metropolitano non sembra volersi arrestare anche dinanzi alle evidenti problematiche che essa crea, anzi si espande specialmente assieme alle molteplici attività economiche che creano una dinamica divisione del lavoro. Dalla compattezza della Central City, si passa alla suburbanizzazione dell’area metropolitana che modifica nuovamente la sostanza delle funzioni e dei requisiti urbani. C’è questa urbanizzazione degli spazi vergini proprio attorno a quei sobborghi che stavano e stavano intorno alla città preindustriale. La dispersione urbana in una cementazione residenziale continua e comunque fa parte anche dello spazio metropolitano. Alcune grandi città stanno cercando una soluzione a questa continua cementazione degli spazi interstiziali e quindi degli spazi verdi. Per esempio, Londra ha adottato questo sistema di aree verdi intorno alla città di Londra che limita il processo di suburbanizzazione e quindi anche di urbanizzazione. Alla crescita massiccia e irregolare del corpo metropolitano corrisponde anche una maggiore complessità della sua struttura socio-culturale. In particolar modo le città multietnica che sono manifestazione della nostra contemporaneità come Londra, Berlino e Parigi. Si sono sviluppati dei veri e propri quartieri all’interno di queste città multietniche come Little Italy e Chinatown. L'industria francese è sempre stata abituata ad assumere lavoratori stranieri provenienti da tante parti del mondo soprattutto dalle ex-colonie e si dice addirittura che nelle grandi nei grandi stabilimenti automobilistici della Renault si parlino 23 lingue. Le Megalopoli degli Stati Uniti d'America sono state concettualizzate ai modelli del Melting Pot che significa la mescolanza e la fusione di diverse popolazioni che sono andate nel corso del tempo a insediarsi nel negli Stati Uniti d'America e che sono dotate di una loro cultura e tradizione propria, ma che hanno subito hanno accettato di rientrate in un processo di integrazione. Diverso è il concetto del Salad Bowl che è un modello che rappresenta la vicinanza e la coabitazione di tante etnie nella società americana, ma che rimangono comunque separate l'una dall'altra mantenendo ognuna la propria specificità come Little Italy e Chinatown. La relazione implosione funzionale ed espansione demografica assume valenze nuove nella fase di cambiamento discontinuo che dall’inizio degli anni ’70 del Novecento caratterizza lo spazio urbano occidentale. Si assiste ad una controtendenza, cioè, a una ridistribuzione della popolazione negli ambiti locali e regionali frammentata e discontinua, che contrasta con quella areale tipica dei processi di concentrazione e di diffusione, per cui il Core della città si spopola. Un fenomeno analizzato in buona parte dalla letteratura geografica degli ultimi decenni, e definito col termine di contro-urbanizzazione, soprattutto per sottolineare diffusi fenomeni di decentramento insediativo rispetto ai centri urbani. La FUR è una agglomerazione costituita da una Città Centrale o Core con più di 200 abitanti e da una Corona Circostante o Ring che comprende tutte le municipalità contigue che presentano un tasso di pendolarismo verso un centro principale non inferiore al 15% della loro popolazione. Nell'ambito di questo modello la fase di Urbanizzazione si riferisce a situazioni in cui la popolazione della città centrale cresce rapidamente, mentre quella della Corona diminuisce. Fenomeno questo definito di Centralizzazione Assoluta oppure aumenta con tassi inferiori definito questa Centralizzazione Relativa. In entrambi i casi si riscontra comunque una crescita demografica dell'intera regione urbana funzionale quindi FUR. La fase di Suburbanizzazione riguarda i casi in cui la popolazione della Corona cresce insieme contemporaneamente a quella della Città Centrale e cresce o cresce più lentamente. Nella fase della Desurbanizzazione, la popolazione della città centrale diminuisce con ritmi tali da determinare una riduzione demografica complessiva della regione urbana sia nel caso di un ancora debole crescita della Corona quindi Decentralizzazione Relativa sia in quello di decentramento di quest'ultima e quindi De centralizzazione Assoluta. Sia infine la fase di Riurbanizzazione che non viene definita in base a risultanze empiriche, ma che rappresenta piuttosto un'ipotesi di evoluzione futura ed alternativa a quella che prevede la continuazione dei processi di Desurbanizzazione. Tale ipotesi è tuttavia legata alla messa in atto di politiche pubbliche aventi lo scopo di stimolare eventuali processi